L'invenzione della scienza: differenze tra le versioni

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[[File:Aristotelesbunt.jpg|center|Aristotele in computer graphics]]
 
Quei pensatori che ponderavano i misteri della natura erano una volta noti come "filosofi naturali". Per secoli non esistette un termine separato, specifico per i pochi individui che praticavano la scienza (''scientia'', "conoscenza") nel senso di escogitare sperimenti e spiegazioni testabili e predizioni per poter capire la realtà pratica, la realtà funzionale. Nel 1833 [[w:William Whewell|William Whewell]], professore di mineralogia, creò il termine "scientist" (scienziato) - per analogia con "artist" (artista) - ad un congresso della neonata [[w:Associazione britannica per l'avanzamento della scienza|British Association for the Advancement of Science]], per identificare pensatori empirici che usassero tutti i propri sensi e si sporcassero veramente le mani nello sforzo di comprendere la natura. "Scienza" presto venne a significare una metodologia, un modo sistematico di osservare, studiare e spiegare il mondo. Ma in realtà il "metodo scientifico" fu per la prima volta esercitato da Aristotele, le cui opere di storia naturale - incluso il suo grandioso trattato di zoologia comparativa, la ''[[w:Fisica (Aristotele)|Storia degli animali]]'' - devono obbligatoriamente essere esaminate per meglio capire il genio aristotelico nella sua modalità ''scientifica'', appunto.<ref>J. Barthélemy-Saint Hilaire, [http://remacle.org/bloodwolf/philosophes/Aristote/tableanimaux.htm ''Histoire des Animaux D'Aristote'' (3 voll.)], Parigi: Librairie Hachette, 1883.</ref> Sicuramente Aristotele è maggiormente famoso per la sua ''[[w:Fisica (Aristotele)|Fisica]]'' e ''[[w:Politica (Aristotele)|Politica]]'', ma i suoi scritti più voluminosi sono quelli biologici. E numerosi biologi lo celebrano come il vero primo pensatore scientifico, nel senso moderno: il primo ad osservare, descrivere e tentare di classificare la biologia sistematicamente, in tutta la sua meraviglia e le miriadi di sue forme.<ref name="Leroi">Un interessante analisi (che citerò frequentemente) di questo campo aristotelico viene fatta dal biologo evoluzionista Armand Marie Leroi, ''The Lagoon: How Aristotle Invented Science'', Bloomsbury, 2014.</ref>
 
==Punto cieco==
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==La laguna lesbica==
[[File:Blaue Lagune Syv..JPG|right|300px|Laguna greca]]
In Atene, Aristotele avrebbe infine fondato la [[w:Scuola peripatetica|Scuola Peripatetica di Filosofia (gr. Περιπατητική Σχολή, ''Peripatetiké Skolé'']]), in cui camminare e pensare - meditare nel passeggiare - erano strettamente intrecciati. Ma prima di questo, la maggior parte delle sue camminate avvenne intorno a Kolpos [[w:Kalloni|Kalloni (Καλλονή)]], una vasta laguna nell'entroterra collegata col [[w:Mar Egeo|Mar Egeo]] sulla verde isola di [[w:Lesbo|Lesbo]]. Sarebbe quindi interessante ripercorrere qui il suo tragitto da Atene ad Assos sulla costa turca, e da lì attraverso lo stretto fino a Lesbo dove la calma laguna ricca di sostanze nutritive ospitava un'abbondanza di pesce d'acqua dolce e salata, anguille, molluschi ed altre creature marine, con le coste paludose piene di uccelli, rane e insetti. La vita che fioriva in questo bacino fu un grande vantaggio per la decisione di Aristotele di favorire l'osservazione piuttosto che la speculazione astratta proposta da Platone, e ispirò la sua importante impresa di catalogare, descrivere e spiegare il mondo biologico come lo vedeva.<ref>{{en}}[http://press.princeton.edu/titles/5967.html ''Complete Works of Aristotle'', Volume 1]: trad. riveduta e curata da Jonathan Barnes, Princeton University Press, 1984.</ref>
 
È facile immaginarsi che la laguna di Lesbo, e la bella immagine di Platone raffigurante i greci raggruppati intorno al Mar Egeo "come rane o formiche intorno allo stagno", non erano distanti nella mente di Aristotele quando applicava le sue abilità tassonomiche ed esplicative agli esseri umani, gli animali più ''politici''. I concetti aristotelici di comportamento sociale vantaggioso anticipano la sociobiologia moderna. "La ''Politica'' è inevitabilmente scienza politica scritta da un biologo", afferma uno scienziato.<ref name="Leroi"/> Ma la storia della scienza deve andare un po' indietro, a prima di Aristotele, per comprendere il suo processo mentale e "fisico". Bisogna andare alle scoperte e interpretazioni greche dei reperti pietrificati di creature da tempo estinte che una volta popolavano il mondo mediterraneo. Questo complesso di "indizi" non costituisce naturalmente una scienza formale, ma i numerosi resoconti antichi di fossili vegetali ed animali dimostrano veramente un'osservazione e misurazione molto attente, e tentativi razionali di interpretare l'evidenza come essa si accumula nel tempo - tutti ingredienti cruciali di ricerca scientifica. Un rompicapo paleontologico risolto dagli antichi è quello della presenza di conchiglie fossilizzate e scheletri di pesci sulle montagne e nei deserti lontani dal mare. Poiché questi fossili marini somigliavano a specie conosciute e viventi, la spiegazione non richiedeva l'intervento di forze soprannaturali o divine, o i difficili concetti di estinzione o evoluzione. C'era solo bisogno di una visione della terra sommersa in passato dall'oceano per spiegare come le creature marine potessero trovarsi incagliate così tanto tempo fa da trasformarsi in pietre. Nel sesto secolo p.e.v. il filosofo naturale [[w:Senofane|Senofane]] fu il primo ad articolare l'idea che le impronte di conchiglie, pesci e alghe osservate su rocce dell'Italia, di Malta e sull'isola egea di [[w:Paro (Grecia)|Paro]] erano rimaste intrappolate dal fango che si era rappreso nel passato remoto. [[w:Xanto Lidio|Xanto Lidio]] (quinto secolo p.e.v.) giunse alla stessa conclusione per spiegare i molluschi bivalvi e altre conchiglie trovate nell'entroterra, in Asia Minore, Armenia ed Iran. Arrivati al tempo di [[w:Erodoto|Erodoto]], questa comprensione di conchiglie e pesci arenati a causa di mari recedenti era divenuta conoscenza generale.<ref>[[w:Jonathan Lear|Jonathan Lear]], ''Aristotle: the desire to understand'', Cambridge University Press, 1988, pp. 101-138 & ''passim''.</ref>
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==Fossili? Quali fossili?==
[[File:PZSL1907Plate12.png|300px|right|Fossili greci di Elephas creticus]]
Aristotele conosceva gli scritti di Senofane, Xanto ed Erodoto, e aveva esaminato e sezionato grandi quantità di pesci e creature marine. Come Platone, aveva concepito il ciclo delle trasgressioni marine e le formazioni di terre emergenti che avevano modellato la Terra nel corso dei millenni. Le conchiglie fossili incastrate nella pietra appaiono ovunque nel mondo greco; le si riscontravano tipicamente nelle cave. Molti edifici greci venivano costruiti con blocchi di "calcare ''conchiglioso''" altamente fossilifero e denso di riconoscibili [[w:Brachiopoda|brachiopodi]], [[w:Crinoidea|crinoidi]], [[w:Porifera|spugne]], [[w:Mollusca|molluschi]] e [[w:Anthozoa|coralli]]. Inoltre, pesci fossili sono comuni a Lesbo. Tuttavia, Aristotele "non cita mai neanche un solo fossile nelle sue opere, o qualcosa di simile ad un fossile."<ref name="Leroi"/> (In ''Parti di animali'', Aristotele allude alla pietrificazione dovuta a esalazioni essicanti provenienti dalla terra, ma sembra trattare tale fenomeno come un mito. Dopo la morte dell'animale, scrive, "non rimane niente eccetto la configurazione, come gli animali nelle favole popolari che sono trasformati in sassi.") Aristotele non solo trascura i pesci fossili ma ignora anche le piante fossili, gli alberi e i femori, le scapole, le costole, i teschi, le vertebre, le zanne e denti di atavici elefanti estinti, di rinoceronti e altri animali del [[w:Miocene|Miocene]] fino al [[w:Pleistocene|Pleistocene]]. Questi fossili vennero continuamente alla luce in tutta la regione del Mediterraneo, in Grecia, Italia e Nordafrica, in molte isole dell Egeo, e in [[w:Asia Minore|Asia Minore occidentale]]. Lo sappiamo perché circa un centinaio di resoconti scritti da più di trenta autori greci e latini dell'antichità affermano come i reperti pietrificati di creature ignote furono rivelate dall'erosione, da tempeste, alluvioni, terremoti e scavi. Tali scoperte furono causa di grande meraviglia, con molta gente che veniva ad ammirare le ossa e a misurare le capienze dei teschi di bestie mai viste vive. Speculando su come potessero apparire in vita e su come fossero morte ''en masse'', la gente identificava queste creature come i giganti, i mostri o gli eroi descritti nei miti e nelle leggende. Fonti greche affermano che i fossili venivano esibiti nei templi o in situ in tutto il Mediterraneo. Per esempio, secondo Euagon di Samo, storico del quinto secolo p.e.v., uno poteva vedere sull'isola le ossa di creature titaniche chiamate Neadi; i mostri erano stati distrutti molto tempo addietro ed intrappolati sotto la roccia da terremoti. Aristotele cita Euagon in merito alle terribili Neadi ma non menziona i loro resti a Samo.<ref>Adrienne Mayor, [https://books.google.co.uk/books?id=NmCLOcvMnqwC&pg=PA58&lpg=PA58&dq=euagon+historian&source=bl&ots=_18yQBoTOl&sig=Rm4ZFwlEPqUfL37vrwEXXOZbjg8&hl=en&sa=X&ei=9XiVVfTnOeOc7gb8_a3gAg&ved=0CDsQ6AEwBA#v=onepage&q=euagon%20historian&f=false ''The First Fossil Hunters: Dinosaurs, Mammoths, and Myth in Greek and Roman Times''], Princeton University Press, 2011, pp. 58-61.</ref>
Si deve comunque notare che Aristotele usò le proprie esperienze e quelle di altri studiosi, spesso mettendone in discussione il ragionamento. A differenza di [[w:Tucidide|Tucidide]] e di Platone, però, Aristotele valorizzava la conoscenza popolare. Analizzava i miti e le leggende locali, raccoglieva le tradizioni orali, e sollecitava materiali dalla gente ordinaria, cercando elementi di verità. Ciò rende la sua omissione di fossili marini e mammiferi alquanto più sorprendente. "È inverosimile che non ne abbia saputo nulla", dice un biologo, affermando però che "Aristotele non sapeva che in ere passate la terra pullulasse di creature ora estinte".<ref name="Leroi"/> La scusa è comunque deboluccia. In tutto il Mediterraneo, gente ordinaria e altri scrittori stavano interpretando i reperti fossili quale prova che in epoche remote la terra fosse popolata da creature gigantesche che non esistevano più.<ref>Stuart, A. J., "Mammalian extinctions in the Late Pleistocene of northern Eurasia and North America", ''Biological Reviews'' (Wiley) 66 (4), 1991, pp. 453–562.</ref>