Storia della letteratura italiana/Questione della lingua nell'Ottocento: differenze tra le versioni

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Le teorie linguistiche di Alessandro Manzoni ebbero grande importanza per la cultura dell'epoca e per quella successiva. Lo scrittore milanese si oppose infatti al purismo e portò alle estreme conseguenze le tesi dei romantici, per i quali era urgente abbandonare le mere questioni stilistiche ed elaborare «una lingua, semplicemente» che consentisse la comunicazione dei concetti tra tutti gli italiani. Non dunque una lingua letteraria, ma una lingua parlata che, utilizzata in letteratura, si rivolgesse a tutto il popolo e non a pochi eletti.<ref>Giuseppe Petronio, ''L'attività letteraria in Italia'', Firenze, Palumbo, 1970, p. 633.</ref>
 
Una testimonianza della ricerca linguistica di Manzoni ci viene proposta dalle fasi di lavorazione del suo romanzo. Il ''Fermo e Lucia'' fu scritto in un italiano «comune», sganciato dalle forme classiche, che però non lasciò soddisfatto l'autore. Con la revisione che portò ai ''Promessi Sposi'' (1825-1827), Manzoni cercò una lingua più generale, attraverso la quale rivolgersi a un pubblico più ampio, e la individuò nella parlata fiorentina e nel toscano.<ref>Giulio Ferroni, ''Profilo storico della letteratura italiana'', Torino, Einaudi, 2003, p. 652.</ref> La sua convinzione fu confermata durante il soggiorno a Firenze del 19271827: la seconda edizione dei ''Promessi Sposi'', che uscì nel 1840-1842, fu rivista nella sua forma linguistica alla luce dell'esperienza diretta con la parlata toscana e il fiorentino vivo. In particolare, Manzoni aveva come riferimento la lingua utilizzata dalla classe colta della città di Firenze, e non il fiorentino rurale e arcaico, che invece riscontrava i favori di molti cultori del toscanismo come Niccolò Tommaseo o padre Giambattista Giuliani.<ref name="Marazzini"/>
 
Nel 1868 Manzoni ricevette l'incarico, da parte del ministro della Pubblica istruzione Emilio Broglio, di presiedere la doppia commissione milanese e fiorentina per individuare i provvedimenti utili per rendere universale la lingua e diffonderne il corretto uso a tutti i livelli del popolo. La novità della richiesta era che proveniva da un ministro dello Stato unitario e che non riguardava solo un gruppo di letterati ma il popolo dell'intera nazione. Tuttavia, la commissione fiorentina non accolse le soluzioni di Manzoni, e lo scrittore pubblicò nello stesso anno una propria ''Relazione sull'unità della lingua'', in cui proponeva di diffondere il fiorentino vivo attraverso l'insegnamento scolastico. A questa seguì un vivace dibattito, ricalcando temi già affrontati, dalla difesa delle prerogative del fiorentino all'estensione al toscano della funzione letteraria della lingua.<ref name="Marazzini"/>