Le religioni e il sacro/Il sacro: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
Nessun oggetto della modifica
Nessun oggetto della modifica
Riga 27:
 
Per Eliade la storia delle religioni, dalla preistoria ad oggi, è costituita dall'accumularsi di "ierofanie" ovvero dalla manifestazione di realtà "sacre". Il "sacro" non ha nulla a che fare con il nostro mondo, il "profano". Anche se tutto il mondo fisico può essere assunto, nella cultura umana, soprattutto arcaica, al rango di sacro. La pietra o l'albero possono essere investiti della potenza del sacro senza perdere le loro caratteristiche fisiche, "profane". Essendo "potenza" per le culture arcaiche il "sacro" assurge a massima realtà e risulta saturo d'essere. Per Eliade il Cosmo desacralizzato, ovvero considerato del tutto privo di quella potenza, è una scoperta recente dell'umanità. L'uomo moderno quindi, per Eliade, ha difficoltà a comprendere il rapporto dell'uomo arcaico con la "sacralità". "Sacro" e "profano" sono due modi di essere completamente diversi. Per l'uomo arcaico, ad esempio, molti atti del tutto fisiologici ("profani") per l'uomo moderno sono investiti di sacralità: l'alimentazione, la sessualità, ''etc.''
{{q| Ogni rito, ogni mito, ogni credenza, ogni figura divina riflette l’esperienza del sacro, e di conseguenza implica le nozioni di essere, di significato, di verità. […] Il “sacro”"sacro" è insomma un elemento nella struttura della coscienza, e non è uno stadio nella storia della coscienza stessa. Ai livelli più arcaici di cultura vivere da essere umano è in sé e per sé un atto religioso, poiché l’alimentazione, la vita sessuale e il lavoro hanno valore sacrale. In altre parole, essere – o piuttosto divenire – un uomo significa essere “religioso” "religioso". | Mircea Eliade. ''Storia delle credenze e delle idee religiose'' vol. I. Sansoni, 1999, pag.7}}
 
Il sacro, con la sua potenza, rivela l'"essere", quindi il "significato" e la "verità" delle cose, che viene espresso per mezzo di simboli e miti, quindi con un linguaggio preriflessivo che occorre necessariamente decifrare per poterlo comprendere.
{{q|A partire dalle più arcaiche esperienze religiose documentate sino al cristianesimo e all'islamismo, l'imitazione di modelli, intesa come norma e guida della vita dell'uomo, non è mai venuta meno, né del resto avrebbe potuto essere altrimenti. Ai livelli culturali più arcaici, già il ‛vivere come un essere umano' è di per sé un atto religioso, poiché l'alimentazione, la vita sessuale e il lavoro hanno un valore sacrale. In altre parole, essere - o meglio divenire - un uomo significa essere 'religioso'. [...] La dialettica del sacro precedette e servì da modello per tutte le forme dialettiche successivamente scoperte dalla mente umana. L'esperienza del sacro, rivelando l'<nowiki></nowiki>'essere', il 'significato' e la 'verità' in un mondo ignoto, caotico e spaventoso, pose le basi per l'elaborazione del pensiero sistematico. Le manifestazioni del sacro espresse in simboli, miti, esseri soprannaturali, ecc., vengono afferrate come ‛strutture'strutture', e costituiscono un linguaggio preriflessivo, che esige una ermeneutica particolare. Per più di un quarto di secolo storici e studiosi di fenomenologia della religione hanno cercato di elaborare un'ermeneutica siffatta. Questo tipo di indagine non è paragonabile alla ricerca erudita, sebbene anch'essa possa valersi di documenti provenienti da culture da lungo tempo scomparse e da popoli remoti. In virtù di un'ermeneutica adeguata, la storia delle religioni cessa di essere un museo di fossili, rovine e obsoleti mirabilia per diventare quel che avrebbe dovuto essere sin dall'inizio per ogni ricercatore: un complesso di 'messaggi' che attendono di essere decifrati e compresi.|Mircea Eliade, ''Religione'', in Enciclopedia del Novecento (1982), vol. VI, Roma, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, 1982, pp. 121-2}}
 
== Note ==