Biografie cristologiche/Nuovo Testamento e antiebraismo: differenze tra le versioni

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Quando questo testo viene letto davanti a gruppi che variano da membri di sinagoghe a membri di chiese o a studenti in classe, la reazione generale è vergogna e spesso orrore.<ref name="Jilly2">[[w:Amy-Jill Levine|Amy-Jill Levine]], ''op. cit.'', pp. 95-99.</ref> Argomentazioni che insistono che il testo non debba essere considerato antiebraico indicano una reazione simile che, almeno in superficie, le parole siano imbarazzanti per chi è interessato ad un dialogo interconfessionale.
 
Gran parte della discussione di 1 Tessalonicesi 2 inizia con l'affermazione che Paolo non stia parlando degli "ebrei" che uccisero Gesù, ma dei "giudei". Il [[w:lingua greca|greco]] di 1 Tessalonicesi potrebbe confermare questa lettura, poiché il termine ''Ioudaioi'' significa sia "ebrei" che, più strettamente, "giudei". Tuttavia, parlare di "giudei" implica gli ebrei, lo stesso che parlare di "residenti di Città del Vaticano" implica cattolici o "studenti della [[w:Facoltà valdese di teologia|Facoltà valdese di teologia]]" implica "protestanti valdesi". Forse non tutti i giudei seguivano il rituale ebraico o la fede ebraica o si identificavano con l'"Ebraismo", comunque definito, ma la maggioranza lo seguivano e si identificavano. Paolo parla di giudei, non di italiani, aleutini o maori. A questo punto possiamo ricordare la descrizione della scena della Pentecoste da parte di Luca, scena in cui erano presenti "Giudei (''Ioudaioi'') osservanti di ogni nazione che è sotto il cielo... Parti, Medi, Elamìti e abitanti della Mesopotamia, della Giudea, della Cappadòcia, del Ponto e dell'Asia,... Ebrei e prosèliti, Cretesi e Arabi" (Atti 2:5, 9-11). I cristiani tessalonicesi che sentivano le parole di Paolo non avrebbero ristretto la loro comprensione del linguaggio paolino ad una popolazione determinata geograficamente, ma l'avrebbero inteso come un riferimento a tutti coloro che si identificavano con lo stile di vita ebraico.<ref name="Tessa">[http://www.jstor.org/discover/10.2307/20697285?sid=21105334414701&uid=2&uid=3738032&uid=4 Ben Witherington III, ''Commentary on 1 and 2 ThessaloniansA Socio-Rhetorical Commentary''], Eerdmans, 2006, pp. 226-230 & ''passim''[http://books.google.co.uk/books/about/1_and_2_Thessalonians.html?id=Kvaec8pNe2YC].</ref>
 
Un altro approccio considera 1 Tessalonicesi 2:14-16 un'interpolazione, un passo non scritto da Paolo, ma inserito nella Lettera dopo la morte dell'apostolo. Nell'antichità, questo non era un fenomeno raro: il passo della "donna sorpresa in adulterio", famoso per il commento di Gesù "Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra" fu inserita nel Vangelo di Giovanni (7:53-8:11) dopo la sua prima pubblicazione. Aggiunti più tardi furono gli ultimi versi del Vangelo di Marco (16:9-20), che descrivono le apparizioni di Gesù risorto. Le prime versioni del Vangelo marchiano finiscono con tre donne spaventate che scappano dalla tomba vuota. I biblisti che adottano la "teoria dell'interpolazione" riguardo a 1 Tessalonicesi asseriscono che l'"ira" di Dio si riferisca alla [[w:Prima guerra giudaica|distruzione del Tempio di Gerusalemme nell'anno 70]]. Alcuni redattori, reputando la [[w:Secondo Tempio|devastazione di Gerusalemme]] quale giusta punizione degli ebrei, che non solo rifiutarono ma anche uccisero Gesù, riscrissero la Lettera aggiungendovi alcune righe specifiche. L'argomento ha dei meriti, poiché 1 Tessalonicesi 2:14-16 può facilmente essere asportata senza spezzare il flusso narrativo. Inoltre, si potrebbe sostenere che le parole offensive sono incompatibili con la visione propria di Paolo, dato che altrove (per es. [https://www.biblegateway.com/passage/?search=rom+9-11&version=CEI;LND Rom 9-11]) Paolo fa commenti positivi sugli ebrei.<ref name="Tessa"/>
 
Pertanto, sostiene l'argomento, Paolo in verità non affermò che gli ebrei uccisero Gesù e quindi non promosse l'idea che Dio li punì per questa ingiustizia. L'argomento è alquanto utilitaristico, poiché permette che il passo sia completamente respinto o ignorato. Lo stesso argomento dell'interpolazione viene usato per 1 Corinzi 14:33-36, la dichiarazione di Paolo che le donne non debbano insegnare nelle chiese. Il verso è facilmente rimosso senza alterare il flusso narrativo, ed è una contraddizione delle asserzioni paoline circa le donne che profetizzano (1 Cor 7) e che officiano come diaconesse e apostole (Rm 16), come anche la sua dichiarazione che "non c'è più uomo né donna in Cristo Gesù" (Gal 3:28). Si giunge quindi alla conclusione, per entrambi i passi, che un redattore successivo li abbia aggiunti. Poiché Paolo non li disse, i cristiani d'oggi non hanno bisogno di seguirli.<ref name="Tessa"/>
 
==''Il suo sangue ricada su di noi e sui nostri figli''==