Antologia ebraica/Puro di Cuore: differenze tra le versioni

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<small>''[[w:Egitto|Egitto]], I secolo''
 
</small>•<small> DA ''LEGUM SACRARUM ALLEGORIARUM LIBRI'' </small><ref>Filone, ''Legum sacrarum allegoriarum libri'' III, 1-6, 28-31; con note adattate da Isak Heinemann, ''Die Werke Philos von Alexandria'', Breslau, 1919, III. Cfr. anche {{en}} [http://www.earlyjewishwritings.com/philo.html Testi delle opere di Filone].</ref></small></center>
 
"E Adamo e sua moglie si nascosero dalla presenza del Signore Dio fra gli alberi del giardino" (Gen. 3:8). Qui le Scritture ci familiarizzano col principio che i malvagi sono senza dimora.<ref>I duplici significati di ''polis'' ("città" e "stato"), e di ''pheugein'' ("fuggire", "essere esiliato", da cui "venir bandito") chiariscono questo brano. Per capire ciò che segue nel testo, ci si deve rammentare che secondo gli insegnamenti dei [[w:Cinismo|Cinici]] e degli [[w:Stoicismo|Stoici]], il saggio non si considera cittadino di un singolo stato, ma membro di uno stato mondiale. La cittadinanza di questo stato mondiale però si basa sul possesso della qualità della ragione; Filone la interpreta eticamente.</ref> Poiché se la virtù costituisce la vera città del saggio, allora colui che non può partecipare alla virtù è un esule da tale città. Ed i malvagi non possono partecipare alla virtù e quindi sono esiliati, sono fuggitivi. Ma colui che fugge dalla virtù allo stesso tempo si nasconde da Dio. Poiché se i saggi sono a Dio visibili — in quanto sono Suoi amici — i malvagi sono tutti apparentemente nascosti ed occultati da Lui, dato che sono nemici scellerati della giusta ragione. Le Scritture testimoniano che l'uomo malvagio non ha casa né alloggio, in allusione a Esaù nel suo "mantello di pelo" e guisa peccaminosa, poiché sta scritto: "Esaú era un esperto cacciatore, un uomo di campagna" (Gen. 25:27). Poiché la cattiveria legata alla caccia di passioni, affrettando stoltamente il perseguimento della rozzezza,<ref>Questa è una allusione al terzo significato di ''polis'' — l'urbano in opposizione al rurale. I Greci consideravano il contadino (''agroikos'') ignorante, come gli ebrei parimenti consideravano l<nowiki>'</nowiki>''Am ha`aretz'' (עם הארץ), ed i Romani il ''rusticus''.</ref> non può vivere nella città della virtù. Giacobbe invece, che è colmo di saggezza, è un cittadino della virtù e dimora nella virtù, poiché di lui è detto: "Mentre Giacobbe era un uomo tranquillo, che dimorava sotto le tende" (''ibid.'') E questa è anche la ragione per cui si dice: "E avvene che, poiché le levatrici temevano Dio, si prepararono delle ''case''."<ref>Esodo 1:21. Questa è la lettura del [[w:Septuaginta|Septuaginta]]. Il testo ebraico tuttavia riporta: "Egli [Dio] diede loro case", mentre nelle versioni italiane si legge: "Egli [Dio] diede loro una numerosa famiglia" (CEI).</ref> Poiché quelle [anime] che cercano i segreti occultati di Dio — e ciò significa: "dare alla luce figli maschi" — edificare le opere di virtù in cui scelgono di dimorare. Pertanto qui si dimostra in qual senso i malvagi sono senza casa e senza alloggio, poiché sono esiliati dagli ambiti della virtù, mentre i buoni hanno ricevuto la saggezza come dimora e come loro città.<br/>
Ora investigheremo in quale senso si può dire che una persona si nasconde da Dio. È impossibile comprendere queste parole che troviamo nelle Scritture, a meno che non diamo loro un'interpretazione allegorica. Poiché Dio colma e penetra tutto; Egli non lascia nulla vuoto o privo della Sua presenza. Pertanto, come può uno essere in un luogo dove non c'è Dio? Un altro passo delle Scritture comprova ciò: "Il Signore è Dio lassù nei cieli e quaggiù sulla terra; e non ve n'è altro" (Deut. 4:39). E in seguito: "Ecco, Io starò davanti a te" (Es. 17:6). Dato che, prima che qualsiasi cosa venisse creata, c'era Dio, ed Egli si trova ovunque, cosicché nessuno si può nascondere a Lui. Perché ciò dovrebbe riempirci di meraviglia? Non riusciamo a scappare dagli elementi di tutte le cose create, anche se se avessimo ragione di nasconderci da essi. Provate a sfuggire dall'acqua e dall'aria, dal cielo o da tutto il mondo! Siamo necessariamente catturati dalla loro essenza, poiché nessuno può fuggire dal mondo. Ma se non possiamo nasconderci da parti del mondo, e dal mondo stesso, a maggior ragione come possiamo nasconderci dalla presenza di Dio? Mai! Cosa si intende quindi con l'espressione "si nascosero"? I malvagi credono che Dio sia in un certo luogo, che Egli non contenga ma sia contenuto. E quindi pensano di potersi nascondere, che il Creatore di tutta la vita non sia in quella data parte del mondo che essi hanno scelto come rifugio nascosto.
 
Abbiamo pertanto dimostrato in che modo i malvagi siano fuggitivi e si nascondano da Dio. Ora vedremo dove si nascondono. "Fra gli alberi del giardino", leggiamo, cioè al centro della mente, che è, per così dire, nel mezzo del giardino, ovvero dell'anima intera. Colui che fugge da Dio, fugge in se stesso. Poiché ci sono due tipi di mente, la mente dell'universo, e cioè Dio, e la mente dell'uomo individuale. E l'uno fugge dalla propria mente verso la mente dell'universo — dato che chiunque lascia la propria mente, ammette con ciò che le opere della mente mortale non sono nulla, e attribuisce tutto a Dio. Ma l'altro fugge da Dio, e dichiara che non è affatto Dio la causa di tutto, ma che l'uomo stesso sia la causa di tutto ciò che avviene. Ci sono quindi molti che credono che tutte le cose del mondo seguano il loro corso da per se stesse, senza una guida, e che è lo spirito dell'uomo che ha inventato le arti, i mestieri, le leggi, le tradizioni, le istituzioni dello stato, e i diritti dell'individuo e della comunità, sia in merito agli umani che alle bestie, che sono senza ragione.<ref>Questa frase fornisce un sommario approssimativo del punto di vista [[w:Epicureismo|epicureo]]. Cfr. N. Abbagnano, ''Dizionario di filosofia'', UTET 1960, pag. 308.</ref> Ma tu, o anima mia, vedi la differenza tra questi due punti di vista. Poiché l'uno lascia la peritura mente mortale, che è stata creata, e sceglie in suo vero aiuto la mente primordiale ed immortale dell'universo. Tuttavia l'altro, che mette da parte Dio, stoltamente corteggia come proprio alleato la mente umana, che non è nemmeno capace di aiutare se stessa.
 
==Il Nome Buono==
<center>'''[[w:Rabbini del Talmud|Detti dei MestriMaestri ebrei]]'''<br/>
 
{{...}}
 
• <small>''LA FINE DELL'UOMO''</small> •</center>
<center>
Così parlò Rabbi Meir, quando ebbe terminato il [[w:Libro di Giobbe|Libro di Giobbe]]:<br/>
La fine dell'uomo è la morte,<br/>
la fine del bestiame è il macello.<br/>
Tutto ciò che è, muore.<br/>
Felice è colui che è cresciuto nella Torah,<br/>
le cui opere riguardano la Torah,<br/>
che dà soddisfazione al suo Creatore,<br/>
che è cresciuto con un buon nome,<br/>
e con un buon nome diparte da questo mondo.<br/>
Di questi Salomone dice:<br/>
"Un buon nome<br/>
è preferibile a un olio profumato,<br/>
e il giorno della morte<br/>
al giorno della nascita."<br/>
<small>(Eccl. 7:1)</small>
 
 
<center>• <small>''SARÒ CON TE''</small> •</center>
 
Rabbi Meir era solito dire:<br/>
Impara col tutto il cuore, e con tutta l'anima,<br/>
per conoscere le Mie vie,<br/>
per vigilare alle porte della Mia Torah,<br/>
Mantieni la Mia Torah nel cuore,<br/>
davanti agli occhi conserva il timor di Dio;<br/>
preserva la tua bocca da tutti i peccati,<br/>
purificati dalle colpe e trasgressioni,<br/>
e fatti santo,<br/>
e Io sarò con te in ogni luogo.
 
 
<center>• <small>''IL PROSSIMO''</small> •</center>
 
I Maestri di [[w:Yavne|Yavne]] erano soliti dire:<br/>
Sono una creatura, ed il mio prossimo è una creatura.<br/>
Quanto a me — il mio lavoro è in città.<br/>
Quanto a lui — il suo lavoro è nei campi.<br/>
Io mi alzo presto per andare al lavoro,<br/>
ed egli si alza presto per andare al lavoro.<br/>
Poiché egli non si sente superiore al mio lavoro,<br/>
anch'io non mi sento superiore al suo lavoro.<br/>
E devi forse dire,<br/>
che io faccio di più, ed egli fa di meno —<br/>
Abbiamo imparato:<br/>
"L'uno di più, l'altro di meno — solo se il suo cuore si volge al cielo."<ref>[[w:Menahot|Menahot]] 110.a.</ref>
 
 
<center>• <small>''FRATELLI''</small> •</center>
 
Abbaye era solito dire:<br/>
Lascia che l'uomo sia creativo nel timor di Dio,<br/>
dando una risposta benevola che scacci via l'ira.<br/>
Lascia che egli aumenti la pace coi suoi fratelli, coi suoi parenti, e con ogni uomo,<br/>
anche con lo straniero al mercato,<br/>
affinché egli sia amato in alto e desiderato in basso,<br/>
e ben accetto da tutte le creature.
 
 
<center>• <small>''IL FINE ULTIMO''</small> •</center>
 
Raba era solito dire:<br/>
Il fine ultimo della saggezza è di volgersi a Dio e fare opere buone.<br/>
Cosicché un uomo non possa leggere la Torah ed imparare la Tradizione<br/>
e poi calpestare suo padre, o sua madre,<br/>
o il suo maestro, o colui che è più grande di lui in saggezza e anni.<br/>
Pertanto è detto:<br/>
"Il timore di Dio è il principio della saggezza;<br/>
una buona conoscenza hanno tutti coloro che perseguono ciò."<ref>[[w:Berakhot (Talmud)|Berakhot]] 17.a & ''passim''.</ref>
</center>
 
==Il devoto==