Guida maimonidea/Problemi e dottrine: differenze tra le versioni

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Nonostante i significati multipli del trattato, esiste un nucleo condiviso da tutte le impostazioni. Riguarda la trasformazione religiosa che Maimonide cercò di causare mediante la sua interpretazione innovativa della tradizione ebraica, e tale trasformazione incorpora tre elementi.<ref name="Seeskin"/>
 
Il primo elemento è lo spostamento della lotta contro l'idolatria dalla sfera della rappresentazione plastica a quella della rappresentazione mentale interiore. La guerra contro l'idolatria venne rinnovata perché il problema religioso del credente divenne quello dell'antropomorfizzazione di Dio piuttosto che quello di adorare statue ed immagini. L'apertura di tale nuovo fronte richiedeva la formulazione di una nuova impostazione del linguaggio religioso, prima fonte dell'immagine presonificata di Dio serbata interiormente. Il linguaggio religioso deve essere letto come simbolo o allegoria per superare l'immagine invalida di Dio che può essere generata da una lettura letterale. Similmente, la transizione verso l'enfasi di un immagine interiore integrava un elemento necessario di fede nel servizio religioso. Un uomo può essere meticoloso nell'osservare i comandamenti ma essere comunque peggio di un idolatra se osserva i comandamenti con un immagine antropomorfica della divinità in mente. Tale persona in effetti sta adorando non Dio ma un'immagine più elevata di umanità. Questo elemento della trasformazione religiosa maimonidea è collegato anche ad una consapevolezza della stato marginale dell'uomo nell'universo. L'antropomorfismo si sviluppa in parte dal vedere l'uomo al centro dell'esistenza. La guerra contro ciòquesta concezione pertanto è una lotta contro una veduta megalomane del posto dell'uomo nell'universo.<ref name="Seeskin">Kenneth Seeskin, ''Maimonides: A Guide for Todays' Perplexed'', Behrman House, 1991, pp. 201-229 & ''passim''; Gad Freudenthal, "Maimonide on the Knowability of the Heavens and of Their Mover (Guide II:24)", ''Aleph'' 8, 2008, pp. 151-157.</ref>
 
Il secondo elemento della trasformazione religiosa prodotta da Maimonide è la focalizzazione sull'ordine causale e l'inerente saggezza come la più importante rivelazione della divinità. Molte tradizioni di fede pongono l'apparizione di Dio nella rubrica del "miracolo", un evento in cui l'ordine causale si dissolve e la mano tesa di Dio interviene in ciò che che accade nel mondo. Maimonide considerava che tale credenza offrisse una fragile espressione ''ad hoc'' della rivelazione divina. Al centro della consapevolezza religiosa il mondo deve rimanere com'è, la più alta espressione della misericordia, giustizia e saggezza divine. Fare affidamento sul miracoloso e lo straordinario come base dell'esperienza religiosa vuol dire un'incapacità di distinguere l'impossibile dal possibile. Tale concetto proviene dalla facoltà immaginativa, l'elemento dell'anima che favorisce il pensiero idolatra. Accettare l'ordine del mondo come espressione della rivelazione estirpa aspettative messianiche di cambiamento nell'ordine causale naturale. Offre inoltre una risoluzione profonda di quello che pare essere il problema del male. La filosofia riconcilia l'uomo ed il mondo causale. Gli insegna che questa è la sua dimora a patto che regoli i suoi fini ad essere coerenti con quello che la natura può fornirgli. L'enfasi sul principio della saggezza come espressione di rivelazione divina porta Maimonide a ritenere la Torah stessa un sistema inteso ad elevare l'uomo alla sua perfezione naturale. Questo ordine teleologico, e non l'obbedienza alla parola di Dio come decreto supremo arbitrario, è ciò che investe la Torah di profondo significato religioso.<ref name="Seeskin"/>
 
Il terzo elemento della nuova sensibilità religiosa forgiata da maimonide è il rifiuto della distinzione tra quello che è nell'ambito della tradizione ebraica e quello che ne è fuori. La filosofia è conoscenza che non deriva dalle fonti canoniche della tradizione stessa. La scuola filosofica nella quale maimonide si impegna profondamente deriva i propri concetti da Aristotele, importati mediante il pensiero mussulmano — primariamente quello di Ibn Sina (Avicenna), al-Farabi, Ibn Bajja e Ibn Rushd (Averroè). Nessuna delle letture presentate nei precedenti capitoli propone una filosofia definita come qualcosa di esterno con cui la tradizione deve contendere. Similmente, l'interpretazione dell'Ebraismo che Maimonide offre non è qualcosa intesa solo a riconciliare credenze fondate sulla Torah con le esplorazioni della filosofia e della scienza; la filosofia gioca piuttosto un ruolo centrale nel costruire la prospettiva religiosa stessa. La conoscenza indipendentemente dalla tradizione è necessaria per capire la tradizione, poiché senza tale conoscenza non possiamo riconoscere, per esempio, se un termine particolare della Torah sia inteso letteralmente o metaforicamente. La filosofia è pertanto un meccanismo mediante il quale la Torah di israele realizza la sua missione come la religione dei monoteisti in opposizione all'idolatria. Inoltre, il pinnacolo dell'esperienza religiosa viene ottenuto con la conoscenza. L'immersione nella saggezza è parte sostanziale del percorso interiore della persona religiosa verso la redenzione della propria anima e in particolar modo del suo muoversi dal timore di Dio all'amore di Dio ed il proprio confronto con le limitazioni del mondo e con la morte.<ref name="Seeskin"/><ref name="Stroum">Sarah Stroumsa, "The ''Guide'' and Maimonides Philosophical Sources", ''The Cambridge Companion to Maimonides'', K. Seeskin (cur.), Cambridge University Press, 2005, pp. 58-81.</ref>
 
Il ruolo centrale di filosofia e scienza nel percorso spirituale è radicato in uno delle più profonde intuizioni che riguardano la condizione umana. La reazione iniziale dell'umanità al mondo è paura e strumentalità. Riteniamo il mondo una fonte potenziale sia di pericoli che di piaceri. Essendo presi nella morsa di ansie e stimoli potenti, siamo inclini a strumentalizzare il mondo; il mondo è lì per noi o contro di noi. Allo stato iniziale, essendo motivati da paure e desideri, siamo anche prigionieri della nostra immaginazione, che è segnata dall'incapacità di distinguere tra ciò che è possibile e ciò che è impossibile. La combinazione di paura e immaginazione rende gli esseri umani vulnerabili alla manipolazione. La masse sono quindi mobilitate facilmente da promesse e minacce, verso magia, superstizione, e idolatria. Condizioni di instabilità politica ci bloccano ancora più profondamente in tale modalità di "manutenzione", in cui tutti i nostri orizzonti interiori si riducono alla necessità di sopravvivenza. Questa caratteristica della condizione umana è la fonte anche di una potente tendenza a strumentalizzare la Torah stessa, obbedendo le sue leggi e comandamenti per timore di punizioni e desiderio di ricompense.<ref name="Stroum"/>
 
La conoscenza del mondo e di Dio punta ad alleviarci dal peso della paura e liberarci dalla morsa dell'immaginazione. La posizione della conoscenza implica la capacità di vedere il mondo com'è, indipendentemente dal suo ruolo trumentale. È quindi la chiave dell'amore che viene definita come una relazione non strumentale. Comprendendo la grande bellezza e potenza del mondo impariamo a percepirlo per ciò che è — una stupenda manifestazione della saggezza di Dio in cui noi umani siamo un aspetto marginale di tale piano divino. Interiorizzando questo aspetto non strumentale ci riconciliamo col mondo, un mondo idoneo al nostro potenziale come creature capaci di conoscenza e capaci di trascendere la morsa iniziale della paura e dell'immaginazione. Integrando questa visione della condizione umana con l'interpretazione dell'Ebraismo, Maimonide ha reso la scienza e la saggezza una parte integrale della tradizione ebraica, che le considera attentamente e camanda che siano studiate. Il fine dell'Ebraismo nella vita comunitaria ed individuale dipende dell'ethos filosofico che viene interiorizzato nel cuore più profondo della tradizione.<ref name="Seeskin"/><ref name="MoshHalb">Moshe Halbertal, ''Maimonides, cit.'', 2014, pp. 358-368.</ref>
 
I tre elementi della nuova sensibilità religiosa di Maimonide possono essere ritrovati anche nei suoi scritti halakhici. La deinizione di Dio nella ''Mishneh Torah'' si basa sulla realtà causativa quale strumento centrale della rivelazione divina nel mondo. Nei primi capitoli della ''Mishneh Torah'', Dio viene descritto in termini di essenza ed esistenza, non di personalità e storia. Secondo le "Leggi del Pentimento", l'ideazione corporea di Dio è apostasia e chi la sostiene si pone al di fuori della comunità di Israele e perde il proprio posto nel mondo a venire. La ''Mishneh Torah'' ritiene filosofia e scienza una parte sostanziale della ''halakhah'', poiché il fine dell'uomo e della ''halakhah'' nel suo complesso è definito in termini di perfezione umana come creatura razionale, e l'apice dell'esperienza religiosa — timore ed amore — è raggiunto e realizzato tramite la conoscenza del mondo e di Dio. È la conoscenza che libera l'uomo dal comportamento strumentale del mondo e lo conduce ad un comportamento di amore di Dio. Una consapevolezza filosofica viene ad introdursi anche in aree chiaramente halakhiche, come la totale proibizione della magia e dell'uso scaramantico di oggetti rituali ebraici.<ref name="MoshHalb"/>
 
La presenza di questi tre fattori negli scritti halakhici di Maimonide esclude naturalmente qualsiasi distinzione tra Maimonide l'halakista e Maimonide il filosofo. Infatti è specificamente negli scritti halakhici che gli elementi filosofici sono maggiormente prominenti e intensi, come si è visto nella nostra analisi della ''Mishneh Torah''. In queste opere, Dio è definito in termini di preesistenza eterna del mondo, come per la profezia. Inoltre, gli scritti halakhici di Maimonide non mettono assolutamente in dubbio il fine più alto dell'uomo quale creatura razionale, e tale definizione trasforma l'osservanza quotidiana della ''halakhah'' in un mezzo piuttosto che in un fine di per se stesso. Nella ''Guida'' invece la credenza nella preesistenza eterna viene analizzata con una critica sistematica, come lo è l'idea che la perfezione umana risieda nella cognizione di Dio. Pertanto gli elementi filosofici che appaiono nel ''Commentario alla Mishnah'' e nella ''Mishneh Torah'' smentiscono chiaramente qualsiasi distinzione tra ''halakhah'' e filosofia negli insegnamenti di Maimonide.<ref name="Stroum"/><ref name="MoshHalb"/>
 
==Prospettiva storica==