Guida maimonidea/Critica del linguaggio: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
Nessun oggetto della modifica
Nessun oggetto della modifica
Riga 72:
L'immaginazione opera principalmente in assenza di impressioni sensoriali immediate. Il sogno è quindi l'arena in cui l'esercizio più creativo dell'immaginazione ha luogo, ed è anche la scena centrale della profezia. Ogni profezia si svolge in un sogno o una visione; quest'ultima è uno stato in cui la persona, sebbene desta, si ritira dall'ambiente circostante è viene sommersa da immagini interiori. Un sogno è profetico non perché il suo contenuto derivi da un intervento esterno, sebbene lo possa sembrare; in verità, il contenuto consiste di immagini emergenti dalle profondità del conscio stesso del profeta. I sogni di un profeta, a differenza di quelli di gente ordinaria, sono profezie; ma la ragione non è che i primi sono elargiti da Dio, mentre i secondi no. I contenuti del segno di un profeta, come quelli di tutti i sogni, sono influenzati dalla propria vita esteriore, da svegli. Ma poiché il profeta è coinvolto con gli intellegibili, le immagini che crea nei suoi sogni sono, in effetti, una traduzione simbolica di profonde intuizioni che riguardano il vero ed il falso, il bene ed il male. Può essere paragonata ad un matematico che si sveglia la mattina con la soluzione di un complicato problema matematico che stava esaminando. La soluzione non gli è venuta a seguito di un'analisi logica consapevole; gli è semplicemente apparsa mentre dormiva. È tuttavia importante che questa sorta di situazione accada solo al matematico, in parte perché aveva elaborato il problema con grande intensità mentre era sveglio.<ref name="Profeta">David Bakan, ''Maimonides on Prophecy: A Commentary on Selected Chapters of the Guide of the Perplexed'', Jason Aronson Inc. Publishers, 1991, pp. 186-200; [http://books.google.co.uk/books/about/Prophecy.html?id=IUkKlP-sBAMC Howard Kreisel, ''Prophecy: The History of an Idea in Medieval Jewish Philosophy''], Springer Science & Business Media, 2003, ''s.v.'' "Moses ben Maimon", pp. 148-312, spec. pp. 210-284; Heidi M. Ravven, “Some Thoughts on What Spinoza Learned from Maimonides about the Prophetic Imagination. Part 1. Maimonides on Prophecy and the Imagination. Part 2: Spinoza's Maimonideanism”, ''Journal of the History of Philosophy'' 39, 2001, pp. 193-214, 385-406.</ref>
 
[[File:Isaiah's Lips Anointed with Fire.jpg|thumb|250px|La visione di Isaia (dipinto di Benjamin West, 1738–1820)]]
In questa esposizione del processo profetico, non c'è una scelta intenzionale, volitiva di una persona da parte di Dio; la profezia è un evento mentale interno del profeta. La componente esterna della profezia risulta dal fatto che raggiunge l'immaginazione mediante l'ispirazione dell'intelletto, e la teoria della cognizione di Maimonide afferma che l'intelletto di una persona si identifica con gli oggetti della cognizione e con l'intelletto che concepisce tali oggetti, chiamato intelletto attivo. Questa componente esterna — che non si volge direttamente al profeta ma è da lui attivata — non è Dio stesso ma l'intelletto separato finale, l'intelletto attivo, che Maimonide definisce "un angelo al livello degli ''Ishim''".
In questa esposizione del processo profetico, non c'è una scelta intenzionale, volitiva di una persona da parte di Dio; la profezia è un evento mentale interno del profeta. La componente esterna della profezia risulta dal fatto che raggiunge l'immaginazione mediante l'ispirazione dell'intelletto, e la teoria della cognizione di Maimonide afferma che l'intelletto di una persona si identifica con gli oggetti della cognizione e con l'intelletto che concepisce tali oggetti, chiamato intelletto attivo. Questa componente esterna — che non si volge direttamente al profeta ma è da lui attivata — non è Dio stesso ma l'intelletto separato finale, l'intelletto attivo, che Maimonide definisce "un angelo al livello degli ''Ishim''". Maimonide quindi sostiene che ogni profezia rappresenti il contatto con un angelo ed indirettamente con Dio. Questo concetto di profezia è alquanto distante dall'interpretazione tradizionale, in cui il Dio sovrano esercita la Sua volontà per comunicare e promulgare un comando al Suo messaggero. Secondo Maimonide, quando il profeta dice di sentire dio che gli parla o di vedre un angelo che lo chiama, non sta riportando un evento esterno che ha luogo al di fuori del proprio conscio. Dio non si rivela al profeta in un sogno; piuttosto, il profeta sogna che Dio gli si è rivelato. La differenza tra questi due concetti è grande, come grande è la differenza tra l'andare a fare una passeggiata rilassante e sognare di farla. Qualsiasi racconto di aver visto o sentito Dio o un angelo è il racconto di un sogno o di un "sogno ad occhi aperti", poiché Dio non appare o parla e neanche un angelo lo fa.<ref name="Profeta"/> Il profeta sogna che un evento abbia luogo: "Sappi dunque che nel caso di chiunque sia menzionato in un testo scritturale che un ''angelo'' gli ha parlato o che tale discorso gli sia stato profferto da Dio, ciò non successe se non ''in un sogno'' o ''in una visione di profezia''" (II:41, p. 386).
 
[[File:Rembrandt Harmensz. van Rijn 063.jpg|thumb|250px|left|Giacobbe lotta con l'angelo (dipinto di Rembrandt, ca. 1659)]]
Non è difficile identificare l'aspetto innovativo audace di questa idea che il collegamento tra la profezia ed il sogno rifletta la consapevolezza interiore del profeta. E Maimonide non si sforza di nascondere il suo concetto in merito poiché, dato che è impossibile vedere un angelo, qualsiasi apparizione di un angelo deve per forza essere un sogno del profeta. Un esempio offerto nella ''Guida'' è quello della lotta di Giacobbe con l'angelo narrata in Genesi 32. Un angelo non ha un corpo fisico, quindi Giacobbe non poteva aver lottato con un angelo; sognò solo di aver lottato con un angelo. Il sogno ha un significato simbolico profondo, in parte perché è il sogno di un uomo come Giacobbe, ma è pur sempre un sogno. Maimonide asserisce persino che, quando Abramo vide i tre angeli all'entrata della sua tenda, stava sognando o stava avendo una visione ad occhi aperti, e che l'angelo che gli esclamò di non uccidere Isacco era parimenti una visione da sveglio da parte di Abramo. Secondo Maimonide, tutte le rivelazioni divine in forma di apparizione, annuncio o discorso devono essere interpretate in questo modo.<ref name="Profeta"/>
 
L'interpretazione del profeta e del processo profetico da parte di Maimonide ridefinisce la distinzione tra profezia vera e profezia falsa. Non si può più identificare una profezia vera come quella in cui Dio di fatto profferì le Sue parole al profeta, in cntrasto con una profezia generata dalla mente propria del profeta stesso. Secondo Maimonide, ogni profezia si origina nella mente del profeta, poiché Dio non gli si rivolge. La vera profezia deve essere identificata con la base delle virtù del profeta ed in luce dello scopo del profeta. Il quadro della profezia descritto da Maimonide è pertanto vicino alla posizione filosofica, come presentata costantemente da al-Farabi.<ref name="AlFara"/> Maimonide differisce dalla posizione filosofica in quanto credeva che Dio potesse negare la profezia a qualcuno che altrimenti sarebbe stato idoneo ad ottenerla, ma in realtà tale idoneità non ha importanza quando la profezia poi avviene. In tal caso, la profezia come intesa da Maimonide non si base sull'autorevolezza convenzionale di una rivelazione intenzionale dalla bocca di Dio, diretta al profeta.<ref name="Profeta"/>
 
I sostenitori della lettura filosofica della ''Guida'' vedono il resoconto della profezia da parte di Maimonide come prova che egli credesse nella preesistenza eterna del mondo. Argomentano che nei capitoli che trattano della creazione, egli affermi di credere nella creazione nel tempo in parte perché la preesistenza eterna compromette il concetto della rivelazione. In supporto della creazione nel tempo, Maimonide dice quanto segue:
{{q|Sappi che con la credenza nella creazione del mondo nel tempo, tutti i miracoli diventano possibili e la Legge diventa possibile, e tutte le domande che si possono sollevare circa questa materia svaniscono. Quindi si potrebbe chiedere: Perché Dio ha concesso la rivelazione profetica a questo e non a quello? Perché Dio dà questa Legge a questa particolare nazione, e perché Egli non ha legiferato per le altre? Perché Egli ha legiferato in questo momento particolare, e perché non ha legiferato prima o dopo?... La risposta a tutte queste domande sarebbe di dire: Egli voleva così; oppure la Sua saggezza richiedeva così. Proprio come Egli ha portato il mondo in esistenza, con la forma che ha, quando Egli ha voluto, senza che noi sappiamo la Sua volontà a questo riguardo.|II:25, p. 329}}
 
Secondo questo argomento, la fede nella ceazione nel tempo permette che la rivelazione sia interpretata come una comunicazione intenzionale di Dio all'uomo. Ma, dicono i sostenitori della preesistenza, quando Maimonide si mette ad interpretare la profezia stessa e la sua relativa natura, egli sistematicamente omette qualsiasi riferimento alla volontà divina come un fattore della profezia. Nonostante questo argomento persuasivo, la disputa se la ''Guida'' debba essere interpretata che affermi la preesistenza o la creazione nel tempo si estese a comprendere i capitoli sulla profezia. La forza della disputa è legata ad un elemento importante e ricorrente nella discussione di Maimonide sulla profezia, cioè la sua enfatica esclusione della profezia di Mosè da qualsiasi cose egli dica nella ''Guida'' riguardo alla profezia in generale. A differenza degli altri profeti, Mosè non incontra un angelo ma Dio stesso. E mentre gli altri profeti profetizzano in una visione ad occhi aperti o in un sogno, Mosè profetizza direttamente, non in una visione o un sogno. Per la stessa ragione, la profezia di Mosè non è collegata alla facoltà immaginativa, come succede agli altri profeti, ma deriva direttamente dall'intelletto stesso. In effetti, Maimonide determina che la spiegazione naturale che sottosta alla sua interpretazione della profezia in generale semplicemente non si applichi nel caso di Mosè. La profezia di Mosè è paragonabile a quella degli altri profeti solo in quanto essi condividono il termine "profezia".<ref name="Profeta"/> Esiste un certo elemento comune, ma è marginale, ed essi differiscono interamente nell'essenza: "Ti faccio sapere che tutto ciò che dico in merito alla profezia nei capitoli di questo Trattato si riferisce solo alla forma della profezia di tutti i profeti che vi furono prima di Mosè e che verrano dopo di lui... Poiché a mio avviso il termine profeta usato con riferimento a Mosè e agli altri è anfibolo" (''Guida'' II:35, p. 367).
 
==Il Problema del Male e il Fine dell'Esistenza==