Guida maimonidea/Etica e fede: differenze tra le versioni

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{{q|Ed essi dicono, che siano benedetti, "Nel mondo a venire non si mangia, non si beve, non si fanno abluzioni, consacrazioni, rapporti sessuali; piuttosto, i giusti siedono incoronati, godendo dello splendore della presenza di Dio." Con l'espressione "incoronati" intendono l'esistenza dell'anima attraverso l'esistenza di ciò che si è appreso, l'anima e il suo conoscere diventano uno, come hanno detto i filosofi eruditi... E quando dicono "godendo dello splendore della presenza di Dio", intendono che l'anima gode di ciò che ha appreso del Creatore.|''Introduzione a Pereq Ḫeleq''}}
 
Di primo acchito, questo concetto dell'immortalità dell'anima non lascia spazio alla distintività dell'anima sopravvissuta, poiché la porzione di anima che rimane è la raccolta delle verità metafisiche acquisite da una persona durante la propria vita. E infatti, la filosofia ebraica del Medioevo comprende diversi (deboli) tentativi di inserire una dimensione individuale nel concetto aristotelico dell'immortalità dell'anima.<ref name="Anima">Lenn Goodman, "Maimonides on the Soul", in Jay harrisHarris (cur.), ''Maimonides after 800 Years: Essays on Maimonides and His Influence'', Harvard University Press, 2007, pp. 65-80; cfr. anche Dov Schwartz, "AvicenaAvicenna and maimonidesMaimonides on Immortality", in R.I. Nettler (cur.), ''Medieval and Modern Perceptions on Jewish Muslim Relations'', Harwood Academic Publishers, 1995, pp. 185-197; George tamerTamer (cur.), ''The Trials of Maimonides: Jewish Arabic, and Ancient Culture of Knowledge'', in partic. "GoodGod and the Good Life: Maimonides` Virtue Ethics and the Idea of Perfection", Walter De Gruyter, 2005, pp. 123-136.</ref>
 
I critici del concetto filosofico maimonideo del mondo a venire erano tuttavia turbati dalla conclusione che agli ebrei che erano stati meticolosi nella propria osservanza di tutti i comandamenti, minori ed i maggiori, sarebbe stato negato accesso al mondo a venire solo perché non si erano impegnati nello studio della saggezza. E quale sarebbe stata la condizione degli ebrei comuni, saldi nel loro impegno religioso, che avevano vissuto vite dedicate alla Torah e ai comandamenti senza prestare attenzione alla questione se Dio fosse o meno corporeo? Ra`abad, uno dei critici più duri della ''Mishneh Torah'', reagì aspramente al giudizio di Maimonide che la fede nella corporeità di Dio costituiva apostasia. In risposta alla posizione di Maimonide che colui che detiene tale credenza si è escluso dalla comunità di Israele e non ha posto nel mondo a venire, Ra`abad infuriò: "E perché chiama colui [che crede nella corporeità di Dio] un apostata, quando alcuni di coloro che sono maggiori e migliori di lui sostenevano quell'idea sulla base di ciò che videro nella Scrittura, più che sulla base di quello che videro negli ''aggadot'' rabbinici che provocano idee sbagliate?" (Commento alla ''Mishneh Torah'', "Leggi sul pentimento", 3:7). Ra`abad si oppone a trattare la credenza nella corporeità di Dio come apostasia, sebbene egli stesso la consideri sbagliata.<ref name="Anima"/>
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Con questa interpretazione della ricompensa e punizione bibliche, Maimonide si confronta con un problema profondamente esistenziale della coscienza umana. Secondo lui, lo scopo centrale della Torah è di elevare la vita umana ad una dimensione che trascenda le necessità umane e l'appagamento degli impulsi materiali basilari. Il vero appagamento della vita umana sta nell'elevazione del pensiero e della consapevolezza verso la sfera spirituale. La persona che reputa la ricompensa fisica quale meta per osservare i comandamenti, potrebbe trasformare la Torah stessa in un mezzo per soddisfare i suoi impulsi di base. Se il mondo a venire è un luogo dove i desideri fisici — inclusi quelli proibiti in questo mondo — vengono realizzati, allora l'intero scopo della Torah è ridotto ad una preoccupazione di soddisfazione fisica futura, nell'era messianica e nel mondo a venire. Infatti, quando Maimonide spiega il proposito dell'era messianica e dei comandamenti della Torah, afferma che la ricompensa fisica non è la ragione per cui i comandamenti devono essere osservati; al contrario, sono intesi a liberare l'uomo dall'asservimento agli impulsi fisici. La ricompensa fisica non è altro che il mezzo che gli permette di sviluppare gli aspetti più alti della propria esistenza.<ref name="Ilil"/>
 
Ma ritorniamo alla questione della risurrezione. Se la ricompensa fisica è semplicemente un mezzo per ottenere un'esistenza più alta di perfezione intellettuale, perché l'anima dovrebbe essere riunita al corpo dopo la morte? Di primo acchito, il rientro dell'anima nel corpo sembra più una punizione che una ricompensa.<ref name="Anima"/> Inoltre, abbiamo visto che l'immortalità dell'anima non è un miracolo strabiliante ma soltanto il risultato naturale della vita di una persona. La risurrezione dei morti, invece, è proprio un evento incomprensibile e meraviglioso — ma an che inutile. Non a caso, i discepoli filosofici di Maimonide reputavano che la risurrezione non foss'altro che un'allegoria per l'immortalità dell'anima spirituale. Maimonide stesso sostenne che alcuni interpretavano i suoi scritti in tal modo, e gliene fu chiesta spiegazione ancor prima che scrivesse il ''Saggio sulla risurrezione'':
{{q|Durante il 1185 mi pervenne una lettera dallo Yemen chiedendo varie informazioni. Riportava inoltre che alcuni di loro avevano deciso che il corpo si dovesse decomporre dopo la morte, che l'anima non sarebbe ritornata al corpo dopo la separazione, e che la ricompensa e la punizione sarebbe stata riservata solo all'anima. Si basavano su quanto avevo scritto sui mebri del mondo a venire. Quando furono portati alla loro attenzione le affermazioni chiare ede esplicite dei saggi, come anche alcuni versetti dei profeti, se ne liberarono affermando che fossero metaforici e richidessero un'interpretazione.|''Saggio sulla risurrezione'', p. 217}}
 
Si è già vista la difficoltà di trovare un posto per la Geenna nella visione sistematica e filosofica del mondo proposta da Maimonide, e non è meno difficile trovar posto per la risurrezione dei morti in senso stretto.<ref name="Risurre">D.H. Baneth, “On the Text of Maimonides’ Treatise on Resurrection and its Translation”, ''Tarbiz'' 13, 1941, pp. 37-42 (in ebr.); Neil Gillman, ''The Death of Death: Resurrection and Immortality in Jewish Thought'', Jewish Lights Publishing, 1997, pp. 143-168; R.S. Kirschner, “Maimonides’ Fiction of Resurrection”, Hebrew Union College, Annual 52, 1981, pp. 163-93; Ralph Lerner, “Maimonides’ Treatise on Resurrection”, ''History of Religions'' 23, 1983, pp. 140-55.</ref> Nel ''Saggio sulla risurrezione'', Maimonide si esonera dall'accusa: egli cita la risurrezione dei morti come principio di fede, la cui negazione rende apostati ed esclusi dalla comunità di israele, ed insiste che in nessun punto nei sui scritti ha mai asserito che la credenza debba essere allegorica. Egli applicò interpretazioni allegoriche ai versetti che parlano di Dio in termini corporei, poiché è del tutto inverosimile che Dio sia corporeo, ma un miracolo come la risurrezione dei morti è certamente nella sfera del possibile. Colui che nega la fede nella risurrezione in effetti nega la possibilità di un miracolo e quindi considera come allegorie non solo la risurrezione, ma anche tutti i miracoli narrati nella Torah, come la discesa della manna dal cielo, la separazione delle acque, e la trasmutazione del bastone di Mosè in serpente. Tale sorta di linea d'interpretazione è inconcepibile, e viene rifiutata nella ''Lettera''. Tuttavia, Maimonide non dà una spiegazione particolareggiata della risurrezione o del suo fine. Nella sua prospettiva, la natura miracolosa e mirabolante del soggetto preclude la discussione, e si deve solo accettare la fede in questo principio sulla base di relative affermazioni profetiche e rabbiniche.<ref name="Risurre"/>
 
Una prima lettura della ''Lettera sulla risurrezione'' lascia alquanto insoddisfatti. Maimonide rigetta fermamente l'accusa di aver nutrito una convinzione allegorica della risurrezione, citando ripetutamente i suoi riferimenti al concetto nel suo senso comune. Da nessuna parte però fornisce una qualche spiegazione sullo scopo della risurrezione. La risurrezione può certo avvenire, poiché Dio è libero di fare cose che trascendono i confini della natura, ma perché dovrebbe farlo? Quale sarebbe l'obiettivodella risurrezione? Inoltre, Maimonide afferma nella ''Lettera'' che la risurrezione sarebbe un qualcosa di temporaneo. Coloro che verrebbero risorti dopo morirebbero nuovamente, e solo allora otterrebbero la vita nel mondo a venire. Ma se ciò è vero, la risurrezione sarebbe semplicemente una strana pausa nel processo il cui unico scopo è una sorta di esistenza più alta nel mondo a venire.<ref name="Risurre"/>
 
==Note==
<references/>
 
{{Avanzamento|50%|25 ottobre 2014}}