Guida maimonidea/Interpretazione ed ermeneutica: differenze tra le versioni

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In questa costruzione innovativa Maimonide stava cercando di delimitare la potenza implicitamente antinomica dell'autorità profetica. Un profeta si appella alla rivelazione diretta che è la stessa fonte di autorità sulla quale si basa la legge stessa. Se costui riesce a stabilire tramite miracoli un accesso indipendente alla rivelazione, Maimonide, stabilendo l'unicità della rivelazione al Sinai, afferma che un profeta non ha accesso diretto alla rivelazione come fonte indipendente della sua voce autorevole. Il suo potere è sempre mediato attraverso il comandamento dato al Sinai, che è l'unico momento legale che può essere basato direttamente sulla rivelazione.<ref name="Zvi"/><ref name="Aharon"/>
 
Il principio che il profeta non gioca alcun ruolo nell'innovare o interpretare la ''halakhah'' definisce anche il ruolo del profeta: incoraggiare l'osservanza della Torah ricevuta da Mosè. I profeti postmosaici apparentemente si basarono sulla stessa fonte di autorità su cui si fonda la Torah stessa — la rivelazione. Infatti i profeti potrebbero usare la fonte di autorità della Torah proprio per minarla. Basarsi sulla rivelazione per compromettere una religione che si basa essa stessa sulla rivelazione non è soltanto una possibilità teorica — l'Islam ha basato la sua autorità su un'affermazione di rivelazione simile a quella della Torah stessa.<ref name="Bertal1"/>
 
Maimonide deriva l'autorità di ogni profeta postmosaico dalla Torah stessa, ed in tal modo cerca di proteggere lo status della Torah. Non c'è quindi da meravigliarsi che formulazioni simili a quelle che abbiamo visto nell'introduzione al ''Commentario alla Mishnah'' e le Leggi delle Fondamenta della Torah appaiano anche nella ''Lettera allo Yemen'', in cui Maimonide tratta dell'insidia posta dall'Islam. Il ruolo dei profeti postmosaici non fu quello di aggiungere o derogare dalla Torah, ma di incoraggiarne l'osservanza:
{{q|Se così, perché la Torah afferma: "Io susciterò loro un profeta in mezzo ai loro fratelli e gli porrò in bocca le Mie parole ed egli dirà loro quanto Io gli comanderò" (Deut. 18:18)? Non viene a fondare una religione, ma a comandare in merito alle parole della Torah e ammonire il popolo contro la sua trasgressione.|''Leggi delle Fondamenta della Torah''}}
 
Ritorniamo alla struttura della ''halakhah'' secondo Maimonide. La ''halakhah'' ha un nucleo centrale, connesso a Mosè,sul quale non c'è controversia. Solo questo nucleo ha lo status di ''de-Orayta'', perché fu enunciato a Mosè esplicitamente. I profeti postmosaici non avevano autorità o potere di aggiungere o derogare da questo nucleo, perché la loro autorità era interamente derivata dalla forza di un'istruzione insita nella Torah di Mosè. Ciò è vero non solo dei profeti, ma anche dei saggi. I tredici principi per interpretare la Torah sono regole per dedurre nuove leggi che sono oggetto di conroversia. Queste leggi si dicono rabbiniche anche se non sono derivate con ''asmakhta''.<ref name="Bertal1"/>
 
L'esistenza di questo nucleo è l'innovazione maggiore della strutturazione della ''halakhah'' da parte di Moimonide, e la forma che le dà porta all'idea che i tredici principi sono principi di deduzione, non principi di definizione. Con questa idea dei tredici principi, Maimonide distingue, nella seconda regola nell'introduzione al ''Libro dei Comandamenti'', tra il testo e la sua interpretazione. Maimonide tenta di bloccare le pretese di impegno esegetico asserendo che l'interpretazione è semplicemente un'aggiunta al testo e non ottiene lo status del testo stesso. Tuttavia, non ci si deve meravigliare che di tutte le componenti dell'opinione maimonidea della ''halakhah'', proprio questa incontrò pesanti difficoltà nelle discussioni talmudiche. In definitiva, l'interpretazione è, ''inter alia'', un tentativo di condividere l'autorità del testo. L'esegeta cerca di infondere alle proprie parole l'autorità del testo tramite l'interpretazione.<ref name="Bertal1"/><ref name="Zvi"/><ref name="Aharon"/>
 
I motivi che produssero la teoria maimonidea della ''halakhah'' sono manifesti in quello che scrisse nella ''Guida dei perplessi'', molti anni dopo averli formulati nel ''Commentario alla Mishanh'' e nel ''Libro dei Comandamenti''. Nella ''Guida dei perplessi'', vengono citate le condizioni vitali per l'autorità di una Torah divina. Una Torah divina deve essere immutabile ed uniforme; altrimenti, tutta la sua credibilità ne sarà compromessa. Ecco come Maimonide spiega la proibizione "non vi aggiungerai nulla e nulla ne toglierai" (Deut. 13:1) e la punizione dell'anziano ribelle:
{{q|Nella misura che Dio, possa Egli essere glorificato, sapeva che i comandamenti di questa Legge avrebbero necessitato in ogni tempo e luogo — per quanto alcuni di loro siano interessati — di essere estesi o abbreviati secondo le diversità dei luoghi, delle occorrenze e delle congiunture delle circostanze. Egli proibì di estenderli o abbreviarli dicendo: "non vi aggiungerai nulla e nulla ne toglierai" (Deut 13:1). Poiché ciò avrebbe potuto portare alla corruzione delle regole della Legge e a credere che queste non venissero da Dio.|''Guida dei perplessi'', III:41}}
 
Attribuire controversia al nucleo trasmesso della Torah è considerato da Maimonide essere non solo una descrizione erronea della tradizione, ma anche una contestazione di una delle sue fondamenta. Lo esprime così nella sua introduzione al ''Commentario alla Mishnah'':
{{q|Ma le nozioni di coloro che pensano che anche leggi disputate furono ricevute da Mosè, e che la controversia apparve mediante malinteso o dimenticanza... Questa — Dio lo sa — è un'affermazione disdicevole e abietta.|Introduzione al ''Commentario alla Mishnah''}}
Questa sua dura affermazione indica che Maimonide reputava ciò non solo come errore, ma anche come una forma pericolosa di eresia.<ref name="Zvi"/>
 
Attribuire lo status della Torah stessa alle interpretazioni rabbiniche non ricevute dal Sinai intrappola il nucleo della Torah nella controversia e mancanza di chiarezza, un approccio intollrabile per il sistema legale basato sulla rivelazione: "poiché ciò sconvolgerebbe il sistema della Torah e porterebbe la gente a credere che la Torah non è da Dio" (''Guida dei perplessi'', II:41, p. 585). Secondo la concezione maimonidea basata sull'autorità, il nucleo basilare, immutabile, divino della Torah, al quale non si può aggiungere nessuna legge ma dal quale la legge ne deriva, deve essere isolato. Inoltre il nucleo isolato sottolinea lo status esclusivo di Mosè — uno status estremamente centrale nella concezione di Maimonide della legge e della profezia. Egli si relaziona ai profeti come si relaziona ai saggi: i primi non sono pari a Mosè nella profezia, ed i secondi non diventano pari a lui tramite le loro interpretazioni.<ref name="Bertal1"/><ref name="Zvi"/><ref name="Aharon"/>
 
Il ''Commentario alla Mishnah'' ed il ''Libro dei Comandamenti'', opere che Maimonide compose nei vent'anni, non raggiunsero la stessa popolarità e le vette della ''Mishneh Torah'' e della ''Guida dei perplessi''. Tuttavia questi primi scritti non erano semplici meditazioni ed esperimenti di un autore brillante che iniziava a cercare quella svolta innovatrice che poi sopraggiunse. Cascuna di queste due opere, originale ed unica nel suo genere, pone le fondamenta di quello che verrà in seguito: il ''Commentario alla Mishnah'' trasformò la ''Mishnah'' in un'opera che permette l'organizzazione e riepilogo della ''halakhah'' e delle relative decisioni. Il ''Libro dei Comandamenti'' strutturò i comandamenti come categorie organizzative della ''Mishneh Torah'', dalla quale la ''halakah'' si ramifica e viene catalogata. In entrambe le opere, Maimonide sviluppò anche la sua teoria della ''halakhah'' rispetto a concetti come verità, rivelazione, interpretazione e controversia. Questa teoria forgiò la struttura nella quale egli assimilò nella ''Mishneh Torah'' i vasti particolari di tutti gli elementi della ''halakhah''.<ref name="Bertal1"/>
 
==Note==
<references/>
 
{{Avanzamento|75100%|2223 ottobre 2014}}
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