Guida maimonidea/Medicina e composizione: differenze tra le versioni

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A volte, come afferma anni dopo aver scritto ''Mishneh Torah'', Maimonide stesso ebbe difficoltà a ricostruire il procedimento e le fonti che lo avevano condotto ad una data sentenza così semplice. In un acuto passo di una lettera a Pinẖas il ''dayyan'' (giudice), a seguito di un resoconto degli sforzi impegnati nel trattato e la necessità a volte di tarre le fonti di un singolo capitolo da dieci e più punti del [[w:Bavli|Talmud Babilonese]] e del [[w:Yerushalmi|Talmud Yerushalmi]], scrive quanto segue:
{{q|Ti dirò quello che mi è capitato in merito a questo. Un devoto ''dayyan'' venne da me, portando un libretto [estratto] da questo trattato [cioè, dalla ''Mishneh Torah''] che conteneva le "Leggi sull'omicidio" dal ''Libro degli Illeciti''. Mi mostrò una ''halakhah'' e disse "Leggila". La lessi e gli dissi "Cosa c'è di incerto?" Mi disse: "Dove furono dette tali parole?" Io risposi: "Al loro posto, nel capitolo ''Elu Hen ha-Golin'' oppure nel [trattato] ''[[w:Sanhedrin|Sanhedrin]]'', tra le leggi che riguardano l'omicidio." Mi disse: "Ho già riveduto tutto quello senza trovarle." Io gli dissi: "Forse sono nel ''[[w:Yerushalmi|Yerushalmi]]''?" Mi disse: "Ho cercato ma non le ho trovate, non nel ''Yerushalmi'' né nella ''[[w:Tosafot|Tosefta]]''." Riflettei per un po' e gli dissi: "Mi ricordo che queste parole furono esposte ad un certo punto nel [trattato] ''[[w:Gittin|Gittin]]''." Tirai fuori il ''Gittin'' e cercai, ma non trovai il riferimento. Ne fui traumatizzato e allarmato, e dissi: "Dove furono dette tali parole?" Ma poi, prima che potessi ricordarmi la loro fonte, egli se ne andò; e allora mi ricordai. Mandai un messaggero e lo feci ritornare e gli mostrai le parole affermate esplicitamente nella ''[[w:Ghemara|Ghemara]]'' di ''[[w:Nashim|Yevamot]]''... Egli se ne meravigliò e dipartì.|''Iggerot'', pp. 444-445}}
 
Si deve tenere in mente che questa non era semplicemente una dimenticanza come succede a molti, e quindi anche a Maimonide. La sua lettera a Pinẖas veniva scritta in un periodo quando era estremamente indaffarato e oberato al punto di esaurimento. Non godeva più di momenti di tempo libero e di perseveranza che gli rendevano possibile di mantenere una mente acuta e fresca come quando aveva scritto il trattato. La ''Mishneh Torah'' fu composta durante una fase di dieci anni quando era libero di lavorarci giorno e notte; gli era stato possibile grazie a suo fratello David, che si era assunto il peso di sostenere la famiglia. Come dice Maimonide nella sua lettera a Japheth il ''dayyan'': "Andò all'estero per commerciare, in modo che io potessi rimanere a casa e continuare i miei studi" (''Lettere di Maimonide'', p. 73).
 
La situazione di Maimonide cambiò radicalmente a causa della tragedia che capitò a suo fratello. Durante un viaggio d'affari in India nel 1177, David naufragò nell'Oceano Indiano, affondando con tutti i beni di famiglia; lasciò moglie e una giovane figlia che divennero responsabilità di Maimonide. La crisi che ne derivò viene descritta da Maimonide nella sua lettera a Japheth: "Ma il più grande colpo, che mi causò più dolore di qualsiasi altra cosa io abbia mai passato fino ad oggi, fa la morte dell'uomo più santo che abbia mai conosciuto, che affogò mentre era in viaggio nell'Oceano Indiano. Con lui affondò una grande fortuna che apparteneva a noi e ad altri. La sua piccola figlia e la sua vedova furono lasciate a me." (''ibid.'', p. 72). Maimonide aveva dimestichezza con i metodi del commercio ed era coinvolto negli affari di suo fratello, ma era sempre stato preoccupato di tragitti verso l'India. In una lettera di commiato a suo fratello, prima che facesse uno di tali viaggi, scrisse: "Dio, che sempre sia glorificato, sa il dispiacere e la desolazione che provo alla partenza di mio fratello e mio amato amico. Che Dio mi protegga da sventure che possano capitargli e riunirmi con lui in Egitto" (''Iggerot'', p. 76).
 
Un prezioso documento rinvenuto da Goitein nella Geniza del Cairo è una lettera da parte di David a suo fratello, scritta nel 1171, sei anni prima della sua morte nel naufragio.<ref name="Goitein1">Shlomo Dov Goitein, "Moses Maimonides, Man of Action: A Revision of the Master's Biography in Light of Geniza Documents", ''Hommage a Geroges Vajda'', Peeters Press, 1980, pp. 155-167.</ref> Fu inviata da Aidhab, una città portuale dell'Africa orientale dalla quale partivano navi verso l'India e la Cina. David, che stava allora per fare il suo primo viaggio in Africa orientale, navigò sul Nilo verso Luxor, un itinerario di circa cinquanta giorni. Da Luxor le carovane si dirigevano verso Aidhab, un faticoso percorso di oltre 400 chilometri attraverso il deserto. Un mercante ebreo che si era unito a David, lo persuase a lasciare la carovana organizzata e attraversare il deserto per conto suo. A causa della sua inesperienza, David accettò questa frettolosa avventura e alla fine raggiunse Aidhab dopo un viaggio difficile e pericoloso. Davide ed il suo socio arrivarono ad Aidhab prima della carovana, e quando questa arrivò, seppero che era stata attaccata da briganti ed alcuni carovanieri erano stati uccisi. Maimonide conosceva alcuni dei viandanti, e David era preoccupato che quando notizia delle uccisioni fossero giunte a Fustat, suo fratello si sarebbe preoccupato del destino di David. Si affrettò quindi a scrivergli. Dato che la città portuale sembrava non avere le merci desiderate, David aveva deciso di navigare verso l'India. Nella sua lettera si scusa col fratello di tale decisione nonostante le istruzioni contrarie del fratello, e conclude scrivendogli di non preoccuparsi del suo viaggio. Un successivo viaggio, come già detto, vedrà la realizzazione delle paure di Maimonide, e David morirà naufragando nell'Oceano Indiano.<ref name="Goitein1"/>
 
Più avanti nella propria lettera a Japheth il ''dayyan'', Maimonide descrive lo stato mentale addolorato e suicida nel quale deteriorò dopo la morte del fratello: "Per quasi un anno dopo aver ricevuto la triste notizia, mi ranicchiavo sul divano, co;pito dalla febbre, dalla disperazione e sull'orlo della distruzione" (''Lettere di Maimonide'', p. 74). Questa depressione, che ammutolì Maimonide per quasi un anno, appare ancora peggiore alla luce della discussione sul lutto nella ''Mishneh Torah'': "Uno non dovrebbe indulgere in eccessiva afflizione sulla morte di un proprio caro, poiché si dice: ''Non piangete sul morto e non fate lamenti per lui'' ([[w:Libro di Geremia|Geremia]] 22:10), cioè (non piangete su di lui) troppo, poiché tale è la via del mondo, e colui che si agita per le vie del mondo è uno stolto" (''Leggi del Lutto'' 13:11) Questa raccomandazione stoica di accettare la morte come parte del corso normale del mondo, gli crollò davanti al suo enorme lutto personale. Anche dopo anni dalla tragedia, la vita di Maimonide non si era ripresa totalmente:
{{q|Quasi otto anni sono passati e ancora piango per lui, e non c'è consolazione. Cosa mi può confortare? Mi crebbe sulle ginocchia, fu mio fratello, mio allievo. Andò all'estero per commerciare in modo che io potessi restare a casa e continuare i miei studi. Egli ben conosceva il Talmud ed era un esperto grammatico. La mia più grande gioia era vederlo. Ora ogni gioia si è spenta. È partito per la vita eterna e mi ha lasciato confuso in terra straniera. Ogni volta che mi capita di vedere la sua scrittura su uno dei miei libri, il cuore mi manca ed il mio dolore si risveglia.|''Lettere di Maimonide'', p. 73}}
 
==Note==