Identità e letteratura nell'ebraismo del XX secolo/Ai bordi dell'Europa: la scena italiana: differenze tra le versioni

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Tutto ciò che scrive emana da se stessa, dal suo interiore e dalle sue esperienze. Anche i suoi racconti hanno un carattere riflessivo. Come afferma il critico letterario Isabel Quigly nell'introduzione alla versione inglese della succitata raccolta (''Never Must You Ask Me'', 1973): "Tutto quello che ella scrive ha una presenza così 'inconfondibile' che è impossibile non pensare che non sia in qualche modo autobiografico."<ref>Introduzione di Isabel Quigly alla trad. ingl. di ''Mai devi domandarmi'' (''Never Must You Ask Me'') del 1973.</ref> Il suo racconto "La madre" ha tale carattere riflessivo, retrospettivo: I figli riflettono sulla vera natura della loro madre, molto dopo che questa è morta. Avrebbero preferito una madre di tipo diverso, più "materna", meno farfallona, più somigliante alla nonna. Invece era troppo giovane, troppo sfuggente, troppo inconsistente, troppo infelice. E, naturalmente, era stata inadeguata nel suo ruolo di madre. Era però morta prematuramente e tragicamente, commettendo suicidio dopo una relazione sbagliata.<ref name="Natalia"/>
 
[[File:Sandro Pertini e Natalia Ginzburg.jpg|thumb|left|Sandro Pertini e Natalia Ginzburg, primi anni '80]]
Natalia Ginzburg era ebrea per metà, e ciò pare riassumere la sua condizione. Dentro e fuori, non abbastanza parte della società che descrive, desiderava ardentemente l'integrazione e la normalità; ma queste sono qualità che le vengono negate. Le sarebbe piaciuto essere come gli altri bambini, come la gente che vedeva per strada: "Mi sarebbe piaciuta una madre che, la sera, cucisse alla luce del paralume. Mia madre non cuciva, o cuciva troppo poco per i miei gusti. Mi sarebbe piaciuto sentirli parlare della Patria. Nessuno mai la menzionava. Mi sarebbe piaciuto sentirli parlare del re. Lo chiamavano un idiota. Non mi mandarono a scuola, ma mi fecero studiare a casa per paura dei germi. Mi sarebbe piaciuto che mettessero fuori del balcone una bandiera nei giorni di ricorrenza patriottica. Non avevamo bandiere."<ref name="Natalia"/> Tuttavia, facendo parte del ''mainstream'', la Ginzburg può ragionare in maniera distaccata sul valore delle cose.
Natalia Ginzburg era ebrea per metà, e ciò pare riassumere la sua condizione. Dentro e fuori, non abbastanza parte della società che descrive, desiderava ardentemente l'integrazione e la normalità; ma queste sono qualità che le vengono negate. Le sarebbe piaciuto essere come gli altri bambini, come la gente che vedeva per strada: "Mi sarebbe piaciuta una madre che, la sera, cucisse alla luce del paralume. Mia madre non cuciva, o cuciva troppo poco per i miei gusti. Mi sarebbe piaciuto sentirli parlare della Patria. Nessuno mai la menzionava. Mi sarebbe piaciuto sentirli parlare del re. Lo chiamavano un idiota. Non mi mandarono a scuola, ma mi fecero studiare a casa per paura dei germi. Mi sarebbe piaciuto che mettessero fuori del balcone una bandiera nei giorni di ricorrenza patriottica. Non avevamo bandiere."<ref name="Natalia"/> Tuttavia, facendo parte del ''mainstream'', la Ginzburg può ragionare in maniera distaccata sul valore delle cose. È determinata a non dire bugie, anche se ciò significa starsene zitti, "finché riusciamo a trovare nuove e vere parole per descrivere le cose che amiamo." Nel frattempo la parola diviene così compromessa che bisogna rinnovarla totalmente o liberarsene. Fuori passo col mondo che la circonda, l'autrice è fuori passo anche col suo tempo: "Ad essere sinceri, proprio il mio tempo non mi ispira altro che odio e noia."<ref name="Natalia"/> E che può fare una che è così totalmente in contrasto forse non solo con le circostanze particolari che incontra, ma anche con la nozione della vita collettiva? Si deve cercare dentro se stessi. Questa è la sua difficoltà con la scena contemporanea; il mondo preme sull'anima singola e non dà tregua: "Dato che tutto quello che forma la vita dell'individuo è trascurato ed umiliato, e gli dei dell'esistenza collettiva sono venerati e santificati, ne consegue che il pensiero solitario non viene considerato per nulla importante." Il mondo della sensibilità viene obliterato perché è troppo doloroso.<ref name="Natalia"/> L'impegno ed il lavoro devono essere ridotti nel tentativo negativo di evitare il disagio — e come nella vita, così anche nella letteratura, perché l'arte deve seguire la vita ed esemplificarla. Anche nella creatività esiste un "desiderio di evitare la fantasia, il lavoro, il dolore, lo spargimento di sangue. I romanzi ed i versi aridi e confusi che si scrivono oggi ci fanno capire che in loro non vi è traccia di vero impegno nello scriverli, ed il loro autore ci si rispecchia, con la sua aridità e confusione." Tuttavia l'opinione della Ginzburg è che la vita, il vero sostrato dell'anima umana, essenzialmente non è cambiata. Il dolore esiste ancora — è soltanto stato offuscato. L'apparato moderno del vivere, incluse le droghe, agisce da droga, cioè fondamentalmente non induce al cambiamento, ma piuttosto offusca la percezione della condizione reale. Può accadere che in questa ricerca la sgradevolezza sia stata diminuita, ma allora anche l'estasi ne è stata diminuita. Il dramma e la furia della vita e dell'amore non esistono più, ma solo un piacere meccanico, un'assenza dell'esperienza estrema. Pertanto c'è una riduzione complessiva di umanità. Le sole espressioni della libertà dell'essere umano sono quelle prodotte dalla propria confusione, il proprio uso di sostituti e ausili, invece di una confrontazione con la vita. Esiste una certa libertà implicita in questa produzione di artefatti. Tuttavia "questa libertà non è orgogliosa né gioiosa, e neppure disperata perché non ha mai avuto speranza; non ha passato né futuro perché non ha progetti né ricordi, e nel presente non cerca una felicità fragile che non saprebbe affatto usare non avendo immaginazione e memoria, ma un fulmineo senso di sopravvivenza e scelta."<ref name="Natalia"/>
 
==Galleria degli autori==
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PrimoLevi.gif|Primo Levi
Leone Ginzburg plaque Pizzoli.JPG| Placca commemorativa di Leone Ginzburg presso la casa di Pizzoli, a L'Aquila, dove visse al confino
Sandro Pertini e Natalia Ginzburg.jpg|Sandro Pertini e Natalia Ginzburg
Carlo Ginzburg par Claude Truong-Ngoc mars 2013 (1).jpg|Carlo Ginzburg
Lollo+moravia la romana 1954.jpg|Alberto Moravia e Gina Lollobrigida, 1954