Identità e letteratura nell'ebraismo del XX secolo/L'esperienza migratoria in America: differenze tra le versioni

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[[File:Hecht Earlyportrait.JPG|thumb|150px|left|Ben Hecht nel 1919]]
Lo stile di '''Ben Hecht''' (1894-1964)<ref>Ben Hecht è stato uno scrittore, sceneggiatore regista, produttore, drammaturgo e giornalista. Chiamato "lo Shakespeare di Hollywood", è stato ufficialmente accreditato per le sue storie o sceneggiature in più di 70 film: ha vinto l'Oscar al miglior soggetto nel 1929 per ''Le notti di Chicago'' e nel 1936 per ''The Scoundrel''. Non si presentò alla cerimonia degli Oscar del '29 quando vinse la prima statuetta; mandò invece un telegramma dicendo di essere onorato e felice che fosse stato istituito "un premio per cercare di mettere in luce i film di qualità. In questo modo Hollywood sembrava meno una 'latrina'". Il ''Dictionary of Literary Biography - American Screenwriters'' lo indica come "uno degli sceneggiatori più importanti e di successo nella storia del cinema". Lavorò come sceneggiatore, scrittore (''1001 afternoons in Chicago''), giornalista, in un talk show irriverente (di cui era autore) e come regista (con scarsi risultati). Ha sempre detestato (forse talvolta per posa) l'industria hollywoodiana, accusando il suo lavoro di sceneggiatore come la causa del suo mancato "grande romanzo". Ha lavorato insieme ad altri scrittori come Francis Scott Fitzgerald alla sceneggiatura di ''Via col vento''.<sup>''[https://it.wikipedia.org/wiki/Ben_Hecht Cfr. Wikipedia]''</sup></ref> è completamente opposto a quello di Gold. I suoi scritti, concentrati su temi di attualità, giornalismo e cinema, non coinvolgono ebrei o ebraismo.<ref name="Kovan">Florice Whyte Kovan (cur.), ''Rediscovering Ben Hecht '', Snickersnee Press, 1999.</ref> Tuttavia in un unico romanzo, ''A Jew in Love'' (1931)<ref name="Love">Ben Hecht, [http://books.google.co.uk/books/about/A_Jew_in_love.html?id=hN8hAAAAMAAJ&redir_esc=y ''A Jew in Love'', Covici, Friede, 1931]; nuova ed. Fortune Press, 1970.</ref> in cui medita sulla natura dell'ebreo, la sua scrittura è antiretorica, colta, sottile e barocca. Il romanzo narra di Jo Boshere e, in particolare come indica il titolo, delle sue avventure erotiche; ma tali pratiche amorose non sono separate dalla sua natura e dai suoi complessi ebraici. Al contrario, li esprimono, sia nella sua fuga dall'ebraismo che nella sua nostalgia per esso. Hecht inizia la sua storia con una lunga descrizione introduttiva dell'eroe, prima che inizi una qualsiasi azione — e l'eroe Boshere è inequivocabilmente e invincibilmente ebreo: "Boshere non faceva smorfie, e tuttavia aveva una faccia sgradevolmente semitica, una faccia stampata con le curve geroglifiche dell'alfabeto ebraico." Con tale destino nell'aspetto, doveva per forza imparare ad accettarlo.<ref name="Love"/> Boshere, all'inizio del libro, è già un uomo maturo e di successo; quindi il romanzo, a differenza di ''Levinsky'', non è un resoconto di una carriera. Il tema piuttosto è la natura dell'uomo in questione e il suo esternarsi nella maniera erotica: cosa significhi essere un ebreo in amore.<ref>Giaime Alonge, ''Scrivere per Hollywood. Ben Hecht e la sceneggiatura nel cinema americano classico'', Marsilio, 2012.</ref>
 
[[File:Caricature.JPG|thumb|Caricatura di Ben Hecht (1923)]]
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[[File:Ben Hecht.jpg|thumb|150px|left|Ben Hecht nel 1949]]
Da una lettura superficiale del romanzo, sembrerebbe che la sua preoccupazione esternata nel titolo non sia con la parola "ebreo", ma piuttosto con la parola "amore". Qual'è dunque la natura dell'"amore" di Jo? È proprio amore, o non c'è forse dell'ironia nel titolo? Amore, quando significa qualcosa, richiede un profondo interesse per l'altro/a, oggetto di tale amore. L'amante dovrebbe perdersi in un dare altruistico; ma Jo sembra incapace di dare, ed è eternamente assillato non da una preoccupazione per la compagna (al contrario, salta da una all'altra e le tradisce tutte senza alcun scrupolo), ma dalla propria insicurezza. Lo "amano" veramente, è ciò che vuol sapere. Sono costantemente concentrate su di lui, sul suo essere? In verità, quando sospetta di essersi innamorato sinceramente, percepisce tale sentimento come un'umiliazione. Di certo la persona che ama è meno in controllo dell'oggetto amato, e ciò che Jo cerca soprattutto è il controllo. Controllo è potere: "L'amore di per sé non ha valore per il suo egoismo. Amare un'altra infatti era rivalità bizzarra e insopportabile. Se ne adombrava e si sentiva sminuito. Il suo maggior interesse, quando veniva colto dal desiderio di un'altra, era quello di far nascere in questa altra un amore immediato e travolgente."<ref name="Love"/> Ma proprio come il suo amore è inautentico, così lo è anche la sua ebraicità. Hecht non lascia quasi mai che l'azione descriva se stessa: la trama non emerge a farsi interpretare dal lettore. Al contrario, al lettore vengono dati i pensieri di Jo e la prospettiva onnisciente del narratore con la sua struttura pensante. Ma poiché il personaggio principale non ha raggiunto la maturità e l'autocomprensione, egli non potrà mai crescere oltre il dato del narcisismo. Ciò potrebbe apparire divertente oppure terribile ad un estraneo, quindi il tono di questa attraente narrazione si sposta tra farsa e tragedia. Se l'"amore" è il tema principale, allora è un falso amore che emana da un falso ebreo. Jo non ha affrontato la sua natura essenziale in nessun rispetto — è riuscito a realizzarsi in società, ma non in se stesso, nella sua propria vera essenza. Certamente non come ebreo.<ref>Doug Fetherling, ''The Five Lives of Ben Hecht'', Lester & Orpen, 1977, ''s.v.'' "''A Jew in Love''".</ref>
 
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[[File:Brooklyn Museum - Sunset From Williamsburg Bridge - Joseph Pennell.jpg|thumb|''Tramonto dal Ponte di Williamsburg'', incisione di Joseph Pennel, 1915]]
Uno dei fattori interessanti di questo genere di letteratura è il modo in cui viene riscoperta dopo anni di oblio dalla loro pubblicazione. '''Daniel Fuchs''' (1909-1993), nella prefazione del 1961 ai suoi tre primi romanzi,<ref name="Fuchs">Fuchs scrisse inizialmente tre romanzi pubblicati dalla Vanguard Press: ''Summer in Williamsburg'' (1934), ''Homage to Blenholt'' (1936) e ''Low Company'' (1937). I primi due descrivevano la vita di ebrei a Williamsburg (New York); l'ultimo si concentrava su vari personaggi di estrazione etnica a Brighton Beach. Vennero pubblicati in un unico volume nel 1961 col titolo [http://lccn.loc.gov/61013511 ''Three Novels (Tre Romanzi)'']. Tra le altre edizioni in singolo volume si include [http://lccn.loc.gov/2006023170 ''The Brooklyn Novels (I romanzi di Brooklyn)''], con un'introduzione del romanziere Jonathan Lethem, pubblicata nel 2006 da Black Sparrow Books. Citazioni nel testo con stralci dei rispettivi romanzi, si riferiscono all'edizione del 1961.</ref> scrive che vennero immediatamente dimenticati. Ora invece sono riconosciuti come importanti e di grande valore.<ref name="Guttmann1">Allen Guttmann, ''Jewish Writer in America: Assimilation and the Crisis of Identity'', ''cit.'', 1972, pp. 142-155 e ''s.v.'' "Fuchs".</ref> Tuttavia lo scrittore non capiva cosa stava facendo — "''Summer in Williamsburg'' (1934) fu scritto in uno stato di vero terrore", afferma Fuchs. Panorama di vita in questo quartiere di New York, divertente e tragico, questo romanzo venne scritto come un diario: "Ero determinato a scrivere bene. Volevo esaminare ogni cosa con una veduta assolutamente chiara, senza vincoli e inalterata." Lo compose, come afferma egli stesso, "con inesperienza o innocenza", e raggiunge il lettore come una miscela di naturalismo e fantasia, elevato al livello di grande narrativa creativa. Come Gold, Fuchs ambienta la sua opera nel cuore del proletariato ebraico. Ma la rappresentazione è comica ed empatica.<ref name="Guttmann1"/>
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Poiché questo romanzo si muove soventemente da personaggio a personaggio e da scena a scena, è difficile parlare di un unico eroe o di un'unica trama. Un'azione centrale la si può trovare in una guerra tra due bande di quartiere, ognuna delle quali che vuole organizzare una società di autobus interurbani e far fallire l'altra. La banda che il lettore viene a conoscere meglio, capitanata da Papravel, vince alla fine. E l'eroe? Forse è Williamsburg stessa, con tutti i suoi protagonisti.<ref name="Guttmann1"/> Ci sono scene di violenza e sconcerto. Il giovane Philip Hayman è più che altro la lente, l'osservatore distaccato, di suo padre: "È vecchio e Mamma è stanca e Harry se ne sta andando, già un estraneo, mentre io, naturalm ente, mi sposto lungo percorsi lunari come un attore incontaminato dalla vita, distaccato e superiore."<ref name="Fuchs"/> Esiste una ricchezza di personaggi, una vera commedia umana. Philip, incapace di impegnarsi sia in amore che nella vita, si vede come un eroe da film. Un eroe da film logicamente ha solo una realtà limitata, controllabile e brillante, da cui il personaggio si può staccare e infine restarne indenne. E quindi per lui Williamsburg è un set cinematografico.
 
==Note==
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