Identità e letteratura nell'ebraismo del XX secolo/L'esperienza migratoria in America: differenze tra le versioni

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In questo senso, ''The Island Within'' è un ''roman-à-thèse'', profondo nella sua intensità. La storia si apre a Vilna nel 1840, con Mendel e sua moglie Braine. Per gli ebrei dell'Europa orientale, questa è la prima fase di quel periodo di storia ebraica noto come ''Haskalah'', Illuminismo, e Mendel — con grande angoscia della religiosa moglie — vien preso da questa febbre modernizzante. Mendel rimane nel gruppo, ma suo figlio Efraim diventa ancor più secolare, mondano, e se ne va in Prussia col nome laicizzato di Efraim Levy nel 1850. Tramite il suo utilizzo di prologhi (alla ''Tom Jones'')<ref>Si veda il romanzo classico del XVIII secolo, di Henry Fielding, ''Tom Jones'', pubblicato in Italia ''int. al.'' da Mondadori, trad. it. M. Ricci Miglietta, 2013.</ref> l'autore fornisce al lettore sia la storia che la propria riflessione sugli eventi. Nella storia recente in particolare, ma attraverso tutte le generazioni, gli ebrei hanno dovuto emigrare. Per Lewisohn, ciò è un fenomeno negativo: "Gli ebrei non sono il solo popolo migratorio dei tempi moderni, ma essi forniscono gli esempi classici della migrazione, perché in nessun luogo e da nessuna parte hanno ancora trovato il ristoro di una tolleranza o di una patria."<ref name="Island"/> Se il principale tema manifesto nel romanzo è l'ebreo in America, la questione più ampia è se l'ebreo sia mai a suo agio in una qualche parte del globo. Efraim è contento di stare in Prussia, ma questa nazione per lui è ancora un esilio (''goles''). Suo figlio Tobias asserisce di sentirsi veramente "a casa", ma deve dimostrare di essere un tedesco, e quindi partecipa alla guerra franco-prussiana del 1870, viene decorato con la croce di ferro per eroismo, si sposa un'abbient cristiana prendendo anche il suo cognome, e poi si fa battezzare. In conclusione, è un affermato avvocato ben accasato, che gode di gran successo economico e sociale. Che ironia: "tutta la Berlino letteraria ed artistica affollava i loro salotti. E quasi tutti erano ebrei." È ora convenientemente assimilato? No, perchè è angosciato da altri ricordi. Ma spera che i suoi figli ne possano essere liberi.<ref name="Island"/>
 
[[File:Manhattan Skyline I South Street and Jones Lane Manhattan by Berenice Abbott March 26 1936.jpg|thumb|left|Stralcio di New York nel 1936: Manhattan, con Wall Street sulla destra]]
Tuttavia il romanzo si concentra principalmente su un altro ramo della famiglia Levy, seguendone le fortune. Il fratello minore di Tobias, Jacob, sfugge al servizio militare e va in America, dicendo: "Qui veniamo trattati come cani; io voglio andare in una nazione libera." Diventa quindi totalmente americanizzato, paradossalmente dimostrandosi molto più tedesco di quanto non lo sia mai stato a Insterburg. Secondo tutte le ragionevoli aspettative, ciò dovrebbe rappresentare il capitolo definitivo e finale di questa storia delle generazioni. Pur tuttavia, nonostante tutti i travestimenti e le obliquità, i figli riconoscono sempre e immancabilmente di essere ebrei: Arthur, la cui storia occupa gran parte del romanzo, all'inizio protesta che non esiste problema ebraico. Nuovamente, la guerra serve come banco di prova della lealtà nazionale e Arthur si dichiara pronto ad arruolarsi nel caso di un coinvolgimento americano nella Grande Guerra. Ma ciò non avviene e Arthur si laurea in medicina nel 1918, si specializza in psichiatria e successivamente in psicoanalisi, poi sposa Elizabeth Knight, una giornalista femminista. Dopo essersi così impegnato i un'affiliazione americana neutrale, scopre la propria alterità nel suo atteggiamento verso la famiglia, in particolare verso suo figlio, e verso il suo passato e l'America. Questa stava diventando più segmentata e gli ebrei più separati e delimitati — tutti i suoi pazienti erano ebrei: "Scopriva che le loro afflizioni fisiche, le loro inibizioni ed i loro disagi erano tutte fughe da una realtà oscura."<ref name="Island"/> La ragione, sostiene Arthur, è che non sono veramente a casa. L'ebreo non ha un focolare ''gentile'', né un centro dove ritirarsi. Attraverso gli occhi di sua moglie riesce a distinguere con maggior chiarezza l'alienazione dell'ebreo e "seppe improvvisamente perché gli ebrei fosseroé a volte fisicamente rozzi. Su un terreno diverso, fuori dal mondo, fuori bersaglio, fuori di testa." La questione di base non è dove l'ebreo si ponga socialmente, ma dove si ponga emotivamente. Elizabeth è disposta ad accettare la circoncisione di loro figlio, ma è diverso per Arthur che vede la cosa come un impegno verso il popolo ebraico. L'ostracismo sociale di cui Arthur è testimone ''vis-à-vis'' se stesso e gli altri (verso sua sorella Hazel, per esempio, che era stata ideologicamente un'assimilata) lo spinge a diventare introverso e gli fa considerare, sebbene malvolentieri, il divorzio: "Siamo reciprocamente affezionati e ci capiamo intellettualmente, ma alla base emotiva di vita non c'è opposizione — c'è una divergenza", dice a suo cognato.<ref name="Island"/>
 
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Questa immagine è la precisa antitesi di Levinsky. Gold contrappone la fame in America alla fame in Unione Sovietica, e sostiene che quest'ultima arriverà alla fine, mentre la prima persisterà e sarà moltiplicata in tante altre fami. In America non c'è un piano di redenzione (miglioramento) ed il mondo capitalista è una prigione ricolma di violenza gratuita.<ref name="Scott"/><ref name="Million"/>
 
[[File:Construction old and new from Washington Street 37 in Manhattan in1936.jpg|thumb|Scorcio di Manhattan (New York), nelanni 1936'30]]
Nonostante tutte le semplificazioni assurde, i concetti erronei e i falsi pronostici, nella sua retorica c'è una certa forza. Un quadro più specifico viene fornito dal suo resoconto in prima persona, intitolato ''Jews Without Money'' (1930, ''Ebrei senza soldi'')<ref name="Jews">Michael Gold, ''Jews Without Money'', Carroll & Graf Publishers, 2004, ''passim''.</ref> Questo libro include ricordi di una gioventù passata nel quartiere di East Side, appena un isolato dal Bowery.<ref>La ''Bowery Street'', più comunemente detta “the Bowery”, è una celebre via della “circoscrizione” (''borough'') di Manhattan, a New York. Approssimativamente delimita i quartieri di Chinatown e Little Italy su un lato, mentre dall’altro il Lower East Side. ''The Bowery'' fu uno dei primi insediamenti della città; sorse ai margini del porto ed era il quartiere dei marinai e degli immigrati appena arrivati negli Stati Uniti; man mano che questi facevano fortuna, si trasferivano sempre più a nord, lasciando spazio a nuovi arrivi. Nella seconda metà dell'Ottocento, con "the Bowery" veniva indicata una vasta zona compresa tra Broadway e i docks dell'East Side; era considerata il regno delle gang, della povertà, della prostituzione, del gioco d'azzardo, delle fumerie di oppio, della corruzione della polizia e dei politici.<sup>[https://it.wikipedia.org/wiki/Bowery ''Da Wikipedia'']</sup></ref> Da bambino aveva già familiarità con tutti i mali possibili che potessero derivare dall'estrema povertà. Racconta la sofferenza e l'ipocrisia della ricchezza accoppiata con la moralità borghese. A New York incontra atisemiti ovunque. Per Gold l'America rappresenta l'esatto opposto del segno del pellegrino. La sua grande città è un vero inferno in terra:
{{quote|New York è il sogno del demonio, la città più urbanizzata del mondo. È tutta geometrica, angoli e pietre. È mitica, una città seppellita da un vulcano. Non si trova erba in questa città pietrificata, nessun albero vivente, nessun fiore, nessun uccello se non il miserabile piccolo passero incolore, niente terreno, argilla, suolo.|''Jews Without Money''<ref name="Jews"/>}}
È vero che l'America è diventata ricca, ma solo "perché ha divorato la tragedia di milioni di immigrati."<ref name="Jews"/> Sebbene la prospettiva di Gold sia molto differente dal ''Levinsky'' di Cahan, si notano però osservazioni simili sul carattere dell'assimilazione. Il segno più immediato lo si sovviene nel cambiamento di stile nel vestirsi.: "Il nostro Sam non indossava più un cappello di pelliccia, un lungo soprabito ebraico e stivali pesanti. No. Indossava un bel completo da gentiluomo, un colletto bianco da dottore, scarpe alla moda ed un elegante cappello di pelle chiamato ''derby''."<ref name="Jews"/> Ne emerge un quadro vivido di vita quotidiana, di povertà e violenza, di eccitazione, di movimento, di rottura della monotonia (una visita al parco del Bronx, "alquanto eccitante per quelli di città"). E c'è anche una nota personale nella descrizione di sua madre, sulla quale basa le sue predilezioni correnti: "Mamma! Mamma! Sono ancora legato a te dal cordone della nascita. Non ti posso dimenticare. Devo rimanere fedele ai poveri perché non posso esserti sleale."<ref name="Jews"/>
 
Il libro di Gold è deliberatamente episodico, saltando da una scena all'altra per costruire il quadro generale. La religione vinvien vista negativamente, il rituale considerato arido ed irritante, anzi nevrotico: "La religione era un fervido affare nel quartiere di East Side. Ogni razza perseguitata diventa una razza di fanatici."<ref name="Jews"/> Tuttavia l'unico concetto con il quale l'autore simpatizza è l'idea messianica — e ciò perché il Messia porterà un cambiamento rivoluzionario e non lascerà il mondo nel suo attuale stato irredento. attualeIl Messia viene trasportato nella storia corrente in senso marxista, e secolarizzato. Il Messia è la rivoluzione: "O Rivoluzione dei lavoratori, mi hai portato a casa un solitario ragazzo suicidario. Tu sei il vero Messia." Tale Messia poteva redimere l'umanità dall'umiliazione di cercar lavoro tra venditori ambulanti, dalle guerre di bande dove il più spietato e vendicativo vinceva sempre, dalla perpetua povertà e degradazione umana. Infine il mondo sarebbe stato trasformato (secondo Gold) nel paradiso dei lavoratori che l'Unione Sovietica stava diventando, con il dittatore del popolo al timone dello Stato. Inutile dire che in tale nuovo mondo non ci sarebbe stata divisione tra ebrei e gentili, o in verità tra le razze poiché tale divisione, come la guerra e i conflitti in generale, è creata dalla crudeltà insita nel capitalismo. Ciò che Gold ci mostra come ebraismo è una fase transitoria che progredisce verso la rivoluzione, che obliterà il separatismo etnico e religioso come oscurantista ed alienante.<ref name="Scott"/>
 
[[File:Hecht Earlyportrait.JPG|thumb|150px|left|Ben Hecht nel 1919]]
==Galleria==
Lo stile di '''Ben Hecht''' (1894-1964)<ref>Ben Hecht è stato uno scrittore, sceneggiatore regista, produttore, drammaturgo e giornalista. Chiamato "lo Shakespeare di Hollywood", è stato ufficialmente accreditato per le sue storie o sceneggiature in più di 70 film: ha vinto l'Oscar al miglior soggetto nel 1929 per ''Le notti di Chicago'' e nel 1936 per ''The Scoundrel''. Non si presentò alla cerimonia degli Oscar del '29 quando vinse la prima statuetta; mandò invece un telegramma dicendo di essere onorato e felice che fosse stato istituito "un premio per cercare di mettere in luce i film di qualità. In questo modo Hollywood sembrava meno una 'latrina'". Il ''Dictionary of Literary Biography - American Screenwriters'' lo indica come "uno degli sceneggiatori più importanti e di successo nella storia del cinema". Lavorò come sceneggiatore, scrittore (''1001 afternoons in Chicago''), giornalista, in un talk show irriverente (di cui era autore) e come regista (con scarsi risultati). Ha sempre detestato (forse talvolta per posa) l'industria hollywoodiana, accusando il suo lavoro di sceneggiatore come la causa del suo mancato "grande romanzo". Ha lavorato insieme ad altri scrittori come Francis Scott Fitzgerald alla sceneggiatura di ''Via col vento''.<sup>[https://it.wikipedia.org/wiki/Ben_Hecht Cfr. Wikipedia]</sup></ref> è completamente opposto a quello di Gold. I suoi scritti, concentrati su temi di attualità, giornalismo e cinema, non coinvolgono ebrei o ebraismo.<ref name="Kovan">Florice Whyte Kovan (cur.), ''Rediscovering Ben Hecht '', Snickersnee Press, 1999.</ref> Tuttavia in un unico romanzo, ''A Jew in Love'' (1931)<ref name="Love">Ben Hecht, [http://books.google.co.uk/books/about/A_Jew_in_love.html?id=hN8hAAAAMAAJ&redir_esc=y ''A Jew in Love'', Covici, Friede, 1931]; nuova ed. Fortune Press, 1970.</ref> in cui medita sulla natura dell'ebreo, la sua scrittura è antiretorica, colta, sottile e barocca. Il romanzo narra di Jo Boshere e, in particolare come indica il titolo, delle sue avventure erotiche; ma tali pratiche amorose non sono separate dalla sua natura e dai suoi complessi ebraici. Al contrario, li esprimono, sia nella sua fuga dall'ebraismo che nella sua nostalgia per esso. Hecht inizia la sua storia con una lunga descrizione introduttiva dell'eroe, prima che inizi una qualsiasi azione — e l'eroe Boshere è inequivocabilmente e invincibilmente ebreo: "Boshere non faceva smorfie, e tuttavia aveva una faccia sgradevolmente semitica, una faccia stampata con le curve geroglifiche dell'alfabeto ebraico." Con tale destino nell'aspetto, doveva per forza imparare ad accettarlo.<ref name="Love"/> Boshere, all'inizio del libro, è già un uomo maturo e di successo; quindi il romanzo, a differenza di ''Levinsky'', non è un resoconto di una carriera. Il tema piuttosto è la natura dell'uomo in questione e il suo esternarsi nella maniera erotica: cosa significhi essere un ebreo in amore.<ref>Giaime Alonge, ''Scrivere per Hollywood. Ben Hecht e la sceneggiatura nel cinema americano classico'', Marsilio, 2012.</ref>
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<gallery><!-- scrittoriimmagini recensitida inserire prossimamente nel testo --->
<ref>Doug Fetherling, ''The Five Lives of Ben Hecht'', Lester & Orpen, 1977.</ref>
File:Ben Hecht.jpg|Ben Hecht nel 1949
File:Hecht Earlyportrait.JPG|Ben Hecht nel 1919
File:Caricature.JPG|Caricatura di Ben Hecht (1923)
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==Note==
<references/>
 
{{Avanzamento|5075%|20 agosto 2014}}
[[Categoria:Identità e letteratura nell'ebraismo del XX secolo|L'esperienza migratoria in America]]