Gli dèi della Grecia: differenze tra le versioni

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Il termine con cui in lingua greca antica si indica genericamente un dio è ''Theós'' (Θεός; pl. ''Theoí'' Θεοί)<ref>L'origine è incerta, dopo una disamina sulle possibili connessioni, Pierre Chantraine, nel suo ''Dictionnaire étymologique de la langue grecque'' Tomo II, Parigi, Klincksiec, 1968 pag. 430, conclude: {{quote|Finalement l'ensemble reste incertain}} Émile Benveniste, tuttavia, nel suo ''Le Vocabulaire des institutions indo-européennes''(2 voll., 1969, Paris, Minuit. Ed. italiana, a cura di Mariantonia Liborio, ''Il vocabolario delle istituzioni indoeuropee'', Torino, Einaudi, 1981) collega ''theós'' a ''thes-'' (relazionato sempre al divino). Quindi ''thésphatos'' (θέσφατος stabilito da una decisione divina), ''thespésios'' (θεσπέσιος, 'meraviglioso' inerente al canto delle sirene, "enunciato di origine divina"), ''théskelos'' (θέσκελος, più incerto, "prodigioso o divino"); e questo a ''*dhēs'' che si ritrova nel plurale armeno ''dik<sup>c</sup>'' (gli "dèi", ''-k<sup>c</sup>'' è il segno plurale). Quindi per Émile Benveniste: «è del tutto possibile -ipotesi già avanzata da tempo- che si debba mettere in questa serie ''Theós'' 'Dio' il cui prototipo più verosimile sarebbe proprio ''*thesos''. L'esistenza dell'armeno ''dik<sup>c</sup>'' 'dèi' permetterebbe allora di formare una coppia lessicale greco armena»(cfr. Volume II, pag. 385).</ref>. Se l'equivalenza tra l'italiano e il greco antico è questa, tali termini si differenziano però nei loro significati. Già Ulrich von Wilamowitz-Moellendorff aveva evidenziato come il termine ''theós'' non dispone in greco antico del vocativo, osservazione dirimente se prendiamo in considerazione l'importanza del culto in questa religione. Infatti con il vocativo vengono indicati esclusivamente i nomi propri degli Dei. Károly Kerényi<ref>Cfr. Károly Kerényi. ''Griechische Grundbegriffe''. Zurigo, Rhein-Verlag, 1964.</ref> osserva in aggiunta che ''theós'' possiede la funzione di predicato, chiarendo che «è specificatamente greco dire di un evento: "È ''theós''!». Kerényi cita ad esempio Euripide che in ''Elena'' fa sostenere che «O dèi! Perché è dio quando si riconoscono i propri cari.»<ref>Cfr. Károly Kerényi. ''Religione antica'' (''Antike Religion''). Milano, Adelphi, 2001, p. 209.</ref>. ''Theós'' è quindi l'irrompere dell'"evento divino" (''theîon'' θεῖον). E tale "divino" è, per la concezione religiosa dei Greci, nota Walter F. Otto:
{{quote|il fondamento di ogni essere e di ogni accadere, e tale fondamento traspare così chiaramente attraverso ogni cosa e fatto, che essa è obbligata a parlarne anche in rapporto alle cose e ai fatti più naturali e comuni|Walter F. Otto. ''Gli dèi della Grecia''. Milano, Adelphi, 2004, p. 25}}
 
Alla domanda su cosa effettivamente sia un dio greco lo studioso tedesco Albert Henrichs<ref>Albert Henrichs. ''What is a Greek God?'' In ''The Gods of Ancient Greece. Identities and Transformations'' (a cura di Jan N. Bremmer e Andrew Erskine). Edinburgh University Press, Edinburgh, 2010, pp. 19 e sgg.</ref> chiarisce che le risposte possono risultare diverse, dipendendo soprattutto da chi pone la domanda. Così se ponessimo questa domanda a un Greco del periodo classico, questi probabilmente risponderebbe che potrebbe descrive il dio solo nel momento in cui, per mezzo di visioni o sogni, lo abbia incontrato; anche se un greco più attento potrebbe subito replicare che un incontro con la manifestazione reale di una divinità e sempre estremamente pericoloso vista la loro “potenza” <ref>Cfr. ''Iliade'' XX, 131</ref>.
 
Henrichs ci ricorda inoltre che un’importante risposta alla domanda in cosa consista un dio greco è conservata in un oracolo riferito ad Apollo Klarios (Κλάριος), inciso su un altare rinvenuto nella città di Oinoanda (nord della Licia) e risalente al III secolo d.C.
 
In questo oracolo il dio è indicato come "autogenerato", "innato", "privo di madre", "incrollabile", "privo di nome", "pieno di nomi", "dimorante nell’etereo fuoco"<ref>αὐτοϕυής, ἀδίδακτος, ἀμήτωϱ, ἀστυϕέλικτος, οὔνομα μὴ χωϱῶν, πολυώνυμος, ἐν πυϱὶ ναίων, τοῦτο θεός· μικϱὰ δὲ θεοῦ μέϱις ἄγγελοι ἡμεῖς</ref>.
 
Il nome, e quindi le caratteristiche misteriose del dio greco, di per sé eterno, ingenerato e dimorante nel fuoco etereo, è ineffabile ma al contempo pieno.
 
Un quadro descrittivo del "dio" greco che si riscontra nelle teologie, in altri testi oracolari, negli inni orfici e nei papiri magici. Un "dio" circondato dai suoi messaggeri, gli ἄγγελοι, che sono sue emanazioni, fino agli uomini, che in età imperiale saranno considerati, nelle cerchie filosofiche, parti stesse del "dio"<ref>Albert Henrichs. ''What is a Greek God?'' In ''The Gods of Ancient Greece. Identities and Transformations'' (a cura di Jan N. Bremmer e Andrew Erskine). Edinburgh University Press, Edinburgh, 2010, pp. 19 e sgg.</ref>.
 
 
==La nozione greca della divinità==