Uccelli: meccanismi neurali per l'apprendimento di canzoni nel diamante mandarino

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Introduzione

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Negli ultimi quattro decenni gli uccelli canori sono diventati un organismo modello ampiamente utilizzato dai neuroscienziati che studiano l'apprendimento di sequenze e l'apprendimento motorio guidato dai sensi. Come i bambini umani, i giovani uccelli canori imparano molti dei suoni che usano per comunicare imitando gli adulti. Un uccello canoro in particolare, il diamante mandarino (Taeniopygia guttata), è stato al centro di molte ricerche a causa della sua propensione a cantare e riprodursi in cattività e della sua rapida maturazione. Il canto di un maschio adulto di diamante mandarino è una stereotipia di segnali acustici. La struttura e la modulazione di esso sono sparse su una vasta gamma di scale temporali, da millisecondi a diversi secondi. Il canto comprende una sequenza ripetuta di suoni, chiamata motivo, che dura circa un secondo. Il motivo è composto da brevi raffiche di suoni chiamati sillabe, che spesso contengono sequenze di elementi acustici più semplici chiamati note, come mostrato in Fig.1. Il sistema di apprendimento degli uccelli canori è un ottimo modello per studiare l'integrazione sensomotoria perché l'uccello giovane ascolta attivamente il tutore e modula il proprio canto correggendo gli errori nell'intonazione e nell'offset. Il meccanismo neurale e l'architettura del cervello dell'uccello canterino che assumono un ruolo cruciale nell'apprendimento sono simili alla regione di elaborazione del linguaggio nella corteccia prefrontale degli umani. Lo studio dettagliato della rete neurale gerarchica coinvolta nel processo di apprendimento potrebbe quindi fornire intuizioni significative sul meccanismo neurale dell'apprendimento del linguaggio negli esseri umani.

 
Figura 1: Illustrazione della tipica struttura del canto e delle fasi di apprendimento coinvolte nel canto degli uccelli. Pannello superiore: Fasi coinvolte nel processo di apprendimento del canto. Pannello centrale: Struttura di un canto cristallizzato; a,b,c,d,e indicano le varie sillabe del canto. Pannello inferiore: Evoluzione della dinamica della canzone durante l'apprendimento.

Illustrazione della tipica struttura del canto e delle fasi di apprendimento coinvolte nel canto degli uccelli.

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L'apprendimento del canto procede attraverso una serie di fasi, a partire dalla fase sensoriale in cui l'uccello giovane ascolta il suo tutore (di solito il padre) vocalizzare. In questa fase, spesso, non produce ancora alcuna vocalizzazione simile al canto. L'uccello usa questa fase per memorizzare una certa struttura della canzone del tutore, formando il modello neurale della canzone. Poi entra nella fase sensomotoria, dove inizia a balbettare la canzone e a correggere i suoi errori attraverso feedback uditivo. Il primo tentativo di ricreare il modello della canzone cantata dal tutore è altamente rumoroso, non strutturato e variabile ed è chiamato “sub-song”. Un esempio è mostrato nello spettrogramma in Fig.1. Nei giorni successivi l'uccello entra in una "fase plastica", nella quale avviene un aumento significativo di plasticità sinaptica nella rete neurale. Di conseguenza l’uccello è in grado di generare sillabe altamente strutturate e di ridurre la variabilità del canto. Quando raggiunge la maturità sessuale, la variabilità è sostanzialmente eliminata (si dice che il canto sia "cristallizzato") e il giovane uccello inizia a produrre un normale canto da adulto, che può essere straordinariamente simile al canto del tutore (Fig. 1). Pertanto, la graduale riduzione della variabilità del canto dai primi “sub-songs” al canto adulto, insieme al graduale aumento della qualità dell'imitazione, è un aspetto integrale dell'apprendimento vocale negli uccelli canori. Nelle sezioni seguenti esploreremo diverse parti del cervello degli uccelli e i meccanismi neurali sottostanti che sono responsabili di questa notevole imitazione vocale.

Rete neurale gerarchica coinvolta nella generazione di sequenze di canzoni

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Poiché fornisce informazioni significative sui meccanismi di apprendimento coinvolti in varie vie di integrazione motoria e sensoriale, è importante capire in dettaglio la neuroanatomia dell'uccello canoro. Questo potrebbe far luce sull'elaborazione del linguaggio e sull'apprendimento vocale negli esseri umani. I dati neuroanatomici esatti sul sistema di elaborazione del linguaggio umano sono ancora perlopiù sconosciuti. L'anatomia e la fisiologia degli uccelli canori possono quindi aiutare a formulare ipotesi plausibili sul funzionamento di questo sistema nell'uomo. Il confronto tra il cervello dei mammiferi e quello di un uccello canoro (aviario) viene fatto nella sezione finale di questo capitolo (Fig. 6).
La rete neurale osservata nel cervello aviario può essere approssimativamente divisa in due parti, il controllo motorio e il percorso del prosencefalo anteriore, come mostrato in (Fig.2). La via uditiva fornisce i segnali di feedback che portano al consolidamento o all'indebolimento delle connessioni sinaptiche coinvolte nelle vie motorie, contribuendo significativamente all'apprendimento vocale. La via neurale di controllo motorio include il centro vocale alto (HVC), il robusto nucleo dell'arcopallio (RA), la parte tracheosiringea del nervo ipoglossale (nXIIts) e la siringe. Questa via è necessaria per generare i segnali di controllo motori richiesti per produrre canti altamente strutturati e per coordinare la respirazione con il canto. La via anteriore del prosencefalo include il nucleo magnocellulare laterale del nidopallio anteriore (LMAN), l'Area X (X) e il nucleo mediale del talamo dorsolaterale (DLM). Questa via assume un ruolo cruciale nell'apprendimento del canto nei giovani, nella variabilità del canto negli adulti e nella rappresentazione del canto in generale. La via uditiva include la substantia nigra (SNc) e l'area tegmentale ventrale (VTA), che svolge un ruolo cruciale nell'elaborazione degli input uditivi e nell'analisi dell'errore attraverso feedback. I muscoli della siringe sono innervati da un sottoinsieme di neuroni motori del nXIIts. Vi è una proiezione primaria dai neuroni del nucleo RA del prosencefalo verso il nXIIts. Il nucleo RA riceve proiezioni riguardanti il sistema motorio da un altro analogo corticale, il nucleo HVC, che a sua volta riceve input diretti da diverse aree cerebrali, tra cui il nucleo talamico uvaeformis (Uva).

 
Figura 2. Architettura del cervello dell'uccello canterino e vari percorsi che portano segnali feedback motori e uditivi.

Meccanismo neurale per la generazione di un modello di sillaba altamente strutturato e temporalmente preciso

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I nuclei HVC e RA sono coinvolti nel controllo motorio del canto in modo gerarchico (Yu e Margoliash 1996). Registrazioni fatte durante il canto di diamanti mandarini hanno mostrato che i neuroni HVC, che proiettano a RA, trasmettono un modello estremamente sporadico di raffiche di sengali: ogni neurone HVC che proietta verso RA genera una singola raffica altamente stereotipata di circa 6 ms di durata in un momento specifico del canto (Hahnloser, Kozhevnikov et al. 2002). Durante il canto, i neuroni RA generano una complessa sequenza di picchi ad alta frequenza, il cui schema è riprodotto con precisione ogni volta che l'uccello canta il suo motivo (Yu e Margoliash 1996). Durante un motivo, ogni neurone RA produce un modello abbastanza unico di circa 12 raffiche, ciascuna della durata di ~10 ms (Leonardo e Fee 2005). Sulla base delle osservazioni che i neuroni HVC, che proiettano a RA, generano un singolo scoppio di picchi durante il motivo della canzone e che diversi neuroni sembrano attivarsi in molti momenti diversi nel motivo, è stato ipotizzato che questi neuroni generano una sequenza continua di attività nel tempo (Fee, Kozhevnikov et al. 2004, Kozhevnikov e Fee 2007). In altre parole, in ogni momento della canzone c'è un piccolo insieme di neuroni HVC (RA) attivi unicamente in quel momento (Figura 3), e ogni insieme attiva transitoriamente (per ~ 10 ms) un sottoinsieme di neuroni RA determinato dalle connessioni sinaptiche dei neuroni HVC in RA (Leonardo e Fee 2005). Inoltre, in questo modello il vettore delle attività muscolari, e quindi la configurazione dell'organo vocale, è determinato dall'input convergente dei neuroni RA su una scala temporale di circa 10-20 ms. L'idea che i neuroni RA possano semplicemente contribuire transitoriamente, con un certo peso effettivo, all'attività dei muscoli vocali è coerente con alcuni modelli di controllo corticale del movimento del braccio nei primati (Todorov 2000). Diversi studi suggeriscono che il tempo del canto è controllato, millisecondo per millisecondo, da un'onda (o catena) di attività che si propaga in modo sparso attraverso i neuroni HVC. Questa ipotesi è supportata da un'analisi della variabilità del tempismo durante il canto naturale (Glaze e Troyer 2007) e da esperimenti in cui le dinamiche dei circuiti HVC sono state manipolate per osservare gli effetti sul tempismo del canto. Quindi, in questo modello, il timing del canto è controllato dalla propagazione dell'attività attraverso una catena HVC; l'attivazione sequenziale generica di questa catena HVC è tradotta, dalle connessioni HVC in RA, in una sequenza precisa di configurazioni vocali.

 
Figura 3. Meccanismi di generazione di sequenza nella via motoria del canto. Illustrazione dell'ipotesi che i neuroni HVC proiettanti verso RA (HVC(RA)) si attivino a vicenda in modo sequenziale in gruppi di 100-200 neuroni coattivi. Ogni gruppo di neuroni HVC guida un insieme distinto di neuroni RA ad attivarsi. I neuroni convergono con un certo peso effettivo a livello dei motoneuroni per attivare i muscoli siringei.

La plasticità sinaptica nella via del prosencefalo posteriore è un potenziale substrato per l'apprendimento vocale

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Sono già state scoperte un certo numero di aree cerebrali aviarie legate al canto(Fig. 4A). Queste includono HVC (Hyperstriatum Ventrale, pars Caudalis) e RA (robusto nucleo dell'arcopallio), che generano sequenze di modelli di attività neurale e controllano i muscoli dell'apparato vocale durante il canto attraverso i neuroni motori (Yu e Margoliash 1996, Hahnloser, Kozhevnikov et al. 2002, Suthers e Margoliash 2002). La lesione di HVC o RA causa la perdita immediata del canto (Vicario e Nottebohm 1988). Altre aree del percorso anteriore del prosencefalo (AFP) sembrano essere importanti per l'apprendimento del canto, ma non per la produzione, almeno negli adulti. L'AFP è considerato un omologo aviario del ciclo talamocorticale dei gangli della base dei mammiferi (Farries 2004). In particolare, la lesione dell'area LMAN (nucleo magnocellulare laterale del nidopallio) ha poco effetto immediato sulla produzione del canto negli adulti, ma arresta l'apprendimento del canto nei giovani (Doupe 1993, Brainard e Doupe 2000). Questi fatti suggeriscono che il LMAN assuma un ruolo nel guidare l'apprendimento del canto, ma che il luogo della plasticità sia nelle aree cerebrali legate alla produzione del canto, come HVC e RA.

Doya e Senjowski (1998) hanno proposto uno schema tripartito, in cui l'apprendimento si basa sulle interazioni tra “attore” e “critico” (Fig.4B). Il critico valuta le prestazioni dell'attore in un certo compito. L'attore usa questa valutazione per migliorare le sue prestazioni. Per imparare per tentativi ed errori, l'attore esegue il compito in modo diverso ogni volta. Genera sia variazioni buone che scadenti, e la valutazione del critico è usata per rinforzare quelle buone. Normalmente si presume che l'attore generi variazioni da solo. Tuttavia, la fonte di variazione è esterna all'attore. Chiameremo questa fonte “lo sperimentatore”. L'attore è stato identificato con HVC, RA e i neuroni motori che controllano la vocalizzazione. L'attore impara attraverso la plasticità delle sinapsi da HVC a RA (Fig. 4C). Sulla base delle osservazioni dei cambiamenti strutturali come la crescita e la retrazione assonale che avvengono nella proiezione da HVC a RA durante l'apprendimento del canto, questa visione è ampiamente considerata plausibile. Per quanto riguarda lo sperimentatore e il critico, Doya e Senjowski si sono rivolti al percorso anteriore del prosencefalo, ipotizzando che il critico sia l'Area X e lo sperimentatore sia LMAN.

 
Figura 4. Plasticità nelle vie che permettono l'apprendimento. (A) Percorsi del canto aviario e le ipotesi tripartite. A: aree del cervello aviario coinvolte nella produzione e nell'apprendimento del canto. Il percorso premotorio (aperto) include aree necessarie per la produzione del canto. Il percorso del prosencefalo anteriore (riempito) è richiesto per l'apprendimento del canto, ma non per la produzione del canto. (B) Schema di apprendimento di rinforzo tripartito: l'attore produce un comportamento; lo sperimentatore invia input fluttuanti all'attore, producendo una variabilità nel comportamento che viene utilizzato per l'apprendimento per tentativi ed errori; il critico valuta il comportamento dell'attore e gli invia un segnale di rinforzo. Per il canto degli uccelli, l'attore include le aree di produzione premotoria del canto HVC e RA. (C) Sinapsi plastiche ed empiriche. RA riceve input sinaptici sia da HVC che da LMAN. Chiameremo le sinapsi HVC "plastiche", in linea con l'ipotesi che queste sinapsi siano il luogo della plasticità per l'apprendimento del canto.

Confronto tra l'architettura del cervello dei mammiferi e degli uccelli canori

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L'area X aviaria è omologa ai gangli della base (BG) dei mammiferi e comprende tipi di cellule striatali e pallidali. Il BG fa parte di un ciclo anatomico altamente conservato che comprende diverse postazioni, dalla corteccia prefrontale al BG (striato e pallido), poi al talamo e infine di nuovo alla corteccia prefrontale. Cicli di tipo molto simile sono stati osservati anche nell'uccello canoro: l’analogo del nucleo corticale chiamato LMAN proietta verso l'Area X, le componenti striatali del quale proiettano al nucleo talamico DLM, che proietta di nuovo a LMAN. Le componenti striatali sono responsabili dell'apprendimento basato sulla ricompensa e dell'apprendimento per rinforzo. I tipi di neuroni nell'area X degli uccelli e la loro funzionalità sono esattamente paragonabili ai gangli della base negli esseri umani, come mostrato (in Fig.6). La stretta somiglianza anatomica ci motiva a imparare il cervello degli uccelli canori in modo più dettagliato. Attraverso di esso possiamo finalmente raggiungere una comprensione più significativa dell'apprendimento del linguaggio negli esseri umani e trattare molti disturbi legati al linguaggio con maggiore precisione.

 
Figura 6. Confronto tra i circuiti dei gangli della base e del prosencefalo dei mammiferi e degli uccelli.

Bibliografia

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Brainard, M. S. and A. J. Doupe (2000). "Auditory feedback in learning and maintenance of vocal behaviour." Nat Rev Neurosci 1(1): 31-40.

Dembo, A. and T. Kailath (1990). "Model-free distributed learning." IEEE Trans Neural Netw 1(1): 58-70.

Doupe, A. J. (1993). "A neural circuit specialized for vocal learning." Curr Opin Neurobiol 3(1): 104-111.

Farries, M. A. (2004). "The avian song system in comparative perspective." Ann N Y Acad Sci 1016: 61-76.


Fee, M. S., A. A. Kozhevnikov and R. H. Hahnloser (2004). "Neural mechanisms of vocal sequence generation in the songbird." Ann N Y Acad Sci 1016: 153-170.Glaze, C. M. and T. W. Troyer (2007). "Behavioral measurements of a temporally precise motor code for birdsong." J Neurosci 27(29): 7631-7639.

Hahnloser, R. H., A. A. Kozhevnikov and M. S. Fee (2002). "An ultra-sparse code underlies the generation of neural sequences in a songbird." Nature 419(6902): 65-70.

Kozhevnikov, A. A. and M. S. Fee (2007). "Singing-related activity of identified HVC neurons in the zebra finch." J Neurophysiol 97(6): 4271-4283.

Leonardo, A. and M. S. Fee (2005). "Ensemble coding of vocal control in birdsong." J Neurosci 25(3): 652-661.

Seung, H. S. (2003). "Learning in spiking neural networks by reinforcement of stochastic synaptic transmission." Neuron 40(6): 1063-1073.

Suthers, R. A. and D. Margoliash (2002). "Motor control of birdsong." Curr Opin Neurobiol 12(6): 684-690.

Todorov, E. (2000). "Direct cortical control of muscle activation in voluntary arm movements: a model." Nat Neurosci 3(4): 391-398.

Vicario, D. S. and F. Nottebohm (1988). "Organization of the zebra finch song control system: I. Representation of syringeal muscles in the hypoglossal nucleus." J Comp Neurol 271(3): 346-354.

Yu, A. C. and D. Margoliash (1996). "Temporal hierarchical control of singing in birds." Science 273(5283): 1871-1875.

Uccelli: Magnetoricezione

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Introduzione

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La magnetoricezione sensoriale è definita come il senso che permette ad un organismo di rilevare il campo magnetico terrestre e di orientarsi in base ad esso. La magnetoricezione è diffusa ampiamente all’interno dei regni biologici Bacteria e Animalia ed è osservata, tra gli altri, in api, salamandre, pesci e rane. Spiegheremo e passeremo in rassegna le ipotesi attuali su come gli uccelli utilizzino il campo magnetico terrestre per navigare.

Durante l'ultimo decennio molti laboratori hanno focalizzato la loro attenzione su come gli uccelli si orientino. Due volte all'anno, gli uccelli migratori viaggiano per migliaia di chilometri dalla loro regione di riproduzione ai siti di svernamento e viceversa, trovando la strada giusta anche attraverso territori sconosciuti.

Studi fatti con pettirossi (Erithacus rubecula) e piccioni (Columba livia) hanno dimostrato che oltre all'inclinazione, all’intensità e alla polarità del campo geomagnetico, gli uccelli si basano su indizi come il sole o la mappa stellare per orientarsi. Tuttavia, è ancora dibattuta l'importanza di questi indizi per l'orientamento aviario.

 
Pettirosso (Erithacus rubecula): La capacità degli uccelli di rilevare il campo geomagnetico e di usarlo. Gli studi sui pettirossi europei e sui piccioni (vedi immagine successiva) hanno portato al risultato più importante.
 
Piccione (Columba livia)

Mentre questi studi hanno chiarito gli aspetti principali della navigazione degli uccelli, ci sono ancora molte questioni irrisolte. In seguito verrà data una breve introduzione all'orientamento magnetico negli animali, spiegando la fisica dietro di esso, e verranno discusse alcune delle principali ipotesi su come gli uccelli percepiscano il campo geomagnetico. Verranno discussi la struttura sensoriale, il circuito neuronale e i suoi meccanismi.

Orientamento magnetico

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Poiché l'uomo non può percepire coscientemente il campo geomagnetico, la magnetoricezione sensoriale potrebbe sembrare estranea alla nostra comprensione. Tuttavia, la capacità di percepire i campi magnetici è comune a molti animali; tra questi ci sono molluschi, gli artropodi e membri di tutti i principali gruppi di vertebrati. Il termine orientamento magnetico si riferisce all'uso che questi animali fanno delle informazioni provenienti da un campo magnetico, quello geomagnetico, per orientarsi rispetto alla Terra nei modelli migratori. In questa sezione si parlerà del campo magnetico intrinseco della Terra, evidenziando i due principali tipi di informazioni che gli animali, e gli uccelli in particolare, possano ottenere da esso.

Il campo geomagnetico

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Come prima approssimazione, la Terra può essere vista come un gigantesco dipolo magnetico, con i suoi poli situati vicino ai poli geografici (o rotazionali). Anche se il polo nord magnetico (Nm nella figura) coincide con il polo nord di rotazione (Ng), non c'è relazione tra i due, poiché quest'ultimo è fisso, mentre il primo può cambiare nel tempo.

Un modo intuitivo per visualizzare i campi magnetici è quello di considerare le loro linee di campo. Esse definiscono la direzione di un campo vettoriale in diversi punti. In un dipolo (il magnete probabilmente più elementare) i poli nord e sud sono le sorgenti del campo. A causa dell'approssimazione del dipolo presentata, le linee di campo associate al campo geomagnetico hanno origine dal polo sud (magnetico, d'ora in poi), si propagano intorno al globo e raggiungono il polo nord. Una visualizzazione schematica delle linee è rappresentata nella figura [fig:field-lines].

 
Rappresentazione schematica dell'approssimazione della terra come dipolo. Vengono mostrate solo 2 linee di campo specchiate. Al polo sud le linee sono generate con un'inclinazione iniziale di  ; seguendo un gradiente distribuito in modo regolare, l'inclinazione cambia fino a diventare parallela alla superficie della terra nel punto dell'equatore magnetico, per poi aumentare fino a  , dove le linee si ricongiungono al polo nord magnetico.

L'aspetto più importante da notare per la seguente discussione è che le linee del campo magnetico puntano verso l'alto sull'emisfero sud, verso il basso su quello nord, mentre sono parallele alla superficie terrestre all'equatore magnetico (inclinato, come il dipolo magnetico, di circa 10 gradi rispetto all'equatore geografico), rendendo il gradiente abbastanza regolare. L'intensità del campo è massima ai poli e minima all'equatore magnetico.

Le irregolarità della superficie terrestre cambiano leggermente l'intensità reale del campo in diversi punti e la corrispondente inclinazione delle sue linee. Poiché questi effetti sono molto piccoli, il campo geomagnetico rappresenta una fonte affidabile e onnipresente di informazioni di navigazione. Oltre all'orientamento del campo magnetico, che agisce come una bussola (biologica) (come avviene negli strumenti costruiti dall'uomo), l'intensità del campo insieme all'inclinazione della linea di campo associata in diversi punti possono fornire informazioni sulla propria posizione sul globo [1].

Orientamento della bussola magnetica

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Un campo magnetico può essere utilizzato come fonte principale di informazioni per costruire una bussola magnetica. È stato dimostrato in diversi esperimenti, che hanno coinvolto soprattutto i pettirossi europei (Erithacus rubecula), che gli animali utilizzino una bussola magnetica biologica. Un tale modello di migrazione, in cui la componente magnetica è costante nel tempo, è infatti scelto dagli uccelli. Infatti una ricostruzione di quei campi, in cui sono stati invertiti i poli, ha portato a comportamenti analoghi, ma con direzione inversa [2].

Ciò che è più interessante è che mentre le bussole costruite dall'uomo sono basate sulla polarità, dando l'informazione di orientamento in base alla polarità (nord/sud) delle linee di campo, gli uccelli usano una bussola basata sull'inclinazione. Per rilevare la posizione di un dato polo magnetico può essere utilizzato il gradiente delle inclinazioni delle linee di campo. Sorprendentemente, gli uccelli non sono in grado di rilevare l'inclinazione completa di un vettore di campo in un dato punto, ma solo della sua componente assiale. La componente verticale è dedotta semplicemente volando verso l’alto o il basso. Questa osservazione è stata ottenuta sintonizzando dei campi magnetici in modo intelligente: con la stessa componente assiale, ma con polarità diverse, sono stati ottenuti gli stessi risultati, indicando che gli uccelli non sono stati in grado di percepire la differenza [3].

Un altro aspetto interessante della bussola biologica degli uccelli è che è strettamente sintonizzata a rilevare solamente delle strette bande di intensità di alcuni campi magnetici. Ancora più interessante è che questa banda può cambiare, ma non in modo slittante né in modo amplificante. È stato infatti osservato che solo campi già conosciuti (ed efficienti come mezzo di orientamento) sono ammissibili come future bande riconoscibili [4].

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Una bussola biologica può essere sufficiente per dirigere la navigazione nello stesso modo in cui una bussola basata sulla polarità costruita dall'uomo possa essere sufficiente per orientarsi. Tuttavia, anche i primissimi esperimenti [5] hanno dimostrato che gli uccelli siano in grado di utilizzare anche informazioni sull'intensità del campo. Teorie apparentemente discordanti si sono poi sviluppate successivamente suggerendo che l'uno o l'altro approccio fosse effettivamente utilizzato dagli uccelli per la navigazione e l'orientamento. Attualmente, è generalmente accettato che i due approcci siano entrambi validi, e che uno sia preminente sull'altro in condizioni diverse.

Di fatto gli uccelli sanno per esperienza che nell'emisfero nord il campo geomagnetico aumenti verso nord. La differenza di intensità tra il luogo in cui si trovano ed uno conosciuto permette loro di capire se sono a nord o a sud del posto conosciuto. I primi risultati sperimentali che suggeriscono questa capacità degli uccelli sono stati ottenuti con i piccioni, Columba livia f. domestica [6] .

Questo, però, non è l'unico modo in cui può essere utilizzata l'intensità. Potrebbe anche essere usata come segnaletica [1]. Gli uccelli, infatti, possono mostrare risposte innate, sia comportamentali [7] , sia fisiologiche, a luoghi che presentano rispettivamente una specifica combinazione di intensità di campo e di inclinazione della linea di campo. In un esperimento l'usignolo comune, L. luscinia, ha mostrato variazioni di peso estremamente rapide in correlazione alle condizioni geomagnetiche in cui aveva origine.

Implicazioni

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In sintesi, l'inclinazione e l'intensità sono entrambi meccanismi validi che aiutano gli uccelli nell'orientamento e nella navigazione. Essendo così diversi l'uno dall'altro, è chiaro che nessun singolo recettore o sistema sensoriale potrebbe essere in grado di percepire, codificare ed elaborare le informazioni che questi due elementi rappresentano da solo. Questo è anche il motivo principale per cui studi paralleli, che hanno cercato di risolvere le questioni sulla capacità degli uccelli di orientarsi, hanno portato a risultati apparentemente diversi.

Sistema sensoriale magnetico

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Le ampolle di Lorenzini sono organi elettricamente sensibili e specializzati dei pesci. Ricerche fatte in passato hanno indagato la presenza di un organo corrispondente responsabile della rilevazione magnetica negli uccelli. Tuttavia, si è scoperto che il rilevamento degli uccelli del campo geomagnetico è più complesso del previsto e non si basa esclusivamente su una cella specializzata. La difficoltà di identificare un meccanismo fisiologico sottostante e un organo o una molecola magneto-ricettiva è stato un grande ostacolo nello studio del campo della percezione magnetica aviaria.

Ci sono principalmente due ipotesi sulla percezione magnetica che sono ampiamente accettate nel campo e fortemente supportate dai dati:

  1. Magnetoricezione trigeminale basata sul ferro nella parte superiore del becco;
  2. Magnetoricezione chimica basata sulle coppie di radicali dipendenti dalla luce.

Molto recentemente è stata proposta una terza ipotesi:

  1. Magnetoricezione basata sulla lagèna dell'orecchio interno.

Il contenuto delle sezioni seguenti è la revisione e la descrizione di queste tre ipotesi.

Magnetoricezione a base di ferro

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La prima ipotesi proposta su come gli uccelli percepiscano il campo geomagnetico si basa su cellule ricche di ferro che rispondono ai campi magnetici fornendo informazioni qualitative (direzione) e quantitative (intensità). Le cellule ricche di ferro sono state trovate nei batteri [Blakemore, 1975] e nelle api [Gould et al., 1978], e sono state rilevate nella parte superiore del becco di piccioni, fringuelli, pettirossi, warbler e polli [Falkenberg et al., 2010, Fleissner et al., 2003]. Si ritiene che le cellule ricche di ferro, localizzate nei dendriti sensoriali [Fleissner et al., 2003], esistano in tutti gli uccelli.

Ci sono due teorie proposte su come gli uccelli percepiscano il campo geomagnetico usando la magnetoricezione basata sul ferro. La prima suggerisce che la ricettività magnetica basata sul ferro dipenda solo dalla magnetite ( ). I cluster di magnetite, a seconda dell'orientamento del campo magnetico esterno, si attirano o si respingono a vicenda, deformando la membrana del dendrite ed eventualmente aprendo o chiudendo i canali ionici. D'altra parte, questa teoria è stata proposta quindici anni fa, prima della scoperta di piastrine di maghemite ( ) nella parte superiore del becco degli uccelli.

La seconda teoria proposta suggerisce che la magnetoricezione basata sul ferro dipenda sia dalla magnetite che dalla maghemite. La magnetite e la maghemite sono state individuate con metodologie a raggi X e a istologia nella parte superiore del becco dei piccioni e hanno dimostrato di essere entrambe necessarie per la rilevazione magnetica [Fleissner et al., 2007]. La magnetite forma micro-cluster che sono attaccati alla membrana cellulare, mentre i cristalli di maghemite sono disposti in catene all'interno dei dendriti, come mostrato in figura [fig:magnetite-maghemite]. Si ritiene che la maghemite si magnetizzi aumentando così il campo magnetico di una cellula. Il cluster di magnetite sperimenterà quindi una forza attrattiva (o repulsiva) che induce il loro spostamento e quindi l'apertura dei canali ionici.

 
Disegno schematico che illustra la localizzazione della magnetite e della maghemite nei dendriti. Adattato da O'Neill, 2013

L'istologia ha rivelato che sia la magnetite che la maghemite sono presenti nei dendriti del nervo trigemino, specialmente nel ramo che trasmette gli input sensoriali dal becco superiore al cervello. Oltre a questa scoperta, i ricercatori hanno dimostrato l'esistenza di tre campi dendritici, ognuno dei quali è responsabile della codifica di uno specifico orientamento 3D [Fleissner et al., 2007]. Si ipotizza che la magnetizzazione della magnetite e della maghemite causata dal campo geomagnetico porti all'apertura dei canali ionici. Le informazioni derivate dai campi magnetici sono codificate in potenziali d'azione che raggiungono il cervello per poi essere correttamente interpretati.

Ci sono molti esperimenti comportamentali che supportano questa prima ipotesi di magnetoricezione aviaria. [Heyers et al., 2010] hanno dimostrato che i cambiamenti nel campo magnetico attivano i neuroni nel complesso trigemino del tronco encefalico e che il nervo trigemino è necessario per la magnetoricezione. Hanno dimostrato che l'ablazione del nervo trigemino o la rimozione di un campo magnetico esterno ha portato a una ridotta attivazione neuronale in PrV e SpV, due aree cerebrali che ricevono input primari dal nervo trigemino. In accordo con questo studio, l'interruzione del nervo trigemino o l'attaccamento di un magnete alla zona superiore del becco ha portato alla compromissione dell'orientamento dei piccioni [Mora et al., 2004]. In sintesi, questi risultati suggeriscono fortemente una stretta relazione tra il nervo trigemino e il sistema sensoriale magnetico. Tuttavia, sono ancora necessari risultati più dettagliati.

La validità dell'ipotesi qui descritta, su come gli uccelli percepiscono il campo magnetico terrestre, è stata messa in dubbio dalla recente scoperta che le strutture nel ramo del trigemino, ritenute precedentemente ferro-minerali, sono in verità cellule del sistema immunitario chiamate macrofagi [Treiber et al., 2012]. I tentativi di [Treiber et al., 2012] nel trovare approcci per replicare i dati elettrofisiologici che dimostrano la presenza di magnetite e maghemite nei dendriti sono falliti.

L'esistenza di neuroni ricchi di ferro nel becco superiore degli uccelli rimane controversa. Tuttavia, la teoria basata sul ferro non è stata ancora scartata, in quanto molti esperimenti comportamentali, come quello citato sopra, suggeriscono fortemente il coinvolgimento del nervo trigemino nella magnetoricezione.

Magnetoricezione attraverso coppie di radicali dipendente dalla luce

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Una seconda ipotesi, anch'essa popolare nel campo della ricerca, mira a dimostrare come il sistema di orientamento magnetico degli uccelli sia dipendente dalla luce. Questa teoria è supportata da esperimenti in cui l'orientamento magnetico degli uccelli ha mostrato un'interessante dipendenza da una stretta gamma di lunghezze d'onda [Wiltschko et al., 2010] . Durante altri esperimenti in una gabbia, l'utilizzo di luce a spettro completo ha portato al disorientamento degli uccelli [2]. La prima questione di ricerca derivante da questi risultati sperimentali è l'origine di una struttura nell'occhio degli uccelli che sia in grado di rilevare il campo geomagnetico. Anche il modo in cui possano essere elaborati separatamente gli spunti visivi e magnetici è attualmente oggetto di ricerca.

L'ipotesi sul sistema sensoriale magnetico dipendente dalla luce afferma che la direzione di un campo magnetico venga percepita da una coppia di radicali che si forma dopo l'assorbimento dei fotoni nei fotopigmenti situati nella retina. Il criptocromo, una flavoproteina sensibile alla luce blu, è stato suggerito come il magnetoricettore primario negli uccelli. A dimostrazione della validità di questa teoria sono stati trovati diversi membri della famiglia dei criptocromi nella retina degli uccelli migratori. Inoltre, è stato osservato che la loro attività è massima durante il comportamento migratorio.

L'assorbimento della luce porta a cambiamenti nello stato di ossidazione del pigmento criptocromo “flavina adenina dinucleotide” (FAD), creando uno stato intermedio in cui il pigmento, insieme al suo partner responsabile del trasferimento di elettroni (triptofano), forma una coppia di radicali. Lo spin elettronico di entrambi i radicali li rende sensibili ai campi magnetici esterni. I diversi stati di ossidazione del FAD sono illustrati nella figura [Fig. ]. L'omeostasi del FAD è estremamente importante perché a seconda del suo stato di riduzione il FAD attiva diversi segnali “downstream”.

 
Fotociclo del pigmento criptocromo. Adattato da Ritz et al., 2010

Altre importanti conseguenze e domande di ricerca derivanti da questa ipotesi sono il modo in cui le informazioni raggiungono il cervello dalla retina e dove vengono elaborate le informazioni magnetiche dipendenti dalla luce nel sistema nervoso centrale dell'uccello. Le cellule gangliari sono le uniche che trasmettono informazioni tra gli occhi e il cervello. Devono quindi passare attraverso di loro le informazioni magnetiche, indipendentemente da dove sono attive, nell'occhio, le cellule magnetiche.

Le informazioni magnetiche raccolte nella retina vengono poi trasmesse attraverso il talamo a una regione del prosencefalo nota come Cluster N, essenziale per l'elaborazione del campo magnetico. È stato osservato che lesioni nel Cluster N abbiano influenzato l'orientamento della bussola magnetica, ma non la capacità di orientarsi con la bussola basata su stelle e sole. Questa regione del prosencefalo è attiva di notte, suggerendo che l'orientamento magnetico sia uno strumento primario di navigazione notturna, mentre durante il giorno siano più importanti strutture diverse.

Dato che l'informazione magnetica dipendente dalla luce viene rilevata nella retina, è importante prendere in considerazione il modo in cui questi segnali possano essere separati dalla visione normale. Si ipotizza che questi sistemi, pur essendo vicini, siano orientati in direzioni diverse. I bastoncelli e i coni sono orientati approssimativamente perpendicolarmente alla retina, mentre i segnali del recettore magnetico dipendono dalla dipendenza angolare tra luce, recettore e campo magnetico. La velocità massima del segnale si verifica quando il recettore è parallelo al campo geometrico. La ragione per cui gli uccelli sono in grado di separare le informazioni magnetiche e visive è che qualsiasi modello generato magneticamente si muove con la metà della velocità del paesaggio circostante.

Si credeva che i sensi della bussola magnetica negli uccelli fossero fortemente lateralizzati verso l'occhio destro. Tuttavia recenti scoperte mostrano che i criptocromi si trovano in entrambi gli occhi [Mouritsen et al., 2004], l'attivazione del Cluster N sia simile in entrambi gli emisferi del cervello [Zapka et al., 2009] e le vie neuronali tra l'occhio e il Cluster N siano simmetriche [Heyers er al., 2007]. Questi risultati suggeriscono quindi che non è presente alcuna lateralizzazione.

Nonostante la nostra comprensione tutt'altro che completa delle coppie di radicali nei criptocromi, essi sembrano, da un punto di vista teorico, assumere il ruolo di magnetoricettori. Tuttavia, ci sono ancora diverse questioni irrisolte. Prima di tutto, non è chiaro quale dei quattro criptocromi trovati nella retina degli uccelli sia coinvolto nella migrazione, né si sa se i campi magnetici possano essere rilevati in vitro dalle proteine dei criptocromi degli uccelli migratori. Infine, l'esistenza di altre regioni del cervello oltre al Cluster N, le quali potrebbero essere importanti per l'elaborazione del segnale di informazioni magnetiche, ha bisogno di ulteriori indagini.

Lagèna dell'orecchio interno

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I risultati suggeriscono l'esistenza di un terzo possibile magnetoricettore negli uccelli, situato negli organi lagèna dell'orecchio interno. La lagena, che si trova nei pesci, anfibi, rettili, uccelli e monotremi (ma non altri mammiferi) è definito come il terzo organo otolitico. Nei piccioni la lagena si trova alla base della papilla basilare, l'equivalente aviario dell'organo del Corti, con recettori orientati in un piano sagittale [Wu e Dickman, 2011]. La lagena è simile alle sue strutture vicine, l'utricolo e il sacculo. Tutti e tre rilevano i cambiamenti di inclinazione della testa rispetto alla gravità, il movimento traslazionale e l'accelerazione lineare per mezzo della deflessione delle cellule ciliate. In Piccioni ai quali è stata rimossa la lagena o con una piccola interferenza magnetica inserita nell'orecchio interno è stato osservato che la capacità di navigazione era compromessa, dimostrando così l'importanza della lagena per la magnetoricezione [Harada, 2002].

Si ritiene che la rilevazione del campo geomagnetico nella lagena, come nel nervo trigemino, si basi anche su composti ferrimagnetici [Harada et al., 2001]. Si ipotizza che le cellule ciliate contengano cellule ricche di ferro che percepiscono i cambiamenti del campo geomagnetico. Secondo questa speculazione un recente studio [Lauwers et al., 2013] ha rilevato strutture ricche di ferro sia nelle cellule di tipo I che di tipo II nella lagena. Questo a sua volta suggerisce che queste particelle ricche di ferro, sotto l'influenza del campo geomagnetico, possano modificare la trasduzione degli stimoli in ingresso al cervello attraverso la deflessione delle cellule ciliate portando all'apertura o alla chiusura dei canali ionici.

Nonostante la scoperta di possibili cellule magneto-sensoriali nella lagena interna, il percorso neurale attivato durante la magnetoricezione è ancora sconosciuto. È stato condotto uno studio con il fattore di trascrizione c-Fos, un marcatore utilizzato per evidenziare i neuroni attivati lungo il pattern di attivazione generato da un campo magnetico. Come previsto, l'attivazione è stata rilevata in aree cerebrali note per essere coinvolte nell'orientamento, nella memoria spaziale e nella funzione di navigazione. Sostenendo la teoria qui discussa, gran parte di queste regioni del cervello ha ricevuto informazioni dagli organi recettoriali della lagena, mentre l'ablazione della lagena ha portato a un numero ridotto di neuroni attivi in queste regioni [Wu e Dickman, 2011].

Problemi di ricerca con sistemi magnetici

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Le difficoltà nell'identificare un organo magneto-ricettivo contribuiscono al ritardo nella comprensione di come il sistema magnetico si è sviluppato negli uccelli e, di conseguenza, si sa molto poco sui fattori molecolari e genetici che determinano questo tipo di sistema sensoriale.

Il progresso nella comprensione del senso magnetico è stato ostacolato da:

  • La disponibilità di un numero limitato di tecniche che sono adeguate per analizzare la risposta comportamentale degli animali ai campi magnetici. Per esempio, molti studi vengono eseguiti in animali anestetizzati legati, in cui l'influenza dell'anestesia sulla percezione è ancora discussa.
  • La difficoltà di ottenere risultati riproducibili. Dopo il ritrovamento di cellule ricche di ferro nella parte superiore del becco degli uccelli, molti dati elettrofisiologici sono stati replicati ma hanno portato a risultati diversi mettendo in discussione la validità della teoria proposta;
  • La difficoltà di implementare e portare avanti nuove teorie che potrebbero dare più certezza di quelle utilizzate oggi.
  • La difficoltà umana di comprendere la percezione magnetica aviaria impedisce lo sviluppo di metodi nuovi e più efficienti per studiare la percezione geomagnetica aviaria.

Ridondanza del sistema

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È ampiamente accettato che l'orientamento degli uccelli dipenda dal campo geomagnetico. Tuttavia, come abbiamo visto, non è stata ancora trovata nessuna struttura inequivocabilmente sensibile al campo magnetico né una spiegazione valida di come il cervello riceve e interpreta le informazioni del campo magnetico. Tutte e tre le ipotesi sopra discusse sono plausibili e ben supportate da molti esperimenti comportamentali. Tuttavia, per tutte loro ci sono ancora molte questioni irrisolte e risultati contraddittori. Tenendo conto di tutte le prove presentate, è difficile sfuggire alla conclusione che la magnetopercezione degli uccelli non si basi su un singolo recettore sensoriale, ma che benefici dell'integrazione di diversi recettori, che presumibilmente si scambiano per importanza in situazioni diverse. Si ritiene che la magnetoricezione basata sul ferro fornisca dati quantitativi o di polarità, come per esempio l'intensità del campo magnetico, mentre i recettori criptocromatici rilevano informazioni direzionali riguardanti il campo magnetico terrestre. È stato anche dimostrato che la magnetoricezione basata sul ferro possa anche controllare il comportamento direzionale qualora il processo delle coppie di radicali venga interrotto [Wiltschko et al., 2010]. A conferma di questa teoria, uno studio ha dimostrato che, sotto la luce blu/verde, gli uccelli si orientavano usando la rilevazione basata sul criptocromo, mentre quando veniva usata la luce verde/gialla gli uccelli usavano principalmente la percezione basata sulla magnetite [Wiltschko et al., 2012]. Quindi può essere sostenuta l'idea di una possibile ridondanza nella percezione sensoriale magnetica, sollevando una nuova questione su come queste due fonti di informazione potessero essere integrate come una sola. Oltre alla ridondanza sensoriale, gli studi hanno anche dimostrato che l'orientamento degli uccelli non si basa esclusivamente sul campo geomagnetico, ma dipende anche da molteplici input esterni. È stata ipotizzata una gerarchia che determina l'uso di diverse strategie di orientamento. Questa ha mostrato che il sole o le mappe delle stelle sono prioritarie rispetto alla magnetopercezione. Tuttavia, si ritiene che le informazioni dei diversi sistemi siano elaborate e integrate assieme dando una rappresentazione più dettagliata, complessa e precisa dell'ambiente. Il fatto di non essere in grado di dimostrare la prevalenza di uno di questi sistemi dimostra come la magnetopercezione possa essere spiegata meglio su base evolutiva. I sistemi ridondanti sono meno sensibili a interferenze esterne e possono superare situazioni in cui un fattore importante non può essere utilizzato o non è completamente disponibile. La convergenza di input multisensoriali aiuta il cervello a determinare informazioni precise su direzione e posizione.

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