Sefer כותב ישוע/Capitolo 1

...Dal Giordano, fui condotto dallo Spirito nel deserto per quaranta giorni ed ero tentato dal diavolo. Durante quei giorni non mangiai nulla e, dopo che quelli furono trascorsi, ebbi fame. E il diavolo mi disse: “Se tu sei Figlio di Dio, di' a questa pietra che diventi pane”. Ed io gli risposi: “Sta scritto: 'Non di pane soltanto vivrà l'uomo'”.

הוהי
HOVÈ

HAYÀ

YIHÈ

HOVÈ... È, HAYÀ... ERA, YIHÈ... SARÀ!
Dio è l'Esistenza continua:
Ani rishon ve-Ani acharon,
u-mi biladi ein Elohim!

Io sono il primo e Io sono l'ultimo,
e senza di Me non c'è nessun Dio.

Nella Tua Luce ho imparato ad amare,
nella Tua Bellezza a decantare poesie.
Danzi nel mio petto,
dove nessuno può vederTi,
ma spesso io Ti vedo,
Ti sento, mi illumini
e la Tua Luce diviene quest’arte,
L'arte di amare.
Io sono venuto a tirare fuori la Bellezza
che le Tue creature non sanno di avere
e le Tue creature solleverò come una preghiera al cielo.
Senza l’amore ogni musica è un rumore,
ogni invocazione una follia
e ogni adorazione un peso.
Guarderò attentamente intorno me, Adonai,
e riconoscerò sempre la luminosità delle anime
che mi circondano e mi circonderanno
in questa Missione unica e finale,
la Missione che Tu hai voluto
per la Fine dei Tempi.
Con Te, Signore dell'Universo,
uscirò dal circolo del tempo ed entrerò
nel circolo del Tuo amore.

Ecco le mie memorie, come lampi nella mente, che mi avvolgono nel terrore della distruzione più completa! Ecco cosa mi sussulta nell'animo, quando nell'interiore vedo scene cataclismiche di rovina e massacro! Da lì Hashem mi ha colto e asportato, nello spazio e nel tempo, fino a questo oggi, a questa nuova dimensione terrena. Dalla devastazione e smantellamento del Tempio, da una Gerusalmme immersa nel sangue della mia gente, dallo sterminio perpetrato da un impero implacabile, giungo nella Nuova Gerusalmme presente. E presente e passato si congiungono in me, per Volontà Divina e redenzione finale del mondo futuro.

Ma nuove sconfitte per l'Israele dei tempi, nuovi esilii per il mio Popolo. Esilio-redenzione e poi di nuovo esilio-redenzione. Ma oggi siamo alla fine dell’ultimo esilio, sull’orlo dell’ultima redenzione, all’ultima azione. Raggiungeremo la redenzione finale! Io porterò il Mondo alla Luce, accrescendo e moltiplicando lo sforzo e il desiderio della Luce, raggiungendo la connessione con il Signore dell'Universo, mio Adonai, Sorgente Unica della Luce infinita, che ci corregge e che ci concede il potere di connetterci e di innalzarci al livello della Sua Shekhinah, unendoci a Lui il Creatore, Dio l'Altissimo.

Non c'è alito che non sia sotto la Tua protezione, Adonai. Non c'è grido che non sia stato udito da Te prima di essere stato emesso. Non c'è acqua negli scisti che non vi sia stata celata dalla Tua saggezza. Non c'è sorgente nascosta che non sia stata nascosta da Te. Non c'è valletta per una casa isolata che non sia stata pianificata da te per una casa isolata. Non c'è essere umano per quell'acro di boschi che non sia stato creato da Te per quell'acro di boschi.

Ma c'è maggior conforto nella sostanza del silenzio che nella risposta a una domanda. L'eternità è nel presente. L'eternità è nel palmo della mia mano. L'eternità è un seme di fuoco le cui radici improvvise infrangono barriere che trattengono il mio cuore dall'essere un abisso. Il Mondo che il Tuo amore ha creato ritornerà nella Tua eternità, attraverso la mia opera che Tu hai voluto io intraprendessi secondo il Progetto divino e attraverso il tempo e lo spazio.

I cieli e la terra sono pieni della Tua gloria e della Tua misericordia. Io che non sono nulla, sono stato da Te scelto e posto qui, ora, affinche' io compia la Missione che Tu mi hai assegnato per la salvezza del genere umano. Mio Signore, io confido in Te e tutto il resto diventera' per me forza, salute e sostegno. Amen, amen, amen.

Questa è la vita eterna: che conoscano Te, l'unico vero Dio, e colui che Tu hai mandato, il Tuo servo e messaggero, il Mashiach. Io Ti glorifico, Adonai, sopra la terra, compiendo l'opera che Tu mi hai dato da fare. E ora, Padre, Abba, glorificami davanti a Te, con quella gloria che avevo presso di Te prima che il mondo fosse. Faro' conoscere il Tuo Nome ad ogni essere umano, ad ogni anima che Tu conduci a me e che Tu mi hai dato finora e che mi darai dal mondo. Sono Tuoi e li hai dati a me ed essi osservano la Tua parola. Ora essi sanno che tutte le cose che mi dai vengono da Te, perché le parole che hai dato a me io le dò e darò a loro; essi le accoglieranno e sapranno veramente che sono uscito da Te e crederanno che Tu mi hai mandato. Io prego per loro, prego per il mondo, per tutti coloro che sono Tuoi. Tutte le cose mie sono Tue e tutte le cose Tue sono mie, e io sono glorificato in loro. Padre santo, Abba, custodisci nel Tuo nome coloro che mi hai dato e darai, perché siano una cosa sola, come noi. Ora io adempio il Tuo volere ed inizio a percorrere la Tua via verso l'unificazione delle genti, affinché tutti abbiano in se stessi la pienezza della mia gioia e la realizzazione del tuo Regno su questa terra. Io dò a loro la Tua parola e Tu consacrali nella verità. La Tua parola è verità e per loro io consacro me stesso, perché siano anch'essi consacrati nella verità. Non prego solo per questi, ma anche per quelli che per la loro parola crederanno in me; perché tutti siano una sola cosa; perché il mondo sia una cosa sola in Te, mio Unico Signore. Come Tu, Padre, sei in me e mi illumini, siano anch'essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che Tu mi hai mandato e sia una cosa sola in Te, Dio mio. E la gloria che Tu hai dato a me, io l'ho data a loro, perché siano come noi una cosa sola e siano perfetti nell'unità e il mondo sappia che Tu mi hai mandato, Melekh ha-Mashiach per il mondo intero. Padre, Abba, voglio che anche quelli che mi hai dato siano con me dove sono io, perché contemplino la mia gloria, quella che mi hai dato; poiché Tu mi hai amato prima della creazione del mondo. Dio Altissimo, Signore dell'Universo, Padre mio, il mondo Ti conoscerà universalmente, riconoscendo che Tu mi hai mandato affinché tutte le creature Ti adorino e Ti amino, come Tu le ami. Io farò conoscere il Tuo nome in ogni angolo della Terra, perché l'amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro...

La musica mi ha sempre portato a spasso per l'Infinito e ora cerco di mettere per iscritto questa senzazione che mi pare indescrivibile...

Nello scrivere devo esprimere la mia piu' profonda consapevolezza, cercando di concretizzare emozioni sulla carta. Mi sforzo, provo, blatero...

Sono distaccato da qualunque istinto minimo di sopravvivenza, libero da qualunque paura o esitazione. Ho un fantastico equilibrio, un'indipendenza esaltante dalla forza di gravità. Tutte le mie sensazioni si allontanano per gradi, ed sono perfettamente consapevole del loro allontanamento: il vuoto nei polmoni e il battito rallentato del cuore al centro del petto, il sangue che mi pulsa nelle tempie. Si sfumano e confondono in uno stato liquido denso, come se fossi ingrandito cento volte su un pannello panoramico o ridotto a una dimensione microscopica, o nell'atmosfera di un altro pianeta distante anni-luce dalla terra.

L’assenza di ritmo automatico del respiro ha sospeso poco alla volta tutti gli altri miei ritmi interni correlati; il sistema complesso che mi mantenava in attività senza doverci pensare ha rallentato e rallentato e rallentato fino quasi a fermarsi. Sono in uno stato semimateriale, le mie sensazioni scendono verso un fondo sicuro dalla superficie incerta, si lasciano dietro scie lunghe come bave di plancton luminoso nell'acqua blu tiepida. Mi sembra di vedere una luce lontana che mi abbaglia e mi riscalda, mi sembra che ci sia un senso profondo in quello che sta accadendo; poi mi sembra che niente al mondo abbia mai avuto nessun senso, sia solo un sistema di codici inventati per dare un nome alle cose.

Mi sembrava di sentire tutto con un'acutezza incredibile, e di aver perso qualunque sensibilità; di essere perfettamente stabile nello spazio e di scivolare all'indietro; di stare in alto e in basso; di avere una forza infinita e di averla esaurita già tutta, di scorrere via trascinato da una corrente sotterranea che va sempre più sotto e sempre più verso il buio e poi torna in alto come un'altalena appesa ad un albero ma infinitamente rallentata, preoccupante e irrilevante, in ritmo folle e immobile. Ci sono e non ci sono più, concentrato come un microscopio sulla minima sensazione dell'istante minuto, e guardo tutto da molto lontano e da molto sopra, con un senso esilarante di assenza di peso e di distacco dalle cose e dalle persone e dai sentimenti. Sono senza limiti o contorni, senza segnali da raccogliere e decifrare, senza forze da indirizzare, senza equilibri da mantenere. Senza niente; la perfetta equidistanza.

Sono nel buio più totale, immerso fondo senza nessun desiderio di ritorno, e invece una filtratura liquida di luce ha cominciato ad affiorarmi alle palpebre; sono tornato verso la superficie dei suoni e delle sensazioni, come un subacqueo tirato a galla con le funi anche se non ne ha voglia.

Mi sveglio dall'abisso e riemergo, nella vita reale, sebbene mi rimanga un alito di sogno ad annebbiarmi la mente, quasi non avessi ancora oltrepassato il limite tra azione onirica e vita fisica.

Sembrano passati millenni, in una metastasi di azioni svolte nell'involucro della fantasia. Apro gli occhi e mi ritrovo su uno strano giaciglio. Mi guardo attorno, vedo una finestra illuminata da un raggio di sole. È giorno, quindi. Devo alzarmi e agire. Raccapezzarmi nella coscienza dell'ora, dell'adesso.

So di essere Lui. Ne sono certo, perche' ne sento la forza, la potenza imprigionata dentro, una potenza che vuole esternarsi, realizzarsi.

Mi alzo. Non capisco dove sono, dove mi trovo. Muri bianchi, spogli, una finestra illuminata dal sole, la porta socchiusa.

Ho addosso solo una veste bianca, sgualcita. Barba ispida, i capelli me li sento sul collo, lunghi. Ho le mani che mi dolgono, le gambe anchilosate, mi reggo a malapena in piedi, incerto, percorso da brividi.

Ma che mi succede? Dove sto? Chi sono?

Vado alla porta, la spalanco per tentare di accertarmi del luogo dove mi trovo, se riesco a riconoscere qualcosa e rendermi conto dell'ambiente.

È come se mi fossi risvegliato da un incubo, ma un incubo che mi dava tutte le sensazioni della realtà, una realtà da cui non riuscivo ad evadere. E ora sono desto, vacillo uscendo dalla porta e mi guardo intorno, cercando punti di riferimento.

Una vallata di fronte, alcune colline a destra, un fiume a sinistra, il Giordano? Mi giro e vedo che la costruzione da cui sono uscito è piccola e bassa, una specie di cubo imbiancato. Comincio a camminare ma constato di essere scalzo e mi sento bucare i piedi dal ciottolato che porta verso il fiume.

Sulla riva del fiume, mi levo la veste ed entro in acqua. Devo svegliarmi del tutto, devo scuotermi dal torpore che mi pervade e l'acqua gelata mi dà una scossa elettrica vivificante.

Mi rimetto la veste bianca, se non altro per asciugarmi, dato che all'ombra sembra freddo. E ora?

Devo trovare dei vestiti, qualcosa da mettermi addosso, dei sandali. Rientro nella casupola e cerco: c'è solo questa grande unica camera; in un angolo un cassone chiuso da un'asse. Lo scoperchio e vedo degli abiti consunti, un paio di sandali, un mantello. Sulla veste mi copro col mantello, strappato in un angolo. Metto i sandali ed esco.

Il sentiero ciottolato porta da qualche parte. Devo scoprire dove, così scoprirò anche cosa mi è successo, chiederò, cercherò...

Il diavolo mi condusse in alto, mi mostrò in un attimo tutti i regni del mondo e mi disse: “Ti darò tutta quanta questa potenza e la gloria di questi regni, perché essa mi è stata data e la do a chi voglio. Se dunque ti prostri ad adorarmi, sarà tutta tua”. Ed io, rispondendo, gli dissi: “Sta scritto: ‘Adora il Signore Dio tuo, e a lui solo rendi il tuo culto’”.

Allora mi portò a Gerusalemme e mi pose sul pinnacolo del Tempio e mi disse: “Se tu sei Figlio di Dio, gettati giù di qui, perché sta scritto:
‘Egli ordinerà ai suoi angeli intorno a te, che ti proteggano; ed essi ti porteranno sulle mani, perché tu non urti con il piede contro una pietra’”.
Rispondendo, gli dissi: “È stato detto: ‘Non tentare il Signore Dio tuo’”.

E il diavolo, finita ogni sorta di tentazione, si allontanò da me fino ad altra occasione.

Nella potenza dello Spirito, me ne tornai in Galilea e la mia fama si sparse per tutta la regione circostante. E insegnavo nelle loro sinagoghe, glorificato da tutti.

Andai a Nazareth, dove ero stato allevato e, com'ero solito, entrai in giorno di Shabbat nella sinagoga; alzatomi per leggere, mi fu dato il libro del profeta Isaia e, aperto il libro, trovai quel passo dov'era scritto:
“Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo egli mi ha unto per evangelizzare i poveri; mi ha mandato ad annunciare la liberazione ai prigionieri, e ai ciechi il recupero della vista; a rimettere in libertà gli oppressi, e a predicare l'anno accettevole del Signore”.
Poi, chiuso il libro e resolo all'inserviente, mi posi a sedere; e gli occhi di tutti nella sinagoga erano fissi su di me.

Ed iniziai a dire loro: “Oggi si è adempiuta questa scrittura e voi la udite”. Tutti mi rendevano testimonianza, si meravigliavano delle parole di grazia che uscivano dalla mia bocca e dicevano: “Non è costui il figlio di Giuseppe?”. Ed io dissi loro: “Certo, voi mi citerete questo proverbio: ‘Medico, cura te stesso; fa' anche qui nella tua patria tutto quello che abbiamo udito essere avvenuto in Capernaum!’”. Ma io dissi: “In verità vi dico che nessun profeta è ben accetto nella sua patria. Anzi, vi dico in verità che ai giorni d'Elia, quando il cielo fu serrato per tre anni e sei mesi e vi fu gran carestia in tutto il paese, c'erano molte vedove in Israele, eppure a nessuna di esse fu mandato Elia, ma fu mandato a una vedova in Sarepta di Sidone. E al tempo del profeta Eliseo c'erano molti lebbrosi in Israele, eppure nessuno di loro fu purificato, ma lo fu Naaman il Siro”.

Tutti, nella sinagoga, furono ripieni d'ira all'udire queste cose. Si alzarono, mi cacciarono fuori dalla città e mi condussero fin sul ciglio del monte sul quale era fabbricata la loro città, per precipitarmi giù. Ma io, passando in mezzo a loro, me ne andai.

Poi scesi a Capernaum città di Galilea e qui insegnavo alla gente nei giorni di Shabbat. Ed essi si stupivano della mia dottrina perché parlavo con autorità.

Ora nella sinagoga si trovava un uomo posseduto da uno spirito di demonio immondo, il quale gridò a gran voce: “Ah! Che c'è fra noi e te, o Gesù Nazareno? Sei tu venuto per mandarci in perdizione? Io so chi tu sei: il Santo di Dio!”. Ed io lo sgridai, dicendo: “Sta' zitto ed esci da quest'uomo!”. E il demonio, gettatolo a terra in mezzo alla gente, uscì da lui senza fargli alcun male. E tutti furono presi da stupore e ragionavano fra loro, dicendo: “Che parola è questa? Egli comanda con autorità e potenza agli spiriti immondi ed essi escono”. E la mia fama si divulgò in ogni luogo della regione.

Poi, alzatomi e uscito dalla sinagoga, entrai in casa di Simone. Ora la suocera di Simone era travagliata da una gran febbre e mi pregarono per lei. Chinatomi verso di lei, sgridai la febbre, la febbre la lasciò ed ella, alzatasi subito, si mise a servirci.

Al tramontare del sole, tutti quelli che avevano degli infermi di varie malattie li conducevano a me ed io li guarivo, imponendo le mani a ciascuno. Anche i demòni uscivano da molti gridando e dicendo: “Tu sei il Figlio di Dio!”. Ma li sgridavo e non permettevo loro di parlare, perché sapevano che io ero il Mashiach.

Poi, fattosi giorno, uscii e andai in un luogo deserto; e le folle mi cercavano e, giunte fino a me, mi trattenevano perché non mi allontanasse da loro. Ma dissi loro: “Bisogna che io proclami la buona notizia del Regno di Dio anche alle altre città, poiché per questo sono stato mandato”. E andavo predicando per le sinagoghe della Galilea.

Avvenne che, mentre stavo in piedi sulla riva del lago di Gennesaret e la folla mi stringeva da ogni parte per udire la parola di Dio, vidi due barche ferme a riva, dalle quali erano smontati i pescatori e lavavano le reti. E montato in una di quelle barche che era di Simone, lo pregai di scostarsi un po' da terra; poi, sedutomi sulla barca, insegnavo alla folla.

Come ebbi cessato di parlare, dissi a Simone: “Prendi il largo e calate le reti per pescare”. Simone, rispondendo, mi disse: “Maestro, tutta la notte ci siamo affaticati e non abbiamo preso nulla, però, alla tua parola, calerò le reti”. E, fatto così, presero una tale quantità di pesci che le reti si rompevano. Allora fecero segno ai loro compagni dell'altra barca di venire ad aiutarli. Quelli vennero e riempirono tutte e due le barche, tanto che affondavano. Simon Pietro, visto ciò, si gettò ai miei ginocchi, dicendo: “Signore, allontanati da me, perché sono un peccatore”. Poiché spavento aveva preso lui e tutti quelli che erano con lui, per la quantità di pesci che avevano preso; così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedeo, che erano soci di Simone. Ma io dissi a Simone: “Non temere; d'ora in poi sarai pescatore di uomini”. Ed essi, tratte le barche a terra, lasciarono ogni cosa e mi seguirono.

Mentre mi trovavo in una di quelle città, ecco un uomo pieno di lebbra, il quale, vistomi e gettatosi con la faccia a terra, mi pregò, dicendo: “Signore, se vuoi, tu puoi purificarmi”. Ed io, stesa la mano, lo toccai, dicendo: “Lo voglio, sii purificato”. E in quell'istante la lebbra sparì da lui. Poi gli comandai di non dirlo a nessuno: “Ma va'”, gli dissi, “mostrati al sacerdote e offri per la tua purificazione ciò che ha prescritto Mosè; e ciò serva loro di testimonianza”.

Però la mia fama si spandeva sempre più; moltissima gente si radunava per udirmi ed essere guarita dalle sue infermità. Ma io mi ritiravo nei luoghi deserti e pregavo.

Un giorno stavo insegnando e c'erano, là seduti, dei farisei e dei dottori della legge, venuti da tutte le borgate della Galilea, della Giudea e da Gerusalemme; e la potenza del Signore era con me per compiere delle guarigioni. Ed ecco degli uomini che portavano sopra un letto un paralitico, cercavano di portarlo dentro e di metterlo davanti a me. Non trovando modo di introdurlo a causa della folla, salirono sul tetto e, fatta un'apertura fra le tegole, lo calarono giù con il suo lettuccio, in mezzo alla gente, davanti a me. Ed io, veduta la loro fede, dissi: “O uomo, i tuoi peccati ti sono perdonati”. Allora gli scribi e i farisei cominciarono a ragionare, dicendo: “Chi è costui che pronuncia bestemmie? Chi può perdonare i peccati se non Dio solo?”. Tuttavia, conosciuti i loro ragionamenti, dissi loro: “Di che ragionate nel vostro cuore? Che cosa è più facile dire: ‘I tuoi peccati ti sono perdonati’, oppure dire: ‘Alzati e cammina’? Ora, affinché sappiate che il Figlio dell'uomo ha sulla terra autorità di perdonare i peccati, io ti dico”, dissi al paralitico, “alzati, prendi il tuo lettuccio e vattene a casa tua”. E in quell'istante si alzò in loro presenza, prese ciò su cui giaceva e se ne andò a casa sua, glorificando Dio. Tutti furono presi da stupore e glorificavano Dio e, pieni di spavento, dicevano: “Oggi abbiamo visto cose meravigliose”.

Dopo queste cose, uscii e notai un pubblicano, di nome Levi, che sedeva al banco delle imposte, e gli dissi: “Seguimi”. Ed egli, lasciata ogni cosa, si alzò e si mise a seguirmi.

Levi mi fece un grande banchetto in casa sua; c'era gran folla di pubblicani e di altri che erano a tavola con noi. I farisei e i loro scribi mormoravano contro i miei discepoli, dicendo: “Perché mangiate e bevete con i pubblicani e i peccatori?”. E rispondendo, dissi loro: “I sani non hanno bisogno del medico, bensì i malati. Io non sono venuto a chiamare dei giusti, ma dei peccatori a ravvedimento”.

Essi mi dissero: “I discepoli di Giovanni digiunano spesso e pregano, così pure i discepoli dei farisei, mentre i tuoi mangiano e bevono”. Risposi loro: “Potete voi far digiunare gli amici dello sposo, mentre lo sposo è con loro? Ma verranno i giorni per questo e, quando lo sposo sarà loro tolto, allora, in quei giorni, digiuneranno”. Dissi loro anche una parabola: “Nessuno strappa un pezzo da un vestito nuovo per metterlo a un vestito vecchio, altrimenti strappa il nuovo e il pezzo tolto dal nuovo non si adatta al vecchio. E nessuno mette vino nuovo in otri vecchi, altrimenti il vino nuovo rompe gli otri vecchi, si spande e gli otri vanno perduti. Ma il vino nuovo va messo in otri nuovi. E nessuno che abbia bevuto del vino vecchio, ne desidera del nuovo, perché dice: ‘Il vecchio è buono’”.

Avvenne che in un giorno di Shabbat passavo per i campi di grano; i miei discepoli strappavano delle spighe e, sfregandole con le mani, mangiavano. E alcuni dei farisei dissero: “Perché fate quello che non è lecito nel giorno dello Shabbat?”. Rispondendo, dissi loro: “Non avete letto neppure ciò che fece Davide, quando ebbe fame, egli e coloro che erano con lui? Come entrò nella casa di Dio, e prese i pani di presentazione, ne mangiò e ne diede anche a coloro che erano con lui, benché non sia lecito mangiarne se non ai soli sacerdoti?”. E diceva loro: “Il Figlio dell'uomo è Signore dello Shabbat”.

Avvenne che in un giorno di Shabbat io entrai nella sinagoga e mi misi a insegnare. C'era lì un uomo che aveva la mano destra secca. Gli scribi e i farisei lo osservavano per vedere se avrebbe fatto una guarigione in giorno di Shabbat, per trovare di che accusarlo. Ma io conoscevo i loro pensieri e dissi all'uomo che aveva la mano secca: “Alzati e mettiti nel mezzo!”. Ed egli, alzatosi, stette su. Poi dissi loro: “Io vi domando: è lecito, in giorno di Shabbat, fare del bene o fare del male? Salvare una persona o ucciderla?”. E, girato lo sguardo intorno su tutti loro, dissi a quell'uomo: “Stendi la mano!”. Egli fece così e la sua mano tornò sana.

Ed essi furono ripieni di furore e discutevano fra loro su quello che avrebbero potuto farmi.

In quei giorni me ne andai sul monte a pregare e passai la notte in preghiera a Dio. Quando fu giorno, chiamai a me i miei discepoli e ne elessi dodici, ai quali diedi anche il nome di “apostoli”:

Simone, detto anche Pietro, e suo fratello Andrea, Giacomo e Giovanni, Filippo e Bartolomeo, Matteo e Tommaso, Giacomo d'Alfeo e Simone chiamato Zelota, Giuda di Giacomo e Giuda Iscariota, che divenne traditore.

Sceso con loro, mi fermai sopra una pianura, insieme con una gran folla dei miei discepoli e gran quantità di popolo da tutta la Giudea e da Gerusalemme e dalla marina di Tiro e di Sidone, i quali erano venuti per udirmi e per essere guariti dalle loro infermità. Quelli che erano tormentati da spiriti immondi venivano sanati e tutta la folla cercava di toccarmi, perché da me usciva una potenza che guariva tutti.

Alzati gli occhi verso i miei discepoli, dicevo: “Beati voi che siete poveri, perché il Regno di Dio è vostro.

Beati voi che ora avete fame, perché sarete saziati. Beati voi che ora piangete, perché riderete. Beati voi, quando gli uomini vi odieranno e quando vi scacceranno da loro, quando vi insulteranno e metteranno al bando il vostro nome come malvagio a motivo del Figlio dell'uomo. Rallegratevi in quel giorno e saltate di gioia perché, ecco, il vostro premio è grande nei cieli, poiché i loro padri facevano lo stesso ai profeti.

Ma guai a voi, ricchi, perché avete già la vostra consolazione.

Guai a voi che siete ora sazi, perché avrete fame. Guai a voi che ora ridete, perché sarete afflitti e piangerete.

Guai a voi quando tutti gli uomini diranno bene di voi, perché i padri loro facevano lo stesso con i falsi profeti.

Ma a voi che ascoltate io dico: Amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano, benedite quelli che vi maledicono, pregate per quelli che vi oltraggiano. A chi ti percuote su una guancia porgi anche l'altra e a chi ti toglie il mantello non impedire di prenderti anche la tunica. Da' a chiunque ti chiede e a chi ti toglie il tuo non glielo ridomandare. E come volete che gli uomini facciano a voi, fate anche a loro. Ma se amate quelli che vi amano, quale grazia ve ne viene? Poiché anche i peccatori amano quelli che li amano. E se fate del bene a quelli che vi fanno del bene, quale grazia ve ne viene? Anche i peccatori fanno lo stesso. E se prestate a quelli dai quali sperate ricevere, quale grazia ne avete? Anche i peccatori prestano ai peccatori per riceverne altrettanto. Ma amate i vostri nemici, fate del bene, prestate senza sperarne alcunché e il vostro premio sarà grande e sarete figli dell'Altissimo, poiché egli è benigno verso gli ingrati e i malvagi. Siate misericordiosi come è misericordioso il Padre vostro.

Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e vi sarà perdonato. Date e vi sarà dato: vi sarà versata in seno buona misura, pigiata, scossa, traboccante, perché con la misura con cui misurate, sarà rimisurato a voi”.

Poi dissi loro anche una parabola: “Un cieco può guidare un cieco? Non cadranno entrambi nella fossa?
Un discepolo non è più grande del maestro, ma ogni discepolo perfetto sarà come il suo maestro.
Perché guardi la pagliuzza che è nell'occhio di tuo fratello, mentre non scorgi la trave che è nell'occhio tuo?
Come puoi dire a tuo fratello: ‘Fratello, lascia che io ti tolga la pagliuzza che hai nell'occhio’, mentre tu stesso non vedi la trave che è nell'occhio tuo? Ipocrita, togli prima dall'occhio tuo la trave, e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza che è nell'occhio di tuo fratello.

Non c'è infatti albero buono che faccia frutto cattivo né c'è albero cattivo che faccia frutto buono, poiché ogni albero si riconosce dal suo proprio frutto, perché non si colgono fichi dalle spine, né si vendemmia uva dal pruno. L'uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene e l'uomo malvagio dal malvagio tesoro del suo cuore trae fuori il male, poiché dall'abbondanza del cuore parla la sua bocca”.

“Perché mi chiamate: ‘Signore, Signore’ e non fate quello che dico? Chiunque viene a me e ascolta le mie parole e le mette in pratica, io vi mostrerò a chi somiglia. Somiglia a un uomo il quale, edificando una casa, ha scavato e scavato profondo e ha posto il fondamento sulla roccia; e, venuta una piena, la fiumana ha investito quella casa e non ha potuto scrollarla perché era stata edificata bene. Ma chi ha udito e non ha messo in pratica somiglia a un uomo che ha edificato una casa sulla terra, senza fondamento; la fiumana l'ha investita, e subito è crollata e la rovina di quella casa è stata grande”.

Dopo che ebbi finito tutti i miei ragionamenti al popolo che m'ascoltava, entrai in Capernaum.

Il servo di un certo centurione, che gli era molto caro, era malato e stava per morire; il centurione, avendo udito di me, mi mandò degli anziani dei Giudei per pregarmi che venissi a salvare il suo servo. Ed essi, presentatisi, mi pregavano con insistenza, dicendo: “Egli è degno che tu gli conceda questo, perché ama la nostra nazione ed è lui che ci ha edificato la sinagoga”. M'incamminai con loro e ormai non mi trovavo più molto lontano dalla casa, quando il centurione mandò degli amici a dirmi: “Signore, non ti dare questo incomodo, perché io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto, perciò non mi sono neppure reputato degno di venire da te, ma di' una parola e il mio servo sarà guarito. Poiché anch'io sono uomo sottoposto all'autorità altrui e ho sotto di me dei soldati; e dico a uno: ‘Va'’ ed egli va; a un altro: ‘Vieni’ ed egli viene; e al mio servo: ‘Fa' questo’ ed egli lo fa”. Udito questo, restai meravigliato di lui e, rivoltomi alla folla che mi seguiva, dissi: “Io vi dico che neppure in Israele ho trovato una fede così grande!”. E quando gli inviati furono tornati a casa, trovarono il servo guarito.

In seguito mi si avviai verso una città chiamata Nain, e i miei discepoli e una gran folla andavano con me. Quando fui vicino alla porta della città, ecco che si portava a seppellire un morto, figlio unico di sua madre, che era vedova, e molta gente della città era con lei. Vedutala, ebbi pietà di lei e le dissi: “Non piangere!”. E, accostatomi, toccai la bara; i portatori si fermarono ed io dissi: “Ragazzo, dico a te, alzati!”. Il morto si alzò, si mise seduto e cominciò a parlare. Ed io lo diedi a sua madre. Tutti furono presi da timore e glorificavano Dio, dicendo: “Un gran profeta è sorto fra noi” e: “Dio ha visitato il suo popolo”. E questo dire intorno a me si sparse per tutta la Giudea e per tutto il paese circostante.

I discepoli di Giovanni il Battista gli riferirono tutte queste cose. Ed egli, chiamati a sé due dei suoi discepoli, li mandò da me a dirmi: “Sei tu colui che deve venire o ne aspetteremo noi un altro?”. E quelli, presentatisi, mi dissero: “Giovanni il battista ci ha mandati da te a dirti: ‘Sei tu colui che deve venire o ne aspetteremo un altro?’”. In quella stessa ora, io guarii molti da malattie, da infermità e da spiriti maligni, e a molti ciechi donai la vista. E, rispondendo, dissi loro: “Andate a riferire a Giovanni quello che avete visto e udito: i ciechi recuperano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, l'evangelo è annunciato ai poveri. Beato colui che non si sarà scandalizzato di me!”.

Quando gli inviati di Giovanni se ne furono andati, cominciai a parlare di Giovanni alla folla: “Che andaste a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? Ma che andaste a vedere? Un uomo avvolto in morbide vesti? Ecco, quelli che portano degli abiti magnifici e vivono in delizie stanno nei palazzi dei re. Ma che andaste a vedere? Un profeta? Sì, vi dico, e uno più che profeta. Egli è colui del quale è scritto:
‘Ecco, io mando il mio messaggero davanti al tuo cospetto che preparerà la tua via davanti a te’.
Io vi dico: Fra i nati di donna non ve n'è nessuno maggiore di Giovanni; però, il minimo nel Regno di Dio è maggiore di lui. E tutto il popolo che l'ha udito, anche i pubblicani, hanno reso giustizia a Dio, facendosi battezzare del battesimo di Giovanni, ma i farisei e i dottori della legge, non facendosi battezzare da lui, hanno reso vano il consiglio di Dio per loro.

A chi dunque paragonerò gli uomini di questa generazione? E a chi sono simili? Sono simili ai fanciulli che stanno a sedere in piazza e gridano gli uni agli altri: ‘Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato; abbiamo cantato dei lamenti e non avete pianto’. Difatti è venuto Giovanni il battista, non mangiando pane né bevendo vino, e voi dite: ‘Ha un demonio’. È venuto il Figlio dell'uomo, mangiando e bevendo, e voi dite: ‘Ecco un mangione e un beone, un amico dei pubblicani e dei peccatori!’. Ma alla sapienza è stata resa giustizia da tutti i suoi figli”.

Uno dei farisei mi chiese di mangiare da lui ed io, entrato in casa del fariseo, mi misi a tavola. Ed ecco, una donna che era in quella città, una peccatrice, saputo che ero a tavola in casa del fariseo, portò un vaso di alabastro pieno di olio profumato; e, stando ai miei piedi, di dietro, piangendo cominciò a rigarmi di lacrime i piedi e li asciugava con i suoi capelli; e mi baciava e ribaciava i piedi e li ungeva con l'olio. Il fariseo che lo aveva invitato, visto ciò, disse fra sé: “Costui, se fosse profeta, saprebbe chi e quale sia la donna che lo tocca, perché è una peccatrice”. Ed io, rispondendo, gli dissi: “Simone, ho qualcosa da dirti”. Ed egli: “Maestro, di' pure”. “Un creditore aveva due debitori; l'uno gli doveva cinquecento denari e l'altro cinquanta. E non avendo essi di che pagare, condonò il debito a entrambi. Chi di loro dunque lo amerà di più?”. Simone, rispondendo, disse: “Suppongo sia colui al quale ha condonato di più”. Io gli dissi: “Hai giudicato rettamente”. E, voltandosi verso la donna, dissi a Simone: “Vedi questa donna? Io sono entrato in casa tua e tu non mi hai dato dell'acqua ai piedi, ma lei mi ha rigato i piedi di lacrime e li ha asciugati con i suoi capelli. Tu non mi hai dato alcun bacio, ma lei, da quando sono entrato, non ha smesso di baciarmi i piedi. Tu non mi hai unto il capo d'olio, ma lei mi ha unto i piedi di profumo. Perciò io ti dico: Le sono perdonati i suoi molti peccati, perché ha molto amato, ma colui a cui poco è perdonato, poco ama”. Poi dissi alla donna: “I tuoi peccati ti sono perdonati”. E quelli che erano a tavola con me cominciarono a dire dentro di sé: “Chi è costui che perdona anche i peccati?”. Ma io dissi alla donna: “La tua fede ti ha salvata; va' in pace”.

In seguito me ne andavo per città e villaggi, predicando e annunciando la buona notizia del Regno di Dio; con me erano i dodici e certe donne che erano state guarite da spiriti maligni e da infermità: Miriam, detta Maddalena, dalla quale erano usciti sette demòni; Giovanna, moglie di Cuza, amministratore di Erode; Susanna e molte altre che assistevano me ed i miei con i loro beni.

Ora come si riuniva gran folla e la gente di ogni città accorreva a me, io dissi in parabola: “Il seminatore uscì a seminare la sua semenza; mentre seminava, una parte del seme cadde lungo la strada, fu calpestato e gli uccelli del cielo lo mangiarono. Un'altra cadde sulla roccia e, come fu nato, seccò perché non aveva umidità. Un'altra cadde in mezzo alle spine e le spine, nate insieme con il seme, lo soffocarono. Un'altra parte cadde nella buona terra e, germogliata, fruttò il cento per uno”. Dicendo queste cose, esclamavo: “Chi ha orecchi da udire, oda!”.

I miei discepoli mi domandarono che volesse dire questa parabola. Ed io dissi: “A voi è dato di conoscere i misteri del Regno di Dio, ma agli altri se ne parla in parabole, affinché vedendo non vedano, e udendo non intendano.
Ora questo è il senso della parabola: il seme è la parola di Dio. Quelli lungo la strada sono coloro che hanno udito, ma poi viene il diavolo e porta via la Parola dal loro cuore, affinché non credano e non siano salvati. Quelli sulla roccia sono coloro i quali, quando hanno udito la Parola, la ricevono con gioia, ma costoro non hanno radice, credono per un tempo e, quando viene la prova, si tirano indietro. E quello che è caduto fra le spine, sono coloro che hanno udito, ma se ne vanno e restano soffocati dalle preoccupazioni, dalle ricchezze e dai piaceri della vita e non arrivano a maturità. E quello che è in buona terra, sono coloro i quali, dopo aver udito la Parola, la ritengono in un cuore onesto e buono e portano frutto con perseveranza”.

“Nessuno, accesa una lampada, la copre con un vaso o la mette sotto il letto; anzi, la mette sul candeliere, perché chi entra veda la luce. Poiché non c'è nulla di nascosto che non debba manifestarsi né di segreto che non debba sapersi e venire alla luce. Badate dunque a come ascoltate, perché a chi ha, sarà dato, ma a chi non ha, anche ciò che pensa di avere gli sarà tolto”.

Mia madre e i miei fratelli vennero a me, ma non potevano avvicinarsi a motivo della folla. Allora mi fu riferito: “Tua madre e i tuoi fratelli sono là fuori, che ti vogliono vedere”. Ma rispondendo, dissi loro: “Mia madre e miei fratelli sono quelli che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica”.

Un giorno entrai in una barca con i miei discepoli e dissi loro: “Passiamo all'altra riva del lago”. E prendemmo il largo. Mentre navigavamo, mi addormentai; e si abbatté sul lago un turbine di vento, tanto che la barca si riempiva d'acqua, ed essi erano in pericolo. Essi, accostatisi, mi svegliarono, dicendo: “Maestro, Maestro, siamo perduti!”. Ma io, destatomi, sgridai il vento e i flutti che si calmarono, e si fece bonaccia. Poi dissi loro: “Dov'è la vostra fede?”. Ma essi, impauriti e meravigliati, dicevano l'uno all'altro: “Chi è mai costui che comanda anche ai venti e all'acqua e gli ubbidiscono?”.

Approdammo nel paese dei Geraseni, che sta di fronte alla Galilea. Quando fui sceso a terra, mi venne incontro un uomo della città, il quale era posseduto da demòni; da lungo tempo non indossava vestiti e non abitava in una casa, ma stava fra i sepolcri. Quando mi vide , dato un gran grido, mi si prostrò davanti e disse a gran voce: “Che c'è fra me e te, o Gesù, Figlio del Dio Altissimo? Ti prego, non mi tormentare”. Poiché comandavo allo spirito immondo di uscire da quell'uomo; molte volte, infatti, esso se ne era impadronito e, benché lo si fosse legato con catene e custodito in ceppi, aveva spezzato i legami ed era portato via dal demonio nei deserti. Gli domandai: “Qual è il tuo nome?”. Ed egli rispose: “Legione”, perché molti demòni erano entrati in lui. Ed essi mi pregavano che non comandasse loro di andare nell'abisso. C'era là un branco numeroso di porci che pascolava sul monte e quei demòni mi pregarono di permettere loro di entrare in quelli. Ed io lo permisi. I demòni, usciti da quell'uomo, entrarono nei porci; quel branco si avventò a precipizio giù nel lago e affogò. Quando quelli che li pasturavano videro ciò che era avvenuto, se ne fuggirono e portarono la notizia in città e per la campagna. La gente uscì a vedere l'accaduto; e, venuta a me, trovò l'uomo, dal quale erano usciti i demòni, che sedeva ai piedi di Gesù, vestito e sano di mente, e si impaurì. E quelli che avevano visto, raccontarono loro come l'indemoniato era stato liberato. E l'intera popolazione della circostante regione dei Geraseni mi pregò che me ne andassi via da loro, perché erano presi da grande spavento.Montato nella barca, me ne tornai indietro. L'uomo dal quale erano usciti i demòni mi pregava di poter stare con me, ma io lo rimandai, dicendo: “Torna a casa tua e racconta le grandi cose che Dio ha fatto per te”. Ed egli se ne andò per tutta la città, proclamando tutte le grandi cose che io avevo fatto per lui.

Al mio ritorno, fui accolto dalla folla, perché tutti mi stavano aspettando.
Ed ecco venire un uomo, chiamato Iairo, che era capo della sinagoga e, gettatosi ai miei piedi, mi pregava di entrare in casa sua, perché aveva una figlia unica di circa dodici anni, che stava per morire. Ora, mentre vi andavo, la folla faceva ressa intorno a me.

Una donna che aveva un flusso di sangue da dodici anni e aveva speso nei medici tutte le sue sostanze senza poter essere guarita da nessuno, accostatasi da dietro, mi toccò il lembo della veste e in quell'istante il suo flusso ristagnò. Ed io dissi: “Chi mi ha toccato?”. E siccome tutti negavano, Pietro e quelli che erano con lui risposero: “Maestro, la folla ti stringe e ti preme”. Ma replicai: “Qualcuno mi ha toccato, perché ho sentito che una potenza è uscita da me”. E la donna, vedendo che non era rimasta inosservata, venne tutta tremante e, gettatasi ai miei piedi, dichiarò, in presenza di tutto il popolo, per quale motivo m'aveva toccato e come era stata guarita in un istante. Ma io le dissi: “Figliola, la tua fede ti ha salvata; va’ in pace”.

Mentre parlavo ancora, venne uno dalla casa del capo della sinagoga, a dirgli: “Tua figlia è morta; non incomodare più oltre il Maestro”. Tuttavia, udito ciò, risposi a Iairo: “Non temere; solo abbi fede e lei sarà salva”. E, arrivato alla casa, non permisi a nessuno di entrarvi con me, salvo che a Pietro, a Giovanni, a Giacomo e al padre e alla madre della fanciulla. Ora tutti piangevano e facevano cordoglio per lei. Ma io dissi: “Non piangete; lei non è morta, ma dorme”. E ridevano di me, sapendo che era morta. Ma io, presala per la mano, dissi ad alta voce: “Fanciulla, alzati!”. E il suo spirito tornò; ella si alzò subito ed comandai che le si desse da mangiare. I suoi genitori rimasero sbigottiti, ma io ordinai loro di non dire a nessuno quello che era avvenuto.

Ero sfinito. Quanta sofferenza c'è nel mondo! Quanta ne dovrò sanare?