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Velde Bigi modifica

 
Rovina Soliera post seconda guerra mondiale

Voce scritta dalla coppia 9: Lorenzo e Virginia

Velde Bigi (Novi, 1917 - Modena) è stata una partigiana italiana appartenente alla quindicesima Brigata del "Diavolo".

Biografia modifica

È nata a Novi in provincia di Modena il 5 agosto 1917 da una famiglia socialista. Il padre gestiva un caseificio e la madre era una casalinga. In famiglia erano sette, ha quattro fratelli. Terminata la quinta elementare, inizia l'apprendistato come sarta. Durante la guerra lavora come operaia a Savona, dopo l'armistizio ritorna a Novi e inizia subito l'attività clandestina da partigiana. Il suo nome in codice è "Lidia", opera in un primo momento come staffetta, si dedica poi all'organizzazione dei Gruppi di Difesa della Donna in varie zone come Soliera, Limidi e Carpi.

Resistenza modifica

Durante la guerra lavora come operaia a Savona, dopo l'armistizio però rientra a Novi e affianca il fratello Vales nell'attività clandestina come partigiana. Lidia, il suo nome di battaglia, opera nel battaglione Renzo della brigata Diavolo come responsabile SAP. Dopodiché agisce anche come staffettista e dopo, nelle zone di Soliera, prende parte all'organizzazione dei Gruppi di difesa della donna. Successivamente si dedica all'attività politica nel dopoguerra come segreteria dell'UDI. Tra il 1948-49 sconta cinque mesi in carcere per resistenza e violenza alla forza pubblica. Tornata a Savoia si sposa, continuando l'attività nel PCI e UDI. Torna poi a Novi.

Durante la seconda guerra mondiale, Velde Bigi opera in un primo momento come staffeta sotto il nome di "Lidia", contribuendo così alla Resistenza. Come afferma in un intervista a cura di Annamaria Agnini:

« Resistenza ha voluto dire che abbiamo combattuto i tedeschi, abbiamo salvato la nostra patria, abbiamo salvato l'Italia. Ha voluto dire l'emancipazione, ha voluto dire tutto per me. La resistenza ha svegliato la gente. L'emancipazione é iniziata così.[1] »

Dopoguerra modifica

« Dopo la guerra noi non ci siamo mica ritirate: abbiamo sempre lottato. Abbiamo lottato per avere gli asili... Io ero sempre un'organizzatrice di tutte queste cose, insieme a tutte quelle altre, a tutte le donne che erano nel movimento anche prima e che poi sono venute anche più volentieri quando la guerra era finita. »
([1])

Nel dopoguerra continua a lavorare come segretaria dell'Unione Donne Italiane. Tra il 1948-1949, a seguito di alcune lotte bracciantili, è processata e condannata per resistenza e violenza alla forza pubblica a otto mesi, seppur ne deve scontare solo cinque. Dopo essersi trasferita per lavoro a Savona si sposa, ma non rinuncia comunque alla sua attività di partito e nell'UDI. Dopo essere rimasta vedova, torna a Novi.

Elvira Fantini modifica

Voce scritta dalla coppia 8: Silvia e Yulia

Elvira Fantini, nata a Limidi di Soliera in provincia di Modena il 1 aprile 1925, è stata una partigiana italiana.

Biografia modifica

 
Case di Limidi distrutte dalla rappresaglia nazista del 1944

Insieme alla famiglia si trasferisce a Santa Croce di Carpi, dove frequenta la quinta elementare, poi aiuta ai genitori mezzadri in campagna. Sono in undici: due sorelle, entrambe partigiane, quattro cugini, quattro adulti e il nonno. A 21 anni la madre di Elvira partorisce due gemelle, morte successivamente. Nel '43 Elvira e la sua famiglia devono lasciare la casa per il rischio che tedeschi la possano bruciare dopo che avevano bruciato le case di Limidi.[2] Durante l'inverno 43-44, che è molto freddo, costruiscono un rifugio sotto al camino.

Elvira si sposa nel '48 e nel '50 suo marito si ammala, è via per 7 anni e non può più lavorare, quindi lavora solo lei. La prima figlia nasce il 22 dicembre 1946.[3]

Resistenza modifica

Fin da bambina Elvira Fantini è legata alla Resistenza grazie ai suoi genitori. Si ricorda ad esempio di quando sua madre cucinava una grande polenta destinata ai bambini che passavano vicino casa mentre scappavano oppure di quando cercavano scarpe da dare ai partigiani in fuga. Crescendo, Elvira comincia a partecipare attivamente alla resistenza distribuendo vari volantini e comunicazioni, mentre la sua famiglia crea un rifugio nella loro casa.

In seguito diventa responsabile della zona nel carpigiano dei Gruppi di Difesa della Donna, andando da Panzano a Campogalliano, ed opera nella brigata Scarpone con il nome di battaglia di "Stella".

Durante i combattimenti Elvira si trova a portare via da sola con un biroccio un partigiano ferito, proprio sotto alla Villa Negra, mentre successivamente cerca di salvare un altro ragazzo partigiano fuori dall'ospedale, andandolo a prendere con due biciclette.

Dopoguerra modifica

Dopo la guerra inizia a partecipare alle lotte mezzadrili e lavora attivamente ad organizzare l'Unione Donne Italiane, anche in seguito al matrimonio e alla nascita di una bambina. Lavorerà poi in seguito come cuoca e consigliera comunale a Carpi nelle liste del PCI.

Clementina Gelmini modifica

Voce scritta dalla coppia 4: Roberta e Gabriele

 
Una staffetta partigiana

Clementina Gelmini (San Possidonio, 1921 - Modena, 2010) è stata una partigiana italiana.

Biografia modifica

Clementina Gelmini, nata il 20 giugno del 1921 a San Possidonio in provincia di Modena, morta il 12 marzo 2010, è stata una partigiana italiana. Nata da una famiglia di artigiani antifascisti e comunisti, nel 1930 all'età di dieci anni smette di andare a scuola per aiutare la famiglia, in condizioni di miseria. In quel momento non riesce a prendere la licenza elementare, ma all'età di cinquantotto anni concluderà il ciclo delle scuole medie. A dodici anni per volere della madre inizia a lavorare come sarta, per avere la possibilità un giorno di mantenersi. Arriva a Modena per sposarsi nel 1943 e successivamente, a causa delle pressioni fasciste, è costretta a scappare in montagna con il marito.

Resistenza modifica

Durante la seconda guerra mondiale, opera insieme alla sorella come staffetta sotto il nome "Claudia", contribuendo così alla Resistenza. Agisce in particolare del tratto da Mirandola a Soliera.

Come afferma nell'intervista a cura di Annamaria Agnini, essendo il contatto con il Soccorso Rosso, comincia ad aiutare i rumeni provenienti dalla Iugoslavia a scappare in Svizzera[4].

Dopoguerra modifica

Finita la guerra, nel 1948 si tengono le prime elezioni democratiche che vedono vincitrice la Democrazia Cristiana. Nonostante tutto il lavoro svolto negli anni precedenti alla Liberazione, i partigiani sono messi in galera e molti addirittura scomunicati dal papa. Clementina Gelmini non si è mai vergognata della partecipazione alla Resistenza, anzi ha sempre raccontato della sua esperienza e di tutti gli episodi ai suoi figli e nipoti, per renderli consapevoli della libertà di cui godevano, conquista costata la vita a molte persone.

Note modifica

  1. 1,0 1,1 Velde Bigi, Intervista di Annamaria Agnini, A guardare le nuvole, Carocci, 2004, p. 76
  2. La Resistenza in pianura, Resistenza mappe
  3. Liotti, Remaggi, pag 108
  4. Clementina Gelmini, Intervista di Annamaria Agnini, A guardare le nuvole, Carocci, 2004, p. 136-139

Bibliografia modifica

  • Caterina Liotti (curatrice) Angela Remaggi (curatrice), A guardare le nuvole. Partigiane modenesi tra memoria e narrazione, Carocci (2004), ISBN 9788843029617