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Metrica greca e metrica latina modifica

Nei manuali dedicati all'argomento, la metrica latina e la metrica greca sono trattate ora assieme, ora in opere separate: tale scelta deriva dal modo in cui sono concepiti i rapporti tra le due, poiché quella greca grazie al suo prestigio servì da modello a quella latina. A sostegno di una divisione delle due materie, si può osservare che le convenzioni prosodiche del latino non coincidono interamente con quelle del greco, e soprattutto in età arcaica, quando il processo di acculturazione da parte dei romani della più sofisticata cultura greca era in pieno svolgimento, i modelli greci furono adattati con grande libertà dagli autori latini (per fare un esempio, il senario giambico deriva dal trimetro giambico, ma non è esattamente la stessa forma metrica); a sostegno di una trattazione d'insieme, si può osservare come la tendenza, da parte dei poeti latini più tardi (di età tardo repubblicana, augustea e imperiale) fu quella di riprendere i modelli greci in maniera fedele, tanto che moltissimi metri greci hanno il loro esatto corrispondente in latino e le due metriche vengono in buona parte a coincidere.

La metrica quantitativa modifica

La metrica quantitativa, tipica della poesia classica, è profondamente diversa dalla metrica accentuativa propria delle lingue moderne. Nella metrica quantitativa l'elemento determinante non consiste nel numero delle sillabe e nella posizione dell'accento, bensì nella "quantità", ovvero durata, delle sillabe stesse. La durata è un fenomeno esistente anche nelle lingue moderne (si confronti ad esempio la diversa lunghezza della vocale "o" in "rosa rossa": la prima è più lunga della seconda), ma non è più avvertita come discriminante ai fini metrici. Nella poesia greca e latina, invece, si distingueva la lunghezza delle sillabe (o meglio delle vocali di esse) e si faceva corrispondere per convenzione una sillaba lunga a due brevi.

In tal modo, il verso tipico della poesia epica, e non solo, ossia l'esametro, era necessariamente composto di sei "misure" ognuna delle quali valeva due lunghe, ma poteva essere anche formata di una lunga e due brevi.

Nelle scuole è stata in uso, dalla seconda metà dell'Ottocento, una "lettura metrica" di scarsissima validità scientifica, tale da produrre un effetto di cantilena che certo non apparteneva alla poesia antica. Questa, diceva il prof. Carlo Del Grande, noto grecista e specialista di metrica, era di tipo musicale.

Nella poesia moderna vi è stato qualche tentativo di riproporre l'antica metrica. L'autore più noto che si adoperò in questo, con esiti certamente interessanti, fu Giosuè Carducci nelle Odi barbare; il titolo, spiegò il poeta, voleva sottolineare come la metrica usata potesse risultare estranea al lettore moderno, ma anche a un ipotetico lettore antico, dato che Carducci aveva cercato di riprodurre attraverso l'uso degli accenti un sistema metrico che si fondava su qualcos'altro, ovvero sulla quantità.