Latino sine flexione/Verbo
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In Latino sine flexione la forma fondamentale del verbo è la radice, corrispondente all’imperativo della coniugazione latina.
Generalmente la radice si ottiene eliminando la desinenza (-re) dall'infinito dei verbi regolari riportato nel vocabolario latino:
amare -> ama (amare); videre -> vide (vedere); ire -> i (andare).
Nel caso dei verbi irregolari non sempre la radice è evidente. La si può tuttavia ricavare dall’imperativo, dalla terza persona sopprimendo (-t), dal participio presente eliminando (-ens) o ancora dal participio passato senza (-tum).
Il risultato è un piccolo gruppo di radici molto frequenti:
Duc (condurre), fac o face (fare), es (essere), dic o dice (dire), vol o vole (volere), fer (portare), fi (divenire), pote (potere).
I verbi deponenti vengono trattati come se fossero attivi e regolari:
(ex)hortari -> (ex)horta (esortare); uti -> ute (usare).
Altri esempi: nasci (nascere), mori (morire), mede (curare), imita (imitare), ori (sorgere), memora (ricordare), ode (odiare).
La persona si ottiene utilizzando l’opportuno pronome:
"me habe, te habe, illo/illa habe, nos habe, vos habe, illos habe ".
Il tempo.
Il tempo verbale è solo una convenzione: quando il contesto è chiaro non c’è alcuna necessità di un tempo grammaticale esplicito.
"In principio Deo crea caelo (coelo) et terra."
Il passato può essere indicato da un avverbio di tempo: jam, tum, olim, nuper, heri, in praeterito, antea…
Lo stesso per il futuro: cras, in futuro, postea…
"heri me es in Roma; hodie nos es in Paris; cras vos es in London."
Un modo elegante per formare il passato ma poco comprensibile senza spiegazione è l’aumento “e” (l’aumento è un prefisso indoeuropeo, attualmente conservata in neogreco, che serve ad indicare il passato dell’indicativo).
“me jam vide illo” equivale a “me e vide illo”.
Analogamente il futuro può essere indicato con “i” radice di andare.
"Me i stude” equivale a “me in futuro stude”.
Altri verbi modali per esprimere il futuro sono:
“vade” o “vol” o “debe”:
“Me vol stude” (affine all’inglese I will study) o “me debe stude” (inglese: I shall study).
Per il passato possiamo usare anche le forme “me veni ab scribe” che corrisponde al francese “je viens d’écrire”.
Il modo.
La forma dell’imperativo è la radice: curre! Senza espressione di soggetto o con soggetto posposto se necessario “curre vos!”
“O medico cura te ipso”.
L’imperativo negativo ha solo bisogno di un “ne” o un “non” anteposto.
“Ne projice margaritas ante porcos”.
Il condizionale, il congiuntivo e il gerundio non esistono. Tutte le funzioni di questi modi sono espresse mediante le opportune congiunzioni e avverbi e l’uso dell’indicativo dopo aver reso le proposizioni implicite esplicite.
“si me e vide illo, me dic ad te” (se l’avessi visto te lo avrei detto). Alcuni interlinguisti hanno proposto di usare "an", esistente sia in latino che in greco, prima del verbo.
"me more, si illo non veni" oppure "me an more, si illo non veni".
Infinito.
L’uso dell’infinito è generalmente riservato alle frasi implicite o per sostantivare il verbo.
Un suffisso particolare per identificare l’infinito per le frasi implicite non serve:
“Me ama ede” (mi piace mangiare).
“Antea me sole ausculta aves canta” (ascoltavo gli uccelli cantare)
Tuttavia, per chiarezza, è sempre consigliato rendere esplicite le frasi:
“antea me sole ausculta aves que canta”.
L’uso di preposizioni può contribuire a chiarire il significato:
“me habe libro ad stude” (ho un libro da studiare);
“illo es vero abile ad loque” (è proprio bravo a parlare);
“solutione plus semplice es de adopta thema sine modificatione”.
Alcuni autori hanno comunque preferito utilizzare l’infinito aggiungendo –re al tema verbale. Attenzione in questo caso ai verbi irregolari: esse, non “essere”, “velle” e non “volere”.
L’infinito è invece raccomandabile se indica un verbo sostantivato:
“esse aut non esse, ecce illo problema”.
Per evitare gli infiniti irregolari e per armonizzare nuovi verbi, magari di origine non latina, che difficilmente e artificiosamente accetterebbero il –re è stato proposto da Peano stesso di usare “to” (ispirato all’articolo greco “tò” che ha la stessa funzione sostantivante ed è incidentalmente identico all’inglese “to”):
“to google” invece di “google-re (?)”.
Il participio
Un'altra forma sempre presente nei vocabolari è il participio, che rappresenta l’aspetto compiuto dell'azione (perfetto).
Si formano aggiungendo –to al radicale:
“amato, completo, audito”.
I participi irregolari corrispondono molto spesso a delle forme internazionali e quindi non presentano difficoltà di comprensione:
“scripto, facto, lecto”.
In caso di forme più opache si può formare il participio aggiungendo -to alla radice:
“videto” o “visu” (visto), “ferto” o “lato” (portato).
Invece un “scribeto”, peraltro lecito, al posto di “scripto” non si giustifica.
Il participio presente si ottiene aggiungendo –nte –ente al radicale: ludente, saltante, morente.
Equivale di solito ad una relativa:
"vacante = que vaca; tangente = que tange; studente = qui stude."
Il passivo.
Con “es” e il participio si formano i passivi:
“libro es scripto”.
Il complemento d’agente è introdotto da “ab”.
“Avaro es satiato ab nullo lucro”.
Si raccomanda quando possibile di semplificare le proposizioni passive trasformandole in attive, eliminando il complemento:
“Nullo lucro satia avaro”.
Ricordiamo anche la forma alternativa per i passivi: “libro es scripto” equivale a “libro quem scribe”, che elimina il participio.
Se la proposizione passiva non ha soggetto esplicito, è sufficiente usare “nos”, “homo” e “se”.
“homo dic” (si dice).
Altre forme.
Alcuni membri dell’ Accademia di Interlingua hanno usato le seguenti forme flessive:
· imperfectum (passato): ama-ba (amavo), lege-ba (leggevo)
· futuro: ama-rà (amerò), lege-rà (leggerò)
· condizionale: ama-rè (mi piacerebbe), lege-rè (leggerei)
come tentativo di avere delle forme più eufoniche per i parlanti delle lingue neolatine. Il risultato sarebbe una lingua molto simile a Interlingua di I.A.L.A. Ricordiamoci invece la struttura del LsF: lingua analitica con morfemi invariabili.
L’aspetto.
L’aspetto imperfetto del verbo è reso con “dum” (azione che continua nel tempo) o “sole” (azione usuale).
Mentre per l’aspetto perfetto si usa habe + participio:
“me habe lecto”.
L’aspetto iterativo o frequentativo si risolve per esempio con iterum o il verbo itera.
Analogamente l’aspetto ingressivo si risolve con incipe/ initia o con gli avverbi statim / illico/ subito.