La dimensione artistica e cosmologica della Mishneh Torah/La "Mishneh Torah" come Microcosmo

LA "GRANDE COSA" E LA "PICCOLA COSA"

Indice del libro
Natal Microcosm
Natal Microcosm


Abbiamo già detto che Maimonide basò la struttura della Mishneh Torah sulla cosmologia espressa in "Leggi delle Fondamenta della Torah". Ricapitolando, la Mishneh Torah comprende dieci libri sul comandamenti uomo-Dio e quattro sui comandamenti uomo-uomo. Nell'universo maimonideo dieci è il numero degli ordini degli esseri non-corporei consistenti di sola forma, gli intelletti separati, meglio noti come angeli, mentre quattro è il numero degli elementi della materia: fuoco, aria, acqua e terra. Dieci è anche il numero delle nove sfere più il minore degli intelletti separati, l'intelletto agente. I libri sui comandamenti uomo-Dio corrispondono agli angeli e alle sfere, mentre quelli sui comandamenti uomo-uomo corrispondono agli elementi. Questa forma microcosmica rappresenta la "grande cosa", fisica e metafisica, che ospita e sorregge la "piccola cosa", gli aspetti pratici dell'halakhah.

Qui e nei successivi due capitoli, questa idea sarà convalidata più completamente. Lo scopo sarà di dimostrare nei particolari che la Mishneh Torah è formata dalla sintesi di fisica e metafisica aristotelica e neoplatonica, che Maimonide ha ereditato dai filosofi islamici, principalmente Alfarabi e Avicenna. In congiunzione con l'idea dell'uomo come microcosmo, di cui siamo già in possesso, esaminerò cosa ciò significhi per il collocamento dei comandamenti nello schema maimonideo delle cose. L'idea generale, tuttavia, è quella già menzionata nell'Introduzione: se, come ragionato nel precedente capitolo, una persona virtuosa allinea la propria personalità con l'ordine perfetto del cosmo, allora la funzione dei comandamenti, come implica la struttura microcosmica, è di causare tale allineamento.

Naturalmente, Mishneh Torah non è diretta solo all'individuo. Il benessere del corpo consiste anche "nella struttura governativa della città e nel benessere della condizione di tutti i suoi abitanti secondo le loro capacità".[1] Pertanto, mentre la virtù intellettuale e la virtù morale sono i soggetti di "Leggi delle Fondamenta della Torah" e di "Leggi della Qualità Etiche", il prodotto della legislazione globale nella Mishneh Torah nel suo complesso è la virtù politica, cioè lo stato ideale, come viene concepito alla fine di "Leggi dei Re e Loro Guerre". Lo stato ideale, non meno dell'individuo ideale, è un microcosmo. L'idea risale a Repubblica di Platone ed è stata espressa chiaramente da Alfarabi, che Maimonide ammirava grandemente,[2] nel suo Raggiungimento della Felicità:

« La scienza politica è la conoscenza delle cose per mezzo delle quali gli abitanti degli stati in associazione politica ottengono la felicità, ciascuno in proporzione alla sua capacità naturale. Diverrà a lui (lo studente) chiaro che il gruppo politico e il tutto che ne proviene quale risultato dell'associazione dei cittadini nelle città, è simile all'associazione dei corpi nel complesso dell'universo e gli diverrà chiaro che tutto quello che lo stato e la nazione contiene ha la sua controparte in quello che l'intero universo contiene.[3] »

La struttura microcosmica della Mishneh Torah è quindi una rappresentazione simbolica di questo concetto di scienza politica articolato da Alfarabi. Punto più importante è però che l'idea della città come microcosmo non si riferisce solo a modalità politiche istituzionali. Come commenta Kraemer in merito a Opinioni della Città Virtuosa di Alfarabi:

« Il suo intero progetto sottolinea la gerarchia dell'esistenza, la grande catena dell'essere sospesa dal Primo, che deve essere presentata al popolo della città virtuosa con simboli politici, cioè la gerarchia dei governatori e dei governati; poiché l'imitazione dell'ordine cosmico è ciò che induce ordine politico e stabilità nella città. La conoscenza elementare di metafisica e fisica posseduta dal popolo della città ha un fine politico: l'amore, giustizia e armonia nella città fluiscono dalla coscienza dell'ordine cosmico.[4] »

Vale a dire, la città virtuosa si realizza non soltanto attraverso la città che riflette l'ordine cosmico nella sua costituzione, ma attraverso tale ordine che viene interiorizzato dai suoi cittadini. Questa, implica la Mishneh Torah, è una funzione dei comandamenti, che mediano tra l'idea di uomo come microcosmo e stato come microcosmo. Pertanto Maimonide parte dai primi principi per costruire lo stato ideale che si realizza alla fine della Mishneh Torah, nell'età messianica. L'ordine cosmico è allora attuato nella società terrena e stato e individuo sono in perfetta armonia nella promozione e perseguimento della conoscenza di Dio.[5]

Per quanto riguarda il contenuto, dopo l'esposizione nei primi quattro capitoli di "Leggi delle Fondamanta della Torah", la "grande cosa" retrocede in secondo piano, mentre il primo piano viene occupato dalla "piccola cosa", il dettaglio della halakhah. Fisica e metafisica sono come una sorgente sotterranea, che tiene la halakhah ben irrigata dalla filosofia mediante la sottostante sua presenza silenziosa in forma di Mishneh Torah, dato che certe caratteristiche del Libro della Conoscenza rappresentano un modello di Mishneh Torah nel suo complesso. Infatti, la struttura generale si origina dalla microstruttura del comandamento individuale che, come tutte le cose esistenti, è composto da forma e materia. Il Libro della Conoscenza informa la Mishneh Torah in tutti i sensi.

La divisione della Mishneh Torah

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La divisione della Mishneh Torah in dieci libri che trattano dei comandamenti uomo-Dio e in quattro libri che trattano dei comandamenti uomo-uomo è stata data per ovvia nell'Introduzione. Poiché la teoria della forma della Mishneh Torah qui proposta dipende da questa divisione, dobbiamo controllare che l'opera si articoli veramente in tal modo alla fine del libro 10 e che il cardine riesca a sopportare il peso che vogliamo dargli. Ciò significa dimostrare, indipendentemente dall'idea del microcosmo, che Maimonide osservò effettivamente l'ordinamento dei comandamenti in queste due classi, che suddivise il suo codice in tal guisa e che questa partizione segni la sua divisione strutturale maggiore. Queste proposizioni non sono senza difficoltà apparenti e la divisione dieci-quattro della Mishneh Torah non è la sola che sia stata proposta.

La prova primaria proviene dall'introduzione alla Mishneh Torah. Nella sinossi dei quattordici libri che vi fornisce, Maimonide distingue il libro 11 affermando: "Vi includerò comandamenti tra uomo e uomo". Del libro 13 afferma: "Vi includerò comandamenti tra uomo e uomo in merito ad altre leggi che non sorgono dal danno." La discussione di questo ultimo tipo di comandamento (essenzialmente legge del contratto) inizia in realtà al libro 12. Vediamo quindi che la caratteristica principale dei libri da 11 a 13 per quanto riguarda Maimonide è che sono comandamenti uomo-uomo, in contrapposizione ai libri da 1 a 10. Mentre è vero che il libro 14 ritorna verso il rapporto uomo-Dio, concludendo invero con l'idea della conoscenza universale di Dio, il soggetto principale di quel libro sono gli organi giudiziari ed esecutivi dello stato, sempre nel dominio uomo-uomo. Ecco quindi che abbiamo la principale divisione della Mishneh Torah: libri da 11 a 14 riguardano i comandamenti uomo-uomo e, per implicazione, libri da 1 a 10 riguardano i comandamenti uomo-Dio.

Questa è difatti la sola distinzione generale proposta nell'introduzione alla Mishneh Torah tra i tipi differenti di comandamenti, indicando che la transizione da libro 10 a libro 11 segna di certo la maggiore divisione dell'opera.

Ulteriore supporto per questa analisi si può riscontrare in Guida iii.35, dove Maimonide afferma che i due fini principali dei comandamenti, il benessere dell'anima ed il benessere del corpo,[6] corrispondono alla divisione classica tra comandamenti uomo-Dio e uomo-uomo. Ciò conferma per lui l'importanza della distinzione. Molto utile ai presenti scopi, quando in quel capitolo Maimonide organizza i comandamenti in classi come preliminare alla spiegazione delle loro ragioni, e conferma inoltre a quale parte o parti della Mishneh Torah corrisponda ciascuna classe. Mette "le classi quinta, sesta, settima, e una porzione della terza" nella categoria uomo-uomo,[7] e associa le classi cinque, sei e sette coi libri da 11 a 14 della Mishneh Torah.[8] Libri da 1 a 10 devono quindi essere nella categoria uomo-Dio.

L'argomento formale che deriva dalle dichiarazioni stesse di Maimonide è realmente conclusivo ma, da un punto di vista concettuale, ci sono della anomalie apparenti che vale la pena risolvere perché nel farlo otterremo un'idea preliminare di cosa Maimonide intenda per comandamento uomo-Dio o uomo-uomo, che è necessaria per l'analisi della forma della Mishneh Torah.

Un'anomalia è "Leggi dei Donativi ai Poveri", che potrebbe essere considerata una materia tra persone, ma che appare nel libro 7, il Libro dell'Agricoltura, cioè nella divisione uomo-Dio. L'approccio di Maimonide a questi comandamenti è comunque di evidenziare il modo in cui inculcano misericordia, vale a dire promuovono il benessere dell'anima,[9] sebbene egli naturalmente riconosca anche la loro utilità sociale.[10] In "Leggi dei Donativi ai Poveri", 10:1, si dice che la filantropia sia un segno di discendenza da Abramo, con una citazione dello stesso versetto (Genesi 18,19) già citato in "Leggi delle Qualità Etiche", 1:7, per comprovare che la dottrina del giusto mezzo, la base dell'etica, fa parte del lascito abramitico. In halakhah 3 dello stesso capitolo, ignorare le richieste di carità viene paragonato all'idolatria.[11] In altre parole, secondo Maimonide, la carità ha soprattutto a che fare con la propria etica personale e sistema di credenze. A livello più tecnico, il contratto in "Leggi dei Donativi ai Poveri", se esiste, è tra il donatore e Dio, non tra donatore e recipiente povero, sebbene dia al povero diritti applicabili come beneficiari terzi.[12] Tutto ciò pone la carità nel dominio del benessere dell'anima, o del dominio uomo-Dio, cosicché il suo posto nell'ambito della divisione uomo-Dio è giustificato concettualmente.

Un'altra serie di leggi che può sembrare strana in quella divisione è il libro 4, il Libro delle Donne, sulle leggi del matrimonio e divorzio, specialmente dato che gran parte del libro parla della proprietà matrimoniale. Parlando formalmente, poiché in Guida iii.35[13] i comandamenti nel Libro della Donne sono associati esplicitamente con la classe quattordicesima, che non è una delle classi designate uomo-uomo, sappiamo che Maimonide le mette nella categoria uomo-Dio. Ma ci sono anche basi concettuali per la categorizzazione uomo-Dio del Libro delle Donne, trasmesse mediante il breve preambolo storico nella prima halakhah della sezioni iniziale, "Leggi del Matrimonio", che riporta che, prima della Torah, i rapporti sessuali tra uomo e donna erano solo una questione di consenso, e che la Torah introdusse la formalità del matrimonio. Ciò assegna al matrimonio la sua dimensione uomo-Dio, una dimensione di santità, implicita anche nelle ragioni generali che Maimonide adduce per la quattordicesima classe dei comandamenti nella Guida, cioè la moderazione del desiderio che, come sarà discusso nel Capitolo 3, è il significato centrale della santità per quanto concerne Maimonide. Questo fine morale pone queste leggi nella categoria uomo-Dio, anche se in Guida iii.49, dove la quattordicesima classe viene trattata a lungo, l'enfasi è sulla loro importanza sociale, come ivi affermato, poiché "ogni comandamento... che interessa solo l'individuo stesso ed il suo divenire più perfetto, è da loro chiamato tra uomo e Dio, anche se in realtà può influenzare le relazioni tra uomo e uomo. Ma ciò accade solo dopo molti passi intermedi e tramite considerazioni complete."[14] Le leggi del matrimonio non sono peculiari in tale rispetto. Le leggi delle festività sono essenzialmente del tipo uomo-Dio, ma promuovono anche la coesione sociale.[15]

Questo ci porta alla difficoltà che, secondo Guida iii.35, oltre le classi 5, 6 e 7, i comandamenti uomo-uomo sono anche in "una porzione della terza" classe. In Guida iii.38 apprendiamo che la terza classe corrisponde a "Leggi delle Qualità Etiche", che è proprio nel primo libro della Mishneh Torah, il Libro della Conoscenza, presumibilmente un'esclusiva uomo-Dio. Questo rovina forse la struttura?

Ma no, ma no, almeno per due ragioni. La prima è, nuovamente, formale: possiamo basarci ancora sulle indicazioni già citate, nell'introduzione alla Mishneh Torah, della divisione tra i libri uomo-Dio e quelli uomo-uomo; Maimonide non sembra aver considerato la porzione di "Leggi delle Qualità Etiche" che tratta dei comandamenti uomo-uomo come problematiche per il piano generale, dati tutte le sue osservazioni nella Guida. Le statistiche sostengono questa ipotesi: la porzione di "Leggi delle Qualità Etiche" alla quale Maimonide sembra riferirsi è nei capitoli 6 e 7 di tale sezione, in merito ai comandamenti di amare il prossimo ed evitare rancori e vendetta, cioè due dal totale di quarantasei capitoli nel Libro della Conoscenza. Ciò non è abbastanza per deflettere il libro dalla sua orientazione uomo-Dio. La seconda ragione è che i comandamenti nei capitoli 6 e 7 di "Leggi delle Qualità Etiche" sono solo embrionicamente del tipo uomo-uomo. Sono ancora nella sfera morale, connessi al "benessere dell'anima" e non completamente differenziati nel tipo di leggi transazionali riscontrate nei libri da 11 a 13 che rientrano direttamente nella categoria "benessere del corpo", sebbene formino certamente la base della società armoniosa che quelle leggi sono intese a costruire, come discuteremo con maggiore attenzione in seguito.[16]

Pertanto l'idea che la Mishneh Torah sia divisa in dieci libri sui comandamenti uomo-Dio e quattro libri sui comandamenti uomo-uomo viene confermata formalmente e intatta concettualmente. Non è solo un'impressione; è proprio ciò che Maimonide aveva in mente.

Ma è questa la divisione principale? Cohen e Berman la vedono così, ma Nachum Rabinovitch divide i quattordici libri esattamente a metà, in base al fatto che, fino al libro 7 incluso, la Mishneh Torah si occupa dell'individuo e dopo, nei successivi, del collettivo.[17] C'è di certo un allargamento della sfera sociale man mano che i primi nove libri progrediscono, punto che verrà ripreso nel prossimo capitolo, ma una difficoltà della tesi di Rabbi Rabinovitch è la posizione del Libro della Purezza al numero dieci. Purezza ed impurità sono questioni per l'individuo – infatti, quando riguardano il popolo ebraico come collettività, le leggi dell'impurità vengonoa volte mitigate[18] – e alla fine del Libro della Purezza, dove l'immersione in un mikveh viene paragonata alla purificazione dell'anima, l'attenzione verte molto sulla coscienza individuale.[19] Preferisco quindi la divisione classica tra comandamenti uomo-Dio e comandamenti uomo-uomo, in linea con le osservazioni esplicite di Maimonide, collocando una cesura dopo il libro 10.

Alla fine la distinzione in Maimonide scompare: tutti i comandamenti della legge divina sono comandamenti uomo-Dio; tutti i comandamenti contribuiscono alla conoscenza di Dio. Una legge divina non significa nomos, una normale legge civica, con un'aggiunta religiosa o filosofica. La divinità trasfigura la legge intera, permeando anche le sue disposizioni più mondane, con il tutto che si conforma al governo del mondo da parte di Dio. L'idea succitata, presa da Guida iii.5, che le relazioni tra uomo e Dio influenzano le relazioni tra uomo e uomo, è l'ethos maimonideo in nuce, come si può constatare proprio alla fine della Guida e, come vedremo, "dopo molti passi intermedi e attraverso considerazioni complessive", anche nella Mishneh Torah.

Quante Sfere fanno l'Universo?

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Iterazioni frattali di sfere

Maimonide identifica gli angeli con gli intelletti separati nel sistema degli aristotelici.[20] In tale sistema, c'è un'intelligenza o intelletto separato che governa il moto di ciascuna sfera concentrica che contenga le stelle ed i pianeti. Ma quante sfere ci sono? L'opinione di Maimonide in merito a questa questione interessante fornisce un'ulteriore corroborazione dell'idea di una corrispondenza tra la cosmologia descritta in "Leggi delle Fondamenta della Torah" e l'organizzazione dei libri della Mishneh Torah.

Sebbene dia un resoconto sommario di fisica e metafisica in entrambi i libri, né nella Mishneh Torah né in Guida Maimonide si presenta come scienziato. In Guida, afferma che il suo scopo non è di descrivere le sfere e gli intelletti separati ed il loro numero, ma solo di elucidare le difficoltà della legge.[21] Vale a dire, la cosmologia che vi delinea è necessaria solo fintanto che quelle scienze gettano luce su argomenti oscuri della Scrittura.[22] Come espresso nell'Introduzione, Maimonide era consapevole che la scienza dei suoi giorni era imperfetta.[23] In particolare, è evasivo sul numero delle sfere. Quando cita per la prima volta l'argomento nella Guida, dice che il numero è di almeno diciotto.[24] Quando introduce la sua discussione sulla questione se il mondo fosse stato o meno creato nel tempo, usa il numero nove, ma dopo nello stesso capitolo troviamo che l'universo può essere descritto in termini di due, quattro, o cinque sfere.[25]

Tali numeri non sono inconciliabili. Il numero diciotto risulta perché alcune sfere comprendono più di uno strato. Abbiamo visto i numeri cinque e quattro nel capitolo precedente: cinque è una semplificazione del sistema in sfera diurna, stelle fisse, pianeti, Sole e Luna, mentre quattro risulta dal lascir fuori la sfera diurna, che non contiene stelle né pianeti. Due si riferisce a tutte le sfere informate (quelle contenenti stelle o pianeti) in una, più la sfera diurna. Nella Guida Maimonide usa numeri differenti in contesti differenti, senza essere inconsistente, e senza asserire che un dato numero particolare rappresenti un fatto fisico verificabile.[26]

In Guida ii.10, quattro risulta essere un numero favorito per le sfere perché corrisponde a molteplici cose: al numero degli elementi, al numero delle forze che muovono ciascuna sfera, e al numero che spesso salta fuori da Scrittura e Midrash. Bisogna nuovamente sottolineare che lo scopo evidente di Maimonide nella parte della Guida che qui si considera non è di scrivere un manuale di scienza o filosofia, ma di dimostrare che la dottrina ebraica non è incompatibile con la scienza e che quelli che potrebbero sembrare passi oscuri, banali, o infantili in Scrittura o Midrash in realtà riflettono ciò che potrebbe almeno essere una descrizione probabile del governo del mondo da parte di Dio.

Ritornando alla Mishneh Torah, scopriamo che, dopo che Maimonide ha asserito all'inizio del capitolo 3 di "Leggi delle Fondamenta della Torah" che le sfere sono nove di numero, continua a spiegare che il sistema completo delle sfere è molto più complicato, con diciotto sfere e otto epicicli.[27]

Due cose emergono da tutto ciò. Una è che la numerazione delle sfere, sebbene non arbitraria, è certamente flessibile. L'altra è che Maimonide era molto interessato alle corrispondenze numeriche. Inoltre, l'idea di un motivo numerico nella struttura dei suoi scritti non è affatto cosa nuova: Strauss trova nel numero sette una chiave della struttura della Guida.[28] Pertanto quando in "Leggi delle Fondamenta della Torah" Maimonide decide che il numero delle sfere è nove, dobbiamo chiederci: perché tale numero in particolare e a cosa potrebbe corrispondere?

Ora, queste domande potrebbero essere eluse asserendo che Maimonide si impegna a discutere di cosmologia nella Mishneh Torah solo perché ha scelto la scienza come mezzo d'amore per Dio e non promette più di un'introduzione generale a tale materia.[29] In tale contesto, nove è un numero ragionevole, poiché rappresenta le principali classi di corpi celesti e ciò che li muove, e sembra essere stato ampiamente accettato.[30] Il numero diciotto viene fornito per poter indicare che la cosmologia include ben altro e che chiunque voglia ulteriormente sviluppare la propria conoscenza (e quindi l'amore di Dio) deve studiare in profondità.[31]

Ciò va bene, eccetto che ignora il fatto che l'inclinazione di Maimonide per i numeri non è come la passione di un qualche predicatore per la gematria. Quello che vediamo in Guida ii.10 è un certo numero, il numero quattro, che fa avere coesione a tutto — cieli, terra, Scrittura. Pertanto, abbiamo nuovamente la sensazione che, se Maimonide dà importanza al numero nove riguardo al numero delle sfere, ciononostante alcune righe dopo riconosca che nove non è il numero vero, dobbiamo scoprire la ragione perché lo fa. Qui suggeriamo che, in combinazione con la numerazione di diecfi ordini di angeli, Maimonide si riferisca alla cosmologia alfarabica come base della struttura della propria opera. Proprio come il numero quattro vincola i cieli e la terra e la Torah, i numeri dieci e quattro vincolano i cieli e la terra e la Mishneh Torah.

Le Sfere ed i Comandamenti

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Decisi i numeri, possiamo ora passare alle corrispondenze tra angeli, sfere ed elementi da una parte, e i comandamenti uomo-Dio e uomo-uomo dall'altra.

Maimonide stabilisce una gerarchia di esistenza basata sui concetti aristotelici di forma e materia, suddividendo l'esistenza creata in tre parti: forme senza materia (angeli); forme permanenti unite con materia immutabile (sfere e stelle); forme temporanee unite con materia mutante (entità sublunari).[32]

Il materiale imperituro, senza peso, incolore che forma le sfere rappresenta una fase mediana tra il fisico come lo conosciamo sulla Terra, e il non-fisico.[33] Come abbiamo visto nel precedente capitolo, le sfere possiedono consapevolezza. La loro funzione, e quella delle stelle parimenti consapevoli e imperiture in esse contenute, è di lodare e glorificare Dio. Sono governate dalle intelligenze che non hanno niente di materiale nella loro composizione, ma sono forme pure.[34] L'intero sistema forma una gerarchia che conduce alla fonte divina.

I comandamenti uomo-Dio, come le sfere, sono intermediati tra l'incorporeo e il mondo della materia. Hanno substrati materiali in vari gradi, come i filatteri e il lulav, ma il loro scopo non è soltanto materiale. Questi comandamenti mirano alla spiritualizzazione o intellettualizzazione della vita terrena, che influenza la nostra esistenza materiale nello stesso modo in cui le stelle e le sfere influenzano la materia. Maimonide vede il comandamento uomo-Dio come un esercizio di sensibilizzazione che rende la persona autoriflessiva nel modo delle entità sovralunari e non nel modo degli elementi sublunari della materia.[35] Nel loro aspetto rituale, i comandamenti uomo-Dio forniscono un veicolo per l'uomo affinché lodi e glorifichi il Creatore, come fanno le stelle e le sfere.

Questi comandamenti hanno anche uno scopo didattico. Maimonide ne spiega molti come rifiuti dimostrativi di superstizione idolatra, intesi a sostegno del monoteismo. In tale rispetto la loro funzione è in parte riflessiva e in parte testamentaria. In generale, tuttavia, proprio come le sfere portano dalla terra al cielo superiore, i comandamenti uomo-Dio rappresentano, per così dire, una scala verso Dio.

I comandamenti uomo-uomo invece governano i nostri affari mondani. Coprono materie riscontrabili in qualsiasi sistema legale: contratti, illeciti, legge terriera, legge penale, prove e procedure giudiziarie, legge costituzionale. Infine, anche loro hanno naturalmente un fine spirituale, in quanto la regola della legge fornisce quella stabilità che la gente richiede onde poter realizzare il loro potenziale spirituale ma, come abbiamo sottolineato sopra, la loro area immediata è la materia non rigenerata. I paralleli tra i dieci libri che trattano della legge rituale e le nove sfere più l'intelletto agente, e tra i quattro libri che trattano di legge civile e dei quattro elementi, simbolizzano quindi concisamente i differenti orientamenti di queste due divisioni principali della legge.

Tra le sfere, quella esterna, diurna, è eccezionale in quanto non contiene stelle, ma controlla invece i moti delle altre. Mishneh Torah contiene un'eccezione simile, poiché io l'abbia divisa in un gruppo di dieci e di quattro libri, il primo libro, il Libro della Conoscenza, sta in realtà in una classe a parte. Come implica il suo nome, i comandamenti che contiene sono con cettuali invece che pratici. Non fanno uso di oggetti fisici o ingiungono azioni specifiche; funzionano nel reame mentale piuttosto che quello fisico. Ma proprio come la sfera diurna impartisce moto alle altre sfere, il Libro della Conoscenza per così dire, impartisce moto agli altri libri. Contiene le idee che sottendono al resto dei comandamenti e che motivano la loro prestazione. "Leggi delle Fondamenta della Torah" espone i fondamenti di fisica e metafisica, senza dei quali i comandamenti sono insignficanti, e la nozione di profezia, senza della quale essi non hanno autorità, dato che fu il profeta Mosè, combinando unicamente i ruoli di profeta e legislatore, a trasmetterli.[36] "Leggi delle Qualità Etiche" punta a sistemare la condizione dell'individuo e della società in modo che sia possibile ottemperare ai comandamenti. "Leggi dello Studio della Torah" ci istruisce su come acquisire conoscenza della legge — nessuno che non sia a conoscenza dei comandamenti può obbedirli. "Leggi dell'Idolatria" ammonisce contro la degenerazione che segue all'incuria delle verità fondamentali. "Leggi del Pentimento" si riferisce a tutti i comandamenti in quanto ci dice come pentirsi dopo averli trasgrediti ma, ancor più importante, asserisce che il mondo a venire attende coloro che li ottemperano, sebben si debbano obbedire comuqnue per amore disinteressato. Come spiegato nel capitolo precedente, l'amore come motivatore sul piano religioso si affinca parallelo all'amore come motore delle sfere sul piano cosmico.

Il ruolo del Libro della Conoscenza nel metter giù i principi su cui si basa il resto della legge può essere illustrato da esempi specifici. Pertanto, la recita due volte al giorno dello Shema è ingiunta da "Leggi della Recita dello Shema", prima sezione del Libro dell'Amore. La parte essenziale del comandamento è la recita del versetto "Ascolta, Israele, il Signore è il nostro Dio, il Signore è Uno", che asserisce l'esistenza e l'unità di Dio. Questa recitazione non può essere fatta coscienziosamente senza avere almeno qualche nozione di cosa significhino l'esistenza e l'unità di Dio. Ciò viene fornito da "Leggi delle Fondamenta della Torah".[37] Un altro esempio: i comandamenti uomo-uomo negli ultimi quattro libri della Mishneh Torah, che sono strutturati per assicurare che la società civile funzioni appropriatamente cosicché gli individui siano protetti abbastanza da dedicarsi al perseguimento della conoscenza di Dio, non può essere efficace senza una misura di autocontrollo, il tipo di tratto caratteriale che "Leggi delle Qualità Etiche" cerca di instillare. "Leggi delle Qualità Etiche" infatti termina spiegando la moralità che rende possibili civiltà e commercio.

In struttura, nell'ambito della Mishneh Torah, il Libro della Conoscenza corrisponde alla prima parte dell'esistenza; i nove libri che seguono corrispondono alla seconda parte, e gli ultimi quattro libri alla terza parte.

Sarà utile riassumere la discussione fin qui, espandendo la tabella presentata nel precedente capitolo (Tab. 3) ad un triplice parallelo strutturale tra cosmo, Mishneh Torah e genere umano (vedi Tabella 4).[38]

Tabella 4. Strutture parallele di cosmo, Mishneh Torah e genere umano

Universo Mishneh Torah Essere umano
Prima parte: angeli Libro della Conoscenza Intelletto
Seconda parte: nove sfere Nove libri uomo-Dio: Libro dell'Amore a Libro della Purezza—"benessere dell'anima" Emozioni ed appetiti
Terza parte: quattro elementi Quattro libri uomo-uomo: Libro delle Ingiurie a Libro dei Giudici—"benessere del corpo" Corpo

Questa non è la sola gerarchia nel cosmo di Maimonide. Dentro le prime due ce n'è un'altra, basata sul concetto neoplatonico dell'emanazione. La doppia gerarchia viene vista in un passo di "Leggi delle Fondamenta della Torah" citato nel precedente capitolo in riferimento all'autoconsapevolezza della sfera e la sua conoscenza di Dio. Eccolo di nuovo:

« Ogni stella e sfera ha un'anima ed è dotata di conoscenza ed intelligenza. Sono esseri viventi che comprendono "Colui che parlò ed il mondo fu". Lodano e glorificano il loro Creatore, proprio come fanno gli angeli, ognuno in base alla propria grandezza e grado. E come comprendono Dio, così sono consapevoli di se stessi e degli angeli sopra di loro. La conoscenza posseduta dalle stelle e dalle sfere è inferiore a quella degli angeli, maggiore di quella degli esseri umani. »
("Leggi delle Fondamenta della Torah", 3:9)

La divisione tra le tre parti dell'esistenza viene presentata in questo passo sulla base di gradi di conoscenza piuttosto che su mescolanza di forma e materia, ma dato che la materia è inibitrice della conoscenza,[39] siamo sulla stesso piano. Il secondo tipo interno della gerarchia è solo nell'ambito di ciascuna delle prime due parti; l'esistenza sublunare viene esclusa. Le sfere lodano il Creatore "ognuna secondo la sua grandezza e grado", e così fanno gli angeli.

Grande e Glorioso

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Prima di andare ad interpretare tali caratteristiche, vale la pena di fare un passo indietro ed ammirare la pura bellezza della struttura maimonidea, stupefarsi della sua ingegnosità e, almeno momentaneamente, essere rapiti da un mondo di sfere e stelle coscienti che si muovono nell'amore, un amore offerto anche agli esseri umani attraverso i comandamenti che fluiscono dalla stessa sovrabbondante bontà di Dio.

Twersky obietta a quello che chiama "letteralismo schiacciante" dell'interpretazione maimonidea del passo talmudico da cui si origina la nozione di "grande cosa" e "piccola cosa".[40] "Leggi delle Fondamenta della Torah", 4:1, sembra indicare che la "piccola cosa" sia chiamata così perché la sua condizione è veramente piccola, accessibile a tutti e solo una preparazione alla "grande cosa", che non tutti raggiungono. La proiezione simbolica di questo rapporto nella forma della Mishneh Torah indica qualcosa alquanto diversa. Ben lungi dall'essere di un letteralismo schiacciante, l'intendimento di Maimonide, o il suo fraintendimento intenzionale, del Talmud apre la via al conferire alla "piccola cosa" una grandezza infinita, "rendendo la Torah grande e gloriosa", come osserva Twersky stesso in merito allo scopo imperituro della Mishneh Torah.[41] La Torah è, per così dire, l'altra creazione di Dio, intesa a condurre gli esseri umani alla perfezione della prima creazione e l'abilità artistica di Maimonide ci permette di apprezzarlo.

Ci si ricorderà che il primo uso che Maimonide fa dell'idea microcosmica in Guida i.72 è di convincerci che, al pari del corpo umano, il cosmo è un tutto composto da molte parti. Qui, è il cosmo che serve da modello. È vasto ed intricato, ma (nel concetto aristotelico) finito; essendo modellate su questo, la vasta ed intricata legge diventa intelligibile come una singola cosa, distinta e delimitata. In Guida i.72 Maimonide continua a descrivere come il rapporto tra le parti del cosmo possano essere comprese dal rapporto tra le parti di un essere umano. Di nuovo, interpretando la forma della Mishneh Torah, le cose sono invertite: il cosmo è il modello ed il modo in cui i comandamenti si collegano sarà interpretato in termini di rapporti tra le rispettive parti. Queste sono le fasi di integritas e consonantia nella definizione tomistica della bellezza discussa nell'Introduzione.

Le interpretazioni che stanno per essere esposte non pretendono di essere esaurienti. Non è solo che l'impresa è ardua; l'indeterminatezza fa parte della dimensione artistica che stiamo scoprendo. Stiamo trattando di un simbolo e la bellezza di un simbolo sta in parte nel fatto che il suo significato non deve essere singolo o statico. L'interpretazione deve quindi evitare di essere delimitante. Per usare la terminologia neoplatonica che qui parrebbe appropriata, l'interpretazione è una discesa dal livello dell'Intelletto, in cui i significati sono afferrati intuitivamente e simultaneamente, al livello di Anima, che impiega il ragionamento discorsivo. E Anima, ben sappiamo, brama essere riunita con Intelletto.

Il resto di questo capitolo tratterà della sovrastruttura aristotelica della Mishneh Torah e continuerà a perseguire la corrispondenza tra la sua organizzazione in quattordici libri e la struttura semplificata del cosmo che Maimonide espone in "Leggi delle Fondamenta della Torah",[42] ma con enfasi sulle prime due parti dell'esistenza, le forme pure ed i corpi permanenti, ed i primi dieci libri. Il capitolo successivo esaminerà l'infrastruttura neoplatonica, le gerarchie interne nelle prime due parti dell'esistenza e il loro riflesso nella dinamica interna del piano della Mishneh Torah, specialmente nel modo in cui le idee sviluppate nel Libro della Conoscenza si traducono in comandamenti pratici nei libri susseguenti. L'ultima parte dell'esistenza, materia deperibile che cambia le sue forme, e gli ultimi quattro libri della Mishneh Torah, verranno considerati complessivamente nel Capitolo 4.

Comandamento come forma

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La prima indagine la svolgiamo nella composizione dell'unità basilare su cui è costruita la sovrastruttura. Cosa costituisce un comandamento per Maimonide?

Un modo di svolgere tale indagine è tramite una possibile obiezione allo schema generale dato sopra riguardo al parallelo tra Mishneh Torah e cosmo. È stato affermato che il Libro della Conoscenza esiste interamente sul piano mentale, ma in realtà tale libro non si occupa di atti particolari avvenuti nel mondo fisico. Capitolo 4 di "Leggi delle Fondamenta della Torah" parla di danneggiamenti agli scritti sacri e la struttura del Tempio. Il quarto capitolo di "Leggi delle Qualità Etiche" presenta ricette per la salute fisica, ed il quinto descrive in dettaglio il comportamento che ci si aspetta da uno studioso, fino a livello di rapporto sessuale con la moglie e persino i suoi movimenti intestinali.[43] Parimenti, il terzo capitolo di "Leggi dell'Idolatria" proibisce molti atti particolari che coinvolgono oggetti particolari. Pertanto cosa ci rimane della proposizione che il Libro della Conoscenza sia concettuale piuttosto che pratico, a parte il titolo?

Questo ci porta ad un principio generale alquanto importante, uno che governa tutto ciò che segue in merito alla struttura della Mishneh Torah: è il titolo che conta. La caratterizzazione di qualsiasi parte della Mishneh Torah sarà secondo la rubrica sotto cui sono riunite le leggi che contiene e non secondo i particolari di quelle stesse leggi, che invece devono essere considerate alla luce della caratteristica generale di libro, sezione, o capitolo in cui si trovano. Questa non è una regola di convenienza destinata ad evitare fatti inopportuni. È in linea con l'affermazione di Maimonide stesso circa il suo metodo di enumerare e classificare i comandamenti, e va al cuore del suo concetto di cosa sia un comandamento. Per dimostrarlo, è necessario passare dalla Mishneh Torah all'opera scritta in sua preparazione, Il Libro dei Comandamenti.

In tale opera, Maimonide stesso fa una distinzione tra comandamenti pratici e comandamenti concettuali. Nella sua introduzione metodologica, dove mette giù i suoi quattordici criteri o principi per decidere quali istruzioni della Torah debbano contare come comandamenti, divide i comandamenti in quattro aree: dottrine, atti, etica e discorso. Se vogliamo descrivere il Libro della Conoscenza quale trattato di dottrine ed etica, mentre gli altri tredici libri contengono atti e discorso, allora abbiamo l'autorità maimonidea per applicare tali categorie. Ma cosa succede all'obiezione appena fatta, che atti e discorso si ritrovano anche nel Libro della Conoscenza? È vero, si trovano anche lì, ma solo come conseguenze delle idee pricipali. In "Leggi della Qualità Etiche", per esempio, l'idea principale è imitatio Dei. Ciò si concentra in particolari aree di condotta, ma tali aree rimangono nell'ambito dell'idea governante. In "Leggi dell'Idolatria", l'idea principale è di evitare l'errore concettuale di attribuire un potere indipendente agli esseri creati e considerarli degni di venerazione. Questo è il fardello dell'introduzione storica a quella sezione. Di nuovo, ciò forma un campo entro cui i particolari trovano il loro posto e da cui derivano la loro forza.

Questo approccio si genera dalle quattordici radici, o principi di enumarazione dei comandamenti, presentati nell'introduzione al Libro dei Comandamenti. I primi due principi distinguono tra comandamenti della Torah e comandamenti rabbinici. Il terzo distingue tra comandamenti permanenti e ad hoc. Tutto il resto cerca di distinguere quali, tra le molte centinaia di istruzioni imperative della Torah, si possano qualificare come comandamenti da includersi nel totale tradizionale di 613. È questione di decidere tra generalità e specifiche. Il principio numero 4 esclude istruzioni che siano troppo generiche. Gli altri, a parte il numero 8, che riguarda una questione di linguaggio, servono a distinguere tra titoli principali e dettagli subordinati o accompagnatori. Due principi sono di particolare interesse nel nostro contesto. Il primo è il numero 9:

« Non è ammissibile includere in questa Classificazione (come comandamenti distinti e indipendenti) le istruzioni (Scritturali) che incorporino (severamente) un dato comandamento negativo e un dato comandamento positivo; è l'(oggetto essenziale o) atto che queste istruzioni proibiscono o comandano (indipendentemente dal numero di volte che viene ripetuto nella Scrittura che dovrebbe essere incluso nella Classificazione-Taryag).[44] »

È sotto questo principio che Maimonide mette le quattro succitate aree di dottrine, atti, etica e discorso. Se due o più ingiunzioni o proibizioni impostano una dottrina, o ordinano o proibiscono un tipo di atto, e così via, allora tali ingiunzioni o proibizioni devono essere considerate come singolo comandamento, che sia positivo o negativo, a meno che il Talmud indichi diversamente. Non dobbiamo contare gli imperativi con mente letterale. Per fare uno degli esempi di Maimonide stesso: la Torah ci comanda di non recuperare un covone lasciato indietro durante la raccolta del grano, ma di lasciarlo per i poveri, inoltre di non recuperare le olive lasciate indietro durante la raccolta delle olive, ma dilasciare anche quelle ai poveri. Poiché non c'è indicazione contraria, queste proibizioni devono essere contate come unico comandamento di non recuperare prodotti dimenticati.[45] Enumerazione dei comandamenti comporta la loro concettualizzazione — non ad un livello molto avanzato in questo caso, ma ciononostante la tendenza è palese.

Un principio correlato (e Maimonide lo collega esplicitamente al principio 9) è il principio 11: "Non è permesso includere in questa Classificazione come comandamenti distinti, le parti separate che nel loro aggregato costituiscono un solo comandamento."[46]

 
Tallit con frange ("tzitzit")
 
Tefillin con le loro scatole esterne protettive

Sotto questo titolo Maimonide si confronta con una difficoltà interessante. In alcuni comandamenti composti da vari elementi, ciascuno degli elementi è un sine qua non, quindi insieme formano chiaramente un unico comandamento, dato che nessuno di loro può stare da solo. In altri casi però ciascun elemento è valido indipendentemente, cosicché è possibile considerare ognuno come comandamento separato. In tali casi, afferma Maimonide, è necessario decidere se i differenti elementi costituiscano una materia o parecchie. Cita l'esempio delle frange (tzitzit) indossate agli angoli degli indumenti nelle quattro estremità. Ogni frangia comprende vari fili bianchi ed un filo blu.[47] I fili bianchi, tuttavia, sono validi senza il filo blu e viceversa.[48] Ma bianchi e blu costituiscono comandamenti separati? Maimonide cita una decisione in Mekhilta derabi yishma`el che stabilisce di no, ma aggiunge una ragione, che è: i differenti elementi di filo bianco e blu riguardano una sola materia, o singolo scopo, cioè far ricordare a chi li indossa i suoi obblighi di ottemperare a tutti i comandamenti, che è l'obiettivo generale del comandamento di portare le frange. Sebbene il principio 5 dei quattordici squalifichi le ragioni dei comandamenti che è quello di essere comandamenti di per se stessi, tale ragione però gioca un ruolo nel definire il comandamento. Le parti separate del comandamento sulle frange sono considerate un comandamento e non due perché si riferiscono ad un concetto. Nuovamente, enumerazione comporta concettualizzazione. Ciò potrebbe sembrare ovvio, ma Maimonide scrive con una certa asprezza riguardo ai predecessori che tentavano di elencare i comandamenti senza averli compresi.[49]

Nel linguaggio filosofico medievale che stiamo esaminando, "concettualizzazione" può essere tradotto con "forma". Attraverso i suoi quattordici principi, Maimonide inizia ad imporre forma ai comandamenti, o a rivelare la loro forma — ai fini immediati, la differenza non è essenziale. Twersky descrive il Libro dei Comandamenti come "inteso semplicemente come una lista di controllo esatta ed esauriente" in preparazione ad elaborare l'organizzazione topico-concettuale dei comandamenti nella Mishneh Torah.[50] Che il Libro dei Comandamenti sia la base della Mishneh Torah è certamente vero — lo dice Maimonide stesso. La nostra discussione indica tuttavia che il giudizio di Twersky necessita di essere modificato nella sua implicazione che la concettualizzazione ha attinenza solo con la classificazione, cioè solo con la Mishneh Torah. Ma veramente ha anche attinenza con una fase precedente: fa parte della definizione di cosa sia un comandamento. Un comandamento è un campo concettuale o, come Moshe Halbertal afferma, un "principio organizzativo",[51] intorno a cui si raggruppano legge dettagliate che possono anche loro stesse essere nella Torah, o che possono essere delle estensioni del comandamento o "recinti" intorno ad esso di origine rabbinica. Comandamento è forma, mentre i particolari sottesi sono materia.

 
Le quattro specie, col "lulav" - lungo ramo verde di palma - al centro

Nell'introduzione al Libro dei Comandamenti, Maimonide afferma che, a facilitare lo studio e la memorizzazione, aveva deciso di predisporre i comandamenti nella Mishneh Torah non secondo i trattati della Mishnah, ma per comandamento. Ogni comandamento, come quello del lulav, deve avere la propria sezione in cui sono riunite tutte le rispettive leggi, divise in capitoli come necessario. A volte, tuttavia, svariati comandamenti verranno esaminati in una sezione perché rientrano in un tema generale; Maimonide cita le leggi dell'idolatria come esempio relativo. Pertanto la struttura della Mishneh Torah si edifica sulla natura di un comandamento come definito dai quattordici principi di Maimonide nel Libro dei Comandamenti. Quando, durante la festività di Sukkot, qualcuno porta il lulav, tale atto che coinvolge un oggetto fisico costituisce il comandamento. Ma se qualcuno lancia una pietra contro un tempio di Mercurio (maniere in cui pare che Mercurio sia venerato), costui ha commesso un atto che fa parte di una proibizione generale contro l'adorazione di idoli secondo la modalità consueta,[52] che a sua volta è inclusa nel concetto ancor più generico di non credere in false nozioni di religione.[53] Quella che appare come trasgressione nell'area degli atti, in realtà è, ai fini della comprensione della forma della Mishneh Torah, una trasgressione nell'area delle dottrine. Alla domanda specifica sul Libro della Conoscenza è stata quindi data risposta, come anche alla domanda di come caratterizzare i libri e le sezioni della Mishneh Torah in generale. Procediamo secondo il comandamento o l'idea di livello superiore, e non secondo i particolari sottostanti. Guardiamo a monte e non a valle. Per per vagare un momento nel campo neoplatonico, forse Maimonide stesso lo dice succintamente riguardo alla struttura cosmica parallela: entità superiori del cosmo conferiscono benefici a entità di livello inferiore, ma ciò non significa che il superiore serve l'inferiore, poiché "il fine è più nobile delle cose che sussistono per amore del fine".[54] Parimenti i concetti conferiscono significato ai comandamenti, ma i comandamenti servono i concetti e non viceversa.

Se ci rimurginiamo sopra un po', otteniamo una risposta anche alla domanda sulla composizione degli elementi costitutivi della Mishneh Torah. Risulta essere simile alla composizione delle entità che formano l'universo. Alcune cosistono solo di forma; altre di forma e materia. Quelle che consistono solo di forma sono nel Libro della Conoscenza. Prendiamo nuovamente "Leggi dell'Idolatria": se non ci fosse un Mercurio e niente pietre, i comandamenti di "Leggi dell'Idolatria" rimarrebbero comunque, anche se il comandamento di bruciare una città idolatra potrebbe essere classificato come comandamento relativo ad un oggetto fisico, in quanto è positivo mentre tutti gli altri comandamenti specifici sono negativi, certamente non lo è l'idea governante di "Leggi dell'Idolatria". D'altra parte, il comandamento di lulav non è eseguibile senza le quattro specie: consiste infatti di forma e materia.

Ricordandoci che materia e forma sono categorie mobili, esiste un altro livello sopra il comandamento, cioè l'idea o forma rispetto a cui il comandamento è materia. In Guida iii.43, Maimonide spiega quanto segue: "In merito alle quattro specie che costituiscono un lulav mi sembra che esse siano indicative della gioia e contentezza [sentita dai Figli di Israele] quando lasciarono il deserto." Ciò si adatta alla spiegazione generale delle festività di Pesach e Tabernacoli, che "inculcano sia un'opinione sia una qualità morale",[55] inculcando l'opinione di commemorare gli eventi di Esodo dall'Egitto, confermando quindi la fede nell'autenticità della Bibbia e nella provvidenza divina, mentre la qualità morale è gratitudine per la prosperità. Si può dire che questa sia l'idea o forma del comandamento per quanto concerne la Guida. Ma nella Mishneh Torah, Maimonide fa qualcos'altro. Le ultime quattro halakhot di "Leggi del Corno di Montone, Capanne e Ramo di Palma" sono relative alle celebrazioni gioiose che ebbero luogo nel Tempio durante la festa dei Tabernacoli.[56] L'ultima halakhah generalizza da quel punto allo spirito in cui tutti i comandamenti devono essere osservati: uno spirito di gioia congiunto all'umiltà. Ciò costituisce il servizio di Dio con amore, come raccomandato nel Libro della Conoscenza. In tal modo, i rituali in questa sezione diventano tributari della corrente principale della Mishneh Torah, che conduce la persona che osserva i comandamenti all'amore e alla conoscenza di Dio.[57] La forma e la materia del comandamento sono sussunti nella forma superiore dell'idea, che infine porta alla forma delle forme.

Se i comandamenti – individualmente, o collettivamente in una sezione o libro della Mishneh Torah – corrispondono a stelle o sfere, allora le idee dei comandamenti corrispondono agli angeli. L'idea del comandamento quindi è superiore al comandamento come gli angeli sono superiori a stelle e sfere: rappresenta un più alto grado di conoscenza. È lo stesso nella scienza: lo stato di una teoria dipende dal numero di fenomeni che contiene. Teorie superiori coprono più fenomeni di teorie inferiori.

L'idea supera il comandamento che supera l'oggetto, come l'intelligenza supera la sfera che supera le stelle e i pianeti. Come una sfera viene mossa dal desiderio della sua anima per l'intelligenza, la quale ha almeno un pensiero fisso sulla prima causa, così l'ottemperanza del comandamento è motivata (o dovrebbe esserlo) dal desiderio per l'idea, che infine significa amore per la fonte del comandamento.[58]

Pertanto il concetto unificante di un libro o sezione è la sua forma; la forma di una cosa è la sua caratteristica essenziale, quella che la rende ciò che è, o la sua caratteristica unificatrice superiore. Perciò nel caratterizzare un libro o sezione consideriamo l'idea o comandamento del livello più alto. Questo serve a cementare gli argomenti proposti precedentemente circa la giustificazione concettuale per l'inclusione di aree legali di aspetto anomalo come matrimonio e divorzio nella divisione uomo-Dio della Mishneh Torah. La nozione di matrimonio come santità con cui si apre il Libro delle Donne imposta il carattere del libro stesso, nonostante il fatto che contenga materie mondane tipo le leggi che governano il rapporto finanziario tra sposi. Similmente, "Leggi dei Giuramenti" è nel libro 6, il Libro delle Asseverazioni (Hafla`ah, Separazione), in parte perché, come per "Leggi dei Voti" nello stesso libro, le sue clausole possono avere a che fare con restrizioni autoimposte, e potrebbero quindi stare nell'area del "benessere dell'anima", ma anche, principalmente, perché fare giuramenti rientra tra i comandamenti di giurare sul nome di Dio e di non pronunciare il nome di Dio invano cosicché, sebbene alcuni giuramenti abbiano a che fare col tipo di transazioni commerciali considerate nei libri 12 e 13, e ovviamente stiano nell'ambito della procedura giudiziaria trattata nel libro 14, prevale l'aspetto uomo-Dio;[59] quindi non alterano il carattere uomo-Dio del libro 7. Il problema della suddivisione nella Guida dei comandamenti in "Leggi delle Qualità Etiche" tra categorie uomo-Dio e uomo-uomo può anche ora essere risolto più soddisfacentemente. Molti comandamenti hanno più di un aspetto. Secondo il punto di vista prosaico della Guida, i comandamenti nei capitoli 6 e 7 di "Leggi delle Qualità Etiche" presentano il loro aspetto uomo-uomo, ma considerando quella sezione secondo i termini propri della Mishneh Torah, vediamo che questi comandamenti sono a valle del comandamento di imitatio Dei, che forma il concetto governante di "Leggi delle Qualità Etiche". I comandamenti sociali nei capitoli 6 e 7 di "Leggi delle Qualità Etiche" sono quindi non solo statisticamente sopraffatti dal tema uomo-Dio — sono anche concettualmente da esso sussunti.

La comprensione di un comandamento come forma e materia rende possibile una definizione più precisa delle corrispondenze tra comandamenti Dio-uomo e Cielo, e tra comandamenti uomo-uomo e natura sublunare. Il rapporto tra forma e materia è differente sulla terra e oltre la Terra.Oltre la Terra "i corpi delle sfere... sono substrati di forme permanenti".[60] Parimenti, sebbene gli oggetti specificati dai comandamenti uomo-Dio debbano necessariamente essere composti dai quattro elementi, essi giocano il ruolo di corpi celesti, servendo da substrati dei comandamenti e delle idee permanenti che rappresentano, che sia una dottrina o una qualità morale (sebbene, come nell'esempio delle porzioni della raccolta data ai poveri, l'oggetto del comandamento uomo-Dio possa allo stesso tempo soddisfare anche una funzione terrena).

Sulla Terra è differente. Le forme sono temporanee, cessando quando la materia cambia e si decompone. Similmente, i comandamenti uomo-uomo si applicano alle mutevoli transazioni umane; non ci sono ruoli da giocare e gli oggetti interessati non sono substrati e non mutano la loro importanza economica o sociale terrena. I comandamenti uomo-uomo si riferiscono ad un'idea permanente, la formazione di una società ideale, solo nell'aggregato. In natura "ogni essere tra i corpi delle sfere ha un'esistenza che gli è propria e che non ha in comune con nessun altro eccetto se stesso".[61] Ciascuno è una coscienza distinta con il proprio livello di comprensione del divino. Al contrario, i quattro elementi e tutto ciò che li compone sono soltanto forme mutevoli della stessa materia inconscia di base. Di conseguenza, appureremo quando saremo ad esaminare le dinamiche della struttura della Mishneh Torah nei successivi due capitoli che, mentre i primi dieci libri, sebbene formino di certo un sistema, possono essere collegati individualmente, o almeno in sottogruppi, a concetti specifici e ciascuno rappresenti un livello distinto di conseguimento intellettuale, gli ultimi quattro libri devono essere considerati collettivamente come incorporassero un processo singolo — appartengono veramente ad un unico titolo.

Ho commentato prima che, per Maimonide la distinzione tra comandamenti uomo-Dio e uomo-uomo alla fine scompare. Anche questo può essere espresso in termini di forma e materia, dato che il fine ultimo è la realizzazione della capacità unicamente umana di convertire una forma termporanea, l'intelletto ilico che perisce col corpo, in una forma permanente, l'intelletto acquisito che è immortale, e ciò richiede la conversione di tutti gli interessi umani, sociali, materiali, appetitivi ed emotivi, nel substrato di un intelletto in fase di sviluppo.

La pratica maimonidea di chiudere libri e sezioni della Mishneh Torah con uno svolazzo omiletico o spirituale promuove questa tesi dei comandamenti come forma. Per il lettore che si è sorbito un libro intero colmo di miriadi di particolari di una divisione della legge, il paragrafo finale può far sembrare quel libro come un quadro in bianco e nero soffuso, ad uno schiocco di dita, di colore. Ma la forza dell'impressione deriva da un rigoroso metodo che forma il libro e la Mishneh Torah nel suo complesso, dal senso che la discussione dei particolari del corpus della legge è motivata dal desiderio dell'idea. La classificazione della legge nella Mishneh Torah non è un sistema di archiviazione che serve i comandamenti, ma un sistema di idee servito dai comandamenti.

La gerarchia oggetto-comandamento-idea è lo strumento con cui Maimonide analizza i comandamenti e li modella in forma. Questo è ciò che s'intende nel chiamare organica la forma della Mishneh Torah. Cresce dalla natura dei suoi componenti essenziali. La Mishneh Torah non è quindi rivestita soltanto di forma cosmica. I meccanismi interni del libro corrispondono ai meccanismi del cosmo; il principio interiore corrisponde alla forma esteriore dell'espressione.[62]

Modi di conoscenza

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La Tabella 4 più sopra, può essere letta in due direzioni. Sul piano verticale, fornisce una gerarchia che va dall'intelletto giù fino alla materia, rappresentata nella composizione della Mishneh Torah dalla gerarchia oggetto-comandamento-idea, dove l'oggetto è il substrato materiale del comandamento. Ma letta orizzontalmente, da sinistra a destra, è un diagramma del modo in cui il cosmo modella gli esseri umani mediante la legge. Il cosmo è la forma dei comandamenti e i comandamenti sono la forma dell'uomo e della società umana. In altre parole, sostituisci oggetto-comandamento-idea con lettore-comandamento-idea. Questo rende il rapporto dell'autore col suo materiale uguale al rapporto dell'autore col lettore, dato che la forma che dà al suo materiale è un modello dell'idea che desidera generare nel lettore. Abbiamo raggiunto l'idea di un correlativo oggettivo affrontato nell'Introduzione. La forma rappresenta la rete di pensiero e sentimento alla base della Mishneh Torah che attende di essere riconciliata nella mente del lettore.

Un'obiezione potrebbe essere sollevata come segue: le prove fornite finora non affermano nulla del genere, perché per giustificare l'invocazione di un termine come correlativo oggettivo e far qualificare la Mishneh Torah come opera d'arte nel senso che attribuiamo normalmente a tale termine, bisogna dimostrare che appassiona il lettore e lo impegna. La forma non è sufficiente. È bello e ammirevole che Maimonide rappresenti simbolicamente l'idea che i comandamenti dovrebbero allineare l'essere umano al cosmo, ma come lo fa correlare ad una qualsiasi esperienza del lettore? Che egli debba iniziare il suo codice con Dio come esistenza non-contingente su cui tutto dipende, e con un resoconto dei cieli e della terra, è magnifico, e ancor più magnifico quando tale resoconto sembra stare alla base della forma dell'intera opera; che la sua teoria dei comandamenti rispecchi la sua cosmologia è stupendo; ma tutto ciò corre il rischio di lasciar freddo il lettore. Se Maimonide intendeva non solo di codificare la legge, ma anche di indurre accettazione e osservanza della legge, ciò non funziona. Judah Halevi è molto più efficace nel suo Kuzari, che fonda asserzioni ebraiche di verità sulla manifestazione diretta e concreta del divino negli affari umani e inizia così a placare l'angoscia del re di Khazar, sebbene quest'ultimo all'inizio sia scettico, e tramite il re egli lenisca l'angoscia del lettore ebreo.

Ovviamente la caratterizzazione della Mishneh Torah che ciò implica è ingiusta. Maimonide mostra una costante consapevolezza del lettore, guidandolo e stimolandolo, anticipando e risolvendo perplessità e, tramite le sue interiezioni omiletiche e filosofiche, rendendo i particolari legali comprensibili e pertinenti.[63] Nel suo insieme, la figura del narratore nella Mishneh Torah è quella di un insegnante severo ma compassionevole. Ciononostante, cercherò di affrontare di petto l'obiezione, poiché mi dà l'opportunità di esaminare la posizione proiettata dal lettore in relazione alla Mishneh Torah.

Una scorsa alla Guida ci aiuterà a chiarire ciò che significa. Maimonide rivolse la Guida al suo allievo preferito, Joseph ben Judah. Questa fu il risultato della loro situazione: dopo che Joseph ebbe lasciato Fostat, dove aveva studiato col maestro, egli continuò la sua istruzione per corrispondenza. La Guida fu inviata a Joseph in parti.[64] La forma epistolare o a monologo, tuttavia, è anche un accorgimento letterario. Ha valore di intrattenimento, rendendoci origliatori, e ci fa anche sentire privilegiati e fiduciosi in quello che stiamo leggendo. Joseph ben Judah è un delegato, con cui il lettore si può identificare e quindi sentire come se la Guida lo riguardasse in maniera particolare. Allo stesso tempo, la forma stabilisce una certa distanza, come in una rappresentazione teatrale che osserviamo ma in cui non partecipiamo fisicamente, permettendo all'immaginazione di essere libera. Nella Guida, Maimonide ha valutato attentamente la sua relazione col lettore, adottando una forma che ci rende più disposti alla persuasione di quanto non lo saremmo se ci facesse la predica direttamente, e ciò conquista una partecipazione innovativa ed ispirata.

La domanda è se Maimonide abbia fatto la stessa cosa nella Mishneh Torah. Se si accetta che l'uso dell'ebraico indichi un genere poetico, quale genere specifico esemplifica la Mishneh Torah e che tipo di rapporto col lettore tale genere determina?

La risposta è in realtà una continuazione della succitata osservazione relativa alle interiezioni di Maimonide nella Mishneh Torah. La Mishneh Torah ha caratteristiche di epopea, una forma a metà strada tra lirica e dramma, mantenendo l'urgenza personale della poesia lirica e combinandola con un dramma controllato.[65] Il suo tema è una ricerca (caratteristica abituale dell'epopea epica) della conoscenza di Dio.[66] Che riesca combinare abilmente le dimensioni individuali, nazionali e universali di tale ricerca è ulteriore conferma dello stato epico. La vicinanza narrativa della Mishneh Torah con la Torah è stata dscritta nell'Introduzione, e la Torah stessa è un'epopea dell'istituzione del regno di Dio in terra. Il tentativo iniziale, con tutta l'umanità (rappresentata da Adamo ed Eva), fallisce e l'umanità viene espulsa dal Giardino dell'Eden. Il tentativo si sposta poi verso un individuo, una famiglia e infine una nazione, e la Torah finisce con la nazione che sta per rientrare nel Giardino dell'Eden, rappresentato dalla Terra d'Israele — dalla quale col tempo sarà espulsa. La Torah contiene molto dramma, ma tutto è sotto controllo divino e la reazione del lettore agli eventi viene continuamente guidata.

Mishneh Torah ha un tema simile, ma andando oltre la Torah fino ai profeti, finisce con una restaurazione che è sia nazionale che universale. Per tutto il tempo, la sua tensione drammatica, tra monoteismo e idolatria, tra intelletto e materia, tra amore e timore, sta sotto rigido controllo autoriale.

Ma come fa l'autore a catturare la partecipazione immaginativa del lettore in questa epopea? Per tornare al paragone con il Kuzari, il contrasto tra il punto di riferimento di Maimonide in filosofia e quello di Halevi in storia è un modo standard di distinguere i due pensatori ebrei più vibranti del periodo medievale e spiegare la presunta lontananza del primo e l'immediatezza del secondo. Nel caso della Mishneh Torah, tuttavia, Maimonide inizia proprio con la storia: la storia del lettore.

 
"Chovot ha-Levavot" (I Doveri del Cuore) di Bahya ibn Paquda, frontespizio dell'antico manoscritto in ebraico, 1161

Mishneh Torah potrebbe iniziare così: "Il fondamento delle fondamenta ed il pilastro delle scienze è che esiste un Primo Essere che ha fatto esistere ogni cosa esistente." È praticamente in questo modo che Alfarabi inizia il suo Al-madinah al-fadilah: "Il Primo Esistente è la Prima Causa dell'esistenza di tutti gli altri esistenti."[67] Ibn Pakuda, usando immagini simili a quelle di Maimonide, inizia il capitolo 1 del Libro di Direttiva ai Doveri del Cuore con un tocco più personale: "Quando cercavo il pilastro più importante della nostra religione e la radice principale, trovai questo principio basilare nella pura affermazione dell'unità del nostro Creatore."[68]

Ibn Pakuda qui apre con la propria storia ("Quando cercavo") e poi invita il lettore ad unirsi alla sua ricerca. Maimonide, al contrario, con una sola parola assegna la ricerca al lettore, poiché infatti la Mishneh Torah inizia così: "Il fondamento delle fondamenta ed il pilastro delle scienze è conoscere che esiste un Primo Essere che ha fatto esistere ogni cosa esistente."[69]

Questa halakhah non è tanto sull'esistenza di Dio quanto sulla coscienza dell'esistenza di Dio. L'aggiunta del verbo "conoscere" trasforma un'affermazione di dogma su un"Primo Essere" remoto (si confronti "nostro Creatore" di Ibn Pakuda) in qualcosa che richiede la partecipazione del lettore. A questo punto, tale partecipazione potrebbe esser vista come ristretta al consenso del dogma, con la sua implicazione che Dio quale origine di tutte le cose esistenti ha l'autorità di imporre i comandamenti. Questo è il significato basilare dell'ebraico leida she. L'immagine statica di "fondamento delle fondamenta ed il pilastro delle scienze" rinforza l'impressione di qualcosa di fisso e stabilito.

D'altronde, Bernard Septimus asserisce che l'uso maimonideo della parola mada, come in Sefer hamada (Il Libro della Conoscenza), si riferisce a "una proprietà della mente" piuttosto che ad un corpo di conoscenza, e commenta, "In Mishneh Torah, yada significa sia «conoscere» sia «venire a conoscere»".[70] Nel caso particolare dell’halakhah iniziale, Septimus sembra considerare leida (infinito dalla radice yada) semplicemente come "conoscere", ma forse c'è spazio per prenderla in entrambi i sensi, che si riferisca sia al riconoscimento dell'esistenza di Dio come fatto oggettivo, sia come inizio di un processo di venir a conoscere Dio.

Certamente per Maimonide conoscere qualcosa non è semplicemente esserne informato o assentire alla sua verità, bensì interiorizzarla. Nella Guida, traccia il percorso da credenza a conoscenza: {{q|credenza è l'affermazione che ciò che è stato rappresentato è fuori dalla mente proprio come è stato rappresentato nella mente. Se, insieme a questa credenza, uno comprende che una credenza differente da quella non è assolutamente possibile e che non si può trovare un punto d'inizio nella mente per rifiutare questa credenza o per la supposizione che una credenza differente sia possibile, c'è certezza. Quando ti sarai liberato da desideri e abitudini, sarai dotato di comprensione e rifletterai su quello che dirò nei successivi capitoli, che tratteranno della negazione degli attributi positivi, di necessità ne otterrai una conoscenza certa.[71] Ottenere conoscenza è un processo sia morale che intellettuale ("Quando ti sarai liberato da desideri e abitudini"). Mishneh Torah dice, e la sua forma mostra, che tutti i comandamenti, in verità proprio tutte le azioni, rientrano nella rubrica della conoscenza di Dio.[72] Può essere considerata come una trasformazione di "conoscenza che" in "conoscenza di". Il suo incipit può essere letto sia come un'istanza di divenire convinti oltre ogni dubbio dell'esistenza di Dio, che è di certo richiesta, sia anche come un chiaro invito ad unirsi ad un processo intellettuale e morale di sviluppo della conoscenza di Dio, un processo the la Mishneh Torah insegna e incorpora. Ciò non è solo questione di prova deduttiva obiettiva; riguarda ogni aspetto di esperienza rituale, morale e sociale. Mishneh Torah è totalmente fedele alla sua dottrina che non esiste conoscenza diretta di Dio; possiamo conoscere Dio solo tramite le cose che ha fatto, e possiamo farlo solo diventando come le cose che ha fatto. Mishneh Torah è un lungo processo di "divenire come", un'epopea di coscienza umana in evoluzione.

Né manca di dramatis personae. La prima non viene nominata:

« E qual è la via che condurrà al Suo amore e al Suo timore? Quando una persona contempla le sue grandi e meravigliose opere e creature e da loro ottiene una rapida visione della Sua saggezza che è incomparabile e infinita, [tale persona] lo amerà immediatamente, lo loderà, lo glorificherà e ambirà con estrema bramosia di conoscere il Suo grande Nome, proprio come disse David "L'anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente" (42,3). E quando pondererà queste materie, si ritrarrà spaventato e si renderà conto di essere una piccola creatura, umile e oscura, dotata di un'intelligenza leggera e sottile, che sta alla presenza di Colui che è perfetto nella conoscenza. Equindi David disse "Se guardo il Tuo cielo, opera delle Tue dita — che cosa è l'uomo perché Te ne ricordi?" (8,4-5).[73] »

Questo passo precede il resoconto di fisica e metafisica in "Leggi delle Fondamenta della Torah". Potrebbe esser visto semplicemente come un preludio al resoconto abbastanza comune dell'universo, o potrebbe esser visto come un invito, come offre la grande arte, a dimenticare, almeno per un istante, i nostri concetti e categorie abituali, un invito a provare di nuovo. Se ciò sembra troppo paradossale da riferire ad un codice di legge, dato che la legge riguarda principalmente l'imposizione di regole e convenzioni, ci si dovrebbe ricordare quello che la Torah rappresenta per Maimonide: non un nomos convenzionale destinato a regolare gli affari dello stato, ma una legge divina che porta alla perfezione intellettuale nella conoscenza di Dio. E se, come accennato nell'Introduzione, i primi quattro capitoli di tale sezione sono equivalenti ai primi capitoli di Genesi, allora il protagonista innominato qui è Adamo come Uomo-comune, che guarda l'universo come fosse la prima volta.

Come nell’halakhah sull'ascesa del profeta discussa nell'Introduzione, Maimonide usa la lingua poeticamente onde poter drammatizzare questo momento, imbevendolo di verità psicologica e di forza emotiva. In ebraico, nella fase dell'amore, i suoni e le cadenze sono solide, espansive e risonanti, con parole che si dividono in frasi che danno un modello tipo versetto risolto soddisfacentemente, di due piedi metrici con due tensioni, seguito da due con tre tensioni: miyád hu ohév / umeshabé`aḥ umefa`ér / umitavéh ta`aváh gedoláh / leidá et hashém hagadól ("Lo amerà immediatamente / Lo loderà, Lo glorificherà / e ambirà con estrema bramosia / di conoscere il Suo grande Nome"). Questo lascia il posto ad una cadenza del tutto differente nella fase di timore: miyád hu nirtá la`aḥoráv / veyirá veyifḥád / veyedá shehu beri`áh ketanáh shefeláh afeláh / omédet bedá`at kaláh me`utáh / lifnei temím de`ót ("si ritrarrà spaventato / e si renderà conto di essere una piccola creatura, umile e oscura, / dotata di un'intelligenza leggera e sottile, che sta / alla presenza di Colui che è perfetto nella conoscenza"). Qui abbiamo suoni aperti, timorosi, un ritmo incerto, un tono floscio, persino lugubre.

Nel precedente capitolo, il passaggio da amore a timore era riportato di riflesso nel passaggio da "Leggi delle Fondamenta della Torah" a "Leggi della Qualità Etiche", ma di fatto questo momento energizza tutta la Mishneh Torah: l'oscillazione tra amor e timore è battito che l'attraversa.[74] Le duplici emozioni di desiderio di avvicinarsi a Dio e ritirarsi confusi trovano espressione in diversi modi nell'opera, ma ciò che la percorre in tutta la sua lunghezza e sostiene questa energia iniziale è una tensione drammatica tra la forma cosmica, che perpetua l'istante di meraviglia e significa l'intelletto illimitato, ed il contenuto halakhico, che incorpora timore e rappresenta la necessità di condurre la nostra esistenza materiale nella consapevolezza costante della presenza ammonitrice di Dio. Questo rappresentare la forma cosmica come amore ed il contenuto halakhico come timore è giustificato dai ruoli che Maimonide assegna a "opinioni" (cioè, fisica e metafisica) e ai comandamenti nella Guida: "Poiché questi due fini, vale a dire amore e timore, sono ottenuti attraverso due cose: amore attraverso le opinioni insegnate dalla Legge, che includono l'apprendimento del Suo essere come Egli, che sia lodato, è in verità; mentre timore è ottenuto per mezzo di tutte le azioni prescritte dalla Legge."[75]

Da notare che ciò che schiaccia il protagonista adamico non è la vastità dell'universo, cosa creata come lui, ma il pensiero della conoscenza dell'universo da parte di Dio, che no ha confronti con la conoscenza umana.[76] (Essere intimoriti dall'universo stesso risulta essere l'inizio dell'idolatria).[77] La persona che guarda l'universo e vien preso dal desiderio di conoscere il Creatore, è ributtato dall'incontrare la conoscenza del Creatore proveniente dalla parte opposta, per così dire.

Il lettore che apprezza l'intensità del momento adamico, la sua evocazione dell'alba della coscienza, inizia ad essere coinvolto nel processo di trasformazione della "conoscenza che" in "conoscenza di", e quindi è anche capace di apprezzare la cristallizzazione artistica nella Mishneh Torah delle pulsioni in movimento. La rappresentazione del cosmo è una scorta necessaria di idee, ma anche un modello, un modo di conoscere.

Nel raffigurare la meraviglia per l'universo come l'inizio del desiderio di conoscenza ("le sue grandi e meravigliose opere") la nostra halakhah ha un sapore aristotelico, poiché Aristotele afferma in Metafisica che "è dovuto alla loro meraviglia che gli uomini ora inizino e in principio iniziarono a filosofare",[78] e nello stesso passo cita la meraviglia del mito. Mentre per Aristotele la meraviglia era l'inizio di un percorso intellettuale verso la conoscenza cognitiva, Avicenna assegnava alla meraviglia, particolarmente alla meraviglia per poesia e mito, una validità di per se stessa: la poesia ci colpisce con un senso di timore piacevole.[79] In questa prospettiva, l'idea della forma della Mishneh Torah come correlativo obiettivo del sentimento di amore e timore sembra meno improbabile.[80]

La figura adamica in "Leggi delle Fondamenta della Torah", 2:2, si unisce ad altri attori. Abbiamo visto nel precedente capitolo che Maimonide incorpora l'esperienza religiosa in modelli di ruolo, il più vicino quello dello studioso, il più remoto quello di Abramo. Se parliamo delle qualità letterarie della Mishneh Torah, questo è un ulteriore esempio del modo in cui Maimonide crea profondità di prospettiva e coinvolge il lettore immaginativamente e cognitivamente. La testimonianza dell'esistenza del Primo Essere, o Dio, sta nel moto delle sfere: "Poiché la Sfera rotea sempre; ed è a lei impossibile di roteare senza che qualcuno non la faccia roteare. Dio, che Egli sia benedetto, è Colui che, senza mano o corpo, la fa ruotare."[81] Questo è precisamente ciò con cui Abramo arrivò alla conoscenza di Dio:

« Di giorno e di notte pensava e si chiedeva: Com'è possibile che questa sfera (celeste) debba continuamente guidare il mondo e non avere nessuno che la guidi e far sì che giri; dato che non può essere che giri da se stessa. [Abramo] era sommerso, in Ur dei Caldei, da stupidi idolatri. Suo padre e sua madre e la popolazione intera adoravano idoli ed egli li adorava insieme a loro. Ma la sua mente stava lavorando intensamente e riflettendo finché ebbe ottenuto la via della verità, apprendendo la giusta linea di pensiero e riconoscendo che c'era un Unico Dio, che Egli guida la Sfera celeste e ha creato ogni cosa, e che in tutto ciò che esiste, non c'è altro dio che Lui.[82] »

Abramo ricapitola l'apertura della Mishneh Torah, ma in un tempo e luogo specifici. L'apertura della Mishneh Torah si collega a lui an che con un'immagine: riconoscere che c'è un Dio è "il pilastro delle scienze";[83] Abramo è "il pilastro del mondo".[84]

L'effetto di ciò è duplice: integra la ricerca intellettuale individuale con la storia e la missione del popolo ebraico; e, al contrario, intellettualizza quella storia e quella missione. Il lettore è nella storia e la storia è il lettore. Essendo connessa negli stessi termini dell'attuale comando di conoscere Dio, la storia della sconfitta dell'idolatria da parte di Abramo diventa contemporanea.[85] Adattando Aristotele, siamo incoraggiati a filosofare nello stesso modo in cui Abramo filosofò inizialmente. C'è qui di rappresentazione o attivazione della storia che tira dentro il lettore, come c'è nel ritratto dello studioso somigliante ad Abramo. Attraverso la profondità narrativa come anche nella struttura, la forma della Mishneh Torah può essere trasformativa.

Dichiaratamente, questo mette Maimonide in una certa difficoltà. Gli ebrei del tempo e del luogo di Maimonide erano pressati dall'affermazione che l'Islam era la vera erede del lascito d'Abramo e l'Islam non è idolatro. Se aderiva ai canoni ideologici del monoteismo, che ragione c'era di pagare il duro prezzo di mantenere le minuziose osservanze della legge e l'identità speciale del popolo ebraico?[86] Intellettualizzando la storia ebraica e rendendo Abramo un missionario autoselezionatosi, di mente indipendente e di grande coraggio ma non di lignaggio illustre – i suoi genitori erano idolatri – o scegliendo la chiamata elettiva da parte di Dio, Maimonide apparentemente rende l'ebraismo molto più vulnerabile a tale pressione. Dovrà dimostrare in qualche modo che le sue premesse filosofiche richiedono un'aderenza continua alla legislazione mosaica, l'evento successivo nel suo resoconto di "Leggi dell'Idolatria" in merito alle ripetute cadute e riprese del monoteismo. Vedremo tra poco la soluzione a questa difficoltà.

Origine dei Comandamenti

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Esiste inoltre una connessione più diretta tra la struttura del cosmo e la struttura dei comandamenti. Se, come sosteneva Alfarabi, "tutto quello che lo stato e la nazione contiene ha la sua controparte in quello che l'universo intero contiene", ne consegue che comprendere quello che l'universo contiene conferisce comprensione di ciò che lo stato contiene. La persona con la massima comprensione di ciò che l'universo contiene è il profeta, che è anche il massimo tipo di legislatore.[87] Una volta che ha ottenuto la perfezione morale e intellettuale e compreso tutto quello che è in grado di capire riguardo al governo del mondo da parte di Dio, il profeta applica tale comprensione nel governare lo stato. Mosè, il più grande dei profeti, ottenne completa conoscenza di "tutte le cose esistenti... la loro natura ed il modo in cui sono connesse mutualmente cosicché saprà come Egli le governa in generale e in particolare".[88] Quando Mosè fece la sua richiesta a Dio "Indicami le tue vie",[89] quello che stava chiedendo, secondo Maimonide, era che gli permettesse di capire il governo del mondo da parte di Dio, in modo da essere capace di governare il popolo, "un popolo per il cui governo ho bisogno di attuare azioni che devo cercare di rendere simili alle tue azioni nel governarle".[90]

Questo, sostiene Howard Kreisel, "allude all'opinione che la legislazione della legge sia il prodotto della traduzione da parte di Mosè della conoscenza teorica di tutta l'esistenza in un sistema di regolazione ideale nel contesto umano".[91] La forma microcosmica della Mishneh Torah supporta la sua interpretazione. La forma riflette "tutta l'esistenza"; il contenuto è "un sistema di regalozione ideale". L'implicazione è che la legge ha forma microcosmica perché il cosmo è l'origine della legge. "La "grande cosa" ha generato "la piccola cosa" e genera eternamente nella sospensione artistica del tempo che è la Mishneh Torah.

Consistente con ciò è il rilievo che Maimonide dà, nei primi due dei suoi quattordici principi nel Libro dei Comandamenti, ai comandamenti della Torah che comprendono solo la legislazione mosaica. Questo esclude dallo status della Torah tutti i decreti rabbinici e anche le leggi derivate dalla Torah usando i tredici metodi tradizionali di esegesi. Tale approccio è distintamente maimonideo, rappresentando una rottura coi pensatori precedenti e destinato a confondere Nahmanide.[92]

L'unicità della legislazione mosaica è parallela all'unicità dell'intendimento del cosmo da parte di Mosè. Poiché asserendo che Maimonide vede il cosmo come modello della personalità umana perfetta e dello stato perfetto, ho finora trascurato una difficoltà fondamentale: per quanto divina sia la fonte dell'intelletto, in pratica l'intelligibilità è limitata e Maimonide non credeva che gli esseri umani fossero in grado di comprendere il cosmo senza l'aiuto di un intuito profetico. La difficoltà sta nel divario tra teoria e osservazione. La fisica aristotelica, che postulava un universo consistente di sfere concentriche ciascuna in moto uniforme, non poteva spiegare i movimenti reali delle stelle e dei pianeti. L'astronomia tolemaica, con eccentrici ed epicicli, spiegava i movimenti particolari e poteva essere usata per fare predizioni molto accurate delle posizioni delle stelle e dei pianeti, ma non poteva essere ridotta a leggi generali, certamente non a qualcosa di compatibile con Aristotele. Questa e la famosa "vera perplessità" di Maimonide. Allora, se vogliamo andare oltre le generalità, come fa una persona a trovare nel macrocosmo un modello di comportamento capace di imitazione?

Per quanto riguarda il contenuto della Mishneh Torah, la risposta è che non sia possibile. Imitatio Dei in "Leggi delle Qualità Etiche", 1:5-6, fa riferimento al governo del mondo sublunare da parte di Dio,[93] e lì Maimonide era sicuro che Aristotele aveva ragione.[94] Inoltre, il comandamento di essere come Dio viene presentato come modo di imitare le qualità attribuite a Dio, piuttosto che derivare comprensione delle vie di Dio dalla natura: "E come Dio è chiamato benevolo, così sii tu benevolo." Acquisire virtù intellettuale potrebbe significare usarefinalmente il telescopio, ma per la virtù morale è solo necessario leggere la Bibbia.

La forma della Mishneh Torah, come abbiamo visto, ci presenta una storia diversa. Il modello è il cosmo nel suo complesso, non soltanto la parte sotto alla Luna. Nel qual caso, "la vera perplessità" non ostacolerà la ricerca della virtù?

La soluzione sta nei comandamenti della Torah. Essi rappresentano la comprensione profetica del cosmo, insuperata e insuperabile, da parte di Mosè, tradotta in norme di comportamento. In Guida ii.24, dove viene presentata "la vera perplessità", Maimonide raccomanda di abbandonare il futile sforzo di tentare di superarla. Non per niente egli raccomanda come segue: "Allora fermiamoci ad un punto che sia nell'ambito delle nostre capacità e rinunciamo alle cose che non riusciamo a comprendere col ragionamento dandole a colui che è stato ricolmato dal potente efflato divino cosicché si possa giustamente dire di lui: Con lui parlo bocca a bocca.[95]

Naturalmente colui col quale Dio parlò bocca a bocca fu Mosè.[96] La menzione qui di Mosè non è solo un pio riconoscimento della sua superiorità. È cruciale per la condizione della legge che Mosè sia l'unico in grado di eccedere il raggiungimento della normale comprensione umana nel penetrare, o ricevere, i segreti del cosmo.[97] Ciò rende i comandamenti veramente preziosi. Su questa base, il significato della forma della Mishneh Torah non è soltanto che l'osservanza dei comandamenti sia un modo di allineare individuo e stato al cosmo: eccettuate le persone di talento straordinario – forse un Aristotele – potrebbe essere l'unico modo.[98]

Osservanza dei Comandamenti e Immortalità

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Come la teoria microcosmo-macrocosmo può aiutare a capire l'origine dei comandamenti, la loro causa formale, così potrebbe anche aiutare a capire come i comandamenti raggiungano il loro scopo, o causa finale, di acquisire immortalità e risolvere alcune inconsistenze apparenti nelle affermazioni di Maimonide in materia.

Per quanto riguarda Maimonide, quello che sopravvive alla morte, se qualcosa sopravvive, è l'intelletto acquisito, che diventa permanente attraverso l'apprensione, e quindi l'identità, della forma incorporea imperitura.[99] L'osservanza dei comandamenti assiste con gettare le fondamenta morali e politiche delle attività intellettuali, ma le buone azioni di per se stesse non fanno andare in paradiso.

Tuttavia ci sono punti in cui Maimonide sembra dire che lo facciano, o almeno aiutino in maniera più diretta a farlo. prendiamo per esempio quanto segue, da "Leggi del Pentimento": "Il Santo, che Egli sia benedetto, ci diede la Torah, "un albero della vita", e chiuque faccia tutto quello che vi è scritto, e lo conosca completamente e accuratamente, merita la vita nel mondo a venire, ed il suo merito è secondo l'estensione delle sue azioni e l'estensione della sua saggezza."[100]

Ciò pone la conoscenza e le azioni sullo stesso piano per quanto riguarda l'immortalità e, inoltre, la conoscenza citata è quella della Torah, non quella delle forme incorporee. Si potrebbe argomentare che, quello che Maimonide intende veramente qui siano le azioni come preparazione all'acquisizione della conoscenza, ma nella stessa halakhah continua a spiegare che le ricompense terrene promesse per l'adempimento dei comandamenti sono tali da "far avere tempo libero per divenir saggi nella Torah e impegnarsi in essa e quindi ottenere vita nel Mondo a Venire", e conclude "poiché, quando uno è agitato qui sulla terra a causa di malanni, guerre o carestie, non si può occupare di saggezza e dei comandamenti, con cui ottenere vita nell'aldilà". Se la vita nell'aldilà si può ottenere solo con l'apprensione di una forma incorporea, l'insistenza in questa halakhah sull'adempimento dei comandamenti sembra esagerata, anche se presumiamo una necessità di soddisfare nozioni religiose convenzionali.

L'idea che i comandamenti realizzino la forma microcosmica dell'essere umano fornisce una scappatoia alla difficoltà. Significa che l'adempimento dei comandamenti ha valore intrinseco come mezzo per ottenere il tipo di conoscenza tramite il Sé discusso precedentemente nel Capitolo 1. I comandamenti ottengono anche quello spostamento dell'Ego dal centro dell'interesse umano descritto in Guida iii.12 quale inizio della conoscenza.[101] La conoscenza oggettiva la natura ed i comandamenti, rendendoli percorsi d'amore piuttosto che mezzi di gratifica. Pertanto, più grande è la conoscenza, più grande l'amore. Quando ci identifichiamo con la creazione nel suo complesso, possiamo percepirla come buona, indisturbata dall'indifferenza della natura verso i desideri umani. Ciò spiegherebbe la citazione dei comandamenti in tale contesto:

« D'altra parte, uomini d'eccellenza e conoscenza hanno afferrato e capito la saggezza manifesta in ciò che esiste, come David ha affermato, dicendo: Tutti i sentieri del Signore sono benignità e verità per chi osserva il Suo patto e le Sue testimonianze.[102] Con questo egli dice che coloro che si mantengono nella natura di ciò che esiste, osservano i comandamenti della Legge e conoscono i fini di entrambi, apprendendo chiaramente l'eccellenza e la vera realtà del tutto. Per questa ragione prendono come loro fine quello per cui furono intesi come uomini, cioè l'apprensione.[103] »

Nella forma microcosmica della Mishneh Torah, "ciò che esiste" e "i comandamenti della Legge" si uniscono insieme, simbolizzando il ruolo previsto in questo passo per i comandamenti nel realizzare l'"apprensione". Naturalmente, la sola osservanza dei comandamenti non potrà mai essere sufficiente. In "Leggi del Pentimento", il mondo a venire non è promesso a colui che fa solo "ciò che sta scritto"; uno deve anche conoscere la Torah "completamente e accuratamente". Parimenti, in Guida iii.12, dobbiamo "conoscere i fini di entrambi". Ma l'implicazione è che colui che osserva i comandamenti in base alla conoscenza della loro forma e del loro fine, si allinea con una forma permanente e prossimo ad assicurarsi un qualche tipo di immortalità.[104] Mishneh Torah promuove sia l'osservanza sia la comprensione. Se capiamo la sua forma, possiamo vedere come sia concepita per accompagnare gli esseri umani verso il mondo a venire.[105]

Quattordici ארבעה עשר

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Sorge la questione se un qualche significato generale possa essere riscontrato nel ricorso del numero quattordici (יד= arba′a-′asar אַרְבָּעָה-עָשָׂר) nelle opere di Maimonide. Potrebbe essere una coincidenza che, nel Libro dei Comandamenti, il numero dei criteri per decidere cosa costituisca un comandamento è lo stesso del numero di libri nella Mishneh Torah.[106] Che anche una delle sue prime opere, il Trattato sulla Logica, discuta termini di logica sotto quattordici titoli potrebbe essere un'altra coincidenza, come anche la successiva classificazione dei comandamenti nella Guida dove, sebbene siano rimescolati per dare un ordinamento differente da quello della Mishneh Torah, di nuovo rientrino in quattordici classi.

Non siamo obbligati a trovare una sola spiegazione per tutto questo, ma possiamo provare facendo il seguente tentativo...

Un fisico di questi tempi potrebbe forse costruire un modello matematico che predìca l'esistenza di una particella atomica finora sconosciuta. Quando tale paricella viene debitamente individuata, il fisico potrebbe percepire un certo mistero, non essendoci una ragione a priori che le strutture della natura debbano corrispondere ai costrutti della mente umana. Come un noto scienziato ebbe a dire, "Il perché il mondo debba conformarsi alle descrizioni matematiche è una domanda profonda. Qualunque sia la risposta, è stupefacente."[107]

Per Maimonide, le cose funzionano viceversa. La conoscenza non è prodotta dalla mente umana che proietta i suoi costrutti verso l'universo, ma dall'universo che proietta forme verso la mente, attraverso l'intelletto agente.[108] Non c'è mistero di intelligibilità, poiché l'universo è intelligibilità. È la manifestazione completa della saggezza di Dio e comunica attivamente tale saggezza, ogni mente comprendendola secondo le proprie capacità.

Questo è ciò che significa per Maimonide il numero-chiave quattordici. È il numero del cosmo, la somma totale dei suoi componenti (i dieci angeli con le loro sfere ed i quattro elementi), e sta quindi per completezza e razionalità dato che il cosmo è completo e razionale. Per poter ricevere l'emanazione dall'intelletto agente, un essere umano deve essere portato a corrispondere alla struttura della natura, in particolare al rapporto tra il mondo sovralunare ed il mondo della materia. In termini simbolici, un essere umano deve essere posto in linea col numero quattordici. Inoltre, poiché la conoscenza viene irradiata dall'universo, cosmologia diventa epistemologia; la conoscenza è organizzata secondo la stessa gerarchia forma-materia che prevale nel cosmo, un principio che Maimonide applica consistentemente nel modo in cui definisce e spiega i comandamenti.

I termini di logica sono una manisfestazione dell'intelletto umano e il mezzo con cui l'essere umano si sforza di ricevere la saggezza di Dio nel cosmo. Il Trattato sulla Logica pretende di darne un resoconto completo. In esso il numero quattordici simbolizza questo accoppiamento tra ragione, o gli strumenti della ragione considerati come sistema completo, e l'universo.

Attraverso i quattordici principi esposti nel Libro dei Comandamenti, Maimonide definisce i comandamenti come principi organizzativi, o forme. Anche qui, egli punta alla completezza, dato che i principi gli permettono di elencare la gamma intera dei 613 comandamenti, e alla razionalità, poiché quegli stessi principi sono di per se stessi meravigliosamente coerenti e razionali ed il loro prodotto è l'enumerazione dei comandamenti che sta alla base della loro classificazione, cioè il discernimento della loro forma. In altre parole, come i termini della logica stanno alla natura, così i principi dell'enumerazione stanno ai comandamenti. La base dell'assunzione dell'intelligibilità nei comandamenti è la stessa della sua base nella natura: Dio è la fonte dei comandamenti e la fonte della ragione. Completezza e razionalità si applicano ai comandamenti non soltanto nei principi della loro enumerazione, ma perché sono essi stessi completi ontologicamente e razionali, l'intera manifestazione della saggezza di Dio come codice di legge, al quale nulla può essere aggiunto e da cui nulla può essere tolto.

Ho già descritto la Mishneh Torah come un resoconto completo di una legge completa e perfetta che si origina nell'intuito supremo del cosmo ed è costruito per allineare gli esseri umani al cosmo. Nell'ambito della Mishneh Torah, come spiegato precedentemente, il fondamento logico della formazione dell'oggetto-comandamento-idea secondo cui i comandamenti sono organizzati e devono essere compresi riflette la formazione stella-sfera-intelletto, alla cui base sta la gerarchia universale forma-materia.

Parimenti, la Guida, sebbene il suo metodo di razionalizzazione dei comandamenti sia differente da quello della Mishneh Torah, presenta la legge come razionale e completa, e l'organizza secondo concetti generali, sotto cui vengono elencati comandamenti particolari e i loro dettagli fisici.

Per riassumere, Libro dei Comandamenti, Mishneh Torah e Guida sono esercizi per portare la ragione, o la forma, ad osservare i comandamenti, mentre il Trattato sulla Logica è un esercizio per organizzare i principi della ragione stessa. Tutte e quattro le opere puntano alla completezza. È quindi giusto che tutte e quattro portino la firma del numero quattordici, che rappresenta l'ideale di razionalità e completezza che è il cosmo stesso.[109]

Alcuni contrasti

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Per poter dare al significato della struttura della Mishneh Torah un rilievo maggiore, sarà utile contrastare l'uso maimonideo dei concetti di forma e materia e della teoria di macrocosmo-microcosmo con l'uso di essi fatto da altri pensatori ebrei che scrissero con le stesse basi filosofiche.

Judah Halevi ed i Comandamenti come Materia

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Scultura di Judah Halevi

Mentre Maimonide identificava la legge con la ragione, Judah Halevi perseguiva un approccio alquanto differente. Del Kuzari di Halevi (Il libro di smentita e di prova in nome della religione disprezzata)[110] Guttmann scrive: "L'apologia di Halevi, a differenza dei suoi predecessori razionalisti, non tenta di identificare l'ebraismo con la verità razionale ma, elevandola oltre la sfera razionale, le assegna il possesso esclusivo della completa verità."[111] Mentre per Maimonide la conoscenza della fisica e della metafisica porta all'amore di Dio, per Halevi le due cose sono discontinue. "L'uomo pio è portato a Dio non dal desiderio di conoscenza, ma dalla sua brama di comunione con Lui... Il cuore struggente cerca il Dio di Abramo; il lavoro dell'intelletto è diretto verso il Dio di Aristotele."[112] Il fine ultimo della religione non è la virtù intellettuale, ma piuttosto la coltivazione di una "facoltà religiosa sopraintellettuale",[113] ed è verso tale facoltà che sono diretti i comandamenti; la comunione col soprannaturale, piuttosto che un allineamento col naturale. Sebbene sia riconoscente alla natura, Halevi in ultimo trova Dio nel miracoloso, nelle eccezioni alle regole,[114] mentre Maimonide trova Dio nelle regole; riconosce i miracoli, ma per quanto lo riguarda, la natura è miracolo sufficiente.[115]

In essenza, per Halevi, non c'è rapporto tra la legge e la natura. A volte usa la natura per scopi di analogia, ma i comandamenti e la natura rimangono su piani differenti. Insiste che il solo percorso verso il divino e l'immortalità sta nei comandamenti cosicché, per esempio, quando il re Khazar asserisce che i Karaiti, contro i quali il rabbino inveiva, appaiono più devoti degli aderenti all'ebraismo rabbinico, la semplice risposta è che i Karaiti non hanno la formula giusta, pertanto la loro devozione, anche se sincera, è sprecata.[116] La formula giusta può essere appresa solo attraverso la rivelazione. Halevi paragona ciò alla forma e alla materia nella natura. Come è impossibileper l'uomo replicare le proporzioni precise degli elementi necessari a ricevere una data forma, come quella di un leone o di un cavallo, così gli è impossibile elaborare i precisi rituali che invochino il divino.

Questo paragone non comprende una vera connessione tra i comandamenti e la natura; Halevi usa l'uno solo per illustrare un punto dell'altro. Ma il punto di confronto su cui ruota la sua illustrazione è molto significativo. Mentre Maimonide vede i comandamenti come forma, Halevi li vede come paragonabili alla materia. Ciò rende i comandamenti in comprensibili, poiché l'intellezione è la percezione della forma: i comandamenti diventano comprensibili solo nella mente di Dio, per così dire, e solo se sono osservati correttamente. Maimonide rende i comandamenti e la natura ugualmente conoscibili, mentre Halevi li rende ugualmente misteriosi, e mentre per Maimonide i particolari dei comandamenti sono arbitrari, per Halevi sono di somma importanza. Nel sistema di Maimonide, i comandamenti operano tramite la mente umana e sono un modo per permettere alla mente di imporre l'idea dell'unità di Dio su una realtà materiale disintegrativa, ma Halevi li vede come realtà separata ed in linea diretta con Dio. Nel suo imporre alla Mishneh Torah una forma cosmica, Maimonide prese una posizione definita su un questione che tuttora divide la tradizione ebraica.

Sa`adyah e il Tempio Microcosmico

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Ricostruzione del Secondo Tempio in Gerusalemme

Maimonide non era il primo a considerare una dimensione microcosmo-macrocosmo per i comandamenti. Una serie di comandamenti provocò riflessioni cosmiche sin dai tempi antichi: i comandamenti del Tabernacolo e del Tempio. Certe espressioni nel resoconto della costruzione del Tabernacolo in Esodo che riecheggiano il resoconto della creazione in Genesi stimolano midrashim che elaborano corrispondenze tra i due eventi, prendendo spunto da tutta la Scrittura, nel solito modo del Midrash. Parelleli cosmici dell'arredamento del Tempio si trovano anche il Falvio Giuseppe e in Filone, che attribuivano un'importanza cosmica sia al Tempio sia agli indumenti del Sommo Sacerdote.[117] Maimonide non conosceva Flavio Giuseppe o Filone, ma conosceva sicuramente i midrashim, e quasi sicuramente lo sviluppo successivo delle idee midrashiche da parte di Sa`adyah Gaon. Dell'approccio di Sa`adyah Gaon, Henry Malter afferma:

« Il "Commentario sul Libro della Creazione" è, per quanto ne so, la sola opera esistente di Saadia in cui tratta anche dell'antica idea del parallelismo che esiste tra l'universo come macrocosmo e l'uomo come microcosmo... Seguendo un Midrash, Saadia interpone tra questi due mondi un mondo intermediario, che è rappresentato dal santo Tabernacolo. Rimanda il lettore al suo "Commentario sulla Costruzione del Tempio".[118] »

Non siamo in possesso del Commentario sulla Costruzione del Tempio, ma Rabbi Abraham Ibn Ezra lo cita nel suo Commentario Lungo di Esodo 25,40, dove afferma: "Poiché colui che conosce il segreto della sua anima e la formazione del suo corpo può conoscere le cose del mondo superiore. Dato che l'uomo è la figura di un piccolo mondo... Il Gaon menzionò che ci sono diciotto cose nel Tabernacolo, che è il mondo mediano, e le loro somiglianze sono nel mondo superiore, e parimenti nel mondo minore."[119] Lo stesso Ibn Ezra, nello stesso punto, paragona il Tempio al mondo minore, cioè l'uomo, per poter affermare che proprio come nel corpo umano certe parti, come il cuore, sono più importanti di altre, così nel mondo, sebbene Dio sia ovunque, certi luoghi sono più permeati di altri della Sua presenza.

L'opinione di Maimonide sullo status del Tempio differisce dall'interpretazione essenzialista di ibn Ezra; non considera che il Tempio sia intrinsecamente santo,[120] e probabilmente avrebbe considerato specioso il paragone di Ibn Ezra col corpo umano. Infatti abbiamo visto nel precedente capitolo esattamente come Maimonide si astenesse proprio da tale paragone. Avendo proposto che Dio è per il mondo quello che il cuore è per il corpo, asserisce poi che l'analogia non è valida perché il cuore sta nel corpo, mentre Dio non sta nel mondo. La tentata analogia di Ibn Ezra fallirebbe il test maimonideo perché viola la dottrina dell'assoluta non-fisicità di Dio, la sua separatezza dal mondo e da tutti i concetti umani, che non possono sfuggire alla condizione fisica umana.[121] La versione maimonidea della teoria microcosmo-macrocosmo supporta l'argomentazione per analogia da Dio a uomo, ma non viceversa.

Più interessante ai nostri fini è il tipo di parallelismo suggerito da Sa`adyah, perché è così vicino, seppur così differente, a quello suggerito da Maimonide. Al pannello mediano di Sa`adyah, nel suo trittico di uomo, Tabernacolo e cosmo, Maimonide sostituisce i comandamenti. Se stesse o meno rispondendo specificamente a Sa`adyah in questa materia, l'idea di Tempio-come-microcosmo aveva diffusione e quindi è legittimo presentarlo nella versione di Sa`adyah come un complemento all'approccio di Maimonide alla teoria microcosmo-macrocosmo.

Maimonide non assegna un'importanza cosmica al Tempio.[122] Nella Guida, egli classifica il rituale del Tempio come parte della seconda intenzione della legge, la sistemazione della natura umana ed il distacco graduale dal paganesimo.[123] Come tale, il tempio non ha valore assoluto. È destinato ad instillare solo timore; il cosmo instilla sia timore che amore. Il rituale del tempio non può quindi portare di per se stesso alla conoscenza e amore di Dio, e pertanto non ci sono termini di paragone col sistema ssoluto e perfetto del cosmo. Qualsiasi paragone di tal fatta sarebbe stato alquanto incongruo nella Guida.

Nella Mishneh Torah, le cose sono più complicate. Là, come verrà dimostrato nei successivi capitoli, Maimonide rivela una duplice opinione del Tempio. La forma della Mishneh Torah può essere interpretata sia come esaltasse l'importanza del Tempio sia come se anche la deprecasse in linea con la posizione della Guida: esaltando nell'aspetto pubblico della legge; deprecando nel suo aspetto privato. Come sorge la duplicità verrà spiegato in seguito; il punto qui è che anche nell'interpretazione esaltata, non c'è parallelismo cosmico. Senza dubbio esercitando un po' di ingegnosità si potrebbe leggere una corrispondenza cosmica nel Libro del Servizio al Tempio ma, a differenza di "Leggi delle Fondamenta della Torah" e "Leggi delle Qualità Etiche" e della Mishneh Torah presa nel suo complesso, quel libro non fornisce traccia che io possa decifrare e che inviti a tale interpretazione. Supponendo che non ne esista alcuna, il contrasto tra Maimonide e Sa`adyah può quindi essere espresso sia nel negativo che nel positivo: Sa`adyah vede il Tabernacolo/Tempio come microcosmo; Maimonide no, ma presenta invece la legge nel suo insieme come microcosmo.

Per far corrispondere parti del Tabernacolo/Tempio a parti del Cielo significa iniziare a commettere l'errore madornale commesso dalla generazione di Enosh, che considerava i corpi celesti intrinsecamente degni di rispetto come ministri di Dio, dando inizio ad un processo di degenerazione che finiva con templi dedicati alle stelle.[124] Al livello più basilare, l'errore era uno di logica, consistente del tipo di applicazione illegittima (dal punto di vista maimonideo) di analogia come abbiamo visto fare a Ibn Ezra. Maimonide non avrebbe mai approvato qualcosa che potesse accidentalmente mandaci giù per quella china scivolosa.

Abbiamo già notato che per Maimonide, peccato o errore consiste nel prendere mezzi per fini o la parte per il tutto, e sfortunatamente ciò è proprio quello che fa Sa`adyah col Tempio. Rende una parte del sistema dei comandamenti – il Tabernacolo/Tempio – trascendente collogandola al cosmo, concedendole quindi la condizione di un fine, il luogo dove gli esseri umani incontrano l'universale. Poiché, per Maimonide, il Tabernacolo/Tempio appartiene alla seconda intenzione dei comandamenti, non è altro che un mezzo; è soltanto una parte dei comandamenti e non sta per il tutto. La parti ottengono la loro piena importanza solo in relazione al tutto, e solo il tutto può essere trascendente, mai le parti. Pertanto Maimonide sposta il parallelo cosmico dalla parte al tutto.

Un altro approccio alla stessa idea è tramite il concetto di imitatio Dei. Secondo Jonathan Klawans, imitatio Dei sta alla base dell'idea del tempio-come-microcosmo. Come afferma in relazione alla versione di Flavio Giuseppe di quell'idea: "Proprio come Dio crea il mondo, così anche le persone creano il simbolo terreno di quel mondo, il tempio."[125] Maimonide, come abbiamo visto, usa una nozione molto differente di imitatio Dei, una collocata non nel Tempio ma nell'intelletto. L'intelletto, non il Tempio, è il centro da cui illuminazione e moralità si diffondono esternamente, e imitatio Dei è una questione di portarsi sotto la regola dell'intelletto come l'universo è sotto la regola di Dio.

Questo è il fine servito dai comandamenti ma, ripetiamo, lo fanno come sistema completo e nessun comandamento o serie di comandamenti rendono l'uomo simile a Dio. Se i comandamenti derivano nella loro interezza dal cosmo attraverso l'intelletto del profeta, non possono far ritornare al cosmo, cioè indietro alla congiunzione con l'intelletto agente, eccetto mediante l'intelletto della persona che li osserva e comprende nella loro interezza: non ci sono scorciatoie col Tempio. Pertanto i comandamenti nel loro complesso, piuttosto che il Tempio, occupano il pannello mediano come strumento dell'apprensione di Dio, o delle opere di Dio, che sono tutto ciò che di Lui può essere appreso.

Ma un momento: non abbiamo forse passato il precedente capitolo a spiegare che esiste un rapporto microcosmo-macrocosmo tra "Leggi della Qualità Etiche" e "Leggi delle Fondamenta della Torah"? Ciò non significa allora che una serie di comandamenti rende l'uomo proprio come Dio e che una serie di comandamenti può essere un microcosmo? In tal caso, la differenza tra Sa`adyah e Maimonide non è tra un approccio parziale e olistico nell'applicare la teoria microcosmo-macrocosmo ai comandamenti; è invece una questione della selezione di due serie differenti di comandamenti che servano allo scopo — pur sempre una differenza interessante, ma non così drammatica o fondamentale come presentato precedentemente.

Tale obiezione si basa su un quadro incompleto di come operi la teoria microcosmo-macrocosmo nella Mishneh Torah. Il prossimo capitolo cercherà di fornire l'elemento mancante, cioè l'emanazione. Per ora, si affermerà semplicemente che "Leggi della Qualità Etiche" e "Leggi delle Fondamenta della Torah" non devono essere considerate come serie separate di comandamenti. Nell'ambito del sistema che è la Mishneh Torah, queste due sezioni, insieme al resto del Libro della Conoscenza, formano un modello che viene proiettato sulla Mishneh Torah nel suo insieme, e tutto fluisce, logicamente e formalmente, dal principio basilare enunciato all'inizio, che ogni cosa dipende da Dio. Il parallelismo tra Mishneh Torah e cosmo è un'amplificazione del parallelismo tra "Leggi della Qualità Etiche" e "Leggi delle Fondamenta della Torah", non un'istanza separata.

Ciò richiede delucidazioni. Il punto qui è che Maimonide riprogetta la teoria del microcosmo di Sa`adyah sui comandamenti, trasferendo l'interfaccia tra uomo e Dio dal tempio alla mente.

Proto-Kabbalah e Microcosmo Mistico

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L'Albero della Vita cabalistico e le dieci Sefirot in ebraico

Il fatto che ci fossero applicazioni precedenti della teoria del microcosmo che non poteva approvare, insieme alla sua apparente riduzione del Tempio, che potrebbe essere inaccettabile per alcuni, sono ragioni possibile che Maimonide preferisse segnalare il suo parallelismo tra i comandamenti ed il cosmo celatamente piuttosto che apertamente. Probabilmente era diffidente nei confronti del rischio di confusione con nozioni astrologiche e teurgiche da parte di persone senza una base adeguata nella scienza.[126] A livello celato, la polemica non è indirizzata solo a Sa`adyah. Moshe Idel ha dscritto Maimonide come stesse in opposizione ad antiche tendenze mistiche che, reagendo contro di lui, si raggrupparono come kabbalah.[127] In tal caso, il simbolismo cosmico della Mishneh Torah può essere visto come argomento contro quello che Kellner, seguendo idel, chiama "proto-kabbalah".[128] Poiché il motivo dell'uomo come microcosmo e l'attribuzione di importanza cosmica al numero dieci si riscontrano anche negli scritti mistici, ma in forma molto diversa e con implicazioni molto diverse.

Tre caratteristiche del pensiero maimonidea differenziano la sua applicazione della teoria microcosmo-macrocosmo da quella dei mistici. La prima è che il rapporto che la forma cosmica della Mishneh Torah implica tra legge e natura sta nell'ambito di una realtà post-Creazione singola. Come afferma Stern, "il parallelo che Maimonide enfatizza costantemente tra la Legge e gli atti divini, cioè naturali, non è un parallelo tra due domini differenti ma all’interno di un dominio".[129]

La seconda caratteristica è che non si sottintende una connessione diretta tra comandamenti particolari e costituenti particolari del cosmo. Le corrispondenze funzionano attraverso strutture e funzioni analoghe. Le somiglianze tra le parti dei due sistemi sono concettuali, non reali. Pertanto il Libro della Conoscenza è come la sfera diurna in quanto muove il resto dei comandamenti; o il Libro dell'Amore è paragonabile alla seconda sfera, quella delle stelle fisse, in quanto le caratteristiche che definiscono i comandamenti che contiene è che essi sono costanti. Ciò che significa è che, proprio come le stelle fisse sono in moto costante rispetto alla sfera diurna, e quindi rendono visibile il moto di quest'ultima, così i comandamenti del Libro dell’Amore, come la recita dello Shema, agiscono come promemoria costanti delle dottrine del Libro della Conoscenza, rendendo anche loro, come dire, visibili. Quello che non significa è che recitare lo Shema mette il recitatore in un qualche contatto con gli ofanim, il secondo ordine degli angeli che governa la sfera delle stelle fisse. Il fatto che Maimonide dia una classificazione differente dei comandamenti nella Guida ma nell'ambito dello stesso schema cosmico definito dal numero quattordici, sebbene richieda ulteriori spiegazioni è perlomeno testimonianza che non esiste una vera connessione tra comandamenti o gruppi di comandamenti e i cieli.

La terza caratteristica è che il traffico tra cieli e terra funziona solo a senso unico. L'esecuzione dei comandamenti ha un effetto riflessivo sull'esecutore e influenza anche il suo ambiente sociale, ma non ha assolutamente nessun effetto su un qualsiasi reame superiore. Perimenti, dire che i comandamenti derivano dalla comprensione perfetta del cosmo da parte di Mosè non significa che Mosè fosse un superastrologo che vide i comandamenti scritti nelle stelle. Significa che egli comprese il governo del cosmo come sistema completo e potè estrarne le sue forme e tradurle in legislazione. Il motivo di Maimonide nel denunciare l'astrologia è quello di mantenere la dottrina del libero arbitrio e di salvaguardare il monoteismo, ma la base della sua obiezione è che l'astrologia non è scientifica.[130] Nel sistema di Maimonide, il mondo sovralunare influenza certamente il mondo sublunare, ma insiste che tale influenza debba essere descritta da una teoria generale che tracci causa ed effetto. I comandamenti sono quindi non un mezzo per attirare giù forze celesti in un modo soprannaturale, e certamente non un mezzo per manipolare tali forze. Le entità inferiori non possono assolutamente avere effetto su quelle superiori.

In tutti questi rispetti, Maimonide differisce dai concetti mistici per cui la Torah e la forma dell'uomo precedono la creazione cosicché i comandamenti e l'idea dell'uomo come microcosmo siano modi di connettersi con una realtà soprannaturale superiore e anche influenzarla.

L'opposizione di Maimonide alle interpretazioni che sorgono da certi midrashim che descrivono Dio che consulta la Torah per creare il mondo, oppure che affermano che i patriarchi osservarono i comandamenti e che i comandamenti rappresentano un modello fisso segreto della creazione e quindi una chiave alla manipolazione teurgica delle influenze soprannaturali, è stata documentata da Kellner.[131]

Per quanto riguarda la forma dell'uomo, anche questa, come l’adam elyon, l'uomo soprannaturale, funziona nel pensiero mistico come un modella della creazione e si connette al numero dieci. La tradizione ebraica relativa all'importanza cosmica del numero dieci è alqaunto differente dalla tradizione filosofica aristotelica su cui si basa la cosmologia sottesa alla forma della Mishneh Torah. Idel scrive: "Il motivo della decade antropomorfica divina, strumentale nel processo creativo, faceva parte dell'antico pensiero ebraico. Questa decade era presumibilmente la fonte delle dieci sefirot di Sefer yetsirah."[132]

Nella versione mistica della teoria microcosmo-macrocosmo, c'è una relazione reale uno-a-uno tra le parti del microcosmo e le parti del macrocosmo, coi comandamenti che mediano tra le due. Come scrive Idel:

« ...ci fu più di una pura corrispondenza strutturale tra la Merkavah Superna, alias l’Adam Elyon o Reame Sefirotico, e i 613 comandamenti; questi ultimi furono concepiti tanto giovevoli al potere dei cabalisti di influenzare la Divinità, quanto le pratiche teurgiche che costituivano l'essenza stessa della corrente principale della Kabbalah.[133] »

Il collegamento diretto tra comandamenti e ma`aseh merkavah, in contrasto con il rapporto analogico postulato da Maimonide, viene fatto molto chiaramente in una dichiarazione di Rabbi Menahem Recanati (ca.1250-1310): "I comandamenti dipendono dalla Merkavah Superna... e ciascun comandamento dipende da una parte della Merkavah."[134] La fonte è ovviamente anacronistica, ma l'idea è un risultato delle tendenze mistiche tracciate da Idel che predatano Maimonide.

Per riassumere, l'applicazione della teoria microcosmo-macrocosmo nella corrente mistica dell'ebraismo sta contrapposta all'applicazione insita nella forma della Mishneh Torah in tutte e tre le caratteristiche succitate: Torah e la forma dell'uomo esistono in un dominio separato dalla natura; la connessione tra halakhah e ma`aseh merkavah è diretta e reale; e i comandamenti hanno un potere teurgico.

Detto questo, bisogna riconoscere che non tutti i filoni del misticismo ebraico sono antitetici a Maimonide nello stesso grado. Gershom Scholem descrive la kabbalah come "il prodotto dell'interpretazione dello Gnosticismo e Neoplatonismo ebraici".[135] Idel contesta questa formulazione, col fatto che rende la kabbalah troppo profondamente non autoctona all'ebraismo, ma riconosce che la kabbalah è indebitata al neoplatonismo.[136] Sebbene Maimonide si avviasse per una differente biforcazione della strada neoplatonica da quella che avrebbero preso i cabalisti, rimane l'interrogativo di qaunto siano differenti le destinazioni ultime. La profezia per Maimonide ha una struttura teorica ben definita ed il suo contenuto è conoscenza utile, trasmissibile, ma ciononostante la quasi incorporeità del profeta come descritta in "Leggi delle Fondamenta della Torah", 7:2, può confrontarsi con l'estasi del mistico.[137] Inoltre, come verrà spiegato nel Capitolo 4, l'aspetto neoplatonico della forma della Mishneh Torah include quello che viene generalmente considerato un tema del pensiero mistico, cioè la scala dell'ascensione.

Alla fine, comunque, proprio la condizione della Mishneh Torah come opera d'arte, la sua trasformazione dei comandamenti da kinesis a stasis, è contromistica. Idel descrive i limiti del simbolismo cabalistico come segue:

« Il cabalista, tuttavia, è molto più di colui che è riuscito a capire un dato evento nel mondo divino. Come dice bene Ricoeur, i simboli "invitano pensiero". Ma pur interessante che sia questa diagnosi del simbolismo per il pensiero cristiano, nell'ebraismo mistico è ancora solo un passo preliminare. Comprendendo le strutture e le dinamiche superiori, il cabalista viene invitato, anzi obbligato, a partecipare al mistero divino, non mediante comprensione, fede e illuminazione, ma primariamente per una imitatio delle dinamiche. La trasparenza del mondo divino attraverso simboli è secondaria al ruolo pedagogico del portare qualcuno all'azione, La comprensione del "mistero" è insignificante se non viene attuato in ogni comandamento, persino in ogni movimento che uno attua. In altre parole, il ruolo principale del simbolismo cabalistico è la presentazione di un riflesso della struttura teosofica. Questa struttura dinamica funziona come un potente strumento per assicurare il dinamismo dell'attività umana e assegnargli un significato sublime: ecco perché la "pura contemplazione" del simbolismo cabalistico non riesce a penetrare la sua natura ultima... I simboli cabalistici si sforzarono di indurre uno stato d'animo attivo o un approccio alla realtà, piuttosto che invitare alla contemplazione.[138] »

Al contrario, il simbolismo della Mishneh Torah non è una serie di leve, per così dire, ma una serie di segni interconnessi, la cui precisa funzione è di invitare alla contemplazione. I comandamenti prescrivono atti ma, ancora una volta, questi atti sono riflessivi. Modellano l'attore umano in un'analogia della forma cosmica, rendendolo capace e degno di percepire la forma e infine di conoscere Dio, la forma delle forme. Il cabalista rimbalza dal simbolismo all'azione. Mishneh Torah ci porta, tramite simbolo e azione, alla conoscenza.

La differenza estetica inizia con diversi atteggiamenti verso la natura. Nel postulare una duplice realtà, il misticismo trasforma la natura in un velo tra uomo e Dio, nascondendo il divino come un indumento nasconde il suo indossatore, ma dando indizi sull'indossatore a coloro che li sanno decifrare. Anche Maimonide parla di un velo, ma in un senso alquanto differente. La materia, dice, è "un grande velo che previene l'apprensione di ciò che è separato dalla materia come essa è veramente" cosicché "noi siamo separati da Dio a causa di un velo."[139] Il velo qui non è il mondo che nasconde Dio come un indumento; non è per nulla un fatto circa il mondo, ma un fatto della condizione umana: come creature fisiche, gli esseri umani hanno un'abilità limitata nel percepire le forme, separate o immanenti nella materia, e sono assolutamente incapaci di percepire Dio come Egli è.

Insieme a questa limitazione sta un conseguimento inestimabile. Poiché Dio produce la natura ma ne è completamente separato, la natura non è un indumento, ma semplicemente se stessa, completa e perfetta, e nuda allo sguardo della ragione. È mediante il ragionamento sulla natura, stimolato dall'amore di Dio che sorge nell'ammirare la creazione, che l'essere umano attiva ciò che in lui/lei è potenzialmente simile a Dio. In breve, mentre per il mistico la natura cela Dio, per Maimonide la natura rivela Dio, o tutto quello che di Dio potrà mai essere rivelato.

Ne consegue che, mentre c'è spazio nel sistema di Maimonide per valutare l'arte come imitazione della natura, agli occhi del cabalista, come agli occhi di Platone, è probabile che sia del tutto priva di valore, una distrazione dalla realtà.[140] Come è stato sottolineato nell'Introduzione, l'imitazione della natura fondamentalmente non significa la rappresentazione di oggetti naturali, ma la riproduzione di uno stato o processo naturale. La natura viene prima dei comandamenti e dell'arte, ma ciascuno, in parallelo, è o cerca di diventare quello al quale nulla può essere aggiunto e dal quale nulla può essere tolto. È in questo che consiste la bellezza ed è per questa ragione che Maimonide può approvare l'arte nelle giuste circostanze

È anche per questa ragione che i comandamenti sono suscettibili di trattamento artistico; i loro valori etici sono traducibili in valori estetici. Ma ciò non dota i comandamenti di un qualche simbolismo inerente. Qualsiasi importanza simbolica venga loro assegnata, sia individualmente sia nell'insieme, è un costrutto. Nel suo aspetto poetico, la Mishneh Torah fornisce una possibile, ma non necessariamente vera in definitiva, rappresentazione simbolica del significato dei comandamenti. Nella frase che Maimonide usa costantemente per qualificare il conseguimento intellettuale, è kefi koḥo, secondo la sua capacità e comprensione.

Nel concetto cabalistico, invece, i comandamenti sono permeati di simbolismo.[141] Si rapportano alla struttura soprannaturale in modo diretto, fisso, obiettivo. Anche i valori estetici cabalistici sono orientati verticalmente, verso l'assoluto. Come scrive Kalman Bland, i cabalisti "rinunciarono ai fondamenti strettamente psicologici, relativistici e anti-metafisici dell'estetica maimonidea, in favore di una nozione che la bellezza cosmica si origina nell'ambito delle profondità misteriose dell'essere di Dio".[142]

Maimonide non assegna nessuna condizione ontologica ideale alla bellezza, divina o meno, ma la colloca nella mente. Proprio come, secondo lui, i comandamenti sono autoriflessivi, la sua meditazione artistica su di essi è autoriflessiva e stimola l'autoriflessione nel lettore — e lì sta la sua bellezza ultima.[143] Rivela la forma immanente dei comandamenti, o piuttosto la percezione di tale forma da parte dell'autore, al lettore kefi koḥo, secondo la sua apprensione individuale in sviluppo. Invece di evocare lo splendore di un reame divino, argomento frequente della poesia mistica, suggerisce epifanie raggiungibili entro confini naturali. Nel suo insieme la Mishneh Torah, oltre ad un'alternativa filosofica, presenta un'alternativa poetica al misticismo.

Dato che le visioni dei profeti incorporano la loro comprensione della natura, come la natura sono nude davanti alla ragione, cosicché, per esempio, il primo capitolo di Ezechiele può essere interpretato secondo una cosmologia scientifica, senza l'aiuto della tradizione.[144] L'identificazione da parte di Maimonide della tradizione esoterica di ma`aseh bereshit e ma`aseh merkavah con la fisica e la metafisica del filosofo era uno degli elementi principali del suo pensiero che provocò la critica dei cabalisti.[145] Tuttavia, messo in forma simbolica, quello che videro come profanazione è ciò che trasmette la motivazione d'amore da parte di Maimonide e conferisce alla Mishneh Torah la serenità dell'arte.

Riassunto

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La forma microcosmica della Mishneh Torah riflette i vari paralleli che Maimonide pone più o meno esplicitamente nella Guida tra le leggi della natura e le leggi della Torah: entrambe sono perfette; entrambe sono permanenti; entrambe sono accessibili alla ragione. Ciò implica la derivazione della Torah dalla natura tramite la profezia totalmente comprensiva di Mosè, che comprese il governo del mondo da parte di Dio più perfettamente di qualsiasi altro prima o dopo, e tradusse tale comprensione in un sistema di leggi.

La forma letteraria della Mishneh Torah porta ad una comprensione dei comandamenti come forma. La "grande cosa", l'ordine della natura, è la forma dei comandamenti ed i comandamenti formano gli individui umani e la società come microcosmi. Il principio interiore che dà vita a queste strutture è l’imitatio Dei, l'ideale dei comandamenti ed il motore dell'universo stesso. Come trasmettitori di forma, i comandamenti sono anche canali di conoscenza, la conoscenza di Dio costituita dalla realizzata forma microcosmica dell'uomo come discusso nel precedente capitolo. Comprendendo la gamma intera dell'esistenza umana, dagli aspetti più fisici a quelli più intellettuali, i comandamenti dissolvono la partizione aristotelica tra virtù morale e virtù intellettuale, dirigendo l'esperienza verso la conoscenza.

Mishneh Torah non trasmette ciò tramite una forma oggettiva, ma impegna il lettore in un processo di sviluppo della conoscenza di Dio attraverso la partecipazione immaginativa nella sua narrativa.

Nonostante le osservazioni programmatiche di Maimonide in merito alla facilità di riferimento e così via, la classificazione dei comandamenti nella Mishneh Torah è soprattutto una razionalizzazione dei comandamenti. Grazie alla sua forma, la Mishneh Torah li presenta sub specie aeternitatis: condensano la razionalità del cosmo. Il suo trattamento deve essere distinto dalle interpretazioni mistiche che collegano i comandamenti ad un dominio superno piuttosto che alla natura.

  1. Guida iii.27 (p. 510).
  2. Maimonide scrisse a Samuel ibn Tibbon: "Non ti preoccupare di libri sulla logica oltre a quello che compose il saggio Abu Nasr Alfarabi da solo." Vedi Lettere, cur. Shailat (He), 552-3; Pines, "Philosophic Sources", pp. lxxviii-xcii; Berman, "Maimonides the Disciple of Alfarabi".
  3. Citato in Berman, "Political Interpretation", 56. Vedi anche J.L. Kraemer, "Alfarabi's Opinions of the Virtuous City". Come "Leggi delle Fondamenta della Torah", Opinions of the Virtuous City (Opinioni della Città Virtuosa) inizia con una discussione di Dio e dell'universo, e Kraemer traccia i paralleli nei particolari. Riguardo a un'altra opera di Alfarabi, Davidson nota: "[Maimonide] raccomanda specificamente un libro di Alfarabi intitolato Principi degli Esseri Esistenti. Il libro in questione – meglio noto col titolo al-Siyasa al-Madaniyya, o Governo politico – si apre con un abbozzo della struttura dell'universo molto simili a quello che fa Maimonide, dopo di che si dedica alla teoria politica" (Moses Maimonides, 113). La raccomandazione si trova nella lettera a Ibn Tibbon (vedi nota precedente).
  4. J.L. Kraemer, "Alfarabi's Opinions of the Virtuous City", 135.
  5. Il messia all'inizio deve usare della coercizione—vedi "Leggi dei Re e Loro Guerre", 11:4.
  6. Vedi Guida iii.27 (p. 510).
  7. Guida iii.35 (p.538).
  8. Guida iii.35 (p.536).
  9. Vedi Guida iii.39 (pp. 550-1) e Twersky, Introduction to the Code, 265-6, 305.
  10. Guida iii.35 (p. 536). A livello oraganizzativo, ovviamente queste leggi appartengono al Libro dell'Agricoltura perché, come gran parte del libro, hanno più che altro a che fare con la raccolta e lo smaltimento dei prodotti.
  11. In base a TB BB 10a.
  12. Vedi "Leggi dei Donativi ai Poveri", 1:8, e Twersky, Introduction to the Code, 433-4.
  13. Guida, p. 537.
  14. Guida iii.35 (p. 538).
  15. Vedi Guida iii.43 (p. 570).
  16. Sull'approccio di Maimonide nella Mishneh Torah alla proibizione della vendetta come legge designata a coltivare la perfezione morale, si veda Twersky, Introduction to the Code, 441.
  17. Rabinovitch, "Sanctuary, Society, and History" (He).
  18. Vedi "Leggi del Tempio", 7:23, e l'ediz. Rambam la`am, n. 115; "Leggi dell'Entrata nel Santuario", 4:10; "Leggi delle Offerte di Pesach", 7.
  19. "Leggi delle Vasche d'Immersione", 11:12. Questa halakhah è discussa maggiormente nei prossimi due capitoli.
  20. Guida ii:3-6.
  21. Guida ii.2 (p. 253).
  22. Dov Schwartz, tuttavia, sostiene che questa dichiarazione di Maimonide è una copertura per le sue vere intenzioni. Vedi Schwartz, "Maimonides' Philosophical Methodology" (He).
  23. Guida ii.3 (p. 254); ii.11 (pp. 273-4); ii.24 (pp. 322-7). Quello che Maimonide credeva si potesse conoscere oltre la sfera della Luna è questione controversa — si veda Langermann, "Astronomical Problems in Maimonides" (He) e "The True Perplexity"; Pines, "Limitations of Human Knowledge"; Freudenthal, "Maimonides' Philosophy of Science"; Kellner, "Astronomy and Physics in Maimonides"; Davidson, "Maimonides on Metaphysical Knowledge"; W.Z. Harvey, "Maimonides' Critical Epistemology"; Stern, "The Knot That Never Was"; J.L. Kraemer, "How (Not) to Read the Guide". Langermann insiste che la cosmologia esposta in "Leggi delle Fondamenta della Torah", mentre potrebbe essere semplificata, non è volutamente fittizia ("Astronomical Problems in Maimonides" (He), 113-18). Sull'esasperante questione dell'interpretazione del disconoscimento della conoscenza dei cieli alla fine della Guida ii.24 (pp. 326-7) e dei rispettivi commenti in merito alla prova dell'esistenza di Dio dai moti celesti, accetto la soluzione di Stern che non c'è mai stato veramente un problema e che una distinzione dovrebbe essere fatta tra quello che può essere dedotto dal fenomeno e la conoscenza esplicativa di quel fenomeno. Oltre alla sua efficacia intrinseca, questa soluzione ha il vantaggio, mi sembra, di mantenere consistenza tra la Guida e la Mishneh Torah, conservando la validità nella Mishneh Torah di cose come il resoconto in "Leggi dell'Idolatria" della scoperta di Dio da parte di Abramo, attraverso l'osservazione dei moti celesti (un'applicazione del rasoio di Occam — non dobbiamo moltiplicare Maimonide oltre il necessario).
  24. Guida i.72 (p. 185).
  25. Guida ii.9 (pp. 268-9).
  26. James Diamond conclude che Maimonide adatti la cosmologia secondo necessità per fini di simbolismo e allegoria (vedi Diamond, Maimonides and the Hermeneutics of Concealment, 112-14). Si ricordi che nel precedente capitolo il numero chiave era cinque.
  27. "Leggi delle Fondamenta della Torah", 3:2-5.
  28. Strauss, "How to Begin to Study The Guide". Vedi anche S. Harvey, "Maimonides in the Sultan's Palace". Non è forse un caso che Mishneh Torah abbia precisamente 1000 capitoli (vedi Appendice 1), sebbene tale fatto non interessi lo schema numerico qui esposto.
  29. "Leggi delle Fondamenta della Torah", 2:2. Vale la pena di segnalare che la fisica e metafisica che Maimonide propone in quella sezione sono alquanto vicine al programma prescritto da Avicenna quale minimo necessario per l'ammissione al grado inferiore di immortalità (vedi Davidson, Alfarabi, Avicenna and Averroes on Intellect, 110), la realizzazione intellettuale essendo l'unica via con cui ottenere l'immortalità. Il bene che il Libro della Conoscenza propone alla fine è olam haba, il mondo a venire, e il libro può essere considerato un manuale per ottenere tale bene. Come insegnante competente, Maimonide si preoccupa di assicurare che anche i suoi allievi meno dotati almeno passino i rispettivi esami.
  30. Guida ii.9 (p. 268) fa riferimento a "coloro che nei nostri tempi contano nove sfere".
  31. Le credenziali complete di Maimonide come astronomo sono presentate in "Leggi della Santificazione della Luna Nuova".
  32. Vedi "Leggi delle Fondamenta della Torah", 2:3.
  33. Maimonide confessa di non sapere cosa sia veramente la materia sovralunare e come possa variare tra le sfere—vedi Guida ii.22 (p. 319).
  34. Vedi Capitolo 1 e note.
  35. Vedi "Leggi delle Fondamenta della Torah", 3:9-11.
  36. È ovviamente fondamentale che nessun profeta dopo Mosè possa, qua profeta, essere un legislatore, o anche un interprete della legge. Vedi "Leggi delle Fondamenta della Torah", 9.
  37. 1:1-7.
  38. Nella Tabella 3 l'intelletto umano viene mostrato corrispondente a Dio, mentre nella Tabella 4 la corrispondenza è all'ordine superiore degli angeli, ḥayot. Non c'è confusione. Capitolo 1 di "Leggi delle Fondamenta della Torah" si riferisce a Dio stesso e Tabella 3 riflette ciò. Il Libro della Conoscenza, preso nel suo complesso, si riferisce alla conoscenza di Dio, che l'intelletto umano cerca di ottenere e che ḥayot possiede nel massimo grado. Questo si rispecchia nella Tabella 4.
  39. Vedi Leggi delle Fondamenta della Torah", 1:10; Guida iii.9 (pp. 436-7).
  40. Twersky, Introduction to the Code, 494.
  41. Twersky, Introduction to the Code, 237.
  42. Entro le quattordici classi di comandamenti elencati nella Guida, il rapporto 10:4 tra comandamenti uomo-Dio e uomo-uomo rimane quasi costante: "Tra le classi che abbiamo differenziato ed enumerato, la quinta, sesta, settima e una porzione della terza, appartengono al gruppo dedicato alla relazione tra uomo ed il suo prossimo, mentre tutte le altre classi trattano della relazione tra uomo e Dio" (Guida iii.35, p. 538), ma dato che la corrispondenza non è esatta, forse non deve essere spinta troppo oltre.
    Tra l'altro, l'affermazione che una porzione della terza classe di comandamenti appartenga alla categoria uomo-uomo presenta qualche difficoltà per la tesi che Maimonide passò da un'ipotesi di virtù morale come qualità interiore nella Mishneh Torah ad un'ipotesi puramente sociale di virtù morale nella Guida. Nella Guida iii.38 (p. 550), il breve capitolo che tratta di questa terza classe, egli riferisce il lettore essenzialmente a "Leggi delle Qualità Etiche" per i particolari. Se solo una porzione della terza classe viene stabilita essere nella categoria uomo-uomo, allora questo riferimento è inteso ad importare tutto il "Leggi delle Qualità Etiche" nella Guida, sia gli ultimi due capitoli, la porzione che tratta proprio del comportamento sociale, e i primi cinque, la porzione che non lo fa. È vero che Guida iii.38 afferma "L'utilità di tutte loro", cioè di tutti i comandamenti in "Leggi delle Qualità Etiche", "è chiara ed evidente, poiché tutte riguardano le qualità morali nella virtù di cui l'associazone tra persone è in buone condizioni", ma ciò significa solo che anche un comandamento uomo-Dio può avere utilità sociale, e Maimonide qui è interessato nell'aspetto sociale, utilitario. Le leggi manifestamente sociali in "Leggi delle Qualità Etiche", come la proibizione di vendicarsi, dipende dalla qualità interiore di un temperamento equilibrato e quindi anche la dottrina del mezzo può dirsi utile socialmente. Ciò non deroga al suo significato interiore. In Guida iii.43 le ragioni assegnate al Sabbath e alle festività sono proprio una mescolanza di morale, sociale ed intellettuale. In poche parole, Maimonide sembra approvare in toto "Leggi delle Qualità Etiche" nella Guida, senza indicazione di cambiamento nella sua tesi di virtù morale.
  43. "Leggi delle Qualità Etiche", 5:4-6.
  44. Libro dei Comandamenti, 4.
  45. Come sono in realtà nel Libro dei Comandamenti, comandamento negativo 214, dove si asserisce che non recuperare un covone implica una regola applicabile a tutti i tipi di raccolta.
  46. Libro dei Comandamenti, 5.
  47. La Torah non specifica un numero per i fili bianchi, ma i saggi lo fissarono a sette. Vedi "Leggi delle Frange", 1:1 e 6.
  48. "Leggi delle Frange", 1:4.
  49. Vedi al principio 7. Da notare che, nell'applicare il principio 11, Maimonide determina che i filatteri (tefillin) indossati in testa e sul braccio costituiscono due comandamenti separati, perché il Talmud indica così (vedi Il Libro dei Comandamenti, comandamento positivo 13). Tuttavia decide, contrariamente all'usanza aschenazita, che quando entrambi sono indossati allo stesso tempo, si debba recitare una sola benedizione ("Leggi dei Filatteri, Mezuzah e Rotolo della Torah", 4:5), in base, spiegato in un responsum, che entrambi riguardano la stessa materia, cioè la rimembranza (Mose Ben Maimon Responsa (He), cur. Freimann, 6). Interessante notare che questo è lo stesso concetto che unisce i differenti fili tzitzit. La decisione è in linea con quelle di diverse autorità precedenti (vedi Rambam la`am, note ad loc.), ma manifesta anche il desiderio di unire le parti in un tutto concettuale unico.
  50. Twersky, Introduction to the Code, 253.
  51. Halbertal, "Maimonides' Book of Commandments" (He). Twersky richiama costantemente l'attenzione sull'organizzazione concettuale di Maimonide riguardo all'halakhah in Mishneh Torah, affermando per esempio: "La classificazione della legge in Mishneh Torah, con la sua grande autoconsapevolezza in relazione ad ogni formulazione e ad ogni raggruppamento, è un esempio primario del genio maimonideo per la generalizzazione montata su una ferma «riflessione e deliberazione». La sua struttura interna, particolarmente la sua premeditata suddivisione delle leggi in ossequio ad una caratterizzazione concettuale piuttosto che funzionale o formale e l'elaborata rete di riferimenti incrociati lo conferma." (Introduction to the Code, 277). Sul metodo e scopo del Libro dei Comandamenti e il concetto di un comandamento della Torah, vedi ora Friedberg, Crafting the 613 Commandments.
  52. "Leggi dell'Idolatria", 3:5.
  53. "Leggi dell'Idolatria", 2:1-3.
  54. Guida ii.11 (p. 275).
  55. Guida iii.43 (p. 572).
  56. "Leggi del Corno di Montone, Capanne e Ramo di Palma", 8:12-15.
  57. Da notare che "Leggi del Corno di Montone, Capanne e Ramo di Palma", 8:14, sottolinea che i partecipanti attivi nelle celebrazioni del Tempio durante Sukkot erano gli studiosi e gli uomini virtuosi. Il resto della popolazione era spettatore. Questo fornisce un altro collegamento al Libro della Conoscenza: lo studioso esemplare discusso nel capitolo precedente.
  58. Da una direzione filosofica piuttosto che letteraria, Amos Funkenstein arriva ad un'opinione simile. L'interpretazione di Funkenstein riguardo alla teoria maimonidea dei comandamenti è che, mentre la generalità di un comandamento esprime la saggezza di Dio, i suoi particolari sono un prodotto della Sua volontà e quindi non possono essere razionalizzati. Questo è parallelo all'operazione della saggezza e volontà di Dio nella natura: "Maimonide s'immagina il rapporto tra comandamenti e la loro manifestazione materiale come fosse simile al rapporto in natura tra forma e materia. (Maimonides: Nature, History, 27).
    Parimenti, Josef Stern commenta sul problema di certi comandamenti che si focalizzano sul corpo, come la circoncisione, che sembra allontanino dall'apprendimento di Dio: "Con ciascuno di questi comandamenti, Maimonide tenta quindi di mostrare che nell'ambito del soggetto corporeo esiste una forma (o forme) più astratta un oggetto dell'intelletto, che esprime le perfezioni pratiche e teoriche dell'umanità. Lo scopo dell'interpretazione filosofica della Scrittura, e la spiegazione dei suoi comandamenti, è di levare la materia più esteriore onde rivelare la sua forma interiore" (Problems and Parables, 107). Stern tuttavia differisce da Funkenstein sulla questione dell'intelligibilità dei dettagli dei comandamenti — si veda oltre, al Capitolo 4 e note.
  59. Vedi spec. "Leggi dei Giuramenti", 11:1.
  60. Guida ii.11 (p. 275).
  61. Guida ii.22 (p. 319).
  62. La gerarchia oggetto-comandamento-idea potrebbe forse fornire un modo di risolvere una difficoltà nella spiegazione di Maimonide circa l'ordine della recita dello Shema due volte al giorno. Una spiegazione si dimostra necessaria perché i tre passi della recita non sono nell'ordine che appare nella Torah: il passo recitato per terzo viene prima dei primi due. "Leggi della Recita dello Shem", 1:2, afferma:
    « Il paragrafo Ascolta è recitato per primo perché contiene comandamenti relativi all'unità di Dio, all'amore di Dio e allo studio di Dio, che è il principio basilare su cui tutto si impernia. Dopo di esso, Se, quindi, obbedirete viene recitato, dato che il passo comanda obbedienza a tutti gli altri comandamenti. Dopo di ciò, è recitato il paragrafo relativo alle frange, poiché contiene un comando che richiama tutti i comandamenti. »
    Leḥem mishneh (Abraham ben Moses de Bouton, sedicesimo secolo) nota che un'ottima spiegazione si ritrova nel Talmud (TB Ber. 13b):
    « R, Yehoshua ben Korha disse: Perché il passo dello shema [Ascolta] precede quello di vehayah im shamo`a [Se, quindi, obbedirete]? Affinché uno accetti prima su di sé il giogo del cielo e dopo il giogo dei comandamenti; e vehayah im shamo`a precede vayomer [il paragrafo relativo alle frange] perché vehayah im shamo`a si applica sia di giorno che di notte, mentre vayomer si applica solo durante il giorno [non essendoci obbligo di indossare un indumento con frange di notte]. »
    Di sicuro, commenta Leḥem mishneh, Maimonide avrebbe dovuto fornire questa spiegazione e non inventarsene un'altra.
    Leḥem mishneh dà una risposta (che sembra in parte basata su una lettura variante criticata da Kesef mishneh ad loc., in una nota che di per sé riconcilia le spiegazioni di Maimonide e del Talmud riguardo all'ordine dello Shema) ma la sua domanda attira l'attenzione sulla riformulazione del Talmud da parte di Maimonide. "Il giogo del cielo" diventa "l'unità del nome e l'amore e lo studio di Lui", precisamente come proposto nel Libro della Conoscenza, cioè Maimonide trasforma la sottomissione all'autorità divina in qualcosa di intellettualmente trattabile. Pertanto, con un sol tocco, e senza allontanarsene troppo, trasforma la sua fonte in linea con la sua struttura dei comandamenti. Shema diventa l'idea, vehayah im shamo`a rappresenta i comandamenti stessi, e vayomer si riferisce all'oggetto (l'indumento frangiato) che, come in molte spiegazioni maimonidee dei comandamenti uomo-Dio, è presentato come promemoria. In merito alla frase "lo studio di Lui" col significato di studio della metafisica, si veda Kellner, "Philosophical Themes", 18 segg. Cfr. anche la traduzione di Kellner del Libro dell'Amore, 184 n.15.
  63. Twersky riassume la sua discussione sull'uso maimonideo di rivolgersi direttamente al lettore nella Mishneh Torah come segue: "Rivolgersi direttamente [al lettore] sembra non essere soltanto una convenzione letteraria, ma un accorgimento educativo che lusinga e affascina il lettore, che ogni tanto viene incoraggiato a vedersi come uditorio singolo al centro dell'attenzione" (Introduction to the Code, 137). Il lettore dovrebbe considerare la Mishneh Torah in maniera personale. Negli ultimi quattro libri si percepisce come Maimonide non si veda come semplice registratore della legge civile, ma come compagno di banco del giudice — ciò a volte appare molto chiaramente, per esempio, alla fine di "Leggi degli Agenti e Soci", 10:5. Possiamo perlomeno dire che Maimonide pedagogo non è mai molto indietro a Maimonide legislatore.
  64. Sul modo in cui la Guida fu composta veramente, si veda Langermann, "Fusul Musa"; Kasher, "Early Stratum".
  65. La definizione è adattata da A Portrait of the Artist as a Young Man (Ritratto dell'artista da giovane), capitolo 5, in cui James Joyce fa dire al suo eroe Stephen Dedalus: "La personalità dell'artista passa nella narrazione stessa, fluendo intorno alle persone e intorno all'azione come un mare vitale."
  66. La ricerca è naturalmente il tema basilare di Hartman, Maimonides: Torah and Philosophic Quest.
  67. Alfarabi, Perfect State, 57.
  68. Ibn Pakuda, Duties of the Heart (Doveri del Cuore), 109 (EN).
  69. In ebraico "conoscere" è una sola parola, leida.
  70. Septimus, "What Did Maimonides Mean by Maida?", 86.
  71. Guida i.50 (p. 111). Sulle fasi di cognizione, vedi Nuriel, "Maimonides' Epistemology".
  72. "Leggi della Qualità Etiche", 3:3.
  73. "Leggi delle Fondamenta della Torah", 2:2.
  74. Si confronti l'osservazione di Halbertal in merito a questo passo: "Cognizione non è un'attività neutra, priva di desiderio ed emozione, perché avvolto in essa è il nucleo dell'esperienza religiosa, che è costruito sull'accoppiamento di attrazione e ritrazione" (Maimonides (He), 175); mia traduz.
  75. Guida iii.52 (p. 630).
  76. Vedi "Leggi delle Fondamenta della Torah", 2:10.
  77. Vedi "Leggi dell'Idolatria", 1:1. Bisogna riconoscere che "Leggi delle Fondamenta della Torah", 4:12, in cui il timore è associato con la consapevolezza della superiorità delle sfere e degli intelletti separati, offusca la distinzione. Il punto è forse che una volta che il significato essenziale di timore è compreso, allora la conoscenza dell'universo nutre sia amore che timore di Dio. In Guida iii.14 (pp. 456-9) Maimonide invero usa le magnitudini cosmiche come trampolino verso la comprensione della differenza qualitativo di Dio rispetto al mondo. "Leggi delle Fondamenta della Torah", 4:12, e amore e timore nella Mishneh Torah generalmente, sono rivisitati nel Capitolo 6 più oltre.
  78. Aristotele, Metafisica, 982b.
  79. Vedi Kemal, Poetics of Alfarabi and Avicenna, 157-69. Proprio come amore e timore fanno sorgere il desiderio di conoscenza, e alla fine del Libro della Conoscenza, la conoscenza porta all'amore, così la Mishneh Torah stessa si può dire porti dalla meraviglia ad una meraviglia plausibile — cfr. le osservazioni di Black su Avicenna in Logic and Aristotle’s Rhetoric and Poetics, 256-8.
  80. Confrontando l'approccio alla razionalizzazione dei comandamenti nella Guida con quello della Mishneh Torah, Rabbi Joseph B. Soloveitchick scrive: "Il Codice non ricerca la causalità oggettiva del comandamento, ma tenta di ricostruire il suo correlativo soggettivo" (The Halakhic Mind, 94). Si veda anche il Capitolo 4.4.
  81. "Leggi delle Fondamenta della Torah", 1:5.
  82. "Leggi dell'Idolatria", 1:3.
  83. "Leggi delle Fondamenta della Torah", 1:1.
  84. "Leggi dell'Idolatria", 1:2. L'epiteto viene ripetuto in Guida iii.29 (p. 516).
  85. Si confronti il commento di Josef Stern sulla spiegazione di Maimonide nella Guida riguardo ai comandamenti come opposizione alle pratiche rituali Sabei: "Rivelando gli antichi miti sabei che spiegano la legislazione mosaica dei huqqim, Maimonide crede pertanto di esporre uno dei maggiori miti del tempo – l'astrologia e la cultura che la circonda – e quindi una forma primaria di idolatria che la Legge è ancora impegnata a combattere" (Problems and Parables, 111).
  86. Si veda l'analisi dell’Epistola allo Yemen in Halbertal, Maimonides (He), 48-54.
  87. Vedi Guida ii.40 (p.382).
  88. Guida i.54 (p. 124).
  89. Esodo 33,13.
  90. Guida i.54 (p. 125).
  91. Kreisel, Maimonides' Political Thought, 15. Vedi anche id., "Imitatio Dei in Guide", 177 n.23 e "The Voice of God" (He); Ivry, "The Image of Moses in Maimonides".
  92. Vedi Halbertal, "Maimonides' Book of Commandments" (He).
  93. Con la possibile eccezione dell'ingiunzione d'essere santo, che vedremo nel prossimo capitolo.
  94. Vedi Guida ii.24 (p. 326).
  95. Vedi Guida ii.24.
  96. Si veda Num. 12:8.
  97. Ciò infatti è il contrario dell'idea della Torah come mappa della creazione. Si veda Kellner, "Did the Torah Precede the Cosmos?" (He).
  98. Si noti comunque che secondo Strauss, questo era solo un insegnamento pubblico e Maimonide in realtà accettava che la profezia successiva eccedesse quella di Mosè nella "scienza della Legge" — si veda Strauss, "How to Begin to Study The Guide", pp. xxxii-xliii. Levinger sostiene che Maimonide avesse un'opinione evolutiva della legge stessa — si veda il suo Maimonides as Philosopher and Codifier (He), 56-66.
  99. Vedi "Introduction to Perek ḥelek" (Commentary on the Mishnah, Order Nezikin, 138) – per la traduzione, si veda Twersky, Maimonides Reader, 412; "Leggi del Pentimento", 8:2; Kellner, Maimonides' Confrontation with Mysticism, 220-9; Davidson, Moses Maimonides, 164.
  100. "Leggi del Pentimento", 9:1.
  101. Si veda Halbertal, Maimonides (He), 177.
  102. Salmi 25,10.
  103. Guida iii.12 (p. 446).
  104. Avicenna descrive i gradi di immortalità e inoltre assegna alla moralità un ruolo per raggiungerli. Si veda Davidson, Alfarabi, Avicenna and Averroes on Intellect.
  105. Sull'aspetto cognitivo dei comandamenti si veda anche "Razionalizzando i comandamenti" al Capitolo 4.
  106. Quattordici potrebbe essere importante nel raggruppamento dei comandamenti nel Libro dei Comandamenti — vedi Introduzione, nota 259.
  107. Wolpert, The Unnatural Nature of Science, 7. Si confronti l'osservazione di Einstein: "Uno potrebbe dire «l'eterno mistero del mondo è la sua comprensibilità»" (Later Years, 61). Non essendo uno scienziato, accetto la testimonianza di Wolpert e non ho pretese d'essere in grado di giudicare i meriti di tentativi che intendono dissipare il mistero usando il principio antropico. Qui il punto è quello di chiarire la visione del mondo da parte di Maimonide.
  108. Vedi Guida ii.4 (p. 257); ii.12 (p. 280); ii.37 (pp. 373-5). Davidson, Alfarabi, Avicenna and Averroes on Intellect; Ivry, "Arabic and Islamic Psychology". Kraemer lo riassume come segue: "Noi umani pensiamo attraverso lo stesso Intelletto (Agente), come se le nostre menti fossero i nostri computer personali collegati al computer principale, la mente cosmica, or Intelletto Agente... L'universo ha una mente e noi pensiamo usandola. L'universo è razionale e conoscibile perché la stessa mente cosmica che determina il suo ordine (le leggi della natura) illumina l'intelligenza umana" ("Islamic Context", 55).
  109. Strauss fa un collegamento simile tra ragione e legge in Maimonide tramite il numero quattordici quale numero di capitoli del Trattato sulla Logica ed il numero di libri della Mishneh Torah, ma senza la dimensione cosmica:
    « Ci deve essere una connessione tra il numero 14 da una parte, e logica e legge dall'altra? Nel 14° capitolo della Guida, spiega il significato di "uomo". Suggeriamo questa spiegazione: Uomo, essendo l'animale che possiede la parola, è allo stesso tempo sia l'animale razionale che viene perfezionato dall'arte del ragionamento, sia l'animale politico che viene perfezionato dalla legge. »
    ("Maimonide's Statement", 126)

    È possibile tuttavia che almeno un precedente scrittore abbia percepito più profondamente l'importanza del numero quattordici nelle opere di Maimonide. Rabbi Nissim b. Moses di Marsiglia scrisse un commentario intitolato Ma`aseh nisim, in cui si appronta a dimostrare che i miracoli nella Torah potrebbero essere spiegati dalla causalità naturale. Kreisel esserisce che la principale influenza alla base dell'approccio razionalista di R. Nissim fu Maimonide (Ma`aseh nisim, 1). La prima parte del commentario di R. Nissim è un'introduzione filosofica, nel corso della quale associa il versetto "Facciamo l'uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza" (Gen. 1,26) con l'idea dell'uomo come microcosmo (Ma`aseh nisim, 245), un'associazione che abbiamo trovato nel precedente capitolo di "Leggi delle Fondamenta della Torah" e "Leggi delle Qualità Etiche". Quella prima parte ha quattordici capitoli. Kreisel osserva: "Non è una coincidenza che la prima parte abbia un totale di quattordici capitoli, numero prominente negli scritti di Maimonide" ("Philosophical-Allegorical Interpretation of the Torah" (He), 301 n. 19). Potrebbe essere che R. Nissim non imitasse il numero prominente di Maimonide, ma capisse molto bene cosa significasse e volesse importare il suo significato cosmico e razionalista. Seguendo Colette Sirat, Kreisel data il commentario verso il 1315-25 ("Philosophical-Allegorical Interpretation of the Torah" (He), 299 n. 12).

  110. Vedi le versioni online, in (EN) a Wikisource Kitab al Khazari, in (He) a ספר הכוזרי.
  111. Guttmann, Philosophies of Judaism, 121. Maimonide fu un successore, naturalmente, non un predecessore.
  112. Guttmann, Philosophies of Judaism, 125.
  113. Guttmann, Philosophies of Judaism, 126.
  114. Per esempio in Kuzari 5:22.
  115. La sua impazienza verso coloro che preferiscono il miracoloso al vedere il divino nella natura viene espressa in Guida i.6 (pp. 263-4).
  116. Kuzari iii.23.
  117. Vedi supra, Introduzione, nota 181. Per un resoconto completo e riferimenti, vedi Klawans, Purity, Sacrifice, and the Temple, 111-44.
  118. Malter, Saadia Gaon: His Life and His Works (1926), 186.
  119. Vedi anche il Commentario Corto su Esodo 25,7.
  120. "Leggi del Tempio", 6:16, potrebbe essere interpretato come dicesse l'opposto, ma vedi Kellner, Maimonides' Confrontation with Mysticism, 107-15.
  121. Su Maimonide e Ibn Ezra, si veda Twersky, "Did Ibn Ezra Influence Maimonides?" (He). Sull'uso maimonideo dell'analogia nella Guida, si veda Schwartz, "Maimonides' Philosophical Methodology" (He).
  122. Ma si veda Hadad, "Nature and Torah in Maimonides" (He), 132-47. Hadad interpreta il resoconto di Maimonide riguardo al Tempio come una parabola destinata a rimpiazzare una comprensione pagana dei processi cosmici con una vera.
  123. Vedi Guida iii.32.
  124. Vedi "Leggi dell'Idolatria", 1:2.
  125. Klawans, Purity, Sacrifice,and the Temple, 115.
  126. Vedia anche Gersonide, Commentary on Song of Songs, (EN) trad. Kellner, Introduzione del Traduttore, pp. xxix-xxxi.
  127. Vedi Idel, Kabbalah: New Perspectives, 253. Idel scrive dal punto di vista della kabbalah. Per un trattamento della materia dal punto di vista di Maimonide, vedi Kellner, Maimonides’ Confrontation with Mysticism.
  128. Kellner, Maimonides’ Confrontation with Mysticism, 5-31.
  129. Stern, "Idea of a Hoq", 97.
  130. Qui seguo la linea di Tzvi Langermann riguardo alla critica dell'astrologia da parte di Maimonide. Gad Freudenthal pensa che Maimonide non sia riuscito a mettere in piedi un caso coerente. Vedi Langermann, "Maimonides' Repudiation of Astrology"; Freudenthal, "Maimonides' Philosophy of Science".
  131. Kellner, "Did the Torah Precede the Cosmos?" (He). Kellner asserisce che i midrashim stessi sono intesi semplicemente ad esprimere la nozione che l'esistenza dell'universo non è priva di valore e che c'è voluta un'interpretazione troppo letterale per far loro appoggiare il tipo di idee che Maimonide affronta.
  132. Idel, Kabbalah: New Perspectives, 112. Judah Halevi rifiutò la teoria dell'emanazione a favore delle sefirot — vedi Kuzari, iv.25, v. 22.
  133. Idel, "Maimonides and Kabbalah", 44.
  134. Commentary on Ta`ame ha-Mitzvot, cur. H. Lieberman (Londra, 1963), fo. 3a, citato in Idel, "Maimonides and Kabbalah", 44.
  135. Scholem, Kabbalah, 45.
  136. Vedi Idel, "Maimonides and Kabbalah".
  137. vedi Blumenthal, "Maimonides' Intellectualist Mysticism". Secondo Idel, Maimonide godette di maggior favore tra alcuni dei cabalisti estatici, piuttosto che tra i cabalisti teurgici — vedi "Maimonides and Kabbalah", 70.
  138. Idel, Kabbalah: New Pespectives, 252-3 (mia traduz.)
  139. Guida iii.9 (pp. 436-7).
  140. "Secondo lo stesso Maimonide, la natura era una via importante e, secondo l'opinione di S. Pines, l'unica via per l'apprensione della realtà del divino. Pertanto, un vero interesse per i fenomeni naturali era un requisito religioso, quasi un obbligo... I cabalisti, invece, non erano interessati alla natura come vero dominio di contemplazione" (Idel, "Deus Sive Natura", 100).
  141. Vedi Idel, Kabbalah: New Perspectives, 227-8.
  142. Kalman Bland, "Beauty, Maimonides, and Cultural Relativism", 103. Vedi anche ad hoc nell'Introduzione.
  143. Si confronti Kemal sulla poetica di Alfarabi:
    « Spiegando che il discorso poetico è immaginativo, al-Farabi implica che la poesia manca di interesse per la verità oppure è falsa. Il discorso poetico consiste di affermazioni che hanno significato e che, sebbene né vere né false, al meglio mostrano le connessioni che [tale discorso poetico] cerca di fare... Vale a dire, la poesia è autoriflessiva nonostante la sua base nelle rappresentazioni immaginative. La ragione semplice ed essenzialmente corretta di ciò è che il discorso poetico, essendo costituito da rappresentazioni immaginative, non può essere vero nel mondo per le ragioni succitate, ma di certo rivela qualcosa delle menti che costruiscono quelle rappresentazioni. »
    (Poetics of Alfarabi and Avicenna, 123)

    Parimenti, il punto della forma della Mishneh Torah, secondo la mia interpretazione, è di mostrare certe connessioni e rivelare la mente che le ha costruite. La questione di quanto Maimonide considerasse vere le sue rappresentazioni del mondo e quanto siano un costrutto immaginario viene considerata nuovamente nel Capitolo 6.

  144. Vedi Guida iii, Introduzione (p. 416). "Tradizione ricevuta" è il significato basilare di "kabbalah".
  145. Vedi Idel, "Maimonides and Kabbalah".