La Filigrana Zen di Henry Miller/Conclusione
To be joyous is to carry the ego to its last summit and to deliver it triumphantly. To know peace is total: it is the moment after,
when the surrenderer is complete, when there is no longer even the consciounsness of surrender.
Peace is at the centre and when it is attainded the voice issues forth in praise and benediction.
Then the voice carries far and wide, to the outermost limits of the universe. Then it heals,
because it brings light and the warmth of compassion.(The Colossus of Maroussi)
Conclusione
modificaLe contraddizioni sono una componente integrale nello studio di Miller. La ricerca su Miller si è concentrata principalmente sull'inserimento dei suoi scritti in un altro movimento o collegandoli al lavoro di un altro scrittore più illustre. Ciò di solito è stato fatto per aggiungere una certa gravità intellettuale o letteraria che si pensava mancasse a Miller. La ricerca storica su Miller ha interpretato il suo lavoro attraverso la lente del Surrealismo o in connessione ad esso, al Modernismo anglo-europeo, a Ezra Pound e Georges Bataille per citarne solo alcuni. C'è la sensazione che Miller non possa stare da solo, per conto suo. Nel sostenere che Miller sia degno di una ricerca accademica attesa da tempo, sembra esserci ancora la necessità di migliorare Miller tramite il riflesso del valore accettato di un altro scrittore. Penso che ci sia ancora il sospetto che Miller non sia proprio tra i migliori. Ciò è comprensibile se si considera quanto sia stata danneggiata la reputazione milleriana dalla famigerata valutazione di Kate Millett in Sexual Politics e quanto tale opinione sia stata refrattaria a cambiare. Utilizzando la recente recensione di Jeanette Winterson di Renegade: The Making of Tropic of Cancer di Frederick Turner nella mia Introduzione, sono stato in grado di mostrare quanto rimanga potente la rappresentazione che la Millett fa di Miller, sebbene sia vero che la questione del genere/sesso nella magna opera di Miller è più complessa della portata di questo mio saggio. Credo che in parte la necessità di collegare Miller a figure e movimenti affermati sia dovuta alla necessità di riabilitare la sua reputazione, di dimostrare che è degno di ricerca. Non è semplicemente un pornografo misogino di dubbio merito letterario, ma uno scrittore che merita la sua giusta posizione all'interno del canone surrealista o modernista. Ciò ha portato a un taglio della stoffa per adattarla all'abito, quindi gran parte della ricerca su Miller si occupa esclusivamente di Tropic of Cancer e Tropic of Capricorn o si occupa di The Rosy Crucifixion in modo frammentario solo per poi interrompersi bruscamente. Come ho riconosciuto, la qualità del lavoro di Miller diminuisce effettivamente dal 1950 in poi. La natura rivoluzionaria e sperimentale della sua scrittura termina nel 1939 con Tropic of Capricorn, tuttavia ignorare la sua prodigiosa produzione negli ultimi trent'anni della sua vita è dare una falsa impressione della sua vita e del suo lavoro. Gli studiosi di Miller sono negligenti se si concentrano solo sulle sue pubblicazioni fondamentali nella speranza mal riposta di assicurare più rispetto per i suoi scritti. Il quadro attraverso il quale Miller è stato studiato è ristretto, tuttavia questo lascia ancora molto da fare.
Quando iniziai a pensare a Miller come possibile soggetto per un mio saggio, notai dalla mia lettura che non sembrava esserci alcuna ricerca che considerasse la produzione letteraria di Miller nel suo insieme e che sebbene fosse generalmente riconosciuto che Miller fosse uno buddhista Zen, non avevo idea di come fosse successo o di come avesse influenzato il suo lavoro. Avevo letto tutto Miller negli anni ’70, quando era ancora vivo, e mi ci ero appassionato: mi piaceva molto i suo stile di scrittura e il modo in cui esprimeva i suoi pensieri più strani. Per il primo anno della mia successiva ricerca ero convinto che Miller fosse in realtà un anarchico, forse non il più impegnato politicamente, ma comunque un anarchico. Fu solo leggendo in modo più approfondito, e leggendo in modo cruciale i suoi successivi saggi, la corrispondenza personale e gli opuscoli, che mi resi conto che non era l'anarchismo a sostenere il suo lavoro, ma una crescente adesione ai principi del buddhismo Zen.
È difficile vedere la connessione tra opere così diverse come Tropic of Cancer, "An Open Letter to Surrealists Everywhere" e Stand Still Like the Hummingbird. A volte la violenza, la crudeltà, l'indifferenza e la rabbia nei primi lavori di Miller sono travolgenti; come si passa da questo all'autocoscienza e all'accettazione nelle sue opere successive? Sostenere semplicemente che Miller è sempre stato un buddhista Zen è incoerente con il suo lavoro. Nell'introduzione a questo studio ho mostrato come Miller fosse sempre stato interessato alla filosofia orientale e la sua lettura personale includeva continuamente libri su varie forme di spiritualità, tuttavia questo non è sempre riconoscibile nei suoi primi lavori. Ci sono senza dubbio alcune immagini che possono essere ascritte al buddhismo Zen in Tropic of Cancer per esempio, il motivo del fiume che compare ripetutamente in tutto il testo. Direi che in effetti può essere posta su di esso un'interpretazione Zen, ma altrettanto ci si possono vedere la fluidità e il movimento bergsoniani. Come ho dimostrato, l'uno non esclude l'altro, anzi è l'esatto contrario, è un esempio dell'interpretazione brgsoniana di Miller che si combina con un senso latente dell'immaginario buddhista Zen. Affermare che il motivo del fiume è la prova del buddhismo Zen di Miller in Tropic of Cancer è in qualche modo in malafede: il processo attraverso il quale Miller raggiunge il buddhismo Zen deve aver modo di svolgersi, piuttosto che ipotizzarlo retrospettivamente. La domanda a cui volevo rispondere con questo saggio è come Miller arrivasse al buddhismo Zen nella sua vita e nel suo lavoro successivi — quali influenze possiamo vedere in azione mentre Miller si sforza di trovare la sua voce autentica nella sua prima carriera e come queste influenze continuino a manifestarsi e contribuiscano a far avanzare il percorso di Miller come scrittore e verso il buddhismo Zen. Apprezzo particolarmente la caratterizzazione di Sarah Garland che presenta Miller come una "gazza ladra" che raccoglie, digerisce e scarta idee e teorie, e direi che si adatta al suo programma di scrittore in quel momento specifico. Il viaggio di Miller, e direi con forza che questo è il modo in cui la sua vita e la sua produzione letteraria dovrebbero essere viste, è di completa individualità. Miller non è un discepolo o un seguace; non cerca l'inclusione ma piuttosto la scoperta del Sé. In questa ricerca coopta teorie e concetti che spesso migliorano o aiutano a spingere in avanti le sue convinzioni già formate a metà.
Prima di trasferirsi a Parigi nel 1930, Miller si considerava uno scrittore che non sapeva scrivere. La sua incapacità di trovare un modo autentico di esprimersi e il caos della sua vita personale lo portarono a un esaurimento nervoso; il punto chiave però è che Miller si è sempre considerato uno scrittore. Questo porta direttamente all'influenza che il lavoro di Otto Rank ebbe sulla concezione di se stesso come scrittore, su come questo abbia avuto un impatto sulla sua vita e, a sua volta, su come la sua vita fosse materiale da utilizzare. Nel Capitolo 1 ho mostrato come le teorie di Rank consentissero a Miller di razionalizzare le sofferenze che aveva subito. L'idea che la creatività di Miller lo distinguesse dal collettivo e che la sua auto-designazione come artista costituisse una rottura irrevocabile dalla società, diede a Miller le basi su cui ricostruire il suo senso di sé, ma anche sfidare le sue nozioni preconcette di fallimento e successo. Queste idee venivano direttamente da Rank. Allo stesso modo, la teoria di Rank dell'Imperativo Biologico permise a Miller di rivalutare la sua relazione con la moglie e musa, June Mansfield, liberandolo infine dalla relazione reale e permettendogli di usarla come materiale attraverso il quale esplorare la propria evoluzione quale scrittore e uomo. La riscrittura da parte di Miller di quel periodo cruciale di sette anni della sua vita come mezzo attraverso il quale ottenere chiarezza e accettazione, inizia con la sua lettura di Rank. C'è un senso di movimento e flusso nei primi lavori di Miller, qualcosa che ho guardato specificamente in relazione alla filosofia di Henri Bergson nel Capitolo 2. Insieme a Rank, Bergson fornì a Miller i mezzi per comprendere le sue esperienze di vita come materiale, sfidando le sue nozioni di tempo e realtà. La preoccupazione di Miller per lo stesso periodo di sette anni della sua vita, e il quasi vedere la sua vita prima di incontrare la Mansfield puramente come preparazione per il loro incontro, potrebbe essere vista come obsoletamente ripetitiva, se tale preoccupazione non viene riconosciuta come un esercizio di Durata e Intuizione bergsoniana. La compenetrazione del passato e del presente, unita all'incapacità dei concetti statici di rendere la realtà, offrirono a Miller la libertà di rivalutare e riscrivere le sue esperienze di vita poiché quando le sue concettualizzazioni del passato cambiano, esse diventano "reali" come gli originali . Questo spiega in parte l'atteggiamento piuttosto lassista di Miller nei confronti della verità biografica, e perché le sue rappresentazioni di alcuni episodi cambino nel tempo. Fondamentale per l'influenza di Bergson su Miller è la sua idea del "divenire". Come ho mostrato nel Capitolo 2, Tropic of Cancer è un romanzo in cui Miller cerca di rispecchiare in prosa le teorie di Bergson. È un'opera in divenire; non è un romanzo finito e rifinito. Miller mira, attraverso il linguaggio e il ritmo, a incarnare le idee di Bergson sul movimento, il flusso costante e la compenetrazione del tempo. Sebbene sarebbe gradualmente tornato a un senso più cronologico del tempo nei suoi romanzi autobiografici, Bergson fornì a Miller l'impulso per creare la sua scrittura più sperimentale e forse migliore. Nel Capitolo 3 ho esaminato come Miller fosse stato influenzato dal Surrealismo. A differenza di molti altri studiosi di Miller, ho sostenuto che piuttosto che un momento intellettuale seminale nella vita di Miller che abbia avuto un'influenza duratura, il Surrealismo può essere letto come un esempio di Ideologia Artistica rankiana e qualcosa che Miller alla fine rifiutò di continuare come suo percorso individuale. Credo di aver dimostrato che, per quanto Miller possa aver sperimentato l'Automatismo e concordato con i surrealisti sulla necessità di trovare un nuovo linguaggio, liberato dai vecchi vincoli, attraverso il quale comunicare, alla fine respinse la loro politica e la loro relegazione dell'artista al processo creativo attraverso l'Automatismo. In linea con un'analisi di Rank, Miller interagì con la principale Arte-Ideologia dell'epoca, come fucostretto a fare, ma a tempo debito riscoprì la propria creatività, rinvigorita e più individuale che mai.
Quello che mi è diventato chiaro è che Miller necessitò di ciascuna di queste influenze per darsi le basi come scrittore e uomo. Rank influenzò le sue nozioni di se stesso come artista e la necessità di rivalutare costantemente il suo passato per acquisire comprensione. Bergson sfidò le sue idee di tempo e realtà, permettendogli di liberarsi da concetti cronologici e di immaginare sensi di consapevolezza sovrapposti. Il Surrealismo consolidò il suo allontanamento dalla politica e la sua necessità di essere presente e attivo nella propria narrativa. Direi che ognuno di questi fattori pose le basi del buddhismo Zen di Miller. Ognuno aggiunse in modo incrementale l'incorporazione del buddhismo Zen nella sua vita e nel suo lavoro — senza nessuna di queste influenze la traiettoria milleriana sarebbe cambiata. Nel Capitolo 4 ho dimostrato come l'influenza del buddhismo Zen sull'opera di Miller sia stata graduale ma alla fine completa. Miller non diventò tutt'a un tratto un buddhista Zen — fu un'evoluzione nel corso degli anni, e ho cercato di mostrare questa evoluzione tramite le sue pubblicazioni. Dalla lotta per riconciliare la sua natura con i principi del buddhismo Zen in "Children of the Earth", alla sua incapacità di praticare il distaccamento in "Reflections on Writing", purtuttavia trovando pace e perdono finali attraverso il buddhismo Zen in Mother, China and the World Beyond. Il viaggio di Miller verso Satori non fu veloce, facile o senza ostacoli.
Quello che credo offra questo wikilibro è un modo nuovo e completo per leggere l'intera produzione di Miller, non solo le sue opere più famose. Piuttosto che analizzare il lavoro di Miller attraverso il prisma di un altro movimento o scrittore, ho cercato di mostrare come egli sia stato influenzato, ma alla fine abbia perseguito un percorso unico e individuale. Mi hanno aiutato a comporre questo quadro milleriano gli articoli di David Stephen Calonne e la sua recente biografia, specie nel vedere l'importanza della filosofia orientale nella vita di Miller, ma ho però voluto mostrare come questa influenza possa essere letta in tutte le sue opere piuttosto che solo nella sua vita. C'è una forte argomentazione da sostenere sul fatto che le opere complete di Miller possono essere lette come una cronaca del suo viaggio verso il buddhismo Zen, con diverse fasi in cui incorporava varie posizioni filosofiche, ma muovendosi costantemente verso un'epifania inquadrata nel buddhismo Zen. In un periodo di rinnovato interesse accademico per Miller, spero che le idee esplorate in questo studio offrano un approccio alternativo al modo in cui interagiamo con l’opera omnia di Miller e contrastino la necessità di inserirlo in caselle accademiche accettabili. Ci sono senza dubbio ulteriori ricerche da fare sull'influenza del buddhismo Zen in Miller, specialmente in relazione alle sue opere e alla sua corrispondenza personale. Presuntuoso è quel ricercatore che crede di aver fornito la Stele di Rosetta per le opere di un qualsiasi autore, tuttavia credo che immaginare la produzione letteraria di Miller come una progressione verso il buddhismo Zen offra l'opportunità di riesaminare tutti i suoi testi da una nuova prospettiva.