Elettronica fisica/Amplificazione

Indice del libro

Circuiti attivi

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Gli elementi circuitali considerati sino ad ora, sia lineari (resistenze, capacità, induttanze e generatori indipendenti), sia non lineari (diodi), sono detti passivi in quanto consentono di effettuare molte operazioni sui segnali elettrici, ma non una che è veramente fondamentale, l’amplificazione: ottenere da un segnale debole una copia fedele di potenza maggiore. I componenti capaci di fornire amplificazione si dicono attivi ed una rete si dice passiva o attiva a seconda che sia composta solo da componenti passivi o contenga anche componenti attivi.

L’amplificazione, combinata con la reazione (positive feedback o regenerative feedback) consente di ottenere un’altra funzione fondamentale: la generazione dei segnali.

La combinazione di amplificazione e controreazione (negative feedback)[1] consente invece di ottenere nelle prestazioni dei circuiti elettronici livelli di precisione impensabili sulla base della scarsa precisione intrinseca ai dispositivi a semiconduttore. Le applicazioni dell’amplificatore operazionale ne sono un esempio.

Amplificatore ideale

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Il comportamento di un amplificatore ideale, ad esempio di tensione, è descritto dalla relazione lineare

  (3.1)

dove Vin è la tensione applicata all’ingresso dell’amplificatore, Vout la tensione ottenuta all’uscita e A è una costante reale, detta coefficiente di amplificazione o guadagno. Un tale dispositivo è schematizzato in fig. 3.1 come un generatore controllato ideale che fornisce una tensione Vout proporzionale alla tensione di controllo Vin.


Non esiste nessun singolo dispositivo fisico che consenta di ottenere direttamente le prestazioni descritte dalla eq. 3.1; nella pratica le relazioni tra le variabili di ingresso e di uscita di un dispositivo amplificatore sono più complicate e non lineari, come illustrato ad esempio dalle famiglie di curve delle figure 4.7b e 5.8. È possibile però, combinando opportunamente più dispositivi, realizzare circuiti il cui comportamento si avvicina considerevolmente a quello ideale, come nel caso degli amplificatori operazionali.

Tra i dispositivi fisici che consentono di ottenere amplificazione i più diffusi oggi sono di gran lunga i transistor: bjt (bipolar junction transistor), jfet (junction field effect transistor), mosfet (metal oxide semiconductor field effect transistor).

Una caratteristica comune a questi dispositivi attivi è di essere dotati di tre terminali, che formano due porte: porta 1 o di ingresso (in) e porta 2 o di uscita (out), con uno dei tre terminali in comune tra le due porte (fig. 3.2).[2]


Variabili dipendenti ed indipendenti

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La possibilità di amplificare un segnale deriva dal fatto che, una volta che il dispositivo sia opportunamente polarizzato, le variabili elettriche della porta di ingresso, tensione o corrente, sono in grado di controllare e variare tensioni e correnti più intense nella porta di uscita. Le relazioni matematiche tra le variabili di ingresso (I1, V1) e di uscita (I2, V2) sono determinate dai meccanismi fisici di funzionamento dei dispositivi amplificatori, esaminati nei capitoli seguenti. Alcune considerazioni però sono del tutto generali e prescindono dal particolare dispositivo utilizzato.

La rete a due porte di fig. 3.2 è dotata di due gradi di libertà: delle quattro variabili I1, V1, I2, V2 se ne possono scegliere due come indipendenti e le altre due saranno funzioni delle prime. Nello studio dei circuiti elettronici risulta conveniente considerare come indipendenti una variabile scelta tra quelle di ingresso ed una scelta tra quelle di uscita, ad esempio V1 e V2.

Questo equivale concettualmente a collegare un generatore di tensione ideale alla porta di ingresso ed uno alla porta di uscita, imporre i valori delle tensioni ed avere le correnti determinate di conseguenza:

  (3.2)
  (3.3)


Analogamente è possibile scegliere I1 e I2 come indipendenti, collegando concettualmente due generatori di corrente ideali alle due porte, oppure una tensione ed una corrente. Sono possibili in tutto le quattro combinazioni:

 
 
 
 
 
 
 
 
(3.4)

È possibile anche considerare come indipendenti entrambe le variabili di ingresso o di uscita ed avere quindi:

 
 
 
 
(3.5)

Questa scelta però risulta conveniente solo per lo studio di linee e reti di trasmissione e non viene normalmente utilizzata per lo studio del funzionamento di dispositivi amplificatori.

Le varie combinazioni di variabili indipendenti e dipendenti forniscono descrizioni del dispositivo amplificatore completamente equivalenti dal punto di vista matematico. Alcune combinazioni risulteranno nell’uso più convenienti di altre in relazione alle caratteristiche dei dispositivi che si dovranno descrivere, come si vedrà nei capitoli seguenti.

Modelli lineari per i dispositivi a due porte

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A differenza della relazione ideale 3.1, le relazioni 3.4 sono praticamente sempre fortemente non lineari. Come è stato già fatto nel caso del diodo a giunzione nei paragrafi 2.12 e 2.13, anche per i dispositivi amplificatori a due porte è di solito possibile individuare un punto di lavoro intorno al quale le relazioni tra tensioni e correnti sono sufficientemente lineari da poter essere descritte da uno sviluppo in serie di Taylor arrestato al primo ordine (ed anche da consentire un funzionamento del dispositivo senza troppa distorsione). Seguendo il procedimento e la notazione del par. 2.13, dalle equazioni 3.4 si ottiene, differenziando intorno al punto di lavoro rispetto a ciascuna delle due variabili indipendenti e sottraendo poi i valori costanti corrispondenti al punto di lavoro:

 
 
 
 
 
 
 
 
(3.6)

Per ogni rete lineare (o linearizzata) a due porte sono perciò possibili quattro modelli equivalenti, ciascuno descritto da quattro costanti (o parametri), corrispondenti alle quattro derivate che compaiono in ciascuna coppia delle eq. 3.6. La scelta delle variabili indipendenti determina le dimensioni dei parametri del modello. Si possono avere quattro conduttanze ( ), dette parametri g, quattro resistenze ( ), dette parametri r, o quattro parametri misti, una conduttanza, una resistenza e due numeri puri ( ), detti parametri h (hybrid) ed m (mixed). Ogni parametro è individuato da due indici di cui il primo indica la variabile dipendente (1: ingresso, 2: uscita) ed il secondo la variabile indipendente rispetto a cui è calcolata la derivata. Con queste notazioni, sostituendo  , ecc., le eq. 3.6 diventano

 
 
 
 
 
 
 
 
(3.7)

Modelli lineari per i dispositivi a due porte 41

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Alcuni autori utilizzano la lettera y per la famiglia di parametri qui indicata con la g e la lettera g per la famiglia di parametri misti m. Questa scelta non sembra felice, in quanto nell’uso abituale la lettera g è utilizzata per indicare una conduttanza.

In ognuna delle quattro famiglie di parametri (g, m, h, r) compare un parametro di ingresso ed uno di uscita, individuati dagli indici 11 e 22 e due parametri di trasferimento. L’indice 21 identifica il parametro di trasferimento diretto e descrive l’azione di un segnale, tensione o corrente, secondo i casi, applicato alla porta 1 (l’ingresso) sulle variabili di uscita alla porta 2; il parametro con indice 12 indica invece il trasferimento inverso, cioè l’effetto di un segnale applicato al circuito di uscita sulle variabili di ingresso.

In base a questi significati i parametri sono identificati anche con gli indici i, f, r, o anziché con gli indici numerici utilizzati fino ad ora. Ad esempio, nel caso dei parametri g ed h, che sono i più utilizzati nella descrizione dei transistor, si ha:

  1.   conduttanza di ingresso (input)
  2.   conduttanza di trasferimento inverso (reverse)
  3.   conduttanza di trasferimento diretto (forward)
  4.   conduttanza di uscita (output)
  5.   resistenza di ingresso (input)
  6.   trasferimento di tensione inverso (reverse)
  7.   trasferimento di corrente diretto (forward)
  8.   conduttanza di uscita (output)


Ai quattro gruppi di equazioni corrispondono i quattro diversi circuiti lineari, modello del dispositivo, riportati in fig. 3.3. Ad ognuna delle due porte è presente un generatore di tensione o corrente, seconda dei casi, controllato dalla variabile elettrica dell’altra porta; ad ogni generatore (e quindi ad ogni porta) è associata una conduttanza in parallelo, se di corrente, ed una resistenza in serie, se di tensione.

Un generatore controllato ideale è un generatore che eroga una tensione (o una corrente) il cui valore è proporzionale al valore di una variabile elettrica in un altro punto del circuito. `E il generatore controllato che schematizza gli effetti fisici fondamentali alla base dell’amplificazione: un segnale elettrico (piccolo) all’ingresso di un dispositivo amplificatore controlla variabili elettriche nel circuito di uscita di potenza (auspicabilmente) molto maggiore.

Trasferimento diretto ed inverso

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Una rete lineare che non contiene dispositivi attivi a due porte è una rete reciproca: i parametri di trasferimento diretto ed inverso sono identici. I dispositivi attivi a due porte hanno l’importante caratteristica di rendere una rete lineare non reciproca, in quanto la presenza dei generatori controllati rompe la simmetria della matrice che descrive la rete, che è alla base della reciprocità. Un esempio di rete lineare non reciproca è data dall’amplificatore ideale di tensione di fig. 3.1, che corrisponde ad un modello a parametri m con valori:

 
 
 
 
(3.8)

In questo caso la rete oltre ad essere non reciproca è anche unilaterale: un segnale all’ingresso ( ) produce un segnale all’uscita ( ), ma un segnale applicato all’uscita ( ) non produce alcun effetto all’ingresso ( ).

La unilateralità è una condizione ideale per un circuito od un dispositivo amplificatore. Gli amplificatori operazionali possono essere considerati a tutti gli effetti, con ottima approssimazione, equivalenti a dispositivi attivi unilaterali. Nel caso invece dei componenti attivi elementari (transistor) la condizione di unilateralità è solo approssimativa.

  1. Insieme ad un uso accorto delle simmetrie nei circuiti, come nell'amplificatore differenziale (par. 4.10).
  2. È possibile ottenere amplificazione anche da componenti ad una sola porta, come ad esempio dalle resistenze negative fornite da particolari tipi di diodi (diodi tunnel, diodi Gunn).