Ebrei e Gentili/Universalista
perché se si suppone che Egli non esistesse, allora nient'altro potrebbe esistere.
(Maimonide)
Maimonide fu veramente universalista?
modificaLo fu veramente? Esistono circa mezza dozzina di passi nei suoi scritti da cui appare che egli distingua gli ebrei dai non ebrei in un qualche senso intrinseco, così d aritenerlo in ultima analisi più vicino a Halevi che al Maimonide descritto in questo nostro studio.
Rivolgiamoci dunque ai testi stessi: c'è una varità di passi nella Mishneh Torah in cui egli sembra imputare agli ebrei qua ebrei certe caratteristiche morali assenti nei non ebrei qua non-ebrei. Sono:
- 1. "Leggi del Pentimento", 2:10
È proibito essere ostinati e non lasciarsi placare [quando una persona chiede perdono per qualche trasgressione]. Al contrario, si deve lasciarsi pacificare facilmente e non farsi prendere dall'ira. E, quando un tragressore chiede perdono, si deve perdonarlo con mente sincera e spirito volenteroso... Il perdono è naturale per la progenie d'Israele, caratteristico del loro cuore retto. Non sono così i gentili[1] dal cuore incirconciso [di cui fu detto], "conserva la sua collera per sempre" (Amos 1:11). Pertanto dei Gabaoniti che non perdonarono e rifiutarono di rappacificarsi, sta detto: "Ora i Gabaoniti non facevano parte dei figli d'Israele" (2 Sam. 21:2).[2]
- 2. "Leggi del Rapporto Proibito", 19:17
Tutte le famiglie si presume siano di discendenza valida ed è permesso in primo luogo sposarsi con loro. Ciononostante, si dovesse verificare che due famiglie siano in continuo conflitto tra loro, o una famiglia costantemente presa da litigi e alterchi, o un individuo che è eccessivamente polemico con tutti, ed è eccessivamente impudente, ci si deve preoccupare per questi, ed è consigliabile mantenere le distanze, poiché questi tratti indicano una discendenza invalida... Parimenti, se una persona esibisce impudenza, crudeltà, o misantropia, e non esegue mai atti di gentilezza, si deve sospettare fortemente che egli sia di discendenza Gabaonita, poiché i segni distintivi di Israele, la nazione santa [ha’umah hakedoshah], sono modestia, misericordia e amorevolezza, mentre del Gabaonita sta detto: "Ora i Gabaoniti non facevano parte dei figli d'Israele" (2 Sam. 21:2), perché indurirono i loro volti e rifiutarono di placarsi, dimostrando nessuna misericordia per i figli di Saul, né fecero atto di cortesia verso i figli di Israele, perdonando i figli del loro re, nonostante Israele dimostrasse loro grazia all'inizio e risparmiassero le loro vite.[3]
- 3. "Leggi dei Donativi ai Poveri", 10:1-2
È nostro dovere essere più accorti nell'osservanza del comandamento della carità [tzedakah] rispetto a qualsiasi altro comandamento positivo, poiché fare la carità è il segno degli individui giusti che sono della progenie di nostro padre Abramo, in quanto sta detto: "Io infatti l'ho scelto, perché ordini ai suoi figli... di mettere in pratica la giustizia [tzedakah]" (Gen 18:19). Il trono d'Israele non può essere stabilito, né la vera fede proclamata, eccetto che mediante la carità, poiché sta detto: "Tu sarai fondata sulla giustizia" (Isa. 54:14); né Israele sarà redenta, eccetto tramite la pratica della carità, poiché sta detto: "Sion sarà riscattata con la giustizia,i suoi convertiti con la rettitudine" (Isa. 1:27). Nessun uomo si impoverisce mai dando la carità, né male o danno accade a nessuno per sua ragione, poiché sta detto: "Effetto della giustizia sarà la pace" (Isa. 32:17). Colui che ha compassione degli altri, gli altri avranno compassione di lui, infatti sta scritto: "Che il Signore... ti conceda misericordia, abbia pietà di te" (Deut. 13:18). Chiunque è crudele e spietato dà adito al sospetto riguardo alla sua discendenza, poiché la crudeltà si trova solo tra i gentili [goyim], poiché sta detto: "Sono crudeli, non hanno pietà" (Geremia 50:42). Tutti gli Israeliti e coloro che si accompagnano a loro [hanilvim aleihem] sono tra loro come fratelli, poiché sta scritto: "Voi siete figli per il Signore Dio vostro" (Deut. 14:1). Se fratello non dimostra compassione a fratello, chi lo farà? E verso di chi alzeranno gli occhi i poveri d'Israele? Verso i gentili che li odiano e li perseguitano? Pertanto i loro occhi si volgono soltanto verso i loro fratelli.[4]
- 4. "Leggi su Ingiurie e Danni", 5:10
Alla persona ferita, tuttavia, è proibito essere dura e negare il perdono, poiché tale comportamento non si confà alla progenie d'Israele.[5]
- 5. "Leggi sugli Schiavi", 9:8
È permesso far lavorare uno schiavo pagano con alacrità e rigore. Sebbene tale sia la regola, è qualità della religiosità [ḥasidut] e la via della saggezza che un uomo sia misericordioso e persegua giustizia e non renda pesante il suo giogo sullo schiavo o lo affligga, ma gli dia da mangiare e da bere di tutti i cibi e bevande... Pertanto il padrone inoltre non deve disonorarli con mano o parola, perché la legge scritturale li ha portati alla schiavitù ma non alla disgrazia. Né si deve riempire lo schiavo di abusi ed ira, ma si deve parlargli garbatamente ed ascoltare le sue richieste. Così viene spiegato anche nei buoni percorsi di Giobbe, di cui egli si vantava: "Se ho negato i diritti del mio schiavoe della schiava in lite con me... Chi ha fatto me nel seno materno, non ha fatto anche lui? Non fu Lo Stesso a formarci nel seno?" (Giobbe 31:13,15). Crudeltà e sfrontatezza non sono frequenti, eccetto che tra i gentili incirconcisi.[6] La progenie di nostro padre Abramo tuttavia, cioè gli Israeliti, sui quali il Santo, che Egli sia benedetto, concesse il favore della Torah e impose loro statuti e giudizi, sono gente misericordiosa che hanno misericordia di tutti. Pertanto è dichiarato dagli attributi del Santo, che Egli sia benedetto, che ci viene ingiunto di imitare: "E pieno di compassione per tutte le Sue opere" (Salmi 145:9). Inoltre, chiunque ha compassione riceverà compassione, poiché sta detto: "Ed Egli ti conceda misericordia, abbia pietà di te e ti moltiplichi" (Deut. 13:18).[7]
Prima di analizzare questi passi separatamente, penso sia giusto asserire che un modo ragionevole di interpretarli sia come affermazioni normative e non descrittive. Maimonide non sta descrivendo come gli ebrei si comportino in realtà; piuttosto, egli sta prescrivendo come gli ebrei si dovrebbero comportare. Dire alle persone che certi tipi di comportamento mettono in dubbio il loro lignaggio è un modo efficace per non farli comportare in quella maniera. Ciò mi sembra particolarmente chiaroò nel terzo, quarto e quinto brano di cui supra, ma ad esser sinceri potrebbe applicarsi a tutti e cinque i passi.
Ora, esaminiamo il primo passo; in esso Maimonide dice che "il perdono è naturale per la progenie d'Israele, caratteristico del loro cuore retto". Gli ebrei sono qui contrapposti ai "gentili dal cuore incirconciso". Per leggere questo testo in modo particolarista, si devono fare le seguenti supposizioni: la "progenie d'Israele" come tale è caratterizzata da rettitudine di cuore, mentre i non-ebrei come tali hanno cuori incirconcisi. Ma il testo potrebbe essere interpretato altrettanto facilmente nella seguente maniera: quegli ebrei che hanno "cuori retti" sono superiori a quei non-ebrei che hanno "cuori incirconcisi". Questa lettura permette la possibilità che ci siano ebrei con cuori incirconcisi e non-ebrei con cuori retti o, perlomeno, che ci siano non-ebrei con cuori retti. Una ragione per preferire questa lettura è il riferimento di Maimonide ai Gabaoniti. Si diceva che i Gabaoniti rappresentassero la qualità della crudeltà.[8] Ma, come apprendiamo dal nostro secondo passo, Maimonide non pensava che tutti i non-ebrei fossero crudeli di natura. In base a ciò, penso sia giusto interpretare il nostro primo passo come riferimento a non-ebrei crudeli, e non a tutti i non-ebrei in quanto tali. C'è un'altra ragione per interpretare il nostro passo in questo modo. Maimonide chiaramente ammetteva la possibilità di non-ebrei saggi. La perfezione morale è un requisito indispendabile della saggezza. Pertanto, non tutti i non-ebrei possono essere immorali.[9] Dati i commenti spesso acerbi di Maimonide riguardo ai suoi correligionari, non c'è bisogno di dire che egli non pensava che tutti gli ebrei avessero cuori retti.[10] Degno di nota è il fatto che il termine "cuori incirconcisi" deriva da Geremia 9:25, dove il referente sono gli ebrei, e non i non-ebrei.
Nel secondo passo, Maimonide, seguendo il Talmud, associa impudenza, crudeltà, misantropia e omissione di svolgere atti di amorevolezza, coi Gabaoniti specificamente, non con non-ebrei genericamente. Inoltre, egli associa modestia, misericordia e amorevolezza[11] con la "nazione santa" (ha’umah hakedoshah) di Israele. Proprio come Maimonide qui parla non dei non-ebrei genericamente, ma dei Gabaoniti in particolare, così anche, penso, è legittimo interpretare il primo passo, con la sua enfasi sui Gabaoniti, come si riferisse solo ad alcuni non-ebrei. In questo passo, Israele viene chiamato "la nazione santa". Ho già dimostrato in un altro studio (quello sulla Santità) che per Maimonide la santità è una materia di status halakhico, non una caratteristica intrinseca. Pertanto, la santità non è una caratteristica degli ebrei in quanto tali, ma una condizione ottenuta mediante atti effettivi di "modestia, misericordia e amorevolezza".
Nel terzo brano Maimonide associa la filantropia con gli "individui giusti che sono della progenie di nostro padre Abramo" (tzadikei zera avraham avinu) — non tutti della progenie di Abramo sono giusti, ma quegli individui che praticano la carità.[12] La crudeltà, continua Maimonide, si trova solo tra i non-ebrei (goyim). Significa tutti i non ebrei? In primo luogo il termine "non-ebreo" nella Mishneh Torah, come notato supra, di solito significa idolatra. Inoltre, ci vien detto che coloro che si aggregano (nilvim aleihem)[13] a Israele "sono tra loro come fratelli" che sono misericordiosi l'un l'altro. Chiaramente, stiamo parlando qui di "Israele dello spirito" in contrasto con "Israele della carne", altrimenti che senso avrebbe includere coloro che si aggregano a Israele tra quelli che sono misericordiosi l'un l'altro?[14] A chi deve ricorrere il povero per soccorso? Solo tra di loro e a quelli che si sono uniti alla Torah; dopo tutto, i non-ebrei, cioè gli idolatri, odiano gli ebrei. Ciò che non si può dedurre da questo passo, quindi, è che Maimonide ritiene misericordiosi tutti gli ebrei in quanto tali, crudeli tutti i non-ebrei in quanto tali e che tutti i non-ebrei in quanto tali odiano gli ebrei. Maimonide cita sette versetti onde imprimere al lettore l'importanza di fare la carità come espressione di compassione. Se gli ebrei come tali fossdero stati caritatevoli di natura, Maimonide non avrebbe insistito così tanto per convincerli a fare la carità.[15]
Oltre a questo, confrontare ciò che Maimonide scrive qui con la sua probabile fonte (TB Betsah 32b) è alquanto istruttivo. Scrive: "Dare la carità è il segno [siman] degli individui giusti che sono della progenie di nostra padre Abramo". Il Talmud dice: "Chiunque è misericordioso coi suoi simili fa certamente parte dei figli di nostro padre Abramo". Maimonide, come abbiamo visto, collega gli ebrei giusti con Abramo; il Talmud ci dice che chiunque è misericordioso è certamente ebreo. Maimonide scrive: "Chiunque è crudele e spietato dà adito a sospetto [yesh laḥush] riguardo alla sua discendenza". Il Talmud dice: "e chiunque non è misericordioso coi suoi simili non è di certo [beyadua she’eino] parte dei figli di nostro padre Abramo". Il Talmud rende la misericordia una proprietà dell'ebraicità e la crudeltà una prova dell'assenza di ebraicità. Maimonide reputa la misericordia un segno di ebraicità e la crudeltà come una ragione per sospettare l'assenza dfi ebraicità. Il Talmud parla in termini assoluti, Maimonide in quelli che potremmo chiamare termini statistici.
Il quarto brano è il più facile da esaminare, poiché chiaramente fa un'affermazione normativa, prescrittiva, e non descrittiva. Il perdono è di certo appropriato per la progenie di Israele (derekh zera yisara’el o solo zera yisrael זרע ישראל). Proprio il fatto che Maimonide deve fare questa affermazione (e tutte le altre qui analizzate) indica che non tutti gli ebrei si comportano come dovrebbero. Se tutti gli ebrei qua ebrei fossero veramente misericordiosi, caritatevoli e compassionevoli, che bisogno ci sarebbe di tutte queste esortazioni in quello che è un compendium halakhico presumibilmente asciutto?
Nel quinto passo Maimonide insegna che la crudeltà e la sfrontatezza non sono frequenti eccetto tra i non-ebrei incirconcisi. Se lo prendiamo alla lettera, egli esenta tutti i mussulmani da questa accusa. Se non lo prendiamo alla legttera, allora egli no fa una distinzione letterale tra ebrei e non-ebrei. E in questo passo, da chi Maimonide impara il giusto comportamento? Da Giobbe, un non-ebreo![16] Maimonide continua insegnando che "la progenie di nostro padre Abramo, tuttavia, cioè gli Israeliti, su cui il Santo, che sia benedetto, concesse il favore della Torah e diede loro statuti e giudizi, sono un popolo misericordioso che anno compassione per tutti." Esaminiamo attentamente questa frase. Una traduzione letterale sarebbe la seguente: "Ma la progenie di Abramo nostro padre, che è quell'Israele su cui il Santo, che sia benedetto, emanò il dono della Torah e comandò giusti statuti e giudizi, ha misericordia per tutti". In questo caso Maimonide esplicitamente distingue coloro a cui è stata data la Torah da tutti coloro che sono il "seme di Abramo". La seconda proposizione della frase può essere letta in molti modi. Uno di tali modi sarebbe di leggerla come se Maimonide dicesse semplicemente che gli Israeliti hanno compassione di tutti. Un secondo modo di leggerla sarebbe che la Torah, che include giisti statuti e giudizi, conduce i suoi aderenti ad un comportamento compassionevole. Nel contesto del carattere chiaramente persuasivo e prescrittivo di tutto il paragrafo (Maimonide cerca di allontanare i suoi lettori da un comportamento tecnicamente ammissibile, cioè quello di far lavorare con rigore gli schiavi pagani), penso che la seconda interpretazione sia più ragionevole.[17]
Chiaramente, interpreto questi paragrafi in maniera tendenziosa, ma non più tendenziosa di quanto non facciano coloro che vogliono usarli come prova che Maimonide sostenesse che gli ebrei erano gentili, compassionevoli, ecc., mentre i non-ebrei no. Date le letture qui offerte, nessuna delle quali è errata rispetto all'ebraico e nessuna delle quali richiede di estrarre brani isolati dal loro contesto, sembra opportuno dire che essi non rappresentano istanze contrarie alla posizione generalmente universalista di Maimonide, secondo cui ciò che distingue gli ebrei dai non ebrei è la Torah, e null'altro di inerente, innato, metafisico, ontologico, o in nessun modo essenzialista.
C'è un passo nell’Epistola allo Yemen di Maimonide che è stato addotto come prova che (come Halevi, sebbene per ragioni differenti) egli sostenesse che la profezia fosse disponibile solo agli ebrei. In un saggio erudito e approfondito, Rabbi Yitzchak Sheilat, rinomato traduttore in ebraico moderno di molti scritti di Maimonide, sostiene che Maimonide affermasse che in teoria la profezia fosse aperta a tutti, ma in pratica (almeno dal tempo di Mosè)[18] si trovasse solo tra gli ebrei, poiché Dio miracolosamente nega la profezia ai non-ebrei comunque qualificati. Rabbi Sheilat arriva a tale conclusione (per me inaccettabile)[19] seguendo un testo nell’Epistola allo Yemen che egli interpreta come provasse che Maimonide affermi che la profezia sia impossibile per i non ebrei.[20] Il brano in questione dice:
Rabbi Sheilat dà molta importanza all'espressione: "voi vi distinguerete da tutti gli altri per il solo possesso della profezia". È a causa di questa frase che egli reputa necessario trovare un modo per sostenere che Maimonide affermi che i non-ebrei possono profetizzare in linea di principio, ma mai in pratica. Non voglio coinvolgermi in una discussione filologica se le parole di Maimonide siano meglio tradotte come supra. Posso concedere a Rabbi Sheilat che lo siano. Ma qualunque cosa Maimonide intenda qui,[22] fa meraviglia pensare che egli ci dica che solo gli ebrei possono profetizzare e poi, qualche riga dopo, affermi esplicitamente che i non-ebrei possono profetizzare.[23] In effetti, proprio alla pagina successiva dell’Epistola allo Yemen, Maimonide scrive:
Maimonide qui ammette esplicitamente la possibilità di profezia non-ebraica dopo Mosè. L'interpretazione di Rabbi Sheilat, sembra chiaro, non è tenibile.[25]
Ci sono altri due passi negli scritti di Maimonide che sono stati presentati come prova della sua affermazione che gli ebrei sono in qualche modo innato superiori ai non ebrei. Nel suo Commentario alla Mishnah (Bava kama 4:3) scrive:
Maimonie ripete questa legge in due punti della sua Mishneh Torah.
In "Leggi sui Danni ai Beni mobili", 8:5, Maimonide codifica la questione trattata nel suo commentario alla Mishnah Bava kama, ma ne fornisce un'altra ragione:
La legge è la stessa presente nel commentario alla Mishnah; gli ebrei possono prendersi vantaggio dei non-ebrei in faccende legali, ma la ragione qui offerta è alqaunto differente.
Così anche nel secondo punto in cui questa legge trova espressione nella Mishneh Torah, "Leggi dei Re e loro Guerre", 10:12:
La legge in questione è qui ripetuta senza darne ragione, ma in un contesto che rende chiaro che Maimonide vede i non-ebrei come degni della misericordia e della bontà di Dio, e come persone verso cui gli ebrei devono comportarsi come loro comandato di comportarsi verso i propri fratelli.
Nel primo punto dove appare questa legge (Commentario su BK 4:3), Maimonide sostiene o che gli ebrei sono intrinsecamente distinti da e superiori ai non ebrei, affermando che i non-ebrei non sono esseri umani, oppure egli è estremamente elitario, sostenendo l'opinione che i non-ebrei, "in cui le caratteristiche umane non sono state portate a perfezione" possono, in effetti, essere trattati come animali. La ragione di questo è che una tale persona "non è veramente un essere umano ed esiste solo per servire i propositi dei veri esseri umani".
Questa seconda lettura può "salvare" Maimonide dall'accusa di protorazzismo. Ma ciò facendo, abbiamo ulteriormente confermato che la sua definizione di ciò che significhi essere umani è tale che ci sono individui nati da genitori umani, cresciuti tra esseri umani, che in molti aspetti appaiono e agiscono come esseri umani, che danno alla luce esseri umani, ma "in cui le caratteristiche umane non sono state portate a perfezione", e che pertanto non sono veramente umani. Tali individui esistono per poter servire i veri esseri umani, nello stesso modo in cui gli animali esistono per fornire carne ai veri esseri umani. Non un quadro molto attraente per noi, naturalmente, ma uno non insolito tra gli aristotelici.[29]
Anche se questa interpretazione viene ricusata, non ho problemi ad ammettere che nel suo precedente Commentario alla Mishnah Maimonide abbia fatto un commento isolato che nessuno oggi (che si sia universalisti o particolaristi nella relativa interpretazione della tradizione ebraica) può evitare di rimpiangere. Maimonide stesso apparentemenete arrivò a rimpiangere d'aver fatto tale affermazione, dato che colse due opportunità per correggerla. Nella prima egli ripete la legge e sente inoltre il bisogno di spiegarla (come fece nel commentario alla Mishnah), offrendo una spiegazione che non offende per nulla i non-ebrei, e certamente non li presenta come fossero in nessun senso sub-umani o essenzialmente distinti dagli ebrei. Va oltre nella seconda opportunità, puntando implicitamente alla misericordia di Dio verso i non ebrei e la loro condizione di creature del Signore. Pertanto, se il Maimonide giovane espresse l'opinione che i non-ebrei sono meno che umani, il pensatore maturo si prese due opportunità per correggersi.
L'ultimo passo che desidererei considerare è dalla Mishneh Torah e per me il più difficile di tutti. il Capitolo 12 di "Leggi sul Rapporto Proibito" tratta del rapporto sessuale tra uomini ebrei e donne non ebree. Il Paragrafo 4 tratta del caso di un uomo ebreo che ha relazioni sessuali con una donna non ebrea (che non è la figlia di uno straniero residente) in pubblico (in presenza di dieci uomini ebrei). Tale persona può essere attaccata da zeloti e, se portata in tribunale, deve essere frustata. Nel Paragrafo 6 apprendiamo che se tale persona sfugge alla punizione terrena, ella soffrirà karet, "escissione", per mano di Dio. Maimonide continua dicendoci che "chiunque ha rapporto con una donna gentile viene considerato come se si fosse unito ad un idolo... ed è chiamato colui che ha profanato la santità del Signore".[30] Il Paragrafo 7 continua a sottolineare la serietà della trasgressione, mentre il Paragrafo 8 spiega perché "tale condotta provoca che uno si vincoli ad idolatri da cui il Santo, che sia benedetto, ci ha separati, si allontani da Dio, e abbandoni la fede in Lui". Paragrafo 9 discute il fato di un uomo non ebreo che coabita con una donna ebrea. Paragrafo 10 riporta il fato di una donna non ebrea che ha una relazione con un uomo ebreo, ed insegna quanto segue:
Mi sentirei immorale se cercassi di difendere la decisione di Maimonide e la sua formulazione di questo paragrafo. Qualunque motivo avesse, una cosa deve essere chiara: egli non sta dicendo che le donne non ebree sono animali. Nel caso in cui una persona ha rapporti sessuali con un animale, quell'animale deve essere ucciso. L'animale riceve la morte sebbene non abbia colpa (ovviamente), ma, apparentemente, perché è stato lo strumento mediante il quale l'ebreo ha commesso una tragressione particolarmente odiosa.[35] Parimenti, nel caso di un'enormità che Maimonide enfatizza al massimo (avere un rapporto con un idolatra in presenza di dieci uomini ebrei), la persona tramite cui un ebreo è pertanto portato a "sposare" l'idolatria deve essere messa a morte, anche se ella è una bambina di soli tre anni.[36] Ciò potrebbe offendere la nostra sensibilità (di certo offende la mia), ma non significa che Maimonide consideri i non-ebrei in quanto tali alla pari di animali.
I testi analizzati qui includono tutti quelli che ho trovato che possono essere citati ad indicare che Maimonide sostenesse che ci fosse una qualche differenza intrinseca tra ebrei e non-ebrei, a ovvio vantaggio dei primi. Come lo interpreto, la sua vera posizione è che gli ebrei che obbediscono la Torah sono, a causa di tale obbedienza e per nessun'altra ragione, eticamente superiori ai non-ebrei in generale. Inoltre non c'è dubbio che Maimonide sostenesse che la Torah è vera ed altre pretese rivelazioni sono false — egli non era un pluralista. Potrebbe anche darsi (sebbene io non conosca testi in cui egli faccia tale affermazione) che egli sostenesse che generazioni di obbedienza alla Torah porti un popolo ad essere in generale più giusto e distinto dei discendenti di idolatri corrotti. Ciò che egli chiaramente non credeva è che ci sia una qualche distinzione ontologica tra ebrei e non ebrei. Le persone sono persone, tutte possono essere buone, tutte possono essere cattive, tutte possono essere rette, tutte possono essere malvagie.[37] È la Torah di Dio e niente altro che distingue ebrei da non ebrei.[38]
Pertanto Verus Israel risulta essere, non tutti i discendenti di Abramo, Isacco e Giacobbe, come vorrebbe Judah Halevi, e non gli aderenti di Gesù, come vorrebbero i cristiani, ma tutti gli esseri umani che sinceramente e correttamente si uniscono a Dio. La grande maggioranza di costoro sono in effetti i discendenti di Abramo, Isacco e Giacobbe. Ma questa è una condizione temporanea. Maimonide fiduciosamente si aspettava che all'arrivo dell'era messianica, i termini "Israele" e "essere umano" sarebbero stati coestensivi.
Come per tutte le altre questioni affrontate nella Serie maimonidea, vediamo che Maimonide si rifiuta di concedere agli ebrei uno status ontologico speciale. Gli ebrei sono esseri umani tout court. Il test chiave per stabilire se una persona ha ottenuto uno status umano completo è se o meno quella persona si è guadagnata una porzione nel Mondo a venire. Tutti gli Israeliti hanno una porzione nel Mondo a venire, e tutti coloro che hanno una porzione nel Mondo a venire sono, in tal senso, Israeliti.
Rifiutando di riconoscere una qualche distinzione ontologica tra ebreo e non-ebreo, Maimonide mina l'elemento chiave della visione mondiale proto-cabalista. Ma nonostante i suoi sforzi, quest'ultima visione della natura degli ebrei trovò un accordo reattivo in generazioni successive di ebrei tormentati e perseguitati, e fu espressa ripetutamente (sebbene spesso in maniera attenuata) nella letteratura ebraica.
Note
modifica- Legenda: TB = Talmud babilonese; TG = Talmud gerosolimitano; MT = Mishneh Torah; Guida = Guida dei perplessi
- ↑ Ebr. goyim; come nota Ya’akov Blidstein, questo termine spesso significa "idolatri" e non semplicemente "non-ebrei". Si veda Blidstein, "On the Status of the Resident Alien", 44-5. In diversi contesti Maimonide distingue tra non-ebrei che sono idolatri, non-ebrei che sono monoteisti ma non hanno accettato i sette comandamenti noachici perché essi furono dati da Dio tramite Mosè. Tutti questi sono distinti dai proseliti. Per le fonti, si veda "Leggi dei Re", 8:10-11. In altri contesti, Maimonide semplicemente distingue tra ebrei e non ebrei, dove la questione sta negli obblighi che gli ebrei hanno tra loro su base fraterna, o sulla base del loro essere correligionari (re’im e amitim). Per testi corrispondenti e una discussione utile, si veda Halbertal, Between Torah and Wisdom, 83 n.
- ↑ Cito Maimonide, Libro della Conoscenza, trad. (EN) Hyamson, 83b, con emendamenti.
- ↑ Maimonide, Libro della Santità, trad. (EN) Rabinowitz e Grossman, 125.
- ↑ Maimonide, Libro dell'Agricoltura, trad. (EN) Klein, 89 (con minimi emendamenti, secondo le letture dei MSS citati nell'edizione della Mishneh Torah di Shabse Frankel.
- ↑ Maimonide, Libro dei Torti, trad. (EN) Klein, 178 (con emendamenti).
- ↑ Seguo qui i MSS e le prime edizioni, e non il testo presente in gran parte delle edizioni contemporanee: "eccetto che tra i gentili che adorano idoli". Questa versione successiva sembra essere stato un tentativo di placare censori cristiani.
- ↑ Maimonide, Libro delle Acquisizioni, trad. (EN) Klein, 281-2 (con emendamenti).
- ↑ TG Kid. 4:1.
- ↑ Dati gli elogi di Aristotele e di altri filosofi da parte di Maimonide nella sua famosa lettera a Samuel ibn Tibbon, questo punto diventa ovvio. Per un'ottima discussione della lettera a ibn Tibbon, si veda S. Harvey, "Maimonides' Letter to Samuel ibn Tibbon".
- ↑ Per uno dei molti esempi, si veda la parabola del palazzo in Guida iii.51.
- ↑ La modestia è l'opposto dell'impudenza, la misericordia l'opposto della crudeltà e della misantropia, e agire con amorevolezza è l'opposto di non agire mai così.
- ↑ Da notare che anche Ismaele discendeva da Abramo; non c'è nulla in questo passo che possa imputare a Maimonide l'asserzione che gli arabi in generale e i mussulmani in particolare non pratichino la carità. In effetti, poiché la carità è un a dei pilastri dell'Islam, come Maimonide senza dubbio sapeva, è probabile che egli fosse direttamente conscio degli atti di carità da parte dei mussulmani tra i quali viveva. Sull'uso da parte di Maimonide del termine zera avraham, lett. "seme di Abramo", si veda MT "Leggi dei Re", 10:7: "Ne consegue che è il discendente [zera] di Abramo, solo colui che aderisce alla sua legge e alla sua giusta via". Come sottolinea Hannah Kasher, in questo con teston Maimonide assegna alla parola zera un "significato religioso e morale. La singolarità genetica di Isacco è radicata nei valori spirituali" ("Maimonides' View of Circumcision", 105). Io lo interpreto differentementa da Kasher: non che i discendenti di Isacco hanno "singolarità genetica", ma che non tutti i discendenti di Abramo (attraverso Isacco) possano essere veramente e appropriatamente chiamati zera avraham.
- ↑ La frase deriva da Isa 56:6 ed Ester 9:27: coloro che si aggiungono, che si uniscono. In entrambi i punti il riferimento sembra essere riferito a "compagni di viaggio" e non "convertiti". L'uso del termine da parte di Maimonide in MT "Leggi sull'Idolatria", 1:3, e "Leggi sull'Omicida", 13:14, è ambiguo in merito a questo caso.
- ↑ Cfr. Levinger, Maimonides as Philosopher and Codifier, 89.
- ↑ Per un altro esempio di testo persuasivo scritto da Maimonide, si veda MT "Leggi dell'Idolatria", 11:16: "Queste pratiche sono tutte false e ingannevoli, e furono mezzi usati dagli idolatri per ingannare i popoli di varie nazioni e indurli a diventare loro seguaci. Non è appropriato per gli Israeliti che sono altamente intelligenti [ḥakhamim meḥukamim] sopportare di essere illusi da tali insensatezze o immaginare che ci sia qualcosa in esse" (Libro della Conoscenza, trad. Hyamson, 80a). Maimonide certamente non credeva che tutti gli ebrei fossero proprio altamente intelligenti! Chiunque abbia familiarità coi suoi scritti può indicare molti punti in cui egli afferma esattamente il contrario.
- ↑ Secondo Maimonide, Giobbe non era ebreo. Si veda il testo citato di seguito dall’Epistola allo Yemen. È interessante notare che in Guida iii.22 Maimonide afferma che Giobbe non era affatto una figura storica e tutta la sua storia è una parabola.
- ↑ Su questo brano, si veda Wurzburger, Ethics of Responsibility, 23: "Maimonide sottolineava che il senso di misericordia e compassione nonché la risultante avversione per la crudeltà che sono caratteristiche degli ebrei possono essere rintracciate nell'impatto degli insegnamenti della Torah e di varie esperienze religiose che hanno generato questi tratti caratteristici."
- ↑ Sheilat, "Uniqueness of Israel", 281, dice che Maimonide adotta la posizione presente nel Talmud (BB 15b) che Mosè chiese a Dio di non permettere che i non-ebrei profetizzassero.
- ↑ Se non altro perché chiede a Dio di fare miracoli altrimenti non necessari. R. Sheilat non fornisce nessuna prova che Maimonide effettivamente sostenesse tale opinione.
- ↑ Ad esser sinceri, credo che R. Sheilat arrivasse ad adottare questa interpretazione a causa di una precedente convinzione che Maimonide dovesse essere più affine a Halevi di quanto normalmente non si pensi lo sia.
- ↑ Cito la traduzione in Halkin e Hartman, Epistles of Maimonides, 110-11. Per la fonte giudeo-araba e la traduzione in ebraico moderno, si veda Maimonides, Lettere, trad. Sheilat, i, 135-6.
- ↑ Lenn Evan Goodman suggerisce in merito quanto segue: "Il punto della distinzione dai Gentili qui è che essi, per questioni di cultura, si basano sulla divinazione, mentre gli ebrei, per questioni di mitzvah [comandamento] no. Il Rambam pone la glossa "tra di voi" e "come me stesso" quale riferimento a questa differenza culturale. Lo fa precisamente per escludere interpretazioni etnocentriche del brano, poiché ha un'importanza halakhica (sul trattamento di futuri assertori di profezie) e un'importanza politica per la situazione immediata dei suoi contemporanei, la situazione che ha causato la loro richiesta." ("Jewish and Islamic Philosophy of Language", in Marcelo Dascal et al., curr., Philosophy of Language, vol. i, Walter de Gruyter, 1992).
- ↑ L'intera discussione viene svolta al tempo presente; perché la posizione di R. Sheilat abbia senso, tutta la discussione dovrebbe riferirsi al periodo pre-mosaico.
- ↑ Traduzione (EN) citata da Halkin e Hartman, Epistles of Maimonides, 113.
- ↑ Rabbi Sheilat fornisce una quantità di altri testi a supporto del suo tentativo, diciamo, di halevizzare Maimonide. Con l'eccezione del testo qui studiato, sono tutte opere letterarie basilari (discusse nel nostro studio) o sono tanto forzate da non aver bisogno di essere considerate. Bisogna inoltre aggiungere che la visione di Maimonide che in linea di principio tutti gli esseri umani sono in grado di ottenere la profezia trova espressione in quella che potrebbe essere chiamata modalità negativa. Ci sono versetti biblici che possono essere considerati come inegnassero che la profezia è riservata agli ebrei. Tra questi troviamo Deut. 18:15: "Il Signore tuo Dio susciterà per te, in mezzo a te, fra i tuoi fratelli, un profeta pari a me; a lui darete ascolto", e Deut. 18:18: "Io susciterò per loro un profeta come te di mezzo ai loro fratelli e porrò le Mie parole nella sua bocca". Maimonide cita questi versetti circa undici volte nei suoi scritti, secondo Kafih, Maimonides on the Bible; in ogni occasione egli semplicemente ignora l'implicazione che solo gli ebrei profetizzeranno.
- ↑ Maimonide, Libro dei Torti, trad. Klein, 29 (con emendamenti).
- ↑ In contrasto con stranieri residenti, discssi nel passo saltato.
- ↑ Maimonide, Libro dei Giudici, trad. Hershman, 237-8.
- ↑ Altre analisi di questi testi includono Lifshitz, "Rules Governing Conflict of Laws", 179-89, che pensa che Maimonide cambiò idea. Tale è anche la posizione di Lorberbaum, "Maimonides on Imago Dei". Sagi, Judaism, 170-1, interpreta il commento di Maimonide in termini elitari.
- ↑ Maimonide, Libro della Santità, trad. Rabinowitz e Grossman, 82.
- ↑ In contrasto con TB Yev. 60b, che limita questa legge ad una donna adulta (come evidenziato da Vidal Yom Tov – XIV sec.– nel suo commentario Maggid Mishneh su questo passo della Mishneh Torah).
- ↑ TB San. 55b.
- ↑ Maimonide non ha nessuna ragione di dedurre questa legge da questo versetto.
- ↑ Libro della Santità, trad. Rabinowitz e Grossman, 82-3.
- ↑ Lev. 18:23,20:15-16; MT "Leggi sul Rapporto Proibito", 1:4.
- ↑ Questa è una tecnicità: secondo la legge ebraica, una femmina sotto i tre anni d'età è considerata incapace di avere rapporti.
- ↑ Un punto espresso specificamente da Maimonide sugli esseri umani (e non solo ebrei) in MT "Leggi del Pentimento", 5:5. Che Maimonide lì si stia riferendo agli esseri umani, e non solo agli ebrei, non solo è ovvio dal contesto, ma anche dal suo uso di Gen. 3:22 è (su Adamo progenitore di tutti gli esseri umani) come suo testo di base.
- ↑ Accettazione della Torah non rende gli ebrei ontologicamente distinti dai non-ebrei. Ciò è reso chiaro dal modo in cui Maimonide "smussa" un passo rabbinico che potrebbe altrimenti essere per lui problematico. In Guida ii.30 (pp. 356-7) scrive: "Tra i dicta sorprendenti il cui significato esteriore è eccessivamente incongruo, ma in cui – quando ottieni una vera comprensione dei capitoli di questo trattato – ti ammirerai la saggezza delle parabole e la loro corrispondenza con ciò che esiste, sta la loro affermazione [TB Shab. 145b-146a]: «Quando il serpente andò da Eva, la contaminò. La contaminazione d[ei figli di] Israele, che erano stati presenti al Monte Sinai, è giunta alla fine. [Quanto alla] contaminazione delle nazioni che non erano state presenti al Monte Sinai, la loro contaminazione non è giunta alla fine.» Anche questo devi perseguire nei tuoi pensieri." Maimonide rende chiaro nel capitolo da cui questo passo vien preso che la contaminazione dei non-ebrei è il loro basarsi sull'immaginazione invece dell'intelletto. Questo, in effetti, è il modo in cui i suoi commentatori medievali e moderni lo interpretano. Per dettagli, si veda Kellner, Maimonides on Human Perfection, 76 n. 47, e cfr. Cap. 3 n. 7.