Claude Monet ad Argenteuil/La seconda mostra
La seconda mostra del gruppo, l'altro avvenimento importante del 1876, avvenne nei locali della casa Durand-Ruel, al n°11 di rue le Peletier in aprile. La mostra fu organizzata raggruppando le opere per autore, dando una più facile lettura all'acquirente. Non mancarono critiche sfavorevoli, anche se veniva ammesso il principio di una mostra indipendente dal Salon. Albert Wolff scese dal suo piedistallo per lanciare, sul Le Figaro il 3 aprile, il suo famoso: "La rue le Peletier porta male". Un folto gruppo di critici si mostra esitante, non sapendo come spiegare l'attrazione che esercitava sul pubblico la pittura degli "intransigenti", termine che si alternava con "impressionisti". I paesaggi più tradizionali sono rassicuranti, i più "sfavillanti" inquietanti; frequente è l'accusa di accontentarsi di "abbozzi". È La Giapponese, chiamata Giapponeseria nel catalogo, che suscita le reazioni più appassionate. Nella Gazzetta de France, S. Boubée, la descrive in questi termini: "La Cinese (sic) ha due teste: una è quella di donna di liberi costumi posta sulle spalle, un'altra è quella di mostro, posta non osiamo dire dove…". Cosi come è, frutta a Monet 2.020 franchi in occasione di una vendita all'Hôtel Drouot il 14 aprile 1876.
Con La Giapponese [N. Cat.387] Monet si rifà direttamente al gusto orientaleggiante che allora era in voga. Questo dipinto è testimonianza del suo amore per gli oggetti giapponesi e per l'arte di disporli. L'artista, pur allontanandosi progressivamente dagli anni settanta al tema figurativo, vi si riaccosta in casi isolati, soprattutto in vista di esposizioni. In questo dipinto, pur cercando di mantenere una tematica naturale, sembra tutto costruito ed artefatto. Il tappeto, dal pesante decoro, occupa tutto il pavimento, sulla parete di fondo sono appesi in modo affrettato diversi ventagli. Altrettanto teatrale è la posizione che assume la donna, Camille, che indossa una parrucca bionda e un kimono rosso fittamente ricamato dai colori sgargianti, sul quale il guerriero giapponese sembra emergere quasi plasticamente. Monet in questo dipinto si ispira soprattutto alla sua Donna con il vestito verde [N. Cat.65] del 1866, che espose al Salon riscuotendo un certo successo.
In seguito l'artista prese le distanze da questo dipinto per le concessioni fatte al gusto del pubblico contemporaneo.
A parte la vendita fruttuosa della La Giapponese, Monet, non registra grossi guadagni per il 1876 che rimangono poco superiori all'anno precedente, 12.313 franchi. Il caso di Monet non è isolato: le testimonianze concordano sul fatto che il periodo è molto difficile per tutto il gruppo.
Gli acquirenti di Monet diminuiscono nel 1876, ma alcuni dei quali rimarranno suoi fedeli sostenitori. Dottor de Bellio e Caillebotte, sono tra questi. Tra i due sostenitori vi sono molte lettere che attestano i maggiori rapporti che intercorrono tra Monet e de Bellio, mentre sono minori i documenti che attestano le relazioni tra Monet e Caillebotte.
Il rapporto tra Monet e Ernest Hoschedé ha invece una rilevanza maggiore. È talmente importante il rapporto fra Monet e la famiglia Hoschedé, per il futuro matrimonio con Alice Hoschedé (1892), che è indispensabile fare un passo indietro nella vita di Ernest Hoschedé.
Ernest Hoschedé nato a Parigi il 18 dicembre 1837 in una famiglia piccolo borghese. Il padre, Edouard Casimir, era un semplice commerciante e sua madre, Honorine Saintonge, una cassiera, riuscirono a costruire un solido patrimonio con il loro lavoro. M. Hoschedé padre succede alla direzione dell'antica ditta di tessuti Chevreux-Aubertot, 35, rue Poissonnière, all'angolo dell'omonima boulevard. Qui Ernest inizia un'anonima carriera di negoziante parigino, accompagnando suo padre in viaggi d'affari.
Ma se la famiglia lo coinvolge in questi spostamenti, non è tanto per iniziarlo al commercio ma quanto per distoglierlo da una ragazza di diciassette anni, Alice Raingo. Fin dai primi giorni l'opposizione della famiglia è irriducibile. Madame Hoschedé presagisce la catastrofe: "Ah, Ernest! Ernest! Che avvenire ti attende!". Ernest sposa comunque Alice il 16 aprile 1863. I suoi genitori per rendere evidente il loro dissenso partono per Lione.
L'ambiente nel quale entra il loro figlio è brillante, troppo brillante. Madame Raingo è figlia naturale di un negoziante di tessuti di Lodève; suo marito, Alphonse Raingo, nato a Tournai, è una delle personalità più in vista dell'importante colonia belga di Parigi. Alice riceve in dote 100.000 franchi e un corredo di 15.000 franchi, somma elevata in confronto alla dote di 12.000 franchi, mai integralmente pagati, e al corredo di 500 franchi di Camille Doncieux, moglie di Claude Monet.
Al ritorno dal viaggio di nozze, Ernest può presentare sua moglie ai genitori. Alla sera Honorine confida al suo diario: "Questa giovane donna ha dello spirito, molta intelligenza e volontà, mi sembra. La sua conversazione è facile, solo che mi sembra che il suo organo (la voce) sia troppo forte. Mi è sembrata più fine e più carina che in fotografia".
I pregiudizi si dissolvono a mano a mano che Alice mette al mondo i figli: Marthe (18 aprile 1864), Blanche (12 novembre 1865), Suzanne (29 aprile 1868), Jacques (26 luglio 1869), Germaine (15 agosto 1873). Nel frattempo M. Hoschedé si ritira dagli affari e Ernest occupa il suo posto, 1867. Subito rende inquieta sua madre con frasi pessimiste sull'andamento del lavoro. M. Raigo padre muore nel 1870 lasciando alla figlia, Alice, un'ingente somma e il castello di Rottembourg a Montgeron valutato 175.000 franchi, è qui che Ernest farà la vita da nababbo.
Non si sa quando Ernest diventa preda della passione del collezionista, che, insieme al suo mediocre senso degli affari, lo condurrà alla rovina.
Primo segno di fallimento la vendita pubblica del 13 gennaio 1874, durante la quale Ernest Hoschedé si separa da un gruppo di oltre 80 tele tra cui tre Monet. Tuttavia i prezzi sono convenienti e nessuno si preoccupa ancora. La morte di Edouard Casimir, priva il figlio da un critico severo; egli riprende così gli acquisti a prezzi molto alti. Le ultime illusioni si perdono con una seconda vendita il 20 aprile 1875. Non frutta molto la vendita, e nessuno più gli fa credito. La situazione è tale che la nonna Hoschedé regala il I gennaio 1876 ai nipoti, oltre a dei libri e a del denaro, "un abito ciascuno".
Tuttavia a Montgeron la festa continua.
Dal 1876 Monet si allontana da Argenteuil, dove farà ancora dei bellissimi quadri ma s'indirizzerà maggiormente verso Parigi dove troverà nuove attrattive. Invitato al giardino dell'VIII arrondissement da Ernest Hoschedé qui dipinse Alice Hoschedé con la figlia Germane, la più giovane delle figlie [N. Cat.399].
In luglio Edouard Manet viene invitato, insieme a sua moglie per quindici giorni, al castello Rottembourg e vi dipinse molte tele. Poco tempo dopo anche Monet viene invitato da Ernest, che gli commissiona un certo numero di tele di grandi dimensioni destinate a decorare la sua dimora.
A Rottembourg Monet lavora dall'estate, quando realizza I Tacchini [N. Cat.413] e I Rosai [N. Cat.417 - 418], all'autunno è la stagione dei Sottoboschi e Tappeti di foglie morte [N. Cat.431 - 432].
Una lettera a Gustave Manet, fratello di Edouard Manet, dimostra che il 4 dicembre si trova ancora dagli Hoschedé e sicuramente allora che esegue Ritratto di Germane con la bambola [N. Cat.420], L'arrivo a Montgeron [N. Cat.422] e Lo Stagno [N. Cat.419]. In quest'ultimo dipinto, Lo Stagno, ci riporta agli studi sull'acqua e al periodo della Senna. Mirabile la resa dei riflessi sullo stagno, le piante si scompongono per il movimento delle onde. Il dipinto è caratterizzato da una sottilissima striscia di terra che percorre la parte superiore del dipinto, mettendo in primo piano il movimento dell'acqua. Una fragile figura di donna (Alice?) tra due alberi, sulla parte alta a destra, si riflette sullo stagno. Contrasta la parte alta a sinistra per la sua tonalità calda, sul giallo, che da colore al dipinto. Questo quadro fa pensare ad uno dei futuri studi, che Monet farà a Giverny.
Camille ha accompagnato Claude a Rottembourg? È possibile anche se sul diario di Blanche Hoschedé non vi è traccia di Camille.
Ammettendo che Camille accompagnò Claude, non rimase per tutto il periodo. Jean, allievo del collegio Fayette, doveva essere presente per l'inizio dell'anno scolastico. In una lettera che Monet invia a de Bellio, a novembre, si dice preoccupato per Camille per averla lasciata ad Argenteuil senza risorse. Dato che Ernest dovette andare a Parigi per lavoro, Monet e Alice rimasero a Rottembourg soli insieme ai figli. Alice ebbe tutto il tempo per paragonare il "grande artista" al bambino che era suo marito.
È andata oltre? Nove mesi dopo, il 20 agosto 1877, fugge da Parigi per il fallimento del marito per andare dalla sorella a Biarritz, mettendo al mondo l'ultimo suo figlio, Jean-Pierre Hoschedé.
Ritornando ad Argenteuil Monet cerca di avviare la pratica per poter dipingere all'interno della stazione Sant Lazare.
Il 17 gennaio del 1877 annuncia all'editore Charpentier di essersi trasferito al n°17 rue Moncey, nel quartiere della stazione. Grazie a questo studio poteva, probabilmente, realizzare delle bozze nella stazione e poi completarle in rue Moncey. Interessava a Monet dipingere la variazione cromatica che si veniva a creare all'interno della stazione con il vapore delle locomotive.
Renoir raccontava al figlio di Monet, Jean, come un giorno lo stupì con il progetto nella stazione e di fermare il gioco di luce che attraversava le nuvole di vapore. Monet pensò perfino di fermare il convoglio per Roven, visto che la luce sarebbe stata migliore mezzora dopo. Cosi il pittore fece visita al direttore delle ferrovie e "ottenne tutto ciò che voleva. I treni furono fermati, le banchine bloccate e le locomotive furono caricate fino all'orlo per permettere la quantità di vapore che Monet desiderava" [1].
Eccolo quindi diventare il pittore della stazione più parigina, quella dalla quale si raggiunge la maggior parte dei luoghi dell'impressionismo.
La rappresentazione di Monet è cosi realistica che alcune frasi di Zola che descrivono lo stesso spettacolo, pur da un punto di vista diverso, sembrano costituire una parafrasi dei quadri "Di fronte, solo questo spolverio di raggi, le case di rue de Rome si annebbiano, svanivano, leggere. A sinistra le tettoie degli spazi coperti aprivano i loro portici giganteschi, dalle vetrate affumicate... Nel confuso anonimato dei vagoni e delle macchine che ingombravano i binari, un segnale rosso macchiava la pallida luce... Una locomotiva, dalle grandi ruote divoranti, ferma, emetteva dalla sua ciminiera una grossa fumata nera, che saliva dritta e lenta nell'aria calma. Ed egli vide sorgere dal ponte un biancore che si gonfiava turbinante come una lanugine di neve, che si disperdeva attraverso le impalcature di ferro".
Note
modifica- ↑ Karin Sagner-Düchting: Monet, Casa Editrice Taschen, 1994, pag. 95