Wikibooks:Deposito/Moduli/Particolato atmosferico
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Le particelle sospese in aria hanno dimensioni che variano da pochi nm a 100 . Il PM10 e il PM2,5 sono definiti come il materiale particolato avente un diametro aerodinamico medio inferiore, rispettivamente, a 10 e 2,5 . Quindi il PM2,5 è una frazione del particolato totale interamente contenuta nella frazione di PM10.
Dimensioni
modificaTuttavia la distinzione non è così netta per ragioni sperimentali. Dato che non è possibile campionare esattamente tutte le particelle con diametro inferiore a 10 e scartare le altre, la Environmental Protection Agency (EPA) ha definito dei parametri geometrici relativi agli strumenti di misura e dei parametri relativi ai flussi di prelievo; poi, in base a questi parametri, tutto il particolato raccolto viene denominato PM10 anche se una parte delle particelle campionate avrà dimensioni maggiori. Analogamente per il PM2,5.
Ovviamente gli strumenti avranno una efficienza di campionamento dipendente dalla dimensione delle particelle, e quindi questi parametri sono stabiliti in modo che la percentuale in massa del particolato con diametro minore di 10 o di 2,5 , che non viene rilevata, sia più o meno uguale alla percentuale in massa del particolato con dimensioni maggiori che invece finisce nel risultato della misura.
Fig. I – Efficienze di campionamento: per il PM10 il valore dell’efficienza è 55% a 10 e si annulla da 16 in su; per il PM2,5 il valore dell’efficienza è 48% a 2,5 e si annulla già da 3,3 in su.
Come esempio indicativo delle dimensioni del particolato, si riporta una misura effettuata l’08/12/96 in via Messina a Milano; analizzando la distribuzione dimensionale ottenuta, si vede che il 97% delle particelle ha un diametro inferiore a 2,5 , il 2,8% ha un diametro compreso fra 2,5 e 10 e solo lo 0,2% possiede un diametro superiore a 10 .
Fig. II – Distribuzione dimensionale del materiale particolato rilevato l’08/12/96 in via Messina a Milano.
Quando però si effettuano i campionamenti viene riportato il peso del materiale particolato, che non rispecchia affatto la distribuzione del numero di particelle. Se la massa aumentasse grosso modo con il volume, e a sua volta il volume fosse proporzionale al cubo del diametro, si otterrebbe dallo stesso campione di misura riportato precedentemente, che il 97% delle particelle con diametro inferiore a 2,5 conterebbe per il 5,9% della massa, il 2,8% delle particelle con diametro compreso tra 2,5 e 10 conterebbe per il 49,1% ed il restante 0,2% delle particelle con diametro superiore a 10 conterebbero per ben il 45% della massa.
Fig. III – Distribuzione volumetrica del materiale particolato rilevato l’08/12/96 in via Messina a Milano.
Tuttavia, se il rapporto volumetrico PM2,5/PM10 risulta di circa 0,1, dalle misure dirette sulle concentrazioni di PM2,5 e PM10, nello stesso sito di via Messina durante tutto l’anno 2002, risulta che il loro rapporto è di 0,62 ± 0,14. Questo vuol dire che l’assunzione di densità uniforme non è affatto lecita e mediamente le particelle piccole sono molto più dense di quelle grandi.
Fig. IV – Campionamento gravimetrico nel sito di via Messina a Milano, durante tutto l’anno 2002.
Infatti la distribuzione in massa generalmente presenta una distribuzione bimodale, cioè con due massimi riferiti alle particelle fini e a quelle grossolane. Sulla frazione di PM10 oltre la metà del contributo in massa viene dalle particelle con diametro aerodinamico compreso tra 0,2 e 1 .
Fig. V – Distribuzione qualitativa delle particelle sospese in aria. Sono messe in evidenza la totalità delle particelle sospese in aria, la frazione di PM 10 e la frazione di PM2,5.
Velocità di deposizione
modificaProcedendo con lo studio del particolato atmosferico, è importante osservare che le particelle sono caratterizzate da una velocità di deposizione al suolo che varia con le dimensioni. La curva della velocità è caratterizzata da due fattori: la deposizione per gravità, che riguarda le particelle più massive, e la deposizione per diffusione, che riguarda le particelle più piccole. In particolare quest’ultima modalità non è da considerare come una diffusione molecolare, perché altrimenti i movimenti verso l’alto compenserebbero esattamente quelli verso il basso. La differenza principale è che la gravità ha ancora un effetto di trascinamento netto verso il basso, effetto che risulta maggiore sulle particelle soggette alla diffusione rispetto a quelle relativamente ferme. Inoltre lo strato limite planetario costituisce una barriera oltre la quale risulta difficile che le particelle riescano a penetrare e quindi la diffusione netta risulta squilibrata verso il basso. In corrispondenza di un diametro compreso tra 0,3-0,4 c’è il minimo della velocità di deposizione, dovuto al fatto che in tale regione entrambi gli effetti della diffusione e della caduta per gravità non sono ancora importanti.
Fig. VI – Andamento della velocità di deposizione al variare del diametro aerodinamico delle particelle. Quelle con dimensioni superiori a qualche sedimentano per gravità mentre quelle con dimensioni inferiori a qualche centinaio di nm si comportano come molecole e sono soggette al moto Browniano.
Andamento delle concentrazioni
modificaA titolo di esempio, si riporta l’andamento delle concentrazioni di PM10 e PM2,5 relativi agli anni 2001 e 2002 a Milano, per mostrare la grande variabilità a cui sono soggetti. Anzitutto è sempre identificabile un trend stagionale che si identifica con livelli di particolato due o tre volte superiore nelle stagioni autunno-inverno rispetto a primavera-estate. Questo principalmente è dovuto all’influenza dello strato limite planetario che in autunno e in inverno schiaccia gli inquinanti al suolo facendone aumentare la concentrazione. Oltre a questo le condizioni meteorologiche hanno una grande influenza sulla dispersione degli inquinanti, ma tale influenza è di tipo casuale sia all’interno di un mese sia di anno in anno.
Fig. VII – Andamento delle concentrazioni di PM10 e PM2,5 relative alla città di Milano durante gli anni 2001-2002. La media del PM10 è risultata essere di nel 2001 e di nel 2002.
Questi valori sono da confrontare con le soglie individuate dalle normative, seppur relative al solo PM10, le quali sono basate sugli studi degli effetti epidemiologici ancora in corso. In particolare per il 2002 il livello di attenzione di 50 è stato superato il 50% dei giorni, mentre il livello di allarme di 75 è stato superato il 25% dei giorni. In più c’è da tener presente l’obiettivo di qualità, che attualmente è di 40 ma dal 2010 sarà di 20 .
Inoltre va considerato che d’estate la grande quantità di energia radiativa che investe l’atmosfera favorisce una ingente reattività fotochimica che dà origine al cosiddetto particolato di origine secondaria, cioè che non viene emesso direttamente dalle sorgenti.
Le fonti
modificaLe fonti del particolato atmosferico si dividono in fonti primarie e fonti secondarie.
- Con le prime si indica una emissione diretta di materiale particolato in atmosfera e si tiene conto delle fonti naturali (costituite da sale marino, azione del vento, pollini, eruzioni vulcaniche, ecc.) e delle fonti antropiche (traffico, riscaldamento, processi industriali, inceneritori, ecc.).
In particolare si riportano i grafici relativi alle emissioni nella provincia di Milano e nella regione Lombardia. Su scala provinciale il traffico veicolare conta per oltre i 2/3 delle emissioni totali (THC) , mentre su scala regionale la combustione residenziale e industriale conta per quasi la metà.
Fig. VIII – Emissioni di particolato nella provincia di Milano. È evidente che la sorgente predominante è il trasporto su strada. Importante è anche la combustione non industriale.
Fig. IX – Emissioni di particolato nella regione Lombardia. Il trasporto su strada è ancora la sorgente principale ma acquistano peso, rispetto al grafico della provincia, le emissioni da combustione non industriale e quelle relative ai processi produttivi.
- Le fonti secondarie riguardano, invece, da una parte la condensazione di molecole presenti in fase gassosa, la successiva nucleazione e infine la coagulazione fino a formare aerosol con diametri compresi tra 0,1 e 1 ; dall’altra parte ha un grandissimo peso la reattività chimica a partire dal particolato di origine primaria:
per reattività fotochimica o ossidazione
Di questi il biossido di zolfo viene emesso dai processi di combustione di carbone e petrolio contenenti zolfo mentre l’ammoniaca viene sia da fonti naturali che antropiche (agricoltura, allevamenti e auto catalitiche); infine la combustione degli autoveicoli produce monossido di azoto e biossido di azoto, i quali reagendo con lo ione idrossido formano l’acido nitrico.
Composizione chimica
modificaPer quanto riguarda la composizione chimica del materiale particolato, è possibile individuare tre classi principali:
- gli ioni inorganici: solfati ( ), nitrati ( ), ammonio ( );
- la frazione carboniosa (TC) formata dal carbonio organico e dal carbonio elementare;
- il materiale crostale che può presentarsi o associato al pulviscolo atmosferico (Si, Ca, Al...) o a elementi in traccia (Pb, Zn...)
- una frazione non meglio identificata che spesso corrisponde all’acqua ma non solo.
Queste componenti, che insieme costituiscono il materiale particolato, presentano dimensioni diverse e quindi contribuiscono in maniera differente al PM2,5 o al PM10.
Fig. X – Composizione chimica del particolato nella città di Milano. Nella frazione PM2,5 specialmente i solfati, lo ione ammonio e la parte indeterminata acquistano maggior peso rispetto alla frazione di PM10, mentre si riduce di molto la componente dei minerali in polvere.
Come si vede dalla figura I.VII la somma di , e dà oltre il 40% della massa totale di PM2,5. Gli elementi presenti in traccia sono emessi dalle fonti più disparate. Inoltre si presentano associati al particolato e sono scarsamente reattivi, ragion per cui possono andare incontro ad un lungo trasporto atmosferico. La frazione organica del particolato è composta principalmente da: acidi a catena lineare saturi e insaturi, acidi dicarbossilici alifatici, acidi policarbossilici aromatici ed n-alcani.
Effetti sull'ambiente
modificaIl particolato atmosferico produce vari effetti negativi sull’ambiente circostante:
- danni sui beni materiali che avvengono in termini di corrosione, piuttosto sentiti nel caso dei monumenti;
- danni alla vegetazione, portati principalmente dall’ozono;
- diminuzione della visibilità, causata dal fatto che le particelle con dimensioni dell’ordine della lunghezza d’onda della radiazione solare riflettono molto più efficacemente la radiazione stessa;
- effetti sulla salute umana da distinguere, in generale, tra effetti a lungo termine ed effetti a breve termine.
Effetti sulla salute umana
modificaIn particolare si andranno ora ad approfondire gli effetti sulla salute umana perché giustamente è il problema maggiormente sentito. Anzitutto sono state effettuate delle ricerche epidemiologiche (MISA-1 e MISA-2) che mostrano come ad un aumento del PM10 di 10 μg/m3 corrisponda un incremento della mortalità giornaliera dello 0,5-1%. Per questo motivo vengono emanati i limiti sulla concentrazione di PM10 riportati precedentemente. Tuttavia ci sono alcuni inquinanti, per i quali è stato accertato un effetto cancerogeno, su cui non è possibile stabilire dei valori al di sotto dei quali non vi siano rischi. Tra questi ci sono il benzene e gli Idrocarburi Policiclici Aromatici (IPA). Gli IPA sono composti organici contenenti due o più anelli aromatici che condividono una coppia di atomi di carbonio (fusi) e ne sono stati individuati 16 come inquinanti prioritari. Questi composti hanno origine soprattutto dalle emissioni attribuibili al traffico pesante e l’80-90% è contenuto nella frazione di PM2,5. Sebbene costituiscano soltanto una frazione minima del particolato (inferiore a una parte su diecimila) rivestono una grande importanza a livello tossicologico. Inoltre la loro concentrazione è notevole soltanto durante le stagioni autunno-inverno perché in estate tendono a passare dalla fase particolato (liquida o solida) alla fase solida.
Fig. XI – Andamento delle concentrazioni di IPA a Milano relative al PM10 e al PM2,5. Risulta evidente che costituiscono un problema solo nei mesi invernali.
Fig. XII – Andamento della concentrazione di IPA riferita agli andamenti del traffico pesante e del traffico totale. Giornalmente il traffico totale presenta due massimi mentre la concentrazione di IPA presenta un massimo soltanto in corrispondenza di quello relativo al traffico pesante.
Proprio a causa della grossa differenza che c’è, dal punto di vista sanitario, tra un’atmosfera contenente IPA e una che non ne contiene (a parità di massa di particolato) è stato introdotto il concetto di qualità del particolato, il quale fa uso di un indice di tossicità, e questo indice mostra una notevole stagionalità attribuibile in larga parte all’analoga stagionalità vista per gli IPA.
Comunque in generale la valutazione del rischio sulla salute viene condotta prendendo in considerazione la possibilità che ha ogni classe dimensionale di particelle di raggiungere le diverse regioni dell’apparato respiratorio.
Per questo motivo si parla di particelle inalabili, che possono raggiungere la faringe e la laringe proprio in seguito ad inalazione attraverso la bocca o il naso, e comprendono praticamente tutto il particolato. Poi si parla di particelle toraciche che corrispondono grosso modo alla frazione di PM10 e che sono in grado di raggiungere la trachea e i bronchi. Infine si parla di particelle respirabili per indicare la classe di particelle più piccole (PM2,5) che è in grado di raggiungere gli alveoli e attraverso questi trasmettersi nel sangue.
Fig. XIII – Il grafico di sinistra e la figura di destra mostrano cosa si intende per particelle inalabili, particelle toraciche e particelle respirabili. In particolare la figura mostra quali zone dell’apparato respiratorio è in grado di raggiungere ogni classe dimensionale di particelle.
Per quanto riguarda gli effetti sulla salute relativi al particolato di origine secondaria, gli ioni costituiti da solfati e nitrati causano asma per broncocostrizione e indebolimento del sistema immunitario.