Il clonaggio o clonazione molecolare è un insieme di metodi sperimentali usati per assemblare molecole di DNA ricombinante e per consentirne la replicazione in un organismo ospite. L'uso della parola "clonaggio" si riferisce al fatto che il metodo consiste nella replicazione di una molecola mediante la coltura di una popolazione di cellule aventi molecole di DNA identiche. Il clonaggio molecolare solitamente usa sequenze di DNA provenienti da due diversi organismi: la specie che è l'origine del DNA da clonare, e le specie che faranno da ospite per la replicazione del DNA ricombinante.

Qui l'intero processo è delineato usando l'esempio del clonaggio per restrizione e legatura, che è il metodo tradizionale. Successivamente sono descritte strategie speciali e metodi alternativi.

Clonaggio per restrizione e legatura

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Prima degli anni '70, la nostra comprensione della genetica e della biologia molecolare era estremamente ridotta a causa dell'incapacità di isolare e studiare geni di organismi complessi. Ci fu una svolta quando si scoprì che gli enzimi di restrizione e le DNA ligasi erano strumenti utili nella biologia molecolare. Le prime molecole di DNA ricombinante furono create e studiate nel 1972. Il clonaggio per restrizione e legatura divenne presto una procedura standard in biologia molecolare. L'intero processo comprende di solito sette fasi.

Scelta dell'organismo ospite e del vettore di clonaggio

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Sebbene sia usato un gran numero di organismi ospiti e di vettori, la maggior parte delle clonazioni molecolari iniziano con un ceppo di laboratorio di E. coli e un plasmide come vettore di clonaggio. Sono comunemente usati E. coli e i plasmidi come vettori perché sono tecnicamente sofisticati, versatili, ampiamente disponibili e offrono una crescita rapida degli organismi ricombinanti con un equipaggio minimo. Se la molecola dei DNA da clonare è particolarmente grande (centinaia di migliaia di paia di basi), spesso è usato un cromosoma artificiale batterico o del lievito.

Preparazione del vettore

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Il vettore è trattato con un'endonucleasi di restrizione per tagliare il DNA nel punto dove il DNA esogeno verrà inserito. L'enzima di restrizione è scelto in modo da avere l'estremità di restrizione compatibile colle estremità del DNA esogeno. Tipicamente, ciò è ottenuto tagliando il vettore e il DNA esogeno collo stesso enzima di restrizione. È importante che l'azione litica dell'enzima sia efficace, altrimenti avremo molte colonie che contengono il vettore originale senza il DNA da clonare inserito. Anche l'unione del vettore col DNA può essere un problema poiché quando le estremità del vettore sono coesive, possono essere legate dalla DNA ligasi e creare colonie di falsi positivi. Per prevenire ciò, il vettore può essere trattato con una fosfatasi. La DNA ligasi richiede un gruppo fosfato per creare i legami fosfodiesterici, quindi non può unire estremità defosforilate del vettore. In tal caso è necessario che il DNA da inserire porti un gruppo fosfato in posizione 5', che non sarebbe presente se fosse stato ottenuto mediante la PCR.

Preparazione del DNA ricombinante

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Per clonare una DNA genomico, il DNA da clonare è estratto dall'organismo di interesse. Teoricamente può essere usato qualunque tessuto, a patto che il DNA non sia troppo degradato. Il DNA è spesso purificato per rimuovere proteine contaminanti, RNA e piccole molecole. La PCR è spesso usata per amplificare sequenze specifiche di DNA o RNA (RT-PCR) prima del clonaggio.

Il DNA da clonare può essere ottenuto anche dall'RNA coll'impiego della trascrittasi inversa (clonaggio di cDNA), o sottoforma di DNA sintetico (sintesi genica artificiale). Il clonaggio di cDNA è usato solitamente per ottenere cloni di mRNA delle cellule di interesse, mentre il DNA sintetico si usa per ottenere una precisa sequenza desiderata.

Il DNA purificato è poi trattato con un'enzima di restrizione in modo da generare frammenti le cui estremità siano coesive con quelle del vettore. Se necessario, il sito di restrizione desiderato può essere aggiunto durante la PCR.

Trasformazione

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Dopo la manipolazione in vitro del DNA, il prodotto è solitamente introdotto in E. coli secondo un processo chiamato trasformazione. Per far sì che la trasformazione avvenga, i batteri devono essere in competizione tra loro. Alcuni batteri mostrano una competizione naturale, in altri questa dev'essere indotta da procedure di laboratorio. Solitamente, le cellule sono messe in una soluzione contenente cationi divalenti (spesso cloruro di calcio) a bassa temperatura, prima di essere esposti a un shock termico.

La superficie di batteri come E. coli è carica negativamente a causa della presenza in essa di fosfolipidi e di lipopolisaccaridi, e anche il DNA è carico negativamente. Una funzione dei cationi divalenti è quindi di "schermare" le cariche avvicinando i gruppi fosfato e le altre cariche negative, permettendo così alla molecola di DNA di aderire alla superficie cellulare. È stato indicato che esporre le cellule a cationi divalenti a basse temperature potrebbe cambiare o indebolire la struttura della superficie cellulare, rendendola più permeabile al DNA. Si pensa che lo sbalzo termico crei una differenza di temperatura tra i lati della membrana cellulare, la quale fa sì che il DNA entri per mezzo dei pori cellulari o per la parete cellulare danneggiata.

L'elettroporazione è un altro metodo di trasformazione. In questo metodo le cellule sono brevemente sottoposte a un campo elettrico di 10-20 kV/cm che creerebbe i pori tramite i quali i plasmidi possono entrare. Dopo lo shock elettrico i buchi sono subito chiusi dai meccanismi di riparazione della membrana cellulare.

Selezione

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L'introduzione di DNA ricombinante nell'organismo ospite è solitamente poco efficiente, ossia una piccola parte delle cellule inglobano il DNA. Ciò rende la fase della selezione necessaria, nella quale solo le cellule che hanno acquisito il DNA col marcatore selettivo sopravvivono.

Quando gli organismi ospiti sono cellule batteriche, il marcatore selettivo è solitamente un gene che conferisce resistenza a un antibiotico, tipicamente l'ampicillina. In questa fase si applica la soluzione contenente le cellule trasformate su lastre di agar coll'antibiotico e li si lascia riposare una notte a 37 °C. Le cellule contenenti il plasmide sopravviveranno e formeranno colonie, mentre le cellule che non sono riuscite a inglobare il plasmide moriranno.

Selezionare i cloni corretti

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I moderni vettori batterici (es. pUC19 e derivati successivi tra cui pGEM) usano il sistema di selezione blu-bianco per distinguere le colonie di cellule transgeniche che contengono il vettore parentale (cioè vettori senza la sequenza di DNA ricombinante inserita). Perciò è facile identificare i cloni batterici transgenici, escludendo al contempo quelli che non contengono il DNA ricombinante.

Se il vettore non prevede questo sistema, può essere effettuata una colony PCR per sapere quali colonie hanno i plasmidi col DNA inserito. Un'altra opzione può essere la restrizione e successiva elettroforesi su gel, che può essere praticata solo se le colonie sono state raccolte, coltivate e sono stati isolati i plasmidi.

Anche se questi metodi mostrano che il DNA è stato integrato nel vettore, non si può essere sicuri che esso sia la sequenza desiderata. Per questa ragione, dev'essere effettuato il sequenziamento come convalida finale.