Utente:Marta Esposito/Sandbox

Il Cratilo di Platone modifica

Il Cratilo di Platone (la cui datazione oscilla tra il 390 e il 370 a.C.) è un dialogo che si può collocare a cavallo tra la fase giovanile e quella della maturità della produzione platonica. La tematica sui cui è incentrato è quella della correttezza dei nomi. Il fine dell'opera è, infatti, quello di definire l’effettiva relazione nome-cosa e se i nomi siano posti correttamente, rispetto alle cose cui sono stati assegnati. Il testo si sviluppa attraverso il dialogo tra i tre personaggi: Socrate, Ermogene e Cratilo. Quest'ultimo, difende il naturalismo linguistico, sostenuto da Eraclito e da Parmenide, opponendosi ad Ermogene, che invece espone la teoria convenzionalistica, sostenuta dai Sofisti e da Democrito. Nel resto dell'opera, Socrate porta prima argomenti contro Ermogene (le parole non sono arbitrarie), poi si lancia nella lunga e folle cavalcata etimologica che occupa la porzione centrale del dialogo. Infine, nell’ultima parte, porta argomenti contro Cratilo: studiare il linguaggio non serve a conoscere il mondo. Cratilo sostiene che il nome è sempre giusto, sempre vero, perché è della stessa natura delle cose che descrive (teoria naturalistica del linguaggio). Il nome sbagliato non è un vero nome. Se gli uomini conoscono e apprendono la natura delle cose attraverso i nomi, è evidente che non potrebbe esistere nessuna conoscenza se il linguaggio non fosse corretto, cioè se i nomi non fossero della stessa natura delle cose. Per Ermogene invece il nome esiste per legge e per consuetudine, i nomi sono convenzioni, e raccontano le cose a chi ha stabilito queste convenzioni (teoria sofistica del linguaggio). Egli addiviene al nome come proposizione concentrata, ovvero entità elementari, i principi dei nomi stessi, non ulteriormente scomponibili. I nomi primitivi devono anch’essi rivelare la natura delle cose ma, non potendo essere scomposti in ulteriori elementi, devono farlo in altro modo, cioè per via imitativa, su fenomeni che vengono osservati. Inoltre, secondo Ermogene, ci sono vari gradi di correttezza, per cui certi nomi sono più appropriati, altri meno appropriati, come certi ritratti sono più somiglianti, altri meno somiglianti. Se il nome riproducesse tutti i caratteri dell’oggetto, non si saprebbe quale è il nome e qual è l’oggetto.


Il contenuto dell'opera può essere suddiviso in tre principali nuclei narrativi:

  1. La confutazione della tesi di Ermogene;
  2. Lo sviluppo della teoria naturalistica;
  3. Socrate contro Cratilo;

La situazione ideale secondo Socrate modifica

Per Socrate i nomi tendono alla verità delle cose, e il linguaggio somiglia alla realtà. Il dialogo ci porta dai nomi alle cose e il collante è costituito dalle etimologie. Il linguaggio rappresenta le opinioni del nomoteta, ciò che esso ha elaborato nel momento in cui creava i nomi, talvolta in maniera errata. Socrate sostiene che la capacità dei nomi di denotare le cose deriva dall’uso e che la conoscenza non deriva dal linguaggio, ma dalle cose stesse. Così, per Socrate (Platone), il linguaggio è uno strumento del pensiero finalizzato alla produzione di parole che abbiano significato.


Platone contro l'omologazione del linguaggio modifica

Ai giorni d'oggi, il fenomeno dell omologazione (del modo di comportarsi, di vestire, di reagire alle difficoltà e, persino di comunicare) si sta, sempre più, diffondendo. In altre parole pochi adolescenti scelgono di dedicarsi alla ricerca dell' essenza delle cose e della verità. Sarebbe molto importante, per ognuno di loro, prendere esempio dal modus operandi utilizzato da Platone nel "Cratilo". In quest'ultimo infatti, Socrate (portavoce di Platone) si rivela come "l'educatore per eccellenza": senza l'utilizzo della persuasione, fa si che Cratilo ed Ermogene riscoprano, in completa autonomia, ciascuno la propria verità. Tutto ciò però, è reso possibile dal dialogo, abitudine che, specialmente tra i giovani, sta scemando. Questo accade principalmente perchè essi vivono nella cosìdetta "era delle immagini". In questo "mondo della comunicazione visiva", le immagini stanno lentamente prendendo il posto del linguaggio, proiettandoci quasi esclusivamente verso il senso materiale delle cose: i giovani dell' "era delle immagini", si preoccupano dell'apparire più che dell essere.