Storia della filosofia/Neopitagorismo

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Il neopitagorismo fu un movimento filosofico e religioso, che diede un impulso alla rinascita della filosofia di Pitagora e delle dottrine elaborate dalla scuola pitagorica.

L'area di diffusione del neopitagorismo non è più la Grecia bensì la Magna Grecia di età ellenistica. Le prime manifestazioni di questa nuova corrente filosofica si avvertirono nel III secolo a.C. e presero lo spunto da alcune sentenze attribuite a Pitagora nonché dagli scritti di antichi pitagorici come Archita di Taranto, Timeo di Locri e Ocello Lucano.

Figure importanti del neopitagorismo furono Nicomaco di Gerasa, Numenio di Apamea e soprattutto Apollonio di Tiana.

Il neopitagorismo si diffuse Roma nel I secolo a.C. ed ebbe come cultori Publio Nigidio Figulo (vissuto nel I secolo a.C.), il poeta Publio Virgilio Marone, Nicomaco di Gerasa (prima metà del II secolo) e Moderato di Cadice, che con le sue Lezioni pitagoriche inclinerà il pensiero filosofico verso il Neoplatonismo, infatti all'inizio del III secolo d.C. con Filostrato si esaurisce il neopitagorismo per far posto al Neoplatonismo.

Storia del neopitagorismo modifica

 
La volta stuccata della Basilica sotterranea di Porta Maggiore

È definito con questo nome il retaggio culturale successivo alla scomparsa della originale filosofia pitagorica proveniente dalle scuole del VI e del V secolo a.C., attive in Crotone e poi in Atene, Cirene, Tebe, Eraclea, Metaponto, Taranto e in altre città del mondo greco e magnogreco.

Nel tardo ellenismo ed ancor più in ambiente romano andarono sviluppandosi dottrine e movimenti filosofico-religiosi di tipo settario, non integrati nella cultura ufficiale dello stato. Le caratteristiche comuni di questi movimenti sono la soteriologia ed il sincretismo, da cui deriva una scarsa sistematicità delle dottrine, costituite da un pensiero poco logico, un linguaggio spesso artificioso ma non probante e la tendenza alla reinterpretazione di dottrine e filosofie molto differenti fra loro in un'ottica sincretistica ed anagogica. I filosofi appartenenti a tali scuole-sette sono spesso definiti "carismatici": portatori di un sapere di tipo iniziatico ed elitario, che spesso si traduce in potere o magia; sono quindi in grado di compiere presunti atti miracolosi, spesso avendo potere sulle divinità. A queste tendenze filosofiche appartengono il neoplatonismo, lo gnosticismo ed il neopitagorismo.

Il movimento neo-pitagorico si sviluppò nell'ambiente mediterraneo essenzialmente fra il I secolo a.C. e il III secolo d.C., riflettendo le mode e i movimenti culturali che si svilupparono spontaneamente in epoca ellenistica e tardo imperiale romana.

Le differenze fra l'antico e il neopitagorismo giustificavano quest'ultimo soprattutto come retaggio delle conseguenze orfico-misteriche attribuite soprattutto all'"uomo" Pitagora, definito "mago" grazie alla derivazione culturale che si voleva far discendere dalle più profonde esperienze sacerdotali egizie, caldee, babilonesi, cabalistiche, ed altro.

Da qui una serie di false attribuzioni di lettere, sentenze personali di Pitagora, miracoli, voci, epifanie, guarigioni e simili.

Il primo esponente neopitagorico, del I secolo a.C., fu tale Nigidio Figulo, conosciuto da Cicerone. Nigidio Figulo era astrologo, mago, esoterista, secondo l'uso del tempo. Tale rimase il carattere del neopitagorismo sino a quando (appunto alla fine del III secolo d.C.) confluì nel Neoplatonismo, conservandone i descritti caratteri che lo rendevano più vicino ai culti misterici che all'antica tradizione di religiosità scientifica propria delle scuole pitagoriche del V secolo a.C., ad esempio quelle di Filolao e Archita.

I nomi più noti del neopitagorismo, non sempre ben raccolti nelle collezioni di frammenti, furono, oltre al descritto Nigidio, specialmente Apollonio di Tiana, Anassilao di Larissa, Nicomaco di Gerasa, Numenio di Apamea (I secolo d.C.), Ocello Lucano e, proprio in virtù delle sue profonde radici misteriche, anche Ermete Trismegisto.

Questo movimento culturale confluì poi, successivamente a Plotino, nel neoplatonismo entro il quale si confuse, conservandone il carattere misterico, ma acquistandone anche uno morale, educativo, che lo accostò poi al cristianesimo, ma che nulla ha a che fare con l'antica scuola presocratica, sia crotoniate che successiva alla diaspora.

Importante l'apporto, per la conoscenza generica del tempo, della scuola neoplatonica di Giamblico, che raccolse i "Versi aurei".

Leonardo da Vinci testimonia dell'esistenza, durante il Rinascimento, di pitagorici (definiti tali, non "neopitagorici") nella novella Bella risposta di un pitagorico[1].

Frammenti di Aezio sono contenuti nelle raccolte del Diels e dello Zeller[2], i quali informano di rapporti fra Talete e Pitagora con i suoi allievi. Anche attraverso la Sapienza di Talete, che apprese l'antica scienza d'Egitto e di Babilonia (astronomia, matematica e geometria), la Scuola pitagorica ha conservato ben visibile il suo carattere "presocratico", ovvero scientifico[3].

Importante, dopo la scoperta del numero ionico e quella (nel quinto secolo a.C.) del valore teologico attribuito alla “decade”, l'insieme delle prime dieci lettere greche numeriche dalle quali si potevano comporre tutte le altre, sino al numero infinito.

Dottrina modifica

La differenza sostanziale fra il neopitagorismo (ed anche il neoplatonismo) e le antiche scuole pitagoriche verteva soprattutto sul concetto di verità, che per i primi succedeva alla "rivelazione" delle leggi di Dio agli uomini, mentre per i secondi all'"emanazione" di tutto il contenuto fisico naturale, che era sacralizzato e doveva essere, invece, ricercato e appreso attraverso lo strumento del numero, della figura geometrica, della logica dialettica, di una morale diversamente intesa.

Il neopitagorismo è in definitiva una setta basata sulla divinizzazione e sul culto di Pitagora (come dimostrano le numerose biografe romanzate scritte dagli stessi neopitagorici), tendente anche a conciliare la filosofica greca coi culti orientali. I neopitagorici infatti specularono sulle dottrine del filosofo di Crotone, in particolare sull'aritmogeometria, fino a giungere ad una vera e propria aritmosofia, considerata sapienza di ordine superiore ricavata da un'analisi metafisica dei primi numeri interi (Uno=Unità=Monade, Due=Duplicità=Diade, Tre=Triplicità=Triade): nelle entità matematiche risiedono le verità ultime dell'universo e dell'essere ed i modi di descrivere essi.

Sotto il profilo etico le dottrine neopitagoriche sono fortemente orientate al misticismo; esse enfatizzano i temi della reincarnazione dell'anima (metempsicosi) come conseguenza di una colpa. L'ascesi e la magia sono necessarie per raggiungere la purificazione dello spirito capace di sottrarre l'anima al ciclo naturale di reincarnazioni.

Note modifica

  1. Leonardo da Vinci, Prose, a cura di Luigi Negri, Unione tipografico-editrice torinese, 1928. (Google libri)
  2. Diels H. "Doxographi graeci". Leipzig, 1897.
  3. La migliore raccolta completa di frammenti pitagorici tradotti dal greco in lingua italiana è stata realizzata da Maria Timpanaro Cardini nell'opera in tre volumi '“Pitagorici”' – testimonianze e frammenti” Firenze, La Nuova Italia, 1964.