Grammatica contestuale: differenze tra le versioni

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== Introduzione ==
 
1. LA LINGUA COME STRUMENTO DI COMUNICAZIONE:
 
Fra le caratteristiche comuni agli uomini di tutte le regioni della Terra, troviamo l' uso della lingua e del linguaggio come strumento di [[w:comunicazione|comunicazione]].
 
La lingua parlata, il [[w:linguaggio|linguaggio]] o ‘parole’, è presente ovunque, mentre la lingua scritta, la ‘langue’, è codificata e attestata solo in certi tipi e stadi di cultura.
 
Con la nascita dell’[[w:alfabeto|alfabeto]], o comunque di qualche sistema di [[w:scrittura|scrittura]] che inizialmente dobbiamo immaginare quale un sistema di segni che imitassero e raffigurassero oggetti o metafore di concetti e idee, ha inizio quella che si chiama ordinariamente epoca letteraria o storica, e che ricopre una fase sensibilmente breve della permanenza dell’uomo sulla terra.
 
Va osservato anche che ogni animale, ogni ente dell’universo ha un suo modo di parlare, un suo [[w:linguaggio|linguaggio]] e forse addirittura un suo limitato alphabeto, ma l’uomo può a volte ignorare queste silenziose espressioni di linguaggi lontani, che a volte si fanno suoni veri e propri, come quelli degli animali, più intelligenti e sapienti di quanto di solito si creda.
 
Il silenzio, il buio, la luce, l'erba, ogni cosa insomma, ha la sua '''voce''', il suo linguaggio.
 
Gli animali hanno un sistema di comunicazione efficace, vario ed unico per tutti gli individui di qualsiasi contrada e paese della Terra.
 
In pratica hanno realizzato da sempre un vecchio sogno dell’uomo, quello della unificazione dei codici linguistici e del superamento della differenziazione linguistica.
 
Quando l’uomo fu creato, immagina Dante, un grande poeta ma soprattutto un grande linguista, espresse la sua prima parola.
 
Gridò la sua riconoscenza a Dio, il suo ‘fattore’.
 
Unire un significato astratto, la riconoscenza, ad un suono foneticamente articolato, il significante, arbitrariamente espresso, volontariamente e intenzionalmente formulato, volle dire creare l’elemento minimo complesso della lingua parlata, la parola.
 
E questo si ripeterà sempre, ogni volta che un essere emetterà un segno a cui attribuirà un senso e un significato
 
Accadrebbe anche se fosse cieco e muto.
 
Non per nulla quella che chiamiamo [[w:letteratura|letteratura]] è stata creata da un cieco, [[W:Omero|Omero]], che neppure conosceva alfabeti e scritture, al suo tempo agli albori, in Grecia e lungo le coste asiatiche dell'Anatolia.
 
La mente, [[w:Mnemosyne|Mnemosyne]] e le sue figlie, le [[w:Muse|Muse]], sono esse stesse alfabeto, poesia e oceano di idee, conoscenze e segni, che poi questi siano scritti o disegnati, è cosa probabilmente di un qualche interesse solo contingente.
 
Successivamente all’atto primigenio e archetipico del parlare, che si pone in un tempo al di fuori del tempo e che quindi è quasi scoperto e creato da ogni parlante quando inizi ad usare il linguaggio, una volta formato un insieme cospicuo di parole d’ogni tipo, è stato necessario formare un determinato [[w:lessico|lessico]], una qualche [[w:sintassi|sintassi]] e [[w:grammatica|grammatica]].
 
Tutto questo solo da poche migliaia di anni si è trasformato in codice linguistico normativo e lessicale, in testi scritti in varie forme, in vocabolari, grammatiche e sintassi, in biblioteche e da poco in altri sistemi di scrittura digitale e computerizzata.
 
Le intuizioni di [[w:Sausurre|Sausurre]] e [[w:Chomsky|Chomsky]], comunque, attuali e geniali, erano già in Platone e [[w:Dante|Dante]], di cui si preferisce ricordare le parti più appariscenti della dottrina poetica e filosofica, e non quegli aspetti della vita legati all’amore per la libertà e la dignità personali.
 
§
 
== Sistemi di comunicazione ==
 
2. ALTRI SISTEMI DI COMUNICAZIONE USATI DAGLI UOMINI:
La funzione centrale e principale di una lingua è quella di trasmettere informazioni, cioè di svolgere una FUNZIONE COMUNICATIVA.
 
Gli uomini però possono comunicare anche per mezzo di altri segni linguistici: i gesti, le fumate degli indiani d'America, i tamtam delle tribù primitive, i cartelli della segnaletica stradale, le espressioni del volto etc…
 
In linea di massima si può dire che qualsiai segno a cui si attribuisca un significato comprensibile può entrare a far parte di un sistema di segni suscettibile di un ordinanento convenzionale formando quindi un codice, con un lessico ed una sintassi, delimitato ad un gruppo di individui.
 
Quel gruppo che deliberatamente, ‘arbitrariamente’, ossia con un preciso atto basato sulla conoscenza e sulla convenienza, lo elegge, lo crea. lo forma e trasforma.
 
Un inguaribile economista potrebbe parlare di una sorta di ‘contratto informatico’, o comunicativo, di tipo linguistico.
 
E’ un contratto senza testo scritto né compromesso, paradossalmente da rispettare a cose fatte, con la creazione di ‘codici’ lessicale e grammaticali che nascono quando il linguaggio è già divenuto lingua scritta, magari letteratura, e necessita di una sistematicità normativa.
 
Questa, una volta affermate le sue regole e la natura dell’errore, sorgente in qualche caso dell’evoluzione linguistica ma anche limite, confine e fine delle competenze linguistiche, una volta stabilito il modo corretto dell’uso della lingua immancabilmente ne rappresenta anche in qualche modo un argine e freno alla ulteriore sempre imprevedibile trasformazione.
 
 
 
== Articolazione del linguaggio ==
 
3. LA DOPPIA ARTICOLAZIONE DEL LINGUAGGIO:
 
 
Il linguaggio è una associazione di segni fonici o grafici significanti univocamente combinati con i relativi significati (idee - oggetti): un “insieme", insomma, del tutto "arbitrario" di simboli convenzionali ad ognuno dei quali viene associato un preciso campo di significati.
 
Simboli e significati mutano, nascono e muoiono, come tutte le altre cose.
 
Come ogni oggetto, come ogni essere vivente, le parole hanno un loro corso vitale, nel quale è difficile anche riconoscere e distinguere la nascita dalla morte, tanto che spesso lessemi e fonemi ritenuti ‘estinti’ e abbandonati, gettati quasi nel dimenticatoio come un umile rifiuto, rinascono, rivivono e si riaffermano nel dominio linguistico, come risorti.
 
Questo ricorrente anche se misconosciuto fenomeno ci indica e ci insegna che in effetti non esistono in assoluto persone, cose e lingue morte, ossia nullificate e in eterno assenti e spente, perché esse, come gli uomini, rivivono nei figli, dormono apparentemente nel loro oblio e si risvegliano nell’uso e nella memoria affettiva.
 
Tutto quello che è veramente importante, è come un seme sotto la neve e la terra, quasi ignorato e dimenticato ma pronto a farsi pianta e fruttificare.
 
Quello che invece è già scoria e spazzatura, può rivivere e rinascere, essere rigenerato, come fa la Natura sempre con tutti, ed è sempre davanti a noi, in piena visibilità.
 
Prendiamo il messaggio " DIVIETO DI SOSTA ". Possiamo dividerlo in tre " parti ", ognuna delle quali può essere usata in altre occasioni:
 
-divieto-…di sorpasso / il libro…-di- Luigi / ho fatto una lunga …- sosta -.
 
Inoltre uno qualsiasi di questi "segni" linguistici può essere a sua volta diviso: diviet-o; questa forma di divisione del linguaggio in unità successive fornite di significato è detta PRIMA ARTICOLAZIONE DEL LINGUAGGIO.
 
Ma ognuna delle unità individuate nella PRIMA ARTICOLAZIONE può essere divisa in unità più piccole PRIVE DI SIGNIFICATO.
 
Per esempio: "sosta" è formata da 5 unità: s-o-s-t-a, ossia da 5 FONEMI, ognuno dei quali fa distinguere questo segno da altri come p-osta, s-e--sta, so–r-ta, sos-i-a,. Questa è la SECONDA ARTICOLAZIONE DEL LINGUAGGIO, con cui dividiamo le unità significative nei singoli suoni che la compongono.
 
 
 
== Atto della comunicazione ==
 
L'ATTO DELLA COMUNICAZIONE:
 
Molteplici sono, come si è accennato, i tipi di comunicazione, ma noi ora ci interesseremo in prevalenza della comunicazione di tipo linguistico.
 
Perché avvenga una comunicazione linguistica è indispensabile la presenza di una persona che parli o che scriva, innanzitutto, che sarà l' EMITTENTE, o mittente, o trasmittente, ossia la fonte stessa dell’atto linguistico, il creatore del messaggio con un grado più o meno alto di intenzionalità e di volontarietà, in quanto nei diversi tipi di letteratura possiamo rilevare in chi si fa autore la presenza più o meno vistosa di una personalità ispiratrice condizionante o di una qualche committenza umana o divina..
 
 
Quello che questa persona ‘autore’ dice o scrive sarà il MESSAGGIO o DISCORSO.
 
La persona a cui il messaggio è destinato sarà il DESTINATARIO, o RICEVENTE.
 
Perché vi sia "comprensione", bisogna che la lingua usata di chi parla (o scrive, o telefona, o comunque trasmette) sia conosciuta da chi ascolta o legge.
 
Si deve perciò usare un CODICE (il complesso di "segnali" le"parole" di un linguaggio o d'una lingua) comune.
 
 
La COMUNICAZIONE, una volta per così dire attivata dalla emissine di un messaggio da parte del mittente, può essere ostacolata da vari fattori (rumori; scarsa attenzione del DESTINATARIO o RICEVENTE; una precisa volontà di non entrare in comunicazione da parte del destinatario).
 
Naturalmente la filosofia del linguaggio, più che la grammatica, studia ed esamina queste modalità che chiamerei glottosofiche, poiché riguardano la conoscenza, la sapienza della e sulla lingua.
 
Schema 1 :
 
RUMORI (esempio: la lontananza;
il chiasso nell'ambiente.)
 
MITTENTE ... SEGNALE ... CANALE ... RICETTORE … MESSAGGIO
 
(la persona che parla - scrive)
(emissione di suoni )
 
(veicolo delle vibrazioni acustiche)
(apparato uditivo di chi ascolta)
(articolazione di significanti e significati)
 
 
CODICE
 
(la lingua parlata, come sistema di simboli, neiquali ad ogni SIGNIFICANTE -suono/segno- corrisponde un SIGNIFICATO –concetto/idea ).
 
 
 
DESTINATARIO
 
(la persona che riceve il MESSAGGIO e trasforma i SIGNIFICANTI in SIGNIFICATI - concetti /idea )
 
 
 
Lo Schema 1 è riportato in G. BARBIERI, Le strutture della nostra lingua, La Nuova Italia, FI 1972, pag. 9.
 
A. MARCHESE in Didattica dell'Italiano e strutturalismo linguistico, Principato, Mi 1973, pagg. 23 segg., riporta il seguente schema, proposto da R. JACOBSON (Saggi di linguistica generale, Feltrinelli, 1966, p. 185):
 
 
 
MITTENTE
 
CONTESTO
 
MESSAGGIO
 
CONTATTO
 
CODICE
 
DESTINATARIO
 
 
 
A questi FATTORI della comunicazione, corrispondono le seguenti FUNZIONI del linguaggio, ossia diverse finalità d'uso del linguaggio:
 
INFORMATIVA
 
POETICA
 
EMOTIVA O ESPRESSIVA
 
CONATIVA
 
FàTICA
 
 
 
METALINGUISTICA
 
 
 
== La lingua ==
 
 
5) LA FUNZIONE DELLA LINGUA:
 
quando una persona rivolge il discorso ad un'altra, utilizza il linguaggio per diversi fini.
 
Per esempio:
 
"Mio fratello ha terminato il servizio militare e torna a casa questa sera"…..
 
"Mi fa piacere questo, sono d'accordo"……
 
"Vieni questa sera a casa nostra”.
 
Chiamiamo "a", "b" e "c" rispettivamente le tre frasi.:
"a" informa d’un fatto avvenuto e d'un altro prossimo ad avverarsi;
 
"b" reagisce esprimendo un parere personale;
 
 
"c" esprime un invito, una esortazione.
 
 
Possiamo dire che ogni frase svolge una FUNZIONE tipica del linguaggio.
 
 
Le ‘FUNZIONI’ della lingua sono:
 
 
1)INFORMATIVA, o ‘referenziale’, tipica del discorso storico e scientifico: "informa";
 
2)ESPRESSIVA, esprime contenuti ‘soggettivi’ e personali, non fatti e dati informativi. Tipica del linguaggio dei "poeti" e di chiunque voglia comunicare emozioni, sensazioni, sentimenti, stati d’animo;
 
3)CONATIVA o imperativa, sollecita gli altri a compiere determinate azioni. Tipica del linguaggio giuridico, "profetico", moraleggiante. Ve ne sono altre due, più specifiche e adatte a particolarissime situazioni:
 
4)FàTICA, per sollecitare l'attenzione di chi ascolta: “mi sono spiegato?” – “Va bene?” – “Pronto!?" (al telefono…);
 
5)METALINGUISTICA, quando il discorso riguarda (come ora) la lingua stessa, la definizione delle parole: è il linguaggio delle "grammatiche" e dei vocabolari.
Infine, v'è una specialissima funzione, propria di chi tende a concentrare la comunicazione e l'espressione sulla "forma" dell'enunciato, sul fattore STILE. E' la funzione:
 
6) POETICA, tipica della poesia, thèia manìa kài tèchne, ossia arte e ispirazione.
 
 
 
CLASSIFICAZIONE DEI FONEMI USATI IN ITALIANO:
 
 
SCHEMA 2
 
POSIZIONE DELLE LABBRA
 
Distese, a_é_i
o arrotondate, è_ò_à_u
 
anteriori, e_i_u,é
 
posteriori,a_o_è
 
 
LE VOCALI:
 
 
Quando pronunciamo le vocali, vibrano le corde vocali.
La diversità dei suoni dipende dalla posizione della lingua nella bocca o dalla forma delle labbra.
Per le vocali i , è ( e chiusa) ed è ( e aperta ) viene tenuta più alta la parte anteriore della lingua. Per a, la lingua resta distesa.
 
Per ò ( o aperta ), o (o chiusa ) ed u, viene tenuta più alta la parte posteriore della lingua .
 
 
Quanto alle labbra, esse sono arrotondate per la pronuncia della ò , e della u - sono in posizione intermedia per la a e sono distese per la è ,la e e la i .
 
 
LE CONSONANTI: Si dividono in SORDE e SONORE.
 
Sono " SONORE " quelle che si pronunciano con vibrazione delle corde vocali : B; D; G; V; S (sonora); Z (sonora ); G ( palatale ); M; N; GN; L; GL (palatale ): R.
 
Sono " SORDE " quelle che non comportano vibrazione delle corde vocali: P; T; C ( velare ); S; (sorda ); Z; ( sorda ); C; ( palatale ); SC; ( palatale ).
 
Oppure, in relazione al LUOGO di articolazione, si dividono in:
 
LABIALI : P; B; M (bilabiali ) - F; V ( labiodentali).
 
DENTALI : T; D; N; L; R; S; Z;.
 
PALATALI : C; palatale ( c + e/i); G; palatale (g + e/i); SC; palatale (sc + e/i) GL; palatale (gl + i; gli + a , e, o, u) ; GN; palatale (gn + a, e, i, o ,u).
 
VELARI : C; velare (c +a, o, u - c+ consonante; ch + e ,i; Q; (u) +a, e, i, o).
 
Infine, secondo il MODO di articolazione, si dividono in:
OCCLUSIVE: p; b; m; (bilabiali) - f; v (labiodentali) - t; d (dentali) - c; g (velari).
 
AFFRICATE: z (dentale) - c, g (palatali).
 
SIBILANTI: s, z (dentali) – gl (palatale).
 
FRICATIVE: F,V (LABIODENTALI).
 
LIQUIDE: r, l (dentale) – g l (palatale.
 
NASALI: m (bilabiale) – n (dentale) – gn (palatale).
 
 
 
Nota:
 
la " h " è solo un "grafema", cioè un segno grafico, e non un fonema, ossia un suono vero e proprio. Distingue i suoni velari ‘ c ’ e ‘ g ’ davanti ad ‘ e ’ ed ‘ i ’ .
Suono velare .. : casa, gatto - china, ghisa.
suono palatale : cena, gesso - Cina, Gino.
 
 
=== Divisione in sillabe ===
 
Ogni sillaba contiene almeno una vocale.
Una parola può essere, in base al numero delle sillabe:
 
-monosillaba - una sillaba (re, bar, per, di, a, da)
 
-bisillaba - due sillabe (mon-te; ar–te)
 
-trisillaba - tre sillabe pe–co-ra;re–gi-na)
 
-quadrisillaba-quattro sillabe(vo-ga-to-re;a– ma– to-re;)
 
-polisillaba - più di 4 sillabe (in–ve–sti-ga– to-re.
 
 
 
NORME PER LA DIVISIONE IN SILLABE:
 
 
Ogni consonante FA SILLABA CON LA VOCALE CHE SEGUE.
 
Per esempio: ma - re;
 
Le consonanti doppie si dividono: gat –t o; car - ro.
 
 
 
Quando si hanno gruppi di consonanti, la prima fa parte della sillaba che precede, le altre della sillaba che segue: con – so – nan - te.
 
Fanno eccezione i gruppi di consonanti con cui può cominciare una parola: ..…. ma –e – stro; stro –fa ; ri -splen - de - re; splen - den – te.
 
DITTONGHI:
I gruppi di vocali fanno DITTONGO quando si pronunciano con una sola emissione di voce:
 
 
UO - mo; VIE - ni; AU - to.
 
 
Quando si pronunciano separatamente, si ha uno IATO:
spi - a - re; le – o - ne.
 
 
DITTONGO = i \ u + VOCALE:
 
Uno IATO si forma anche fra a, e, o + u \ i quando ‘u’ oppure ‘i’ sono accentate: pa-ù-ra; vì-a; e nei DERIVATI DI TALI PAROLE: pa-u-ro-so.
 
7) L'ACCENTO: quando si pronuncia una parola, si mette in rilievo una sillaba. Questa intonazione più energica è detta ACCENTO.
 
 
In base all'accento le parole sono:
 
TRONCHE:accento sull'ultima sillaba:virtù
PIANE: accento sulla penultima sillaba:vedére
SDRUCCIOLE: accento sulla terzultima sillaba:àlbero
 
BISDRUCCIOLE:accento sulla quartultima sillaba:òrdinano
 
 
In genere l' ACCENTO si segna solo SULLE TRONCHE e sui seguenti MONOSILIABI:
 
è, né, sé, sì, di', dà, là, lì', per distinguerli dagli o m o g r a f i
 
( omografo: che si scrive nello stesso m o d o ) : e, ne, se, si, da, di, li, la.
 
 
 
8) L'ENUNCIATO O PERIODO:
 
1.Tuo padre dice che partirà alle tre. Vado con lui.
 
2.Tuo padre dice che partirà alle tre.
 
3.Vado con lui.
 
 
n.. 1.= DISCORSO; N. 2. e 3.= ENUNCIATI o periodi.
4. Che caldo fa qui dentro! Non si potrebbe aprire un poco la finestra?
 
5. Che caldo fa qui dentro!
 
6. Non si potrebbe aprire un poco la finestra?
 
La frase n. 4 è un DISCORSO; le n.5. e 6. sono ENUNCIATI o periodi.
 
I segmenti in cui si può suddividere un discorso ( 1. e 3. ), secondo i criteri dell' INTONAZIONE e della possibilità di inserire una pausa tra un segmento e un altro, si possono chiamare ENUNCIATI o PERIODI ( 2..- 3.- 5. e 6.).
 
 
9) L'INTONAZIONE: i tipi dell' INTONAZIONE sono tre: affermazione, esclamazione e domanda. Nelle frasi 2.. e 3. ‘cade’ alla fine dell'enunciato ed esprime affermazione. Nella 5. indica esclamazione. Nella 4. interrogazione o domanda.
 
Nelle frasi 2.. e 3. troveremo un punto fermo : ‘ . ’ - a fine enunciato; nella 5. un punto esclamativo; ‘ ! ’ -; nella 6..un punto interrogativo; ‘ ? ’ - .
 
 
I segni d'interpunzione( . /punto; , /virgola; ; /punto e virgola; : /due punti; ….) sono simbolo grafici che servono ad indicare pause e diverse intonazioni a proposizioni e periodi.
 
 
Il PUNTO segna una pausa marcata e separa due periodi o due proposizioni:
‘Ei fu. Siccome immobile …’
 
La VIRGOLA indica una breve pausa e può essere usata:
 
 
a.per isolare un vocativo: "Stai tranquillo, Luigi, verrò appena è possibile";
 
b. per isolare un'apposizione con aggettivi e complementi: ‘Dante, il grande poeta fiorentino, fu esiliato’;
 
 
c. per dividere due enunciati: ‘E' vero, non partì’; d. per separare le parole in un elenco (enumerazione): ‘l'aria era limpida, chiara, fresca’.
 
 
Il PUNTO E VIRGOLA indica una pausa più lunga, rispetto a quella indicata dalla virgola, fra due frasi che si vogliono unire tra loro.
 
Segna perciò una pausa APERTA nel contesto dello stesso periodo e della stessa proposizione: ‘la situazione era difficile; per questo decisi di rimanere’.
 
 
 
I DUE PUNTI indicano che il periodo che segue spiega quello precedente. Possono precedere una enumerazione, un elenco. Sono d'obbligo per introdurre un DISCORSO DIRETTO ( riportato fra "virgolette").
 
Per es.: ‘ Giuseppe si alzò e disse: "Tranquillizzati, sistemerò tutto!" ’.
 
 
DEFINIZIONE DELL'ENUNCIATO:
 
l' enunciato è un segmento di un discorso, contrassegnato da una particolare INTONAZIONE e seguito ( nonché preceduto ) da una PAUSA prolungabile.
 
10) IL DISCORSO, quindi, si divide in ENUNCIATI.
Questi in PAROLE o ‘MONEMI '.
 
Queste si dividono in morfemi come: LUP - o; GATT – o che sono le UNITA' GRAMMATICALI MINIME.
 
 
(Giovanna BARBIERI, op. cit.)
 
1). Con_un morfema=parola monomorfemica
2). Caten-a_due morfemi=parola polimorfemica
 
3). Con-caten-are_tre morfemi=parola polimorfemica
 
4). Con-caten-at-o_quattro " =idem
 
Più precisamente una parola si divide in queste parti: prendiamo = parola o monema di nove grafemi (lettere) o fonemi (suoni)
 
- prend = monema radice, LESSEMA (parte significante) o morfema lessicale.
 
- iamo = monema grammaticale ('desinenza’
o ‘terminazione’, in certi casi) oppure MORFEMA
 
GRAMMATICALE, ossia INDICATORE della 'forma' della PAROLA: maschile, femminile, singolare, plurale, persona per il verbo, in questo caso.
 
 
Quindi per le parole, o MONEMI, soggette a variabilità nella parte finale, si riconoscono più parti. Una - centrale - indica significato.
 
Le altre- finali, indicano il genere, il numero, in certe lingue il CASO, o, per i verbi, il numero e la persona .
 
Questi sono ‘morfemi’ , e mutano la ‘FORMA’ (SIGNIFICANTE), non la 'SOSTANZA' ( SIGNIFICATO).
 
Sono il 'vestito', o la ' maschera' delle parole.
I MORFEMI anteposti, ossia situati all'inizio del monema, prima del LESSEMA, sono dei prefissi. (particelle 'messe prima del tema’).
 
Per esempio: con - catenare ; per - correre ... .
 
IL MORFEMA LESSICALE comune, ossia il LESSEMA, portatore del SIGNICATO BASE, rappresenta la parte - il nucleo - della parola
 
( monema ) che resta dopo aver tolto prefissi e suffissi ( morfemi grammaticali ), ed è la RADICE della parola (talora coincide con il TEMA, in casi particolari ).
 
I MORFEMI aggiunti alla radice si dicono 'suffissi' con termine generico .
 
 
 
Per esempio:
 
Corr-ent-e-ente
 
Radice e tema\Morfemalessicale o lessema\Morfema Vocale Gramm.le.
 
marca Eufonica\Morferma gramm.le
 
Marca \ desinenza
 
Schema 3
 
PER
CORR
ERE
 
 
PREFISSO o monema grammaticale
 
Morferma (greco:morphè=forma)
 
RADICE o monema lessicale
lessema (=greco semàino = significo \ lèksis - discorso)
SUFFISSO o monema grammaticale
 
== Le desinenze ==
 
 
I morfemi- suffissi contribuiscono, come si diceva prima, a DIFFERENZIARE le CATEGORIE grammaticali : NUMERO – TEMPO - PERSONA - MODO e GENERE.
 
 
nota:
 
se il SUFFISSO si unisce direttamente alla RADICE (lessema) , la parola può dirsi PRIMITIVA.
Se si unisce alla radice dopo un altro suffisso ( moferma grammaticale ), la parola si dice DERIVATA.
 
Per le osservazioni su "lessemi", "morfemi grammaticali”, ”morfemi lessicali" e "monemi" vedi: A. MARTINET, Elementi di linguistica generale, Universale, Laterza, Bari 1977, 1.9 pag. 23 e 4..20 pag. 137 e: A. MARCHESE - A. SARTORI, Il segno il senso - Grammatica Moderna della lingua italiana, Principato Editore MI 1975, pag. 33.
 
 
12 * I SINTAGMI O GRUPPI - NOMINALI / VERBALI E PREPOSIZIONALI :
 
In un ENUNCIATO possiamo chiamare "SINTAGMA” (greco syntàgma - composizione, cfr. syntàssodispongo in ordine syntàksissintassi, disposizione ordinata, in linguistica vale:messa in ordine metodica degli elementi d'un lingua)oppure “GRUPPO” NOMINALE (GN) ogni agglomerato (gruppo) di parole formato dall’ ARTICOLO (o DETERMINANTE) + NOME, dall’ARTICOLO + AGGETTIVO + NOME, oppure ARTICOLO + NOME + AGGETTIVO (DETERMINANTE o MODIFICANTE), o dal solo NOME (GN).
 
Possiamo chiamare SINTAGMA o GRUPPO VERBALE ogni gruppo di parole formato dal VERBO + ARTICOLO + NOME, dal VERBO + GRUPPO NOMINALE o PREPOSIZIONALE oppure infine dal solo VERBO (GV).
 
 
il pioppo -
 
il verde pioppo -
il pioppo verde -
 
- determinante nome
 
- determ modificante nome
 
- d n m
 
 
 
il modificante in questo caso è ‘lessicale’, poiché modifica proprio in senso lessicale, apportando una direzione precisa al significato del nome.
 
chiameremo SINTAGMI I GRUPPI DI PAROLE, COLLEGATE DAL SENSO E DISPOSTE SECONDO LE REGOLE DELLO STILE, che trovano nel VERBO il loro “nucleo logico, sintattico e semantico centrale”
 
F. s. = GN + GV = A(D) + N + V + A(D ) +N
 
I contadini = GN (=A+N)
 
Abbattono un pioppo = GV (=V+GN2) = (V+A(D)+N)
 
Abbattono = VERBO (VERBALE)
 
Un pioppo = GN2 (=A(D)+N)
 
 
 
GN1 = i contadini = "soggetto" - GN2 =un pioppo
 
= "complemento oggetto".
 
 
 
 
Schema N. 4 :
 
 
I_contadini_abbattono__un__pioppo
 
DET.+NOME+VERBO+DET+NOME \ GN1+GN2
DET.(ART) + NOMEVERBO+ DET(ART)+NOME
 
 
 
FRASE SEMPLICE
 
Chiameremo SINTAGMA o GRUPPO PREPOSIZIONALE quell’insieme di parole, collegate dal senso e concordanti fra loro, che siano rette da una preposizione.
In pratica un ‘complemento indiretto’.
 
Tale sintagma o gruppo ‘preposizionale risulta formato da:
PREPOSIZIONE (FUNZIONALE) + GN e rappresenta una ESPANSIONE, poiché amplia e arricchisce la presenza “semantica” di un monema (parola: nome, verbo, aggettivo-modificante) nella frase).
 
Nota bibliografica:
 
Per tutte queste definizioni vedi: G. DEVOTO, Avviamento alla etimologia italiana, Dizionari Le Monnier e: J. DUBOIS - M. GIACOMO - LOUIS GUESPIN - C. MARCELLESI - J.P.NEVEL , Dizionario di linguistica - Ed. Zanichelli.
E ancora, per la parte sulla grammatica trasformazionale: F. VANOYE, Usi della lingua, Manuale di italiano per le Scuole Medie Superiori, Società Editrice. Internazionale TORINO .
 
 
Per gli insegnanti, sono utili:
 
E.Cavallini Bernacchi, L'insegnamento della lingua, Il punto emme edizioni , Milano -
 
N. Chomsky, Le strutture della sintassi, Universale Laterza., Bari -
 
 
Utili sono i volumi di G. MOUNIN:
Guida alla linguistica, Guida alla semantica e Storia della linguistica (2 voll.), tutti della UE Feltrinelli (n. 626 -713 e 576/635 della collana ), nonché Didattica dell'Italiano e Strutturalismo linguistico, di A. MARCHESE, Principato).
 
 
 
Schema 5:
Phrase maker ( con GP = ESP )
un uomo corre per la strada
 
qui il GN 1 è il SOGGETTO – il GN 2 è il GRUPPO NOMINALE che, con la PREPOSIZIONE, forma il GRUPPO PREPOSIZIONALE (C0MPLEMENTO DI MOTO PER LUOGO).
 
 
Nota: gli AVVERBI. Possono avere la stessa funzione dei GP: ad esempio:
 
 
il treno correva a gran velocità
 
___GN__________V___________GP______
 
 
GP = prep\agg\nome= funzionale\modificante\
nome
 
GN+GV=Frase semplice.
Nella frase possiamo SOSTITUIRE il GP “a gran velocità” con l’avverbio “velocemente”.
 
Le preposizioni, con le congiunzioni e il pronome relativo, possono chiamarsi
funzionali, o indicatori di funzione,
perché collegano, mettono in relazione, indicandone appunto la ‘funzione’, GN con un verbo o GN con GP
 
(preposizione) o GN, GP e frasi tra loro (congiunzione).
 
Il pronome relativo funge da “raccordo” fra sintagma predicativo principale ed una subordinata.
 
I nomi rientrano nella categoria dei nominali,
i verbi in quella dei verbali.
 
Gli articoli appartengono alla categoria dei determinanti o determinativi.
 
Aggettivi e avverbi a quella dei modificanti, perché modificano, precisano il senso di un nominale o di un verbale.
 
 
I verbi essere e avere ausiliari, i verbi servili e fraseologici sono modalità perché precisano un rapporto logico fra GN 1 / 2 e modificante nominale (nome del predicato) o fra GN 1 / 2 e verbale.
 
 
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