Storia e memoria/Capitolo 1: differenze tra le versioni

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Contro l'accettazione di una tale tesi, potremmo essere tentati di invocare il tentativo di Gaio di imporre il culto imperiale agli ebrei della Giudea erigendo la sua statua nel Tempio di Gerusalemme, una mossa che indica che Gaio sarebbe stato la persona meno favorevole agli ebrei di Alessandria.<ref>Così Colin Wells, ''The Roman Empire'', II ed. (Londra, Cambridge, MA: Harvard University Press, 1995), 109, dove "Gaius’ conviction in his own divinity ... led to anti-Jewish outbreaks in Alexandria."</ref> Ma Gaio, all'epoca in cui Agrippa si recò ad Alessandria, non aveva intrapreso una simile politica<ref>Mommsen, {{en}} ''The Provinces of the Roman Empire'', 2, 192, n. 1, scrive in modo pertinente: "The special hatred of Gaius against the Jews was not the cause, but the consequence of the Alexandrian Jew hunt."</ref> ed era, naturalmente, in rapporti molto cordiali con Agrippa, descritto da Filone nell’''In Flaccum'' come un amico di Cesare (φίλος τοῦ καίσαρος).<ref>Così Filone, ''In Flacc.'', 40. Gli stretti rapporti tra importanti ebrei e imperatori non erano affatto atipici. Già molto precedentemente, Giulio Cesare si era dimostrato grande amico degli ebrei, tanto da attirarli a Roma in gran numero dalla Palestina. Cfr. Adrian N. Sherwin-White, ''Racial Prejudice in Imperial Rome'' (Cambridge: University Press, 1967), 96.</ref> Inoltre, i veri nemici di Roma ad Alessandria, come l'imperatore probabilmente sapeva fin troppo bene, erano gli oppositori alessandrini del dominio romano che stavano attaccando gli ebrei per poi attaccare Roma. Infine, Filone nella ''Legatio'' rivela la netta assenza di un intenso sentimento antiebraico da parte di Gaio al momento della rappresentazione di Filone a Caligola dopo il pogrom.<ref>Si veda specialmente ''Leg.'', 367, dove il Gaio considera gli ebrei sfortunati piuttosto che malvagi nel credere che Gaio non abbia la natura di un dio (οὐ πονηροὶ μᾶλλον ἤ δυστυχεῖς εἶναι μοι δοκοῦσιν ἂνθρωποι καὶ ἀνόητοι μὴ πιστεύοντες ὅτι θεοῦ κεκλήρωμαι φύσιν).</ref> Il sostegno di Agrippa e degli ebrei di Alessandria da parte dell'imperatore in questo momento è quindi plausibile.
 
[[File:Josephus Flavius (37 - um 100).jpg|240px|thumb|right|[[w:Flavio Giuseppe|Tito Flavio Giuseppe]] (illustrazione del XVIII sec.)]]
Il sostegno di Agrippa agli ebrei alessandrini, e il fatto che lo facesse come rappresentante ufficiale dell'imperatore romano, potrebbe facilmente spiegare l'intensa ostilità verso il re che scoppiò e portò alla processione del finto re. Allo stesso tempo, ragioni più profonde, più specifiche, sembrano aver determinato l'ostilità della folla alessandrina nei confronti di Agrippa. In primo luogo, la testimonianza di Filone suggerisce che lo scopo del corteo del finto re fosse quello di sottolineare il fatto che l'onore mostrato dagli ebrei alessandrini a un re alieno indicava una doppia lealtà da parte loro.<ref>Cfr. Feldman, ''Jew and Gentile'', 115; Feldman, ''History and Hate'', 23; van der Horst, ''Philo’s Flaccus'', 131.</ref> Questa accusa è implicita nell'appellativo aramaico o forse siriaco accordato a Carabas come ''Marin'' (mio signore), una parola che, secondo Filone, confermava il fatto che Agrippa era siriano di nascita e governava una parte della Siria.<ref>Filone, ''In Flacc.'', 39.</ref> L'implicazione era che Agrippa e i suoi seguaci ebrei ad Alessandria fossero stranieri. Una conclusione simile si può trarre dal rifiuto da parte degli alessandrini della validità della scelta di Agrippa di recarsi ad Alessandria usando la via alessandrina verso il suo regno a causa della sua presunta superiorità rispetto alla rotta settentrionale con il commento che "un buon vento avrebbe potuto portarlo [cioè, Agrippa] al suo".<ref>Filone, ''In Flacc.'', 31: εἰς τὴν οἰκείαν.</ref> L'espressione "al suo" suggerisce fortemente che il "suo" di Agrippa non era certamente l'Egitto e che egli fosse, in effetti, percepito come uno straniero ad Alessandria e in Egitto nel suo insieme.<ref>Sandmel, ''Philo of Alexandria'', 176, n. 23 sostiene che l'impiego del termine aramaico ''Marin'' riflette semplicemente il fatto che l'aramaico era la lingua principale degli ebrei a quel tempo. Sandmel esclude quindi il fatto che l'uso di questa parola indicasse che il regno di Agrippa era in Siria e che il lignaggio di Agrippa da parte di padre era siriano.</ref>
 
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[[File:Alexander Jannaeus.jpg|thumb|240px|right|[[w:Alessandro Ianneo|Alessandro Ianneo]], dal ''[[w:Promptuarii Iconum Insigniorum|Promptuarii Iconum Insigniorum]]'']]
Pertanto, la percezione da parte dei greci e degli egizi nativi di Alessandria che gli ebrei fossero agenti di lunga data della leadership ebraica in Giudea, e quindi fossero colpevoli di mantenere lealtà politiche divise, risale certamente al 102 p.e.v., quando il comandante supremo della le forze militari di [[w:Cleopatra III|Cleopatra III]], l'ebreo Anania, dissuase il monarca egizio dall'annettere il regno di [[w:Alessandro Ianneo|Alessandro Ianneo]] sulla base del fatto che un'azione ostile contro il monarca asmoneo avrebbe provocato l'ostilità degli ebrei d'Egitto.<ref>Fl. Gius., ''AJ'' 13.353–55.</ref> Questa percezione si intensificò nel 55 p.e.v. quando il sovrano ''de facto'' della Giudea, l'Idumeo Antipatro, esortò con successo gli ebrei dell'esercito tolemaico che stavano a guardia delle frontiere dell'Egitto a consentire a Gabinio, il proconsole romano di Siria, di entrare in Egitto.<ref>Fl. Gius., ''AJ'' 14.99.</ref> Questo evento, inoltre, deve aver alimentato un sospetto che gli ebrei d'Egitto, così strettamente legati al regime idumeo e alla sua sostenitrice Roma, costituissero una quinta colonna. È probabile che una simile percezione negativa della lealtà divisa e dell'adesione ebraica agli interessi ebraici e romani, piuttosto che egizi, da parte della comunità alessandrina non-ebraica si sia generata a causa delle mosse dei soldati ebrei nell'esercito tolemaico per consentire a Cesare l'ingresso in Egitto nel 48 p.e.v.<ref>Fl. Gius., ''AJ'' 14.131–2. Cfr. Feldman, ''Jew and Gentile'', 51.</ref> In tutti questi casi, è probabile che l'animosità alessandrina nei confronti della comunità ebraica d'Egitto a causa delle sue dubbie credenziali nazionalistiche abbia alimentato l'ostilità nei confronti dei governanti giudei Asmonei ed Erodiani che comandavano la lealtà degli ebrei d'Egitto e in particolare quelli di Alessandria e generò tentativi di delegittimare la monarchia giudea che, a sua volta, probabilmente provocò simili controaccuse contro la monarchia egizia, sia tolemaica che faraonica. Sembrerebbe quindi che la disputa sulla legittimità monarchica tra Apione e Flavio Giuseppe nel ''Contra AponemApionem''<ref>Fl. Gius., ''CAp.'' 2. 132–34.</ref> abbia probabilmente posseduto una preistoria sostanziale, che risale certamente almeno al 102 p.e.v.
 
Che questo conflitto di identità tra gli ebrei e i loro vicini non ebrei, sia greci che nativi egizi, fosse di vecchia data, originato in epoca tolemaica ed esteso al periodo successivo all'incorporazione dell'Egitto nell'impero romano e diretto ai precedenti monarchi ebrei, Asmonei e Erodiani, è suggerito dalla traduzione letterale da parte di Filone della formulazione usata dagli alessandrini per denotare l'angoscia che stavano provando. Così, nel contesto della descrizione dell'angoscia degli alessandrini per aver dovuto assistere all'arrivo di un re ebreo in mezzo a loro, notiamo l'uso dell'imperfetto ἢσχαλλον dal verbo ἀσχαλάω ("essere in uno stato di angoscia").<ref>Filone, ''In Flacc.'', 29.</ref> Il tempo imperfetto generalmente, anche se non sempre, suggerisce l'azione passata che continua nel presente. L'uso da parte di Filone dell'imperfetto di ἀσχαλάω, quindi, sembra alludere a un senso di continuità di angoscia da parte degli alessandrini, un'angoscia che si concretizzò con l'ingresso di Agrippa quale re ebreo ad Alessandria. Potremmo quindi concludere che gli alessandrini erano in un continuo stato di disagio non semplicemente perché un ebreo, Agrippa, era stato nominato re mentre "ognuno di loro era stato privato di un trono ancestrale".<ref>Filone, ''ibid.''</ref> Agrippa era, agli occhi della popolazione alessandrina non-ebraica, percepito semplicemente come l'ultimo esempio di una stirpe di monarchi ebrei la cui esistenza concreta gettava vergogna sui greci e sugli egizi nativi di Alessandria. Ciò che conferma la nostra sensazione che questa irritazione fosse un processo di lunga data e in corso, non solo provocato dall'ostentato ingresso di Agrippa negli affari alessandrini, è il fatto che il testo di Filone afferma chiaramente che l'innata ostilità degli alessandrini verso gli ebrei era antica.<ref>Così Filone, ''In Flacc.'', 29: Τήν παλαιὰν γεγενημένην πρὸς Ιουδαίους ἀπέχθειαν; cfr. Sevenster, ''The Roots of Pagan Anti-Semitism in the Ancient World'', 168–69.</ref>
 
Per concludere, questo Capitolo ha cercato di dimostrare come il significato dell'intervento di Agrippa I negli affari di Alessandria nel 38 e.v. che causò il primo pogrom contro gli ebrei nella storia occidentale, sia stato completamente oscurato o, per lo meno, minimizzato dall'antica documentazione storica. Un incidente le cui radici erano molto probabilmente profonde con importanti implicazioni per la questione dell'identità ebraica e, in effetti, per l'identità di altri elementi della popolazione alessandrina durante il I secolo e.v., che erano in concorrenza con gli ebrei, che fu o ignorato (Flavio Giuseppe) o relegato allo stato di incidente molto minore (Filone). Quindi, non sorprende che i resoconti moderni abbiano avuto la tendenza a ignorare totalmente o minimizzare il significato di questo episodio.
 
Le considerazioni dei due antichi resoconti di questo episodio presentate in questo Capitolo mi portano a concludere che la memoria storica dell'intervento di Agrippa negli affari alessandrini debba essere percepita come uno strumento inaffidabile e distorto per valutare la portata dell'evento che avrebbe provocato lo scoppio del pogrom. In parole povere, se dovessimo affidarci a Flavio Giuseppe, non avremmo alcuna informazione sul ruolo di Agrippa. Filone è chiaramente più istruttivo, ma rivela la sua importanza come fonte solo se prendiamo atto delle contraddizioni che guastano la sua valutazione centrale.
 
In contrasto con la valutazione di questi scrittori, sia antichi che moderni, ho presentato il caso che l'arrivo di Agrippa ad Alessandria fosse più che una questione di mera casualità, semplicemente dettata dal suggerimento dell'imperatore sulla via più rapida per la Palestina. Le prove raccolte da Filone, in netto contrasto con la tesi principale che Filone postula, suggeriscono che Agrippa sia arrivato ad Alessandria con onori pretoriani in missione imperiale per sostenere la comunità ebraica nelle difficoltà che incontrava con i suoi oppositori. Il grandioso ingresso di Agrippa ad Alessandria suscitò inevitabilmente le ire dell'elemento greco ed egizio della città. Per aggiungere al danno la beffa, il monarca ebreo era percepito dagli alessandrini come un agente dell'odiato imperatore romano. Inoltre, gli ebrei di Alessandria furono accusati di avere una doppia lealtà. Soprattutto, si accesero o, forse, riaccesero le sensibilità identitarie relative in particolare alle pretese competitive di legittima monarchia tra le comunità rivali. L'arrivo ad Alessandria di un re ebreo, sebbene un re ebreo senza un territorio governativo che contenesse una popolazione ebraica, provocò la sensibilità della comunità alessandrina rivale, un conglomerato di greci, egizi e derivazioni miste egizio-greche. Fece capire, non per la prima volta, la realtà dell'eclissi d'indipendenza di quella comunità per mano dei greco-macedoni o dei romani e minacciò di mandare in frantumi sogni di rigenerazione nazionale. L'attrito che ne seguì mise le due comunità l'una contro l'altra nel tentativo di garantire la propria identità<ref>Naturalmente, la questione dell'identità non era solo associata a considerazioni monarchiche. Per le più ampie implicazioni sull'identità sociologica, si veda Blouin, ''Le Conflit judéo-alexandrin'', 116–26. In contrasto, Kerkeslager, "Agrippa I", 367–400, sostiene che le ostilità contro gli ebrei da parte degli alessandrini si originavano dal fatto che gli ebrei avevano violato le celebrazioni funerarie di Drusilla. Ciò porta Kerkeslager alla conclusione sorprendente (e implausibile), data l'ostilità alessandrina al dominio romano, che gli alessandrini fossero difensori dell'onore romano.</ref> e la legittimità della propria monarchia sulle aspirazioni monarchiche dell'altra.<ref>Bisogna ovviamente essere cauti prima di asserire che Erodiano Agrippa agli occhi degli ebrei di Alessandria appariva come una figura messianica. Tuttavia, date le origini semiebraiche di Agrippa – la sua discendenza da sua nonna, l'asmonea Mariamne – tale possibilità non dovrebbe essere del tutto scartata. È certamente degno di nota il fatto che il ''[[Testamento dei Dodici Patriarchi]]'' e i ''[[w:Documento di Damasco|Frammenti zaddokiti]]'' affermano che il Messia proverrà dalla tribù di Levi, un ovvio tentativo di legare la casa asmonea con l'aspettativa messianica. Cfr. Charles, ''Apocrypha and Pseudepigrapha'', 2, 294, 788. Vale anche la pena notare che i pretendenti messianici ebrei emersero in Egitto (Fl. Gius., ''AJ'' 20.167–72; ''BJ'' 261–43).</ref>
 
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[[Categoria:Storia e memoria|Capitolo 1]]