Storia e memoria/Capitolo 1: differenze tra le versioni

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Poiché né la motivazione da parte di Agrippa di ripagare un vecchio debito con l'alabarca né il desiderio di organizzare il matrimonio di sua figlia con il figlio dell'alabarca, né l'utilizzo di Agrippa da parte di Gaio in una veste ufficiale né per indagare sulle azioni problematiche di Flacco o per attuare la riconferma di Flacco a prefetto d'Egitto spiega adeguatamente la presenza di Agrippa in Egitto come inviato dell'imperatore, un terzo motivo, a mio avviso, deve essere considerato. Lo scopo deliberato di Agrippa nel recarsi ad Alessandria era di incontrare la comunità ebraica della città e di aiutarla nella sua lotta contro gli alessandrini, facendo ciò, inoltre, come rappresentante ufficiale dell'imperatore.<ref>Un punto di vista originariamente suggerito da Ulrich Wilcken, "Alexandrinische Gesandschaft vor Kaiser Claudius", ''Hermes'' 30.4 (1895): 491. John G. Gager, ''The Origins of Anti-Semitism: Attitudes to Judaism in Pagan and Christian Antiquity'' (Oxford, New York: Oxford University Press, 1983), 47, suggerisce questa possibilità senza elaborare l'argomento in dettaglio. Questa teoria non piace a van der Horst, ''Philo’s Flaccus'', 117, sulla base del fatto che nessuna prova diretta sostiene questo punto di vista. A mio avviso, in assenza di prove dirette, le argomentazioni fondate sulla plausibilità restano un'opzione giustificata.</ref> Questa visione presuppone che Agrippa, e forse Gaio, era stato contattato dalla comunità ebraica prima della partenza di Agrippa da Roma.<ref>Cfr. Kushnir-Stein, "On the Visit", 241. Kushnir-Stein, ''ibid.'', 221, respinge abbastanza correttamente i tentativi di negare che l'arrivo di Agrippa non sia stato accidentale; cfr. ad esempio, l'opinione di Balsdon, ''The Emperor Gaius'', 131, che Agrippa cambiò il suo piano, dapprima discreto e poi adottando una posizione più proattiva; similmente Bell, ''Juden und Griechen''18; Box, ''Philonis Alexandrinum in Flacco'', xl–xli; Francis H. Colson, ''Philo In Flaccum'' (Londra, Cambridge, MA: Heinemann, Harvard University Press, 1954), 318–19; William O.E. Oesterley, ''A History of Israel'' 2 (Oxford: Clarendon Press, 1932), 406; M. Grant, ''The Jews in the Roman World'' (Londra: Weidenfeld e Nicolson, 1973), 123; Smallwood, ''Jews under Roman Rule'', 238; Barrett, ''Caligula'', 186. In contrasto, Kushnir-Stein, "On the Visit", 221, sostiene in modo convincente che Agrippa andò deliberatamente ad Alessandria per aiutare la comunità ebraica e che Filone s'inventò il consiglio di Gaio di prendere la via meridionale per assolvere Agrippa dal creare guai. Segue l'ideatore di questo punto di vista, Wilcken, "Alexandrinische Gesandschaft vor Kaiser Claudius", 491–92. Pur accettando la sua opinione che Agrippa intendesse deliberatamente di recarsi ad Alessandria per intervenire nel conflitto giudeo-alessandrino, io credo invece che il ruolo di Gaio nell'incoraggiare Agrippa ad andare sia plausibile per tre ragioni: in primo luogo, Gaio aveva dotato Agrippa di poteri pretoriani. Ciò indica il ruolo positivo dell'imperatore nei piani di Agrippa. In secondo luogo, la stretta amicizia dell'imperatore con Agrippa rafforza questa probabilità. Infine, l'ostilità di Gaio nei confronti di Flacco per la sua alleanza con i nemici di Gaio, Gemello e Macro, rende probabile il suo sostegno ad Agrippa.</ref>
 
Diversi fattori sembrano favorire una tale interpretazione. In primo luogo, come afferma inequivocabilmente Tacito (''Ann.'' 2.59), qualsiasi funzionario di alto rango che entrasse nella provincia economicamente importante dell'Egitto poteva farlo solo con l'espressa approvazione dell'imperatore. Ciò suggerisce che qualsiasi motivo per farlo doveva essere piuttosto importante. Un semplice accenno all'opportunità che il non-romano Agrippa intraprendesse la rotta meridionale verso il suo regno sembra una ragione alquanto irrisoria per il viaggio di Agrippa ad Alessandria. In secondo luogo, abbiamo le stesse parole di Flacco che temeva Caligola, che aveva inviato (cioè non solo raccomandato) Agrippa ad Alessandria, per cui la sua necessità di manifestare un'apparenza di amicizia ad Agrippa.<ref>Filone, ''In Flacc.'', 31.</ref> Infine, a conferma della probabilità che Agrippa fosse andato in missione imperiale ad Alessandria è il fatto che nell’''In Flaccum'' 32, Caligola avrebbe esercitato pressioni su Agrippa affinché lo facesse.<ref>Filone, ''In Flacc.'', 32.</ref> Pertanto, Filone contraddice la sua precedente opinione secondo cui un semplice suggerimento indusse Agrippa ad entrare ad Alessandria.
 
Contro l'accettazione di una tale tesi, potremmo essere tentati di invocare il tentativo di Gaio di imporre il culto imperiale agli ebrei della Giudea erigendo la sua statua nel Tempio di Gerusalemme, una mossa che indica che Gaio sarebbe stato la persona meno favorevole agli ebrei di Alessandria.<ref>Così Colin Wells, ''The Roman Empire'', II ed. (Londra, Cambridge, MA: Harvard University Press, 1995), 109, dove "Gaius’ conviction in his own divinity ... led to anti-Jewish outbreaks in Alexandria."</ref> Ma Gaio, all'epoca in cui Agrippa si recò ad Alessandria, non aveva intrapreso una simile politica<ref>Mommsen, {{en}} ''The Provinces of the Roman Empire'', 2, 192, n. 1, scrive in modo pertinente: "The special hatred of Gaius against the Jews was not the cause, but the consequence of the Alexandrian Jew hunt."</ref> ed era, naturalmente, in rapporti molto cordiali con Agrippa, descritto da Filone nell’''In Flaccum'' come un amico di Cesare (φίλος τοῦ καίσαρος).<ref>Così Filone, ''In Flacc.'', 40. Gli stretti rapporti tra importanti ebrei e imperatori non erano affatto atipici. Già molto precedentemente, Giulio Cesare si era dimostrato grande amico degli ebrei, tanto da attirarli a Roma in gran numero dalla Palestina. Cfr. Adrian N. Sherwin-White, ''Racial Prejudice in Imperial Rome'' (Cambridge: University Press, 1967), 96.</ref> Inoltre, i veri nemici di Roma ad Alessandria, come l'imperatore probabilmente sapeva fin troppo bene, erano gli oppositori alessandrini del dominio romano che stavano attaccando gli ebrei per poi attaccare Roma. Infine, Filone nella ''Legatio'' rivela la netta assenza di un intenso sentimento antiebraico da parte di Gaio al momento della rappresentazione di Filone a Caligola dopo il pogrom.<ref>Si veda specialmente ''Leg.'', 367, dove il Gaio considera gli ebrei sfortunati piuttosto che malvagi nel credere che Gaio non abbia la natura di un dio (οὐ πονηροὶ μᾶλλον ἤ δυστυχεῖς εἶναι μοι δοκοῦσιν ἂνθρωποι καὶ ἀνόητοι μὴ πιστεύοντες ὅτι θεοῦ κεκλήρωμαι φύσιν).</ref> Il sostegno di Agrippa e degli ebrei di Alessandria da parte dell'imperatore in questo momento è quindi plausibile.
 
Il sostegno di Agrippa agli ebrei alessandrini, e il fatto che lo facesse come rappresentante ufficiale dell'imperatore romano, potrebbe facilmente spiegare l'intensa ostilità verso il re che scoppiò e portò alla processione del finto re. Allo stesso tempo, ragioni più profonde, più specifiche, sembrano aver determinato l'ostilità della folla alessandrina nei confronti di Agrippa. In primo luogo, la testimonianza di Filone suggerisce che lo scopo del corteo del finto re fosse quello di sottolineare il fatto che l'onore mostrato dagli ebrei alessandrini a un re alieno indicava una doppia lealtà da parte loro.<ref>Cfr. Feldman, ''Jew and Gentile'', 115; Feldman, ''History and Hate'', 23; van der Horst, ''Philo’s Flaccus'', 131.</ref> Questa accusa è implicita nell'appellativo aramaico o forse siriaco accordato a Carabas come ''Marin'' (mio signore), una parola che, secondo Filone, confermava il fatto che Agrippa era siriano di nascita e governava una parte della Siria.<ref>Filone, ''In Flacc.'', 39.</ref> L'implicazione era che Agrippa e i suoi seguaci ebrei ad Alessandria fossero stranieri. Una conclusione simile si può trarre dal rifiuto da parte degli alessandrini della validità della scelta di Agrippa di recarsi ad Alessandria usando la via alessandrina verso il suo regno a causa della sua presunta superiorità rispetto alla rotta settentrionale con il commento che "un buon vento avrebbe potuto portarlo [cioè, Agrippa] al suo".<ref>Filone, ''In Flacc.'', 31: εἰς τὴν οἰκείαν.</ref> L'espressione "al suo" suggerisce fortemente che il "suo" di Agrippa non era certamente l'Egitto e che egli fosse, in effetti, percepito come uno straniero ad Alessandria e in Egitto nel suo insieme.<ref>Sandmel, ''Philo of Alexandria'', 176, n. 23 sostiene che l'impiego del termine aramaico ''Marin'' riflette semplicemente il fatto che l'aramaico era la lingua principale degli ebrei a quel tempo. Sandmel esclude quindi il fatto che l'uso di questa parola indicasse che il regno di Agrippa era in Siria e che il lignaggio di Agrippa da parte di padre era siriano.</ref>
 
L'ostilità della folla nei confronti di Agrippa ha, tuttavia, una dimensione ulteriore e più profonda.<ref>Cfr. Kasher, ''The Jews in Hellenistic and Roman Egypt'', 21, che vede l'incidente di Carabas meramente come "a mocking comedy at Agrippa’s expense".</ref> Semplicemente, la comunità alessandrina era infuriata per il fatto che gli ebrei avessero un re mentre agli alessandrini veniva negato un tale lusso.<ref>Si veda Ralph Marcus, "Antisemitism in the Hellenistic-Roman World", in ''Essays in Anti-Semitism'', cur. Koppul S. Pinson (New York: Horney Press, 1946), 78, che ha scritto: "it was the proud behaviour and royal ceremonial of Agrippa which was the real reason for the anti-Jewish riots that resulted in the loss of Jewish lives and property."</ref> Filone è esplicito su questo punto. Scrive che la plebaglia alessandrina "era risentita del fatto che i Giudei avessero un re proprio mentre ciascuno di loro era stato in tal modo privato di un trono ancestrale".<ref>Filone, ''In Flacc.'', 29. Riformulato da van der Horst, ''Philo’s Flaccus'', 33: "The scum of the world had the affront to hail the king of their own, while the others had not even a modicum of self rule. This was the bloody limit."</ref> Un'eco della gelosia degli Alessandrini per Agrippa si sente ulteriormente nel loro commento a Flacco, nel contesto del loro tentativo di accattivarsi il prefetto, secondo cui Agrippa, con la sua presenza ad Alessandria, eclissava il prestigio del prefetto romano d'Egitto.<ref>Filone, ''In Flacc.'', 31.</ref> Gli alessandrini stavano tentando di infondere in Flacco un risentimento per la presenza ad Alessandria di un re ebreo.<ref>Cfr. Kushnir-Stein, "On the Visit", 229.</ref> Ci troviamo, quindi, di fronte alla possibilità che un fattore non trascurabile nell'ostilità tra ebrei e greci di Alessandria fosse la loro antitetica pretesa di diritto a un monarca.<ref>Martin Charlesworth, ''Five Men: Character Sketches from the Roman Empire. Martin Classical Lectures'' 6 (Cambridge, MA: Harvard University Press, 1936), 5, inietta stranamente sfumature messianiche nella posizione di Agrippa ad Alessandria sostenendo che Agrippa era di discendenza davidica. Sembra che gli sia sfuggito il fatto che la nonna di Agrippa, l'Asmonea Mariamne, provenisse da ceppo sacerdotale.</ref>
 
La forza dell'animosità che gli oppositori alessandrini avevano per l'intera dinastia erodiana e in particolare per un individuo di nome Agrippa (probabilmente Agrippa I piuttosto che Agrippa II)<ref>La vecchia opinione che l'Agrippa menzionato negli ''Acta Isidori'' sia Agrippa II (ad es. Musurillo, ''The acts of the Pagan Martyrs'', 124, e Milne, ''History of Egypt under Roman Rule'', 29) è stata abbandonata; così Schäfer, ''Judeophobia'', 154; Mélèze Modrzejewski, ''The Jews of Egypt'', 175–86.</ref> è ben illustrata da due brani della narrativa storica, gli ''Acta Isidori''.<ref>Sul carattere storicamente fittizio degli ''Acta Isidori'', cfr. Tcherikover, ''CPJ'' 2, 56; seguito da Smallwood, ''Jews under Roman Rule'', 250; Mélèze Modrzejewski, ''The Jews of Egypt'', 173–74; Gager, ''The Origins of Anti-Semitism'', 49; Sherwin-White, ''Racial Prejudice in Imperial Rome'', 96.</ref> Questo testo, datato intorno al 41 e.v., è un resoconto di un presunto processo ai capi antiebraici, Isidoro e Lampone, davanti all'imperatore Claudio.
 
Nel primo passo,<ref>''CPJ'' 2, 156b, col. 1, 18.</ref> Isidoro denigra Agrippa ritenendolo "un ebreo da tre oboli" (Ἰουδαίου τριωβολείου).<ref>Nel linguaggio moderno, potremmo tradurre questo come un "ebreo da tre soldi".</ref> Sia che si tratti di un qualche osceno riferimento ad Agrippa<ref>In particolare al compenso di una prostituta.</ref> o di un'allusione più precisa ai primi anni del monarca come debitore, Isidoro sta tentando di stabilire l'indegnità di Agrippa e minare le sue pretese di genuina regalità. Un secondo tentativo di denigrare la regalità ebraica negli ''Acta Isidori'',<ref>''CPJ'' 2, 156d, col. 3, 11–12.</ref> in particolare quello della casa di Erode e probabilmente l'attuale dinasta erodiano Agrippa I, è incentrato su un riferimento offensivo a Claudio come risposta all'insulto di Claudio congtro Isidoro quale figlio di una donna musicista; Claudio è indicato come il figlio abbandonato dell'ebrea Salomè (σὺ δὲ ἐκ Σαλώμης τῆς Ἰουδαίας υίος ἀπόβλητος). Quale che sia questa Salomè (probabilmente la sorella di Erode il Grande),<ref>Così Musurillo, ''Acts of the Pagan Martyrs'', 128–30. La sorella di Erode, ovviamente, sarebbe stata troppo vecchia per essere la madre di Claudio. Ma, come sottolinea Musurillo, ''ibid.'', 130, si tratta qui di una "vulgar jibe that circulated about the streets and clubs of Alexandria about the birth of the crazy Claudius and in such assertions we need hardly look for historical exactitude."</ref> resta il fatto che la risposta di Isidoro all'insulto di Claudio contestava non solo la discendenza di Claudio ma anche quella di Agrippa. Il messaggio del testo è quello di mettere in discussione la validità della monarchia erodiana in generale, e quella di Agrippa I come suo attuale rappresentante in particolare.
 
Restano due domande. In primo luogo, qual era la composizione della folla che si oppose alla presenza di un re ebreo in mezzo a essa e attaccò Agrippa mettendo in scena la farsa di Carabas? In secondo luogo, l'accoglienza ostile alessandrina accordata ad Agrippa fu semplicemente accesa dall'apparizione del re nel 38 e.v. o l'aspetto di Agrippa riaccese questioni complesse che avevano afflitto a lungo il rapporto tra gli ebrei e i loro vicini non-ebrei?
 
In risposta alla prima domanda, noto inizialmente che in generale gli studiosi hanno sostenuto che la folla contraria agli ebrei fosse composta da greci alessandrini,<ref>Così Balsdon, ''Emperor Gaius'', 126, n. 1, sull'ira greca: "With the disappearance of the kingdom of Egypt had disappeared the pomp of the Egyptian court and the glory of Alexandria as the residence of that court." Fuchs, ''Die Juden Aegyptens'', 27: "Der Hass zwischen den Juden und Griechen Alexandreias zieht sich wie ein chronishe Krankheit." Lo stesso sentimento viene espresso in Milne, ''History of Egypt'', 29; Milne, "Egyptian Nationalism", 231; Oesterley, ''History of Israel'' 2, 405–406; Barrett, ''Caligula'', 186; Bell, "Anti-Semitism in Alexandria", 5; Goodenough, ''The Politics of Philo Judaeus'', 15; Smallwood, ''Jews under Roman Rule'', 238; Stewart H. Perowne, ''The Later Herods: the Political Background of the New Testament'' (Londra e Southampton: Hodder and Stroughten, 1958), 68; John J. Collins, ''Between Athens and Jerusalem: Jewish identity in the Hellenistic Diaspora'', II ed. (Grand Rapids, MI: Wm B. Eerdmans Publishing Company, 2000), 137. Charlesworth, ''Five Men'', 12, dice: "Greek intellectuals, infuriated by the landing of a Jewish force where once the Ptolemies had ruled in splendour, arranged to give him a mocking welcome"; van der Horst, "The First Pogrom: Alexandria 38 CE", 483.</ref> e l'opinione che avrebbe potuto essere, in una certa misura, composta da non-greci (cioè, egiziani) viene respinta. Se questo punto di vista fosse accettato, allora dovremmo concludere che la folla deprivata della monarchia era quella tolemaica, che era stata cancellata dai romani meno di sette decenni prima. Tuttavia, mentre accetto che i greci alessandrini scontenti, che stavano soffrendo per la perdita dell'indipendenza con la conquista romana dell'Egitto, esprimessero il loro dispiacere per la presenza ad Alessandria del re ebreo mentre la loro stessa dinastia era estinta, sostengo che una possibilità possa essere presentata che gli alessandrini che attaccarono Agrippa non erano esclusivamente greci ma erano composti anche da egizi. Tre considerazioni mi spingono in questa direzione.<ref>Il sostegno a questa argomentazione sembra derivi dal ''Terzo Libro dei Maccabei'' se seguiamo Collins, ''Between Athens and Jerusalem'', 125–30, il quale, riprendendo un'opinione sostenuta da Heinrich Ewald, ''History of Israel'', trad. {{en}} R. Martineau (Londra: Longmans, Green and Co, 1869), 468–73, Heinrich Graetz, ''Geschichte de Jüden von den ältesten Zeiten bis auf die Gegenwart'' 3 (Lipsia: Oskar Leiner, 1888), 613, e Hugo Willrich, "Der historische Kern des 3 Makkabaeerbuches", ''Hermes'' 39 (1904): 256, sostenendo che quest'opera fu creata durante il regno di Caligola e riflette il rapporto ostile tra Caligola e gli ebrei, afferma che le sezioni da 215 a 219, che raffigurano gli alessandrini greci positivamente durante una persecuzione degli ebrei, furono composti per sottolineare la doppiezza dei nativi egizi al tempo del pogrom. Questo punto di vista, tuttavia, è stato efficacemente ripudiato da Cyril W. Emmet, in Robert H. Charles, ''Apocrypha and Pseudepigrapha of the Old Testament'' 1 (Oxford: Clarendon Press, 1913), 155–73; John M. G. Barclay, ''Jews in the Mediterranean Diaspora'' (Edimburgo: T & T Clark, 1996), 448; Gruen, ''Heritage of Hellenism'', 225; Sara R. Johnson, ''Historical Fictions and Hellenistic Jewish Identity: Third Maccabees in its Cultural Context'' (Berkeley e Los Angeles: University of California Press, 2004), 132–134. Quindi sono obbligato a ignorare ''3 Maccabei'' come prova a sostegno della tesi che segue.</ref>
 
In primo luogo, sottolineo che sin dalla fine del III secolo p.e.v., più precisamente dopo l'arruolamento degli egizi nell'esercito tolemaico per la battaglia di Rafia nel 217 p.e.v., il regno tolemaico era stato sconvolto da convulsioni, scioperi, manifestazioni, violenze e le rivolte dei nativi egizi, irritati per essere emarginati ed economicamente sfruttati dalla classe dirigente greco-macedone.<ref>Cfr. Mikail I. Rostovtzeff, ''Social and Economic History of the Hellenistic World'' 2 (Oxford: Clarendon Press, 1941), 709–10; Samuel K. Eddy, ''The King is Dead: Studies in the Near Eastern Resistance to Hellenism'' (Lincoln: Nebraska University Press, 1961), 297.</ref> Come conseguenza di questa turbolenza, i nativi egizi riuscirono a esercitare pressioni sull'establishment europeo per ottenere l'ammissione nei ranghi greco-macedoni e giocare un ruolo sempre più importante negli affari tolemaici. Esempi di tali individui che entrano nei ranghi dell'élite includono gli arci-antisemiti, Apione<ref>Fl. Gios., ''CAp.'', 2.69.</ref> o Helicon,<ref>Filone, ''Leg.'', 166, 205.</ref> un individuo che rappresentò gli alessandrini contro gli ebrei davanti a Caligola, che, afferma Filone,<ref>Filone, ''Leg.'', 166.</ref> era apparentemente un egizio poco istruito, presumibilmente nella cultura greca.<ref>Su Apione come egizio che si atteggia a greco, si veda Fl. Gius., ''CAp.'', 2,28–29. Una risposta pagana a un simile tipo di accusa contro gli ebrei si trova in ''Acta Isidori'' (''CPJ'' 2, n. 156c): "Non sono della stessa natura degli alessandrini, ma vivono piuttosto alla maniera degli egizi. Non sono al livello di chi paga la tassa elettorale?" =οὒκ εἰσιν Ἀλεξανδρεῦσιν ὁμοιοπαθεῖς, τρόπῳ δὲ Αἰγυπτίων ὁμοῖοι. Οὒκ εἰσι ἲσοι τοῖς φόρον τελοῦσι.</ref> Questa importanza crescente del fattore nativo egiziano nella società egizia, che certamente continuò senza sosta dopo che l'Egitto fu incorporato nell'impero romano, per cui il fenomeno di artisti del calibro di Apione ed Helicon, suggerisce la probabilità che la folla che attaccò Agrippa e gli ebrei alessandrini includeva nativi egizi incoraggiati dalla propria élite composta da greci ed egizi ellenizzati.
 
La seconda ragione per ritenere che gli oppositori alessandrini degli ebrei contenessero un significativo elemento egizio è il fatto che l'ostilità di Filone verso gli alessandrini in tutto il ''Corpus filonico'',<ref>Cfr. Alan Mendelson, ''Philo’s Jewish Identity. Brown Judaic Studies'' 161 (Atlanta: Scholars Press, 1988), 116–17.</ref> ma per il nostro scopo in particolare nell’''In Flaccum'' e nella ''Legatio ad Gaium'',<ref>Così nell’''In Flaccum'', 29, gli egizi sono descritti abbastanza chiaramente come gli acerrimi nemici degli ebrei, odiandoli, diffamandoli e danneggiandoli: un popolo geloso e invidioso. In ''Legatio'', 162–3, Filone rimprovera sprezzantemente la folla alessandrina – adulatori e impostori (162) – per aver sminuito il titolo di "dio" consentendo che fosse condiviso con ibis indigeni, serpenti velenosi e altre bestie feroci; cfr. Schäfer, ''op.cit.'' 143. Un ulteriore attacco agli egizi – in questo caso a quelli che si raggruppavano intorno a Caligola, guidati da Helicon l'Egiziano (''In Flacc.'', 53) – si verifica anche in ''Legatio'', 166, dove gli egizi sono descritti come seme malvagio nelle cui anime vengono riprodotti sia il veleno che il carattere del coccodrillo e dell'aspide autoctoni. Sempre in ''Legatio'', 139, Filone attacca gli egizi per aver divinizzato cani, lupi, leoni, coccodrilli e molti altri animali di terra, mare e aria e per aver stabilito altari e templi, santuari e recinti sacri a questi in tutto l'Egitto. Infine, l'arciantisemita Helicon, istruito dall'elemento più rumoroso nella città degli alessandrini (''Leg.'', 170), è descritto nei termini espliciti egizi come lo scorpione in forma di schiavo che sfogava il suo veleno sugli ebrei (''Leg.'', 205). I commenti nelle fonti antiche sul culto egizio degli animali sono molto diffusi. Fl. Gius., ''CAp.'' 1. 249–50; Tac., ''Hist.'' 5.4.3; Strabone, 16.2.35–36; ''Sapienza'' 11.15; 12.24–27; 15.18–161; Aristeas, 138; ''[[Oracoli Sibillini]]'' 5. 275–80; Filone, ''De Decalog.'', 76–79; ''De Vit. Contempl.'', 8–10. Su questo argomento cfr. Klaas A. D. Smelik e Emily A. Hemelrijk, "Who Knows what Monsters Demented Egypt Worship? Opinions on Egyptian Animal Worship in Antiquity as Part of the Ancient Conception of Egypt", ''Aufstieg und Niedergang der Römischen Welt'' (Berlino, New York: Walter der Gryter, 1984), 2.17.4, 1887–1918.</ref> sembra prevalentemente incentrata sull'elemento egizio, in particolare per il suo culto degli animali, che Filone sosteneva avesse influito negativamente sul carattere egizio.<ref>Se i riferimenti di Filone agli egizi debbano essere presi o meno a valore nominale è certamente oggetto di controversia. Così il termine "egizio" è stato assunto come "dualismo teologico di base" e i riferimenti agli egizi sono percepiti come veri e propri riferimenti ai greci, secondo Peder Borgen, "Philo and the Jews of Alexandria", in ''Ethnicity in Hellenistic Egypt'', cur. Per Bilde, Troelo Engsberg-Pederson e Lise Hannestad, Jan Zahle (Aarhus: University Press, 1992), 128, a seguito di Smallwood, ''Legatio'', 225. Jones, ''The Herods of Judaea'', 192, sostiene che la folla era costituita da soli greci. Smallwood, ''Legatio'', 225, crede che l'ostilità di Filone sia fondamentalmente focalizzata sui greci piuttosto che sugli egizi; allo stesso modo Sarah Pearce, "Belonging and not Belonging: Local Perspectives in Philo of Alexandria", in Sian Jones e Sarah Pearce, ''Jewish Local Patriotism and self-Identification in the Graeco-Roman Period'' (Sheffield: University Press, 1998), 92. Quelli che credono che i nativi egizi fossero effettivamente parte della folla includono Anne Fitzpatrick-McKinley, "Synagogue Communities in the Graeco-Roman Cities", in ''Jewish in the Graeco-Roman Cities'', cur. John R. Bartlett (Londra, New York: Routledge, 2002), 85–86, concludendo che la distinzione tra greci ed egizi era offuscata; Mendelson, ''Philo's Jewish Identity'', 121, conclude che i nativi egizi giocarono un ruolo importante nelle rivolte antiebraiche; similmente Angelo Segré, "Antisemitism in Hellenistic Alexandria", ''Jewish Social Studies'' 8 (1946): 133; Schäfer, Giudeofobia, 143; Miriam Pucci Ben Zeev, "New Perspectives on the Jewish-Greek Hostilities in Alexandria during the Reign of the Emperor Caligula", ''Journal for the Study of Judaism'' 21.2 (2004): 230, sostiene che Filone abbia inventato il ruolo delle masse poiché voleva propagare l'idea che i greci e i macedoni della classe superiore fossero in grado di cooperare con gli ebrei. Per l'influenza biblica e romana sull'antiegizianismo di Filone, cfr. Pearce, "Belonging and not Belonging", 83–86.</ref>
 
Infine, l'opinione di Filone secondo cui l'opposizione alessandrina agli ebrei includeva un forte contingente di nativi egizi è confermata da un'importante testimonianza del ''Contra Apionem'' di Flavio Giuseppe,<ref>Fl. Gius., ''CAp.'' 2.68–70.</ref> dove lo storico afferma esplicitamente che i veri promotori della sedizione furono gli alessandrini sotto Apione, un egizio ellenizzato,<ref>Cfr. Schäfer, ''Judeophobia'', 160. Si veda anche Fl. Gius., ''CAp.'' 1. 225; 2.128, che riecheggia il nagativismo di Filone verso la religione dei nativi egizi.</ref> che dirigeva l'ambasciata alessandrina che apparve davanti a Caligola. Altrettanto importante, Flavio Giuseppe afferma che i greci e i macedoni di Alessandria divennero una seria minaccia solo quando furono associati agli egizi. Inoltre, Flavio Giuseppe sottolinea le virtù dei greci e dei macedoni, i primi possedendo il carattere, i secondi la forza, e il fatto che gli alessandrini attaccarono gli ebrei solo una volta che erano stati influenzati dalle abitudini degli egizi. Il risultato di tutte queste informazioni è che, secondo Flavio Giuseppe, Apione e i suoi compagni erano più egizi che greci o macedoni.
 
La probabilità che gli oppositori degli ebrei includessero nativi egizi suggerisce che la rabbia espressa dalla folla che attacca Agrippa sulla base del fatto che gli ebrei possedevano un re mentre le veniva negato il proprio monarca, potrebbe benissimo aver costituito l'amarezza nativa egizia per l'eclissi degli antichi monarchi egizi così come la malinconica memoria greca degli ex re tolemaici. Questa probabilità è confermata da prove che illustrano che i nativi egizi avevano a lungo cercato conforto per l'eclissi della loro antica monarchia per mano di persiani e greco-macedoni invocando la memoria di antichi sovrani, sia mitici che storici, le cui azioni erano raffigurate come uguali e, anzi, superiori a quelle dei loro oppressori monarchici persiani e greco-macedoni, compreso [[w:Alessandro Magno|Alessandro Magno]]. Accanto a tali figure furono considerati [[w:Osiride|Osiride]], [[w:Ramses I|Ramses]] e [[w:Sesostri I|Sesostri]].<ref>Sulla leggenda di Sesostri, cfr. Martin Braun, ''History and Romance in Graeco-Oriental Literature'' (Oxford: Blackwell, 1938), 13–18; Eddy, ''The King is Dead'', 280–88; Alan B. Lloyd, "Nationalistic Propaganda in Ptolemaic Egypt", ''Historia'' 31.1 (1982): 37–40. Per una prima forma di leggenda su Sesostri che risale al V secolo p.e.v. in cui assume una forma antipersiana, cfr. Herod. 2.102.10. la riproduzione ellenistica si trova in Diod. 1.53–58. La leggenda di Ramses si trova in Diod. 1.46.8–47.6 mentre quella di Osiride in Diod. 1.17; 20.6. Con la figura di Nectanebo, l'ultimo faraone nativo, la memoria nostalgica prese una svolta più propositiva raffigurando quel monarca come un vendicatore che avrebbe scacciato l'invasore europeo dall'Egitto. Su questo si veda Peter M. Fraser, ''Ptolemaic Alexandria'' (Oxford: Clarendon Press, 1972), 680–84; Lloyd, "Nationalistic Propaganda", 46–50. A giudicare dalla documentazione demotica, al contrario di quella greca, tale teorizzazione su antiche figure monarchiche idealizzate sembra aver effettivamente generato governanti ribelli egizi nativi o semi-nativi concreti durante le turbolenze nell'era successiva alla battaglia di Raphia: individui con la nomenclatura egizia o semi-egizia di Harmachis, Anchmasis e Dionysius-Peta-Serapis. Cfr. Eddy, ''The King is Dead'', 297–300. On Dionysius-Peta-Serapis, cfr. Edwin R. Bevan, ''History of Egypt under the Ptolemaic Dynasty'' (Londra: Methuen, 1927), 290–93; Rostovtzeff, ''Social and Economic History of the Hellenistic World'', 2, 709–10. Sui sovrani egizi nativi, cfr. Pieter Pestman, "Harmachis et Anchmasis, deux rois indigenes du temps de Ptolémées", ''Chronique d’Egypte'' 40 (1965): 157–70; Smelnik e Hemelrij, "Opinions on Egyptian Animal Worship in Antiquity", 1888.</ref>
 
== Note ==