Storia intellettuale degli ebrei italiani/Leone Modena: differenze tra le versioni

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L'anticattolico ''Magen we-ḥerev'' (Lo Scudo e la Spada) del rabbino veneziano Leone (Yehudah Ariyeh) Modena è stato generalmente letto come un esemplare, forse l'ultimo, di un genere polemico religioso che si sviluppò nel Medioevo. Tale lettura, sottolineando come l'opera si inserisca in una lunga tradizione, ne evidenzia le differenze e le somiglianze con i testi che l'hanno preceduta.<ref>Si vedano Daniel J. Lasker, ''Jewish Philosophical Polemics against Christianity in the Middle Ages'' (New York: Ktav, 1977); ''Idem'', "Jewish Anti-Christian Polemics in the Early Modern Period: Change or Continuity?" in ''Tradition, Heterodoxy and Religious Culture: Judaism and Christianity in the Early Modern Period'', cur. Chanita Goodblatt e Howard Kreisel (Beer Sheva: Ben-Gurion University of the Negev, 2007), 469–88; David Berger, "On the Use of History in Medieval Jewish Polemic against Christianity: The Quest for the Historical Jesus", in ''Jewish History and Jewish Memory: Essays in Honor of Yosef Hayim Yerushalmi'', curr. Elisheva Carlebach ''et al.'' (Hanover, NH: Brandeis University Press, 1998), 25-39.</ref> In questo Capitolo desidero concentrarmi sul contesto culturale ebraico e cristiano dell'opera, idea guida alla base di questa analisi è che termini e concetti che appartengono a una tradizione consolidata possono a volte assumere nuovi significati quando riapplicati in un contesto diverso. L'originalità non manca in ''Magen we-ḥerev'', ma è anche possibile leggere sotto una nuova luce quegli elementi che, a una prima lettura, sembrerebbero nient'altro che ripetizioni di espedienti familiari. Leone Modena scrisse quest'opera, un'apologia anticristiana, nel 1643, cinque anni prima della sua morte.<ref>Cfr. nota del nipote di Modena, Yitzḥaq min ha-Levyyim, a margine della sua copia di ''Magen we-ḥerev'' (in Abraham Geiger, ''Leon da Modena Rabbiner zu Venedig [1571-1648]'' [Breslau: 1856], 11a): "Egli [Modena] ebbe l'idea di scrivere questo libro cinque anni prima della sua morte. [...] Prese nota delle opinioni di tutti i loro più importanti studiosi per rispondere loro colpendoli con la loro stessa spada, realizzando così il versetto ({{passo biblico2|Salmi|37:15}}) ‘La loro spada penetrerà nel loro cuore’."</ref> Due secoli dopo, '''[[w:Abraham Geiger|Abraham Geiger]]''' descrisse l'opera – ancora in forma manoscritta – in un commento marginale nella sua edizione di un'altra opera di Modena, ''Magen we-tzinnah'' (Lo Scudo e il Bersaglio);<ref>Sul ''Magen ve-Ẓinnah'' si veda la traduzione francese, con un'introduzione eccellente di Jean-Pierre Osier, ''Le Bouclier et la Targe'' (Parigi, 1980), ripubblicata nel suo ''D’Uriel da Costa à Spinoza'' (Parigi, 1983).</ref> solo nel 1960 ne fu prodotta un'edizione da Shlomo Simonsohn.<ref>''Magen we-ḥerev: ḥibbur neged ha-Natzruth meeth Yehudah Ariyeh mi-Modena'' (titolo latino, ''Clipeus et gladius. Leonis Mutinensis tractatus antichristianus'') (Gerusalemme, 1960). Le parole "Magen we-ḥerev" sono una citazione da {{passo biblico2|Salmi|76:4}} e {{passo biblico2|1Cronache|5:18}}. Traduz. {{en}}: ''A Translation of the Magen We-Hereb by Leon Modena, translated by Allan Howard Podet'' (Lewiston-Queenston-Lampeter: The Edwin Mellen Press, 2001).</ref>
 
''Magen we-ḥerev'' è diviso in cinque sezioni (''maḥanoth'', o campi, come li chiamava l'autore, usando il linguaggio del dibattito polemico), a loro volta divisi in capitoli (''ma’arakhoth'', o "ordini di battaglia") sul peccato originale, la Trinità , l'Incarnazione, la verginità di Maria e il Messia. Secondo il progetto iniziale, che Modena non riuscì a portare a termine, avrebbero dovuto esserci altre tre sezioni, sulla morte e risurrezione di Gesù,<ref>''Magen'', 42.</ref> sull'eternità della Torah,<ref>''Ibid.'', 44.</ref> e sui miracoli.<ref>''Ibid.'', 46.</ref>
 
Nell'introduzione alla sua edizione, Shlomo Simonsohn afferma che l'autore non si discosta dalla cornice tradizionale della polemica giudaico-cristiana medievale. Ricorda però al lettore che Modena proponeva di evitare per quanto possibile un approccio scritturale, cioè un'analisi dei versetti biblici contestandone le interpretazioni cristiane, privilegiando invece un approccio puramente logico.<ref>''Ibid.'', Introduzione, p. 3.</ref> Il seguente studio tenta di dimostrare che, rispetto alla tradizione polemica ebraica, il metodo modenese è, in effetti, innovativo, e quindi in sintonia con i profondi cambiamenti che stavano attraversando la scena intellettuale in Europa. Inoltre, alcuni aspetti del lavoro sono innovativi anche in questo contesto. È vero che la sua originalità non è immediatamente evidente: gli argomenti proposti sembrano tratti da un arsenale familiare e, a prima vista, la logica seguita sembrerebbe rientrare nella tradizione filosofica di [[w:Aristotele|Aristotele]] e [[Maimonide]]. La modernità dell'opera sembrerebbe risiedere puramente sul piano stilistico, poiché l'ebraico di Modena, pur dipendendo dall'ebraico rabbinico sia per il vocabolario che per il fraseggio, è notevolmente vivace e duttile, rendendo con chiarezza il pensiero dell'autore, sia nella discussione di questioni teoriche, sia nei passaggi che sono più vicini al linguaggio del parlato quotidiano.