Storia della letteratura italiana/Giordano Bruno: differenze tra le versioni

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Nell'agosto 1591 Bruno giunge a Venezia dove si trattiene per pochi giorni e poi va a Padova. A novembre torna a Venezia ma per mesi non si reca dal Mocenigo: solo dalla fine del marzo 1592 si stabilisce in casa del patrizio veneziano, interessato alle arti della memoria e alle discipline magiche. Il 21 maggio informa il Mocenigo di voler tornare a Francoforte per stampare delle sue opere: questi pensa che Bruno cerchi un pretesto per abbandonare le lezioni e il giorno dopo lo fa sequestrare in casa dai suoi servitori; il 23 maggio presenta all'Inquisizione una denuncia scritta, accusandolo di blasfemia, di disprezzare le religioni, di non credere nella Trinità e nella transustanziazione, di credere nell'eternità del mondo e nell'esistenza di mondi infiniti, di praticare arti magiche, di credere nella metempsicosi, di negare la verginità di Maria e le punizioni divine.
 
[[File:Bronze statue of Giordano Bruno by Ettore Ferrari , Campo de' Fiori, Roma.jpg|thumb|Monumento a Giordano Bruno in Campo dei Fiori a Roma]]
 
Bruno si difende abilmente dalle accuse dell'Inquisizione veneziana: nega quanto può, tace, e mente anche, su alcuni punti delicati della sua dottrina, confidando che gli inquisitori non possano essere a conoscenza di tutto quanto egli abbia fatto e scritto, e giustifica le differenze fra le concezioni da lui espresse e i dogmi cattolici con il fatto che un filosofo, ragionando secondo «il lume naturale», può giungere a conclusioni discordanti con le materie di fede, senza dover per questo essere considerato un eretico. A ogni buon conto, dopo aver chiesto perdono per gli «errori» commessi, si dichiara disposto a ritrattare quanto si trovi in contrasto con la dottrina della Chiesa. L'Inquisizione romana chiede però la sua estradizione, che viene concessa, dopo qualche esitazione, dal Senato veneziano. Il 27 febbraio 1593 Bruno è rinchiuso nelle carceri romane del Palazzo del Sant'Uffizio.