Sistema delle acque bolognesi/Fiume Reno: differenze tra le versioni

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Con uno sviluppo di 124 km di arginature (fra le più imponenti ed alte della Pianura Padana, visibili da chilometri di distanza), il sistema idraulico del Reno è stato modificato da affluente di destra Po a bacino indipendente e le sue acque sono state deviate in canali artificiali come lo scolmatore di Reno (Cavo Napoleonico), il [[Sistema delle acque bolognesi/Canale Navile|Canale Navile]] (dapprima chiamato Canale di Reno, ancora funzionante) ed il Canale di Savena (poi denominato Savena Abbandonato in quanto scorre nell'alveo che era del Fiume Savena fino alla sua immissione in Idice). Questi due, derivando rispettivamente le acque dallo stesso Reno (alla Chiusa di Casalecchio) e dal Savena (alla Chiusa di San Ruffillo) la restituiscono al Reno nel tratto di pianura. Anche nel tratto montano esistono svariati canali a servizio di industrie locali (ad esempio la grande cartiera di Lama di Reno, fra Marzabotto e Sasso Marconi) che prima prelevano acqua dal fiume e poi gliela restituiscono dopo pochi chilometri. Sicché si può affermare che, complessivamente, il Reno è un corso d'acqua sfruttato intensivamente per i più svarianti scopi (potabile, irriguo, industriale, ecc.) e che costituisce una risorsa idrica fondamentale per le zone che attraversa, peraltro densamente abitate ed industrializzate.
 
A conferma di quanto appena asserito, basti osservare che a circa 8 km dalla foce, in località Volta Scirocco (nelle immediate vicinanze della cascina Guiccioli, in località Le Mandriole, ove, il 4 agosto 1849, morì Anita Garibaldi, spossata dal caldo e dalla lunga fuga) il Reno è sbarrato da una diga lunga oltre 120 m che ha lo scopo di creare un invaso a monte di acque dolci con un livello del pelo libero di 150 cm circa su quello medio del mare, impedendovi la risalita dell'acqua delle maree, sì che vi possa attingere l'acquedotto di Ravenna. Sebbene a valle di Argenta, le dimensioni dell'alveo e le portate potrebbero consentirne la navigazione , seppure a natanti di modesta stazza, il fiume, se si eccettuano alcuni traghetti (ad esempio quello in località Sant'Alberto) non è assolutamente sfruttato a tale scopo; nemmeno l'ampio estuario, siccome lontano da centri abitati o insediamenti industriali. È curioso, tuttavia, osservare che, per quanto possa sembrare incredibile, la portata media alla foce del Reno è la stessa, in termini di acque dolci, del Tamigi, ancorché in quest'ultimo, tipico "fiume di marea" = ''tide river'', le portate in afflusso e deflusso delle maree giochino un ruolo fondamentale per la navigazione, per tacere della maggiore regolarità dei deflussi.
 
Fra gli affluenti del Reno, meritano una menzione anche i due unici torrenti che passano per Bologna e che nascono entrambi da piccole sorgenti (perenni) nelle colline a sud della città: il Ravone (corso di circa 12 km) passa fuori dal centro storico, prevalentemente con alveo tombato e canalizzato nella zona urbanizzata e termina il suo corso presso Trebbo di Reno buttandosi da destra nel fiume. Ma soprattutto è importante, storicamente, il torrente Aposa, detto anche anticamente ''Avesa'', (corso 10 km, con sorgente presso Roncrio) che è il vero "fiume" della città, passando nella parte più antica del centro storico (lambisce le Due Torri, presso le quali l'antica via Emilia romana - ora interrata - lo scavalca con un ponte sotterraneo di pregevole fattura) e sfocia nel complesso sistema di canali sotterranei del centro di Bologna, mescolando le sue acque con quelle del Savena e del Reno. Entrambi questi torrenti sono soggetti a rilevanti piene, raccogliendo, specie l'Aposa, una considerevole aliquota degli scarichi meteorici della città. L'Aposa, a seguito della radicale bonifica e ripristino dell'alveo attuati verso la fine del XX secolo, è anche comodamente visitabile nel suo percorso sotterraneo per buona parte del centro storico di Bologna ed a tale scopo l'Associazione Amici delle Acque organizza interessanti visite guidate.