Israele – La scelta di un popolo/Capitolo 4: differenze tra le versioni

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Quando si apprezza questa centralità della vita dell'alleanza che si celebra essenzialmente negli atti cultuali, diventa chiaro che le numerose affermazioni profetiche che sono critiche nei confronti del culto sacrificale, e anzi del culto in generale, non le respingono in linea di principio.<ref>Cfr. G. Ashby, ''Sacrifice'' (Londra, 1969), 45.</ref> Ciò che viene condannato è la tendenza umana a isolare il culto da considerazioni di giustizia umana (''mishpat''). Senza queste considerazioni, il culto si deteriora in un'invenzione umana progettata per controllare Dio piuttosto che un'istituzione divinamente ordinata progettata per portare l'intera comunità dell'alleanza, tutti eletti da Dio, in un rapporto più intimo con Dio loro elettore. Perché senza considerazioni sulla giustizia umana – cioè la giustizia ''per'' gli esseri umani ''da parte di'' esseri umani provenienti ''da'' Dio – il culto diventa un mezzo di sfruttamento umano: coloro che detengono il potere gerarchico nel santuario di culto (sacerdoti, re e plutocrazia) che usano il culto come avallo del proprio potere. Così Geremia rimprovera il popolo d'Israele:
{{citazione|Migliorate la vostra condotta e le vostre azioni e Io vi farò abitare in questo luogo. Pertanto non confidate nelle parole menzognere di coloro che dicono: Tempio del Signore, Tempio del Signore, Tempio del Signore è questo (''hemah'')! Poiché, se veramente emenderete la vostra condotta e le vostre azioni, se praticate veramente la giustizia (''mishpat'') fra un uomo e il suo avversario; se non opprimerete lo straniero, l'orfano e la vedova, se non spargerete il sangue innocente in questo luogo e se non seguirete per vostra disgrazia altri dèi, ioIo vi farò abitare in questo luogo, nel paese che diedi ai vostri padri da lungo tempo e per sempre.|{{passo biblico2|Geremia|7:3-7}}}}
Ciò che si vede da questo più esplicito rimprovero profetico è che il ''telos'' ultimo per la ''mishpat'' mondana è il centro cultuale, il Tempio. La giustizia deve essere praticata ''affinché'' le persone possano dimorare ''con'' il vero Dio nell'intimità pattizia nel ''Suo'' santuario, e non custodirvi un dio di propria creazione. Il santuario è certamente il centro della vita pattizia del popolo, ma quella vita non è confinata al santuario.<ref>Ecco perché il Tempio è visto come il ''desideratum'' della vita religiosa ebraica ma non la ''sua sine qua non''. Cfr. A. Buchler, ''Studies in Sin and Atonement in the Rabbinic Literature of the First Century'' (New York, 1967), 353.</ref> Pertanto il corretto ordinamento dei rapporti extracultici ''tra'' gli stessi membri della comunità di alleanza deve essere coerente con la volontà di Colui che dimora nel santuario, Colui che è il Signore di tutta la creazione, e anche di tutta l'esistenza mondana. Quindi tutta l'immoralità è correlata all'idolatria – il peccato principalmente cultuale dell'adorare altri dèi – perché entrambe sono menzogne ed entrambe implicano un male, non un bene, per Israele ovunque.
 
Studiosi della Bibbia sia antichi che moderni hanno sottolineato che il Tempio è un microcosmo terreno dello stesso cosmo creato.<ref>Cfr. TB Ta’anit 27b; ''Midrash Aggadah'': Pequdei, 189; anche, Levenson, ''Sinai and Zion'', 111 segg.</ref> L'enfasi posta sul bisogno umano di ''mishpat'' ricorda agli adoratori di Israele, specialmente quando sono profondamente coinvolti nelle singolarità della loro vita centrata sul culto, che il Signore è il Dio creatore del mondo intero. E questo è direttamente collegato all'elezione. Poiché solo un Dio che è al di sopra del mondo intero ha la possibilità di eleggere o non eleggere, e di eleggere questo popolo piuttosto che quel popolo. Poiché il mondo non può contenerLo, il Suo ingresso nel mondo è solo alle Sue condizioni, non a quelle del mondo.<ref>Cfr. {{passo biblico2|1Re|8:27-30}}; {{passo biblico2|Isaia|66:1-2}}; {{passo biblico2|2Cronache|2:4-5}}.</ref> L'interesse speciale di Dio per il santuario — "Essi mi faranno un santuario e io abiterò in mezzo a loro (''be-tokham'')" ({{passo biblico2|Esodo|25:8}}) – non annulla il Suo interesse per tutta la vita del Suo popolo. E l'interesse di Dio per la vita del Suo popolo non si limita alle singolarità della vita esemplificate dal loro culto. Dio è ancora altrettanto interessato a quegli aspetti della loro vita che riguardano la ''mishpat'', l'ordine del cosmo e l'umanità in generale. Infatti, quando il popolo d'Israele presume che il Signore sia legato a loro da un vincolo naturale ''al di fuori del'' mondo, vincolo su cui hanno eguale controllo e quindi uguale libertà, il Signore ricorda loro che come Dio non ha cessato di essere coinvolto anche con le altre Sue creature, finanche con altre nazioni. "«Non siete forse per me come i figli degli Etiopi, o figli d'Israele?» dice il Signore. «Non ho forse condotto Israele fuori dal paese d'Egitto, i Filistei da Caftor e i Siri da Chir?»" ({{passo biblico2|Amos|9:7}}). La relazione di Dio con Israele è davvero speciale. Pertanto, continua il profeta: "Io libererò dall'esilio il mio popolo (''ammi''), Israele" ({{passo biblico2|Amos|9:14}}). Ma tale relazione non è quella di un figlio unico. Essere "consacrati santi al Signore, la primizia (''re’sheet'') del suo raccolto" ({{passo biblico2|Geremia|2:3}}) implica che ci sono anche altri per Dio. Il rapporto di Israele con Dio è unico ma non simbiotico.
 
=== Futuro dell'Alleanza ===