Dati utili per wargamers/Cannoni controcarri: differenze tra le versioni

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Un altro esempio, sempre in Africa settentrionale,Bir Hakeim, il 27 maggio 1942.
Allora l'Asse era in fase offensiva, e mirava a raggiungere Tobruk, come poi sarebbe accaduto. Ma prima doveva scontrarsi con le difese poste a Bir Hakeim, che è semplicemente un crocevia in mezzo al deserto, denonimato così per la forma del pendio che danno 3 cisterne interrate d'età romana, formanti due piccole alture. Per presidiare questo niente di sabbia vennero inviati i Francesi Liberi e in avanti a loro venne schierata la 3a Brigata indiana. Ma le cose andarono molto diversamente per queste due unità. Il comandante Koenig aveva avuto molto tempo per prepararsi allo scontro: tre mesi. E come il suo omonimo comandante della Base lunare Alfa, la sua posizione ebbe strutture ben interrate e con un minimo di esposizione all'esterno, per cui era difficile da rilevare dall'esterno. A maggior ragione se si considera che al di fuori del perimetro di 16 km, vi erano oltre 300.000 mine, quasi tutte controcarri, sia posate come campi minati a densità normale, che come 'marais', una specie di campo minato 'rarefatto'. 500 genieri ci avevano lavorato sodo (250 erano inglesi), e in tutto posarono presumibilmente ben oltre mille tonnellate di mine. A parte questo c'erano i cannoni, per lo più pezzi da 75 mm adattati al ruolo controcarri, ma anche armi da 47 mm sia francesi che italiane (preda di guerra). 300 fucili mitragliatori , 40 mortai da 81 mm e armi contraeree e d'artiglieria completavano il tutto, disperse in vari caposaldi. Così i 5.500 francesi erano ben armati ed equipaggiati per affrontare l'offensiva di Rommel. Sarebbero stati piegati alcuni giorni dopo, a forza di bombardamenti da parte della Luftwaffe, ma di questo non ci occupiamo qui.
 
Gli indiani invece, avevano una storia diversa. Originariamente unità di cavalleria montata, poi nel 1940 motorizzati, vennero sbaragliati nell'aprile del '41 dall'offensiva italo-tedesca. I superstiti vennero riuniti in seconda linea, e passò un altro anno prima che vennero mandati a combattere le forze dell'Asse. Nel frattempo la 3a Brigata venne trasformata in un'unità controcarri, unico esempio nelle forze del Commonwealth. Ebbe una dotazione complessiva di ben 24 ottimi obici da 88 mm e 72 cannoni da 40 mm. Già questo però dava l'idea di un problema: che era quello relativo ai pezzi controcarri. Prima che i 57 mm diventassero disponibili in quantità, i cannoni da 40 mm erano l'arma standard sia controcarri che per carri, degli inglesi. Erano armi potenti per il loro calibro, ma troppo ingombranti nel loro affusto trainato (anzi, praticamente intrainabile data la delicatezza), e vennero volentieri usate, ma non sempre, sul pianale di autocarri. Per aiutare le armi controcarri c'era bisogno di un cannone più potente e venne trovato, provvisoriamente, nel pezzo da 88 mm britannico. Questo però sguarnì le unità d'artiglieria che ne risultarono molto indebolite. Solo da El Alamein in poi le cose tornarono al loro posto e l'artiglieria britannica riprese a fare il suo mestiere, che non era certo quello di cacciare i carri in prima linea. Ma con una perforazione di 53 mm contro 40 mm a 900 m e 30 gradi d'inclinazione, il pezzo da 88 era certamente un'arma superiore rispetto al 40 mm (anche per gli effetti.. ben più decisivi sul bersaglio: non era solo un buco ricavato nella corazza, erano colpi devastanti).
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e capaci di riconoscere i tipi di carri nemici, dedicando le granate HE a quelli leggeri e quelle perforanti o HEAT (queste ultime appena consegnate, e sparate in circa 200 pezzi) ai carri armati medi. I carristi sovietici dal canto loro dimostrarono una notevole aggressività e coraggio. Spesso arrivavano talmente vicini, che letteralmente schiacciavano i cannoni controcarri italiani passandogli sopra con tutta la loro massa. Ma oltre a non essere numerosi in toto, attaccarono troppo isolati e scoordinati, così che non riuscirono a sfondare: ogni volta un numero tra uno e 4 carri si faceva sotto, e venivano presi sotto tiro da parte di numerosi cannoni schierati a difesa. I T-34 si dimostrarono molto tenaci: per averne ragione bisognò centrarli in punti deboli e non a grande distanza: la protezione frontale era quasi sempre capace di fermare i proiettili o minimizzarne l'effetto. Ma attaccavano senza sostegno dell'artiglieria e dell'aviazione; non avevano fanteria anche perché i bersaglieri sparavano sui fanti appollaiati sopra i mezzi costringendoli a saltare giù dai veicoli e quindi separandoli dai loro carri; e soprattutto non avevano apparentemente radio funzionanti. Avessero potuto coordinare l'attacco, lanciare anche solo una dozzina di mezzi in una sola carica, avrebbero travolto quasi per certo le linee italiane (specialmente vero in certi momenti e settori della battaglia). Anche così distrussero gran parte dei cannoni di alcune delle batterie italiane; ma un attacco isolato era troppo difficile e anche la forza bruta dei T-34 non bastava per resistere alle scariche di cannone che venivano sparate da intere batterie contro un singolo mezzo, trovando prima o poi il punto giusto per perforarne la corazzatura. In sostanza nessun attacco venne sferrato a livello superiore a quello di plotone, quando l'unità minima sarebbe stata con ogni evidenza la compagnia carri.
 
La descrizione della situazione è questa, in generale: la batteria da 75 mod.97/38 (ovvero i cannoni francesi di preda bellica da 75 mm trasformati in Pak, per lo più con granate HEAT capaci di perforare 75 mm ). Prima azione: 30 granate HEAT e 30 ordinarie, distruggendo 2 carri leggeri BT (o di altro tipo, non è sicuro che fossero per forza di questi modelli) con le HE, ingaggiati da 800 m, e un T-34 messo KO da una HEAT. Poi sono arrivati altri 3 carri, ingaggiati da appena 300 m con 20 HEAT: un T-34 venne messo KO colpito da parecchi colpi, dei quali solo due lo perforarono. Gli altri 2 si ritirarono, ingaggiati vanamente da 600 m con altre 10 granate HEAT. Ritornarono dopo circa mezz'ora, ingaggiati da alcuni colpi e respinti. Dopo poco tempo uno ritornò in azione, apparendo tra l'erba, e venne messo KO da appena 8 metri di distanza, con una delle 10 granate che colpì la torretta e uccise l'equipaggio del veicolo. Il secondo T-34 ritornò all'attacco da solo, e venne colpito da una HEAT delle 8 sparate, oltre che da un colpo perforante dei cannoni da 75/32 mm che si misero ad appoggiare la batteria controcarri. Il secondo giorno di offensiva (31 luglio) questa batteria ingagguò, verso le 13, dei carri T-34 che procedevano ad alta velocità da circa 600 m. Uno venne colpio in pieno e messo KO da una delle 15 granate HEAT, sul lato della torretta. Un altro venne colpito poi da una delle 14 granate HEAT, mentre altri due carri leggeri vennero messi KO da una ventina di HE. In tutto vennero accreditati a questa batteria 6 T-34 e 4 carri leggeri nei due giorni di combattimento. Il gruppo da 75/27 mm era schierato, il 30 luglio, ben più avanti delle altre artiglierie. Venne sorpreso da un gruppo di 4 carri leggeri che schiacciò 3 cannoni di una batteria e 2 di un'altra. Fu un'azione in cui i mezzi sovietici vennero distrutti dai cannoni superstiti, usando granate Mod. 32 senza innesco a mò di semi-perforanti. Ma differentemente dai cannoni da 75 della batteria controcarri, in questo caso i proiettili da 75 non avevano effetto sulla corazza anteriore nemmeno da 10 m: solo sui cingoli o sui lati entro i 100 m potevano essere efficaci, magari esplodendo e 'aprendo la corazza' per circa 20 cm dopo la penetrazione. Dopo due ore circa (alle 16) altri due carri leggeri irruppero nello schieramento d'artiglierie distruggendo altri due pezzi e venendo distrutti dai pochi cannoni superstiti. Dopo che uno di quelli distrutti venne rimesso in sesto durante la notte, i sei cannoni rimasti (quindi in tutto erano dodici, 4 per ciascuna batteria) affrontarono , verso le 13.30, 4 altri carri, che sbucarono da appena 150 m e stavolta c'erano anche 2 T-34. Distrussero ben 4 dei cannoni superstiti, poi proseguirono oltre e incendiarono 6 autocarri e 7 trattori d'artiglieria. I due cannoni rimasti spararono all'impazzata anche da 10 metri, e immobilizzarono ancora una volta i due carri leggeri, nonché uno dei T-34. In tutto vennero persi 10 cannoni contro 9 carri.
 
Il gruppo da 100 mm tentò l'ingaggio da 700-1000 m ma senza colpi a segno. Quello da 75/32 mm riuscì a perforare alcuni mezzi ma solo entro i 200-300 m, con proiettili perforanti. Non è chiaro quanti vennero colpiti. Un cannone da 105 mm colpì ai cingoli un T-34 immobilizzandolo, ma un secondo colpo a segno sulla parte superiore non ebbe nessun effetto. Le famose mitragliere Breda da 20 mm, con colpi semiperforanti si sono dimostrate poco efficaci contro i carri leggeri, nulle contro i T-34. Due carri leggeri hanno schiacciato altrettante mitragliere da 20 nonostante il tiro effettuato fino a 10 m di distanza.
 
Alla fine della sola giornata del 30, i sovietici persero 14 carri dei 39 impiegati. La divisione celere italiana aveva perso 13 caduti , 54 feriti, un disperso, ma soprattutto 10 cannoni da 75 , 2 mitragliere da 20, 13 autocarri e 7 trattori. Alla battaglia parteciparono anche i tedeschi. In tutto, i combattimenti durarono fino al 14 agosto nell'ansa del Don. Ma Serafimovich, attaccata dagli italo-tedeschi e occupata entro l'inizio di agosto dopo due giorni di contrattacchi sovietici appoggiati da carri armati. In tutto i sovietici persero 47 carri e 2 blindo, e altri 12 gettati nel Don per evitarne la cattura. Gli Italiani eliminarono 31 carri e 2 blindo, in alcuni casi con bottiglie molotov da parte dei bersaglieri ma per lo più con i cannoni delle batterie del 120°.
 
L'addestramento era stato fatto con dovizia di sforzi per rendere le batterie adatte alla battaglia contro i carri sovietici. Un BT-7 impantanato venne recuperato e sottoposto alla prova contro le sue corazze laterali da 15 mm. I proiettili da 8 mm sparati da una Fiat Mod.35, senza risultati apprezzabili; semiperforanti da 20 mm, che resero possibile la perforazione della torretta e scafo nettamente ma a soli 150 m (in pratica, almeno la parte anteriore era invulnerabile: forse avrebbe avuto la peggio contro proiettili perforanti 'puri', ma non c'erano). Cannone da 47/32 mm, con perforazione netta dello scafo e danni sul lato opposto, sempre da 150 m; proiettili da 75/27 spolettati, senza effetto, e senza spoletta, sfondando lo scafo da 150 m almeno; cannoni da 100/17 mm, da 450 mm, con granate spolettate, perforando torre e scafo; molotov, senza provocare incendi, 6 bombe a mano insieme, spezzando i cingoli e sfondando il tetto dello scafo; 2 bombe legate attorno al cannone, ovalizzandone leggeremente la canna.