Israele – La scelta di un popolo/Capitolo 4: differenze tra le versioni

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Considerare l'ordine stesso come ultimo, come fa l’''homo spectator'', significa considerare gli esseri umani come anime di un altro mondo, anime il cui compito è "evadere e diventare come Dio".<ref>Platone, ''[[w:Teeteto|Teeteto]]'' 176A-B. Si vedano anche ''[[w:La Repubblica (dialogo)|La Repubblica]]'' 501B; ''[[w:Timeo (dialogo)|Timeo]]'' 68E-69A; ''[[w:Filebo|Filebo]]'' 63E; ''[[w:Leggi (dialogo)|Leggi]]'' 716c.</ref> E in questa prospettiva, Dio è un Essere eterno e immutabile. Ma non c'è relazione ''con'' l'Essere; non c'è reciprocità tra l'Essere e qualcosa minore di se stesso. C'è solo una relazione con l'Essere. Dio dimora solo con Se stesso. Ecco perché in questa visione delle cose, la più alta conquista degli esseri umani è raggiungere il livello in cui possono solo contemplare silenziosamente ciò che è eterno. Il filosofo, come Dio, è in definitiva al di là della comunità umana e del mondo.<ref>Cfr. Aristotele, ''Etica Nicomachea'' 1177b25 segg. Per le difficoltà di Platone con questo problema, cfr. ''La Repubblica'' 516c segg.</ref> E considerare l'ordine cosmico come un mero potenziale, una risorsa per il proprio uso, come fa ''homo faber'', qualcosa da superare in astuzia, significa in definitiva considerare il cosmo come spendibile, dispendabile. Tutto l'essere è inghiottito dalla ''technē'' umana. Non c'è, quindi, un autentico ''sentirsi a posto'' nel mondo. Uno è in continua lotta ''contro'' il mondo. Gli esseri umani dimorano solo con e tra di loro, ma questo non dà loro pace. Poiché la lotta contro il mondo si estende alla loro lotta reciproca per il dominio.<ref>Si veda per es., Ginzberg, ''Legends of the Jews'', 1:179.</ref> Per l’''homo faber'', non c'è abbastanza fiducia né nel mondo né nei propri simili in modo da poter godere della vulnerabilità di uno [[w:Shabbat|Shabbat]].
 
Solo un rapporto autentico con il Dio creatore che ha fatto il mondo e l'umanità, permette agli umani di accettare il mondo come loro dimora. Senza di ciò, il mondo diventa la nostra prigione ''da cui'' dobbiamo evadere, o la nostra prigione ''contro'' le cui mura combattiamo, cercando di abbatterle. "Poiché così dice il Signore, che ha creato i cieli; Egli, il Dio che ha plasmato e fatto la terra e l'ha resa stabile e l'ha creata non come orrida regione (''tohu''), ma l'ha plasmata perché fosse abitata (''la-shevet'')" ({{passo biblico2|Isaia|45:18}}). "A quelli che sono soli Dio dà una famiglia (''ha-baitah'')" (Salmi 68:6). E una famiglia è un abitare con più di noi stessi. Ma è così solo nel caso in cui prepariamo il mondo dal nostro posto singolare per la discesa di Dio nel mondo per dimorare con noi nell'intimità dell'alleanza. "Essi mi faranno un santuario (''miqdash'') e io abiterò in mezzo a loro" ({{passo biblico2|Esodo|25:8}}). "Certo, il Signore è qui (''yesh'') in questo luogo (''ba-maqom ha-zeh'') ... sarà la casa di Dio (''bet elohim'')" ({{passo biblico2|Genesi|28:16,22}}).<ref>Cfr. TB Pesahim 88a e Rashi, ''s.v.'' "she-qara’o bayit."</ref>
 
=== Obbligo dell'Alleanza e libertà ===