Israele – La scelta di un popolo/Capitolo 4: differenze tra le versioni

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Penso che si possa vedere l'intima connessione di queste due promesse nel termine usato per caratterizzare la "via del Signore" che Abramo deve insegnare alla sua progenie: "ciò che è giusto ed equo" (''tsedaqah u-mishpat''). Ma ciò richiede che consideriamo le due parole nel termine a denotare due atti separati ma correlati. La consueta interpretazione le vede come denotanti un unico atto, vale a dire, la giustizia corretta, che è lo standard per cui la distinzione tra innocente e colpevole è costantemente mantenuta nell'aggiudicazione. Questa interpretazione del termine si adatta all'immediato contesto del dialogo tra Dio e Abramo in cui Abramo indica che la coerenza di giudizio è il minimo indispensabile che ci si aspetta da Dio, che ha scelto di essere "il giudice di tutta la terra" ({{passo biblico2|Genesi|18:25}}). Questa interpretazione si concentra sulle questioni etiche nel testo. Tuttavia, esaminando le questioni teologiche ancora più profonde nel testo, si può prendere ''tsedaqah'' come un termine e ''mishpat'' come un altro. In questo senso, si può interpretare ''tsedaqah'' come l'aspetto trascendente della relazione di Dio con la creazione e ''mishpat'' come il suo aspetto immanente. Il popolo eletto, quindi, deve imitare gli aspetti trascendenti e immanenti della relazione di Dio con il mondo.
 
''Tsedaqah'' è l'aspetto trascendente della relazione di Dio con la creazione perché è qualcosa di totalmente benevolo. La creazione del mondo da parte di Dio è un atto di grazia; non c'è niente che richieda che ci sia qualcosa creato piuttosto che il nulla. E dopo il Diluvio, il rinnovamento della creazione nell'alleanza con la terra è ancora più clemente, in quanto le creature umane di Dio – fatte a sua immagine – furono così ingrate per il dono della loro esistenza e di quella del mondo
 
La ''tsedaqah'' di Dio è la spiegazione definitiva della contingenza dell'esistenza. In quanto tale, potrebbe essere espressa solo in una promessa, che si estende dal presente al futuro. Perché il passato da solo non garantisce mai alcuna continuità o permanenza. Il suo ordine immanente è esso stesso contingente.<ref>Cfr. [[w:David Hume|David Hume]], ''A Treatise of Human Nature'', 3.1.2, cur. L. A. Selby-Bigge (Oxford, i888),473 segg.</ref> Quindi, per usare una metafora corrente, fare affidamento su questo ordine in sé potrebbe non essere altro che "un'azione futile di fronte a una catastrofe imminente". Ma una promessa primaria in sé e per sé non ha antecedenti; in effetti, se li avesse, sarebbe il processo di fare un'inferenza e quindi una previsione basata su tale inferenza. Indicherebbe, quindi, una relazione ''dentro'' il mondo già presente. Una promessa primaria, al contrario, è infinitamente più radicale, infinitamente più originatoria. Di conseguenza, non potrebbe provenire dal mondo stesso, la cui esistenza reale (piuttosto che il suo "Essere" astratto) non è più necessaria dell'esistenza umana reale, mortale. Potrebbe venire solo da Colui che trascende sia il mondo che l'umanità.
 
=== Obbligo dell'Alleanza e libertà ===