Israele – La scelta di un popolo/Capitolo 4: differenze tra le versioni

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Questo è coerente con la logica della creazione. Nella Scrittura, a differenza di altre saghe antiche, non ci viene raccontata alcuna vita di Dio prima della creazione. Infatti, solo il Dio al quale "tutta la terra è mia" ({{passo biblico2|Esodo|19:5}}), al quale "appartengono i cieli, i cieli dei cieli" ({{passo biblico2|Dt|10:14}}), solo questo Dio ha una tale assoluta libertà da ogni necessità naturale per creare una relazione singolare come l'alleanza con Israele. Non c'è nulla che possa essere considerato un ''a priori'' divino da cui si possa dedurre la possibilità di un mondo non-divino, tanto meno la realtà di un tale mondo. Tutti i rapporti di Dio con il mondo sono, quindi, ''a posteriori''. Dalla rivelazione apprendiamo alcune delle cose che Dio vuole fare con il mondo, in particolare ciò che Dio vuole che le Sue creature umane facciano con il mondo insieme a Lui, ma non impariamo perché abbia creato il mondo come fece in primo luogo o, in effetti, perché lo fece. Così, inoltre, non impariamo perché Dio abbia scelto il popolo d'Israele o, in effetti, perché abbia scelto un popolo. Tutto ciò che impariamo, ''a posteriori'', è ciò che Dio vuole fare con questo popolo. "Le cose occulte (''ha-nistarot'') appartengono al Signore nostro Dio, ma le cose rivelate (''ve-ha-niglot'') sono per noi e per i nostri figli, sempre: perché pratichiamo tutti i comandamenti di questa Torah" ({{passo biblico2|Dt|29:28}}).
 
Tuttavia, dal lato umano di questo rapporto di elezione, non è solo Abramo che deve rispondere all'elezione. L'elezione è principalmente generica e solo secondariamente individuale. Abramo viene eletto capostipite di un popolo. Ogni membro di questo popolo è eletto da Dio e ogni membro di questo popolo è chiamato a rispondere alla sua elezione generica. Quindi, anche se le ragioni individuali di Abramo per accettare la chiamata di Dio potrebbero benissimo essere lasciate sole come una sua faccenda privata e imperscrutabile, la speculazione sulle sue ragioni generiche per accettarla è affare nostro, in quanto la sua risposta è archetipica per tutti noi che seguiamo lui.<ref>Cfr. {{passo biblico2|Isaia|41:8-10;51:1-2}}.</ref> Perché una risposta comunitaria è una questione pubblica, le cui ragioni devono essere radicate nella continua esperienza comune prima di poter entrare nella riflessione personale. Questo, quindi, richiede una riflessione sulla nostra stessa situazione umana e su quali condizioni in essa ci consentono di rispondere senza capriccio alla presenza elettiva di Dio. Proiettare retrospettivamente la nostra riflessione sulle condizioni umane per l'elezione ad Abramo è un pensare midrashico essenziale.<ref>Cfr. Isaak Heinemann, ''Darkhei Ha’Aggadah'', II ediz. (Gerusalemme, 1954), 21 segg.</ref> Senza di esso, perderemmo la nostra singolare connessione con il testo della Scrittura. Diventerebbe semplicemente ''un'' [[w:dato|dato]] tra gli altri [[w:dati|dati]] piuttosto che ''il'' [[w:dato|dato]] per noi.
 
Naturalmente, al livello più originale, la ragione principale per obbedire a Dio è che Dio è Dio. Nella Scrittura, la presenza originaria di Dio è esplicitamente normativa: il suo primo contatto con gli uomini nel Giardino è enunciato nelle parole: "Il Signore Dio comandò (''vayitsav'') gli umani (''al ha’adam'')" ({{passo biblico2|Genesi|2:16}}).<ref>Cfr. TB Sanhedrin 56b rif. {{passo biblico2|Genesi|2:16}} e {{passo biblico2|Esodo|32:8}} (e specialmente l'opinione di R. Judah; cfr. l'opinione di R. Meir in TB Avodah Zarah 64b); inoltre, [[Maimonide]], ''[[Mishneh Torah]]'': Melakhim, 9.1.</ref> Le norme sono una necessità per la vita umana, perché gli esseri umani sono esseri che devono ordinare consapevolmente le parti in conflitto della loro esperienza se vogliono sopravvivere e coesistere. Tale ordinamento richiede un punto di autorità primario. (Si può essere relativisti morali solo quando si guarda alle scelte di qualcun altro da lontano, non quando si è obbligati a fare le ''proprie'' scelte immediate.) Una vita umana senza una gerarchia ordinatrice di autorità potrebbe essere solo quella di un angelo: una vita infallibile senza conflitto.<ref>Cfr. ''Shir Ha-Shirim Rabbah'', 8.13 rif. {{passo biblico2|Levitico|15:25}} e {{passo biblico2|Numeri|19:14}}; TB Kiddushin 54a e paralleli. Nella teologia rabbinica, gli angeli sono visti come monadi con una sola funzione da svolgere per la quale sono programmati da Dio (cfr. ''Bere’sheet Rabbah'' 50.2). Il bisogno umano primario di un ordinamento cosciente è coevo al bisogno di una comunità comunicativa perché quell'ordine trova il suo ''locus'' nella natura pubblica del discorso. Cfr. {{passo biblico2|Genesi|2:18}}; TB Yevamot 63a rif. {{passo biblico2|Genesi|2:23}}; TB Ta’anit 23a. Cfr. Aristotele, ''[[w:Politica (Aristotele)|Politica]]'' 1254a2O.</ref> Ne consegue quindi che qualsiasi rifiuto delle norme di Dio presuppone la sostituzione dell'autorità di Dio con l'autorità di colui che è non-Dio essendo fatto Dio. L'autorità primaria dovunque è sempre considerata Dio. Non può esserci un vuoto normativo.<ref>Ecco perché il nome più generico di Dio è ''ĕlōhīm'' (אלהים), "autorità", che è prima divina e poi umana. Cfr. TB Sanhedrin 56b rif. {{passo biblico2|Genesi|2:16}} e {{passo biblico2|Esodo|22:7}}.</ref> Ecco perché la prima tentazione di disobbedire a Dio è la tentazione "sarete come Dio" ({{passo biblico2|Genesi|3:5}}). Tu, non Dio, diventerai l'autorità primaria. Senza autorità assoluta, il creatore non sarebbe più il creatore; sarebbe costretto ad abdicare, per così dire.
 
=== Obbligo dell'Alleanza e libertà ===