Israele – La scelta di un popolo/Capitolo 3: differenze tra le versioni
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Attualmente, quindi, l'escatologia ebraica funziona più che altro come una negazione. La speranza di redenzione funge da antidoto all'utopismo, così come il riconoscimento della creazione funge da antidoto al naturalismo, e così come l'accettazione della rivelazione funge da antidoto all'autonomia. Tutti questi progetti umani sono in definitiva idolatri nella loro negazione dell'autorità primaria di Dio: il naturalismo nel dichiarare l'autosufficienza della natura; l'autonomia nel dichiarare l'autosufficienza della moralità umana; e l'utopismo nel dichiarare l'autosufficienza della storia.<ref>Per l'insistenza di Rosenzweig sulla presenza dell'idolatria nel mondo moderno, cfr. ''Jehuda Halevi'', 64</ref> La mia obiezione a Rosenzweig è che egli abbia compromesso la trascendenza della redenzione facendone il culmine di un processo, sebbene diverso da quello proposto dall'[[w:Idealismo|Idealismo]].<ref>Cfr. ''Star'', 230.</ref> In altre parole, egli non esorcizzò del tutto le tendenze dell'Idealismo su cui si era formato filosoficamente.
Per questo motivo, Rosenzweig ha in definitiva visto l'elezione di Israele come il mezzo per un fine più alto, che è l'elezione dell'umanità stessa. Tuttavia, c'è una differenza fondamentale tra la visione più classica, che vede la redenzione del mondo come la sua ebraizzazione apocalittica, e la visione ancora liberamente influenzata di Rosenzweig, che vede la redenzione come l’''Aufhebung'' dell'ebraismo (e del cristianesimo) in una nuova umanità. Secondo Rosenzweig, l'elezione è derivata teleologicamente, mentre nella visione classica non è derivativa. L'alleanza non intende nulla al di fuori della propria realtà. Il popolo ebraico come membro della comunità eterna dell'alleanza spera nell'inclusione finale di tutta l'umanità nel suo patto con Dio. Ma quell'inclusione sarà l'unico risultato di un'apocalittica incursione di Dio nella storia. Non può essere raggiunto da sforzi di proselitismo umano, né da ebrei e certamente non da alcuna comunità non-ebraica, qualunque siano i suoi collegamenti con l'ebraismo.<ref>Così l'affermazione di Maimonide che il cristianesimo – e l'islam (''contra'' Rosenzweig) – contribuiscono in qualche modo all'avvento della redenzione finale di questo mondo diffondendo la dottrina del monoteismo nel mondo (''[[Mishneh Torah]]'': Melakhim, cap. 11, integr.), che Rosenzweig usa nella ''Stella'' (336 sgg.), non rinvia in nessun modo a nessuna di queste "religioni figlie" nel modo in cui Rosenzweig rinvia al cristianesimo. Per Maimonide, l'ebraismo non è mai pensato tanto "non mondano" quanto Rosenzweig afferma esso sia nel suo sistema.</ref> (E sarei d'accordo con Rosenzweig sul fatto che ebraismo e cristianesimo hanno un legame diverso da qualsiasi altre due comunità religiose nel mondo.) In effetti, qualsiasi tale proselitismo da parte degli ebrei porterebbe alla diluizione della realtà pattizia ebraica. Quando i convertiti vengono all'ebraismo, si presume che Dio li abbia inviati come individui particolarmente graziati. Per quanto riguarda la stragrande maggioranza dei gentili che rimangono al di fuori del patto di Dio con Israele, la spinta della tradizione ebraica ha insegnato che Dio è accessibile attraverso la creazione e anche attraverso altre storie. Inoltre, lo ha fatto senza negare che l'alleanza è la più primaria, la più diretta di qualsiasi relazione umana con Dio sulla terra.
== Note ==
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