Ascoltare l'anima/Capitolo 9: differenze tra le versioni

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Nella vita ordinaria, un'espressione di emozione è un pezzo di comportamento che manifesta o rivela quell'emozione in modo tale che possiamo non solo dedurre l'emozione dal comportamento, ma anche percepire l'emozione nel comportamento. Credo che un'espressione artistica sia la stessa cosa: manifesta l'emozione in modo tale che possiamo dedurre dall'espressione che qualcuno ha quell'emozione e possiamo percepire l'emozione nell'espressione. È perché l'espressione artistica ha la stessa struttura basilare dell'espressione ordinaria che i Teorici dell'Espressione e i loro discendenti contemporanei identificano l'espressione artistica come ''espressione'' (piuttosto che, ad esempio, l'eccitazione dell'emozione o il possesso di qualità espressive). Tuttavia, come abbiamo visto, l'espressione artistica differisce anche dall'espressione ordinaria in vari modi. In particolare, ciò che viene espresso è uno stato emotivo o di altro tipo in un autore o [[w:persona (filosofia)|persona]] impliciti piuttosto che nell'autore reale.
 
In un articolo del 1986, [https://philosophy.berkeley.edu/people/detail/30 Bruce Vermazen] sviluppa una teoria dell'"Expression as Expression", in cui spiega l'espressione nell'arte come lo stesso tipo generale di fenomeno dell'espressione nel comportamento ordinario, piuttosto che una questione di possesso da parte di opere d'arte di "expressive properties". Vermazen segue Tormey nell'identificare "the basic notion of expression" come quella di "providing evidence for".<ref>Bruce Vermazen, "Expression as Expression", ''Pacific Philosophical Quarterly'' 67 (1986), 197. Tormey vuole limitare l'espressione agli stati intenzionali, ma non c'è bisogno di questa limitazione. Cfr. Capitolo 8.</ref> Come abbiamo visto, le espressioni facciali, correttamente intese, sono un'ottima prova della presenza di una particolare emozione: un "[[:en:w:Smile#Duchenne smile|sorriso Duchenne]]",<ref>Durante una ricerca sulla [[w:fisiologia|fisiologia]] delle espressioni facciali a metà del XIX secolo, il neurologo francese [[w:Guillaume Benjamin-Amand Duchenne|Guillaume Duchenne]] attraverso l'elettricità scoprì la differenza tra sorrisi simulati e i sorrisi dalla genuina felicità che utilizzano i muscoli involontari della bocca (muscolo zigomatico maggiore) e quelli degli occhi (muscoli orbicolari). In particolare, Duchenne identificò due distinti tipi di [[w:mimica facciale|sorrisi]]: un "sorriso Duchenne" comporta la contrazione sia del [[w:muscolo zigomatico maggiore|muscolo zigomatico maggiore]] (che solleva gli angoli della bocca) che del [[w:muscolo orbicolare dell'occhio|muscolo orbicolare dell'occhio]] (che solleva le guance e forma di [[w:ruga (dermatologia)|zampe di gallina]] intorno agli occhi). Un sorriso non-Duchenne coinvolge solo il muscolo zigomatico maggiore.</ref> per esempio, è noto per essere una buona prova di felicità. Allo stesso modo, se il mio pianto e gemito esprimono la mia infelicità, sono una prova della mia infelicità. Se il mio modo appariscente di vestire esprime la mia personalità sicura ed estroversa, ciò fornisce la prova della mia personalità sicura ed estroversa. E così via.<ref>Cfr. Hugh Mercer Curtler (cur.), ''What Is Art?'' (New York: Haven, 1983). Si veda anche Ismay Barwell, "How Does Art Express Emotions?", ''Journal of Aesthetics and Art Criticism'' 45 (1986).</ref>
 
 
 
 
 
 
 
 
Vermazen pensa che ciò che viene espresso in un'espressione artistica sia un'emozione (o un atteggiamento o un'idea) in una ''persona'' piuttosto che nell'artista reale (sebbene la persona possa essere quella dell'artista). In "a quick summary" della sua teoria egli dice: "An object expresses a mental property if and only if the object is evidence that an imagined utterer of the object has that mental property. When faced with a putative expressive object, the interpreter imagines that the object has been uttered by someone... and then asks himself what mental economy would be behind such an utterance, what properties of an utterer would make it appropriate to utter just such an object as this".<ref>Vermazen, "Expression as Expression", 207–9. Alcune di queste proprietà sono ''presupposte'' nell'atto interpretativo. Nell'immaginare la persona, naturalmente, facciamo supposizioni su di lui (lei?) di solito basate sulla conoscenza dell'autore effettivo o del periodo o del luogo in cui l'oggetto è stato prodotto. Assumiamo che la persona sia fondamentalmente razionale. E facciamo anche ipotesi più specifiche, di solito basate su ciò che sappiamo sull'autore effettivo dell'oggetto, ipotesi, ad esempio, su "whether he was human, European, of the thirteenth century, acquainted with the works of Machaut, employing a certain convention about correspondences between modes and humors, and so on", ''ibid.'' 209. L'oggetto, tuttavia, non esprime proprietà mentali, che sono presupposte nell'atto interpretativo. La versione più circospetta di Vermazen riguardo alla sua teoria è la seguente: "An object expresses a mental property if and only if (subject to certain constraints) attributing that property to an utterer of the object would explain the object's having the features it has, and the property is not one of those presupposed in the attempt to interpret", ''ibid.''</ref>
 
==== Arte come espressione ====