Ascoltare l'anima/Capitolo 8: differenze tra le versioni

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[[:en:w:Jonathan Kramer|Jonathan Kramer]] definisce il movimento "a bitterly sardonic non sequitur".<ref>Jonathan Kramer, "Unity and Disunity in Nielsen's Sixth Symphony", in Mina Miller (cur.), ''The Nielsen Companion'', (Portland, Oregon: Amadeus Press, 1994), 321.</ref> Kramer sottolinea che dopo aver iniziato in "disoriented, atonal manner", alla fine Nielsen "achieves the simplicity of diatonicism and tonality", ma questa apparente semplicità è "soon compromised and almost immediately all semblance of innocent simplicity is gone",<ref>''Ibid.'' 323–4.</ref> per non tornare mai più. Kramer commenta i numerosi "imaginatively grotesque touches" del movimento: "Percussion sonorities, extreme registers, jagged atonal fragments, trombone glissandos and wide intervals give the movement a gallows humor. The few pockets of diatonic simplicity and tonal harmonies... are foils, brief respites, before the onslaught. The insistent trombone glissando is (apparently with precedent from the composer himself) the ‘yawn of contempt’".<ref>''Ibid.'' 324. Molti commentatori sono stati perplessi dalla Sesta. L'interpretazione di Povl Hamburger ("Carl Nielsen: Orchestral Works and Chamber Music", in Jurgen Balzer (cur.), ''Carl Nielsen: Centenary Essays'' (Londra: Dennis Dobson, 1966), 45–46) è tipica: "The ''Humoresque'' in particular was a hard nut to crack when the symphony made its first appearance, with its many strikingly grotesque ideas, such as a repeatedly occurring trombone ''glissando''. Was this meant seriously, or was it irony—and if so, was it perhaps a parody of certain extremist tendencies in contemporary music?" Hamburger conclude: "Even today it is difficult to give a definite answer to this question, and altogether the sixth is generally considered the weakest of all Nielsen's symphonies." L'opinione viene riecheggiata con un quasi identico linguaggio da Jean‐Luc Caron, ''Carl Nielsen: Vie et OEuvre 1865–1931'' (Lausanne: Éditions l'Âge d'Homme, 1990). Tormey potrebbe aver avuto in mente un'interpretazione di questo tipo: la Sesta Sinfonia rivela l'"esasperazione" di Nielsen per la "nuova" musica atonale, e la sua "amarezza" per non aver avuto lo stesso successo di Schoenberg e Stravinsky. Jonathan Kramer fornisce un'interpretazione molto più interessante e convincente, vedendolo come "the most profoundly post‐modern piece composed prior to the post‐modern era", "Unity and Disunity in Nielsen's Sixth Symphony", 293. Giocando con stili diversi, Nielsen non sta commentando negativamente l'atonalità, ma la usa come uno dei tanti stili a cui allude. D'altra parte, anche Kramer la legge come un'opera pessimistica, come esemplificazione di un "paradigma espressivo" (o "plot archetype" come discuteremo nel Cap. 11) in cui "sunny innocence... gives way gradually to darker complexity, followed by a resolution to a newly won simplicity, analogous—but usually not similar—to the initial gesture", ''ibid.'' 294. In seguito commenta: "The process of destruction of innocence, of loss of... simplicity, is the essence of this fundamentally dark work", ''ibid.'' 322.</ref>
 
È ragionevole, quindi, sentire questo movimento – e in effetti il pezzo nel suo insieme – come un’''espressione'' dell'amarezza e del pessimismo di Nielsen (sebbene non sia chiaro se c'è qualcosa in particolare su cui è pessimista).<ref>Come vedremo nel Cap. 11, la musica potrebbe essere un'espressione di pessimismo nel personaggio musicale di Nielsen in questo pezzo, piuttosto che nello stesso Nielsen.</ref> Nielsen sta articolando pessimismo, forse amarezza, attraverso una musica che ha spiccate qualità espressive (è grottescamente umoristica e amaramente sardonica), ma queste qualità espressive non sono "descriptive analogues" di ciò che sta esprimendo il compositore.
 
Ripeto, quindi: un'opera d'arte può essere ''espressione di φ'' nell'artista senza necessariamente possedere qualità ''espressive φ'', come quando una poesia esprime la nostalgia è nostalgica, oppure la musica di Nielsen esprime un pessimismo amaro ma la musica è grottescamente divertente. E un'opera d'arte può avere qualità espressive senza esprimere nulla nell'artista: può essere triste senza esprimere la tristezza di nessuno e senza nemmeno essere espressiva.
 
Francis Sparshott descrive la versione di Tormey di E-T come "a causal theory about the genesis of aesthetic properties"<ref>Francis Sparshott, ''The Theory of the Arts'' (Princeton, NJ: Princeton University Press, 1982), 623.</ref> le proprietà ''espressive'' in un'opera d'arte. Tormey, come Hospers, ha perfettamente ragione nel sottolineare che un'opera d'arte può avere la qualità espressiva della tristezza senza essere l'espressione di alcuna tristezza nel creatore dell'opera. Ma la teoria dell'espressione non è una teoria sulla genesi delle proprietà espressive. Non si ''tratta'' affatto di proprietà espressive. La Teoria dell'Espressione è una teoria su ''cos’è'' l'arte che, secondo la teoria, è ''espressione'', e su ''cos’è'' l'espressione, che secondo Dewey e Collingwood è l'articolazione e il chiarimento dell'emozione in un ''medium''. L'E-T dice che un'opera d'arte è un'espressione e fornisce un'analisi di cosa sia l'espressione; non è una teoria sulle origini causali delle qualità espressive.
 
=== Qualità espressive ===