Ascoltare l'anima/Capitolo 8: differenze tra le versioni

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Moltissimi pensatori di diverse convinzioni filosofiche hanno sostenuto che l'arte è in un certo senso espressione. Nel suo libro sull'espressione, Alan Tormey elenca [[w:John Dewey|John Dewey]], [[:en:w:Curt John Ducasse|Curt Ducasse]], [[w:Robin George Collingwood|R. G. Collingwood]], [[:en:w:Edgar Frederick Carritt|E. F. Carritt]], D. W. Gotshalk, [[w:George Santayana|George Santayana]], [[w:Lev Tolstoj|Lev Tolstoj]] ed Eugene Véron come tutti aderenti alla "Teoria dell'Espressione" dell'arte.9 Non tenterò di discutere se tutti questi pensatori sostenessero la stessa teoria, ma limiterò la mia attenzione all'esposizione classica della teoria dell'espressione nella grande opera di [[w:Robin George Collingwood|Robin Collingwood]] sull'estetica, ''The Principles of Art'', pubblicata nel 1938. Collingwood era un filosofo del ventesimo secolo, non un poeta del diciannovesimo secolo, ma le sue opinioni sono saldamente radicate nella tradizione hegeliana, mediata dal filosofo hegeliano italiano [[w:Benedetto Croce|Benedetto Croce]].
 
Secondo Collingwood, l'arte è un'espressione delle emozioni dell'artista, nel senso che è la delucidazione e l'articolazione dello stato emotivo dell'artista. L'espressione è un'attività immaginativa, la produzione di una "imaginative vision",<ref>R. G. Collingwood, ''The Principles of Art'' (Oxford: Clarendon, 1963), 27.</ref> ed è l'espressione dell'emozione in questa visione immaginativa che segna la vera opera d'arte, non solo abilità e tecnica. Uno degli obiettivi principali di Collingwood è distinguere la vera arte ("art proper") dalla mera abilità e tecnica. Vuole allontanarsi dall'idea classica che l'arte sia una specie di ''technē'' (τέχνη) o artigianato, un'attività in cui un progetto preesistente è il mezzo per un fine predeterminato. L'arte non è mai preconcetta; implica sempre l'elaborazione di un sentimento o di un pensiero che si evolve mentre l'artista lavora.
 
Collingwood sembra descrivere l'artista romantico ''par excellence'' nel famoso passaggio in cui caratterizza il processo di creazione artistica:
{{citazione|When a man is said to express emotion, what is being said about him comes to this. At first, he is conscious of having an emotion, but not conscious of what this emotion is. All he is conscious of is a perturbation or excitement, which he feels going on within him, but of whose nature he is ignorant. While in this state, all he can say about his emotion is: ‘I feel…I don't know what I feel.’ From this helpless and oppressed condition he extricates himself by doing something which we call expressing himself. This is an activity which has something to do with the thing we call language: he expresses himself by speaking. It has also something to do with consciousness: the emotion expressed is an emotion of whose nature the person who feels it is no longer unconscious. It has also something to do with the way in which he feels the emotion. As unexpressed, he feels it in what we have called a helpless and oppressed way; as expressed, he feels it in a way from which this sense of oppression has vanished. His mind is somehow lightened and eased.|''Ibid.'' 109–10}}
 
Collingwood distingue l'espressione da vari altri fenomeni con cui potrebbe essere confusa. Si differenzia dalla ''[[w: catarsi|catharsis]]'' (κάθαρσις) aristotelica per il fatto che l'emozione che è stata epurata è "thereafter no longer present to the mind", mentre nell'espressione l'emozione è ancora presente ma ora accompagnata da un "sense of alleviation which comes when we are conscious of our own emotion".<ref>''Ibid.'' 110. Il punto di Collingwood si basa su una particolare interpretazione della [[w: catarsi|catarsi]]. Se [[w:Martha Nussbaum|Martha Nussbaum]] ha ragione e catarsi significa "cleaning" o "clearing up" nel senso cognitivo di chiarire qualcosa, allora il significato di Collingwood è più vicino a quello di Aristotele di quanto pensasse. Allo stesso tempo, tuttavia, c'è ancora una differenza tra la catarsi aristotelica e l'espressione collingwoodiana in quanto Aristotele parla di come il pubblico di una tragedia ottiene il chiarimento o la purificazione delle sue emozioni, mentre Collingwood parla dell'artista. Cfr. Martha Craven Nussbaum, "Tragedy and Self‐Sufficiency: Plato and Aristotle on Fear and Pity", in Amélie Oksenberg Rorty (cur.), ''Essays on Aristotle's Poetics'' (Princeton, NJ: Princeton University Press, 1992), 281.</ref>
 
C'è anche una differenza tra esprimere un'emozione e "descriverla".
{{citazione|Expressing an emotion is not the same thing as describing it. To say ‘I am angry’ is to describe one's emotion, not to express it. The words in which it is expressed need not contain any reference to anger as such at all. Indeed, so far as they simply and solely express it, they cannot contain any such reference.…A genuine poet, in his moments of genuine poetry, never mentions by name the emotion he is expressing.|Collingwood, ''The Principles of Art'', 111–12}}
Con la descrizione dell'emozione, Collingwood sembra indicare l'etichettatura dell'emozione o la categorizzazione di un'emozione con un termine generale di emozione riconosciuto nella psicologia ''pop''olare, come "tristezza" o "rabbia". L'espressione di emozione non può essere ottenuta nominando l'emozione in questione, perché l'espressione, a differenza della descrizione, individualizza.
{{citazione|To become fully conscious of the peculiar anger which I feel here and now, with a certain person, for a certain cause means becoming conscious of it not merely as an instance of anger, but as this quite peculiar anger... The poet, therefore, in proportion as he understands his business, gets as far away as possible from merely labelling his emotions as instances of this or that general kind, and takes enormous pains to individualize them by expressing them in terms which reveal their difference from any other emotion of the same sort.|''Ibid.'' 112-3}}
Allo stesso tempo, Collingwood osserva che gli artisti non dovrebbero vivere in una torre d'avorio, esprimendo emozioni esoteriche accessibili solo al poeta e alla sua cerchia, poiché ciò viola la "vera funzione" dell'arte: "If artists are really to express ‘what all have felt’, they must share the emotions of all. Their experiences, the general attitude they express towards life, must be of the same kind as that of the persons among whom they hope to find an audience."<ref>''Ibid.'' 119.</ref>
 
Uno dei principi di una teoria romantica dell'espressione è che, per comprendere un'opera d'arte, il pubblico deve essere in grado di ricreare da sé ciò che l'artista ha espresso nell'opera. Nel tentativo di comprendere il lavoro dell'artista, il pubblico "is attempting an exact construction in its own mind of the artist's imaginative experience".<ref>''Ibid.'' 311.</ref> Collingwood asserisce quanto segue:
{{citazione|In so far as the artist feels himself at one with his audience…it will mean that he takes it as his business to express not his own private emotions, irrespectively of whether any one else feels them or not, but the emotions he shares with his audience. …[The artist] will conceive himself as his audience's spokesman, saying for it the things it wants to say but cannot say unaided.|''Ibid.'' 312}}
Vivendo correttamente un'opera d'arte, quindi, il pubblico sta vivendo le emozioni espresse dall'artista nell'opera e queste emozioni sono o diventano proprie del pubblico.
 
Dal punto di vista dell'artista, tuttavia, c'è una grande differenza tra l'esprimere le proprie emozioni in modo tale che possano essere condivise da un pubblico, e l'intenzione di suscitare deliberatamente le emozioni del pubblico pur rimanendo egli stesso impassibile. Collingwood pensa che l'espressione dell'emozione da parte di un artista sia molto diversa dall'eccitazione deliberata dell'emozione in un pubblico:
{{citazione|A person arousing emotion sets out to affect his audience in a way in which he himself is not necessarily affected... A person expressing emotion, on the other hand, is treating himself and his audience in the same kind of way; he is making his emotions clear to his audience, and that is what he is doing to himself.|''Ibid.'' 110–11}}
Il pubblico, per arrivare a comprendere un'opera d'arte che è un'espressione, deve essere in grado di vivere l'opera in prima persona. Questo punto è stato oscurato da un'enfasi eccessiva sull'idealismo di Collingwood e dal suo suggerimento che alcune opere (una breve poesia, ad esempio) possono esistere nella mente dell'artista senza essere realizzate con un mezzo fisico e quindi senza essere accessibili a nessun altro.<ref>Aaron Ridley ha ribadito con forza questo punto, cfr. "Not Ideal: Collingwood's Expression Theory", ''Journal of Aesthetics and Art History'' 55 (1997).</ref>
 
Infine, Collingwood distingue l'espressione dell'emozione da ciò che chiama il "betrayal" dell'emozione, o l'esibizione di "symptoms" di un'emozione, come stringere i pugni e arrossire per la rabbia o impallidire e balbettare per la paura.
{{citazione|The characteristic mark of expression proper is lucidity or intelligibility; a person who expresses something thereby becomes conscious of what it is that he is expressing, and enables others to become conscious of it in himself and in them. Turning pale and stammering is a natural accompaniment of fear, but a person who in addition to being afraid also turns pale and stammers does not thereby become conscious of the precise quality of his emotion. About that he is as much in the dark as he would be if (were that possible) he could feel fear without also exhibiting these symptoms of it.|Collingwood, ''The Principles of Art'', 122}}
Un vero artista "never rants" o scrive o dipinge "to blow off steam".<ref>Collingwood seleziona la fine di ''Tess of the D'Urbervilles'' di Hardy per castigarla in modo particolare. Cfr. Cap. 7.</ref> L'espressione è, come potremmo dire oggi, un processo ''cognitivo'', un processo per prendere coscienza della propria emozione in tutta la sua particolarità e specificità. Si noti che questo riflette l'idea romantica che, come disse Wordsworth, la poesia è il traboccamento spontaneo di sentimenti potenti che sono ''ricordati con tranquillità (= recollected in tranquillity)''. Collingwood torna costantemente su questo punto cruciale: "It is only because we know what we feel that we can express it in words,... and it is only because we express them in words that we know what our emotions are".<ref>''Ibid.'' 249–50. Collingwood aveva la sua propria teoria delle emozioni. Distingueva le "‘psychic emotions" (cariche emotive sulle sensazioni) dalle emozioni della coscienza (cariche emotive sugli atti di coscienza dei nostri sentimenti) ed emozioni intellettuali (cariche emotive sugli atti di pensiero superiore). Le emozioni psichiche possono essere espresse solo "psychically", cioè da risposte corporee automatiche come la sudorazione. Le altre nostre emozioni, tuttavia, possono essere espresse sia psichicamente che nel "linguaggio", essendo l'espressione linguistica un'attività immaginativa mediante la quale diventiamo consapevoli di emozioni di cui prima eravamo solo vagamente consapevoli. "There are no unexpressed emotions", ''ibid.'' 238. Seguendo Croce, Collingwood affermava che il linguaggio include qualsiasi gesto corporeo autocosciente – inclusi la parola e la scrittura – mediante il quale viene espressa l'emozione, come l'espressione autocosciente della rabbia di un bambino. Per Collingwood l'arte è linguaggio in quanto è un gesto corporeo che esprime un'emozione portandola alla coscienza. Discorso, pittura, danza e musica strumentale sono tra le molte diverse forme di "linguaggio". Dal momento che possiamo provare emozioni solo esprimendole nel linguaggio, l'arte è un'importante fonte di conoscenza di sé. Il discorso di Collingwood sulle "emotional charges (=cariche emotive)" è vago e metaforico. Ma ha ragione nel dire che non ci sono emozioni inespresse, nel senso che anche le "emozioni psichiche" hanno un'espressione corporea, e l'idea che le emozioni siano portate alla coscienza attraverso il linguaggio è solo un altro modo per dire che impariamo le nostre emozioni esprimendole — articolandole o delucidandole.</ref>
 
=== L'abbandono della teoria dell'espressione ===