Ascoltare l'anima/Capitolo 7: differenze tra le versioni

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=== ''Sonnet 73'' di Shakespeare ===
{{Vedi anche|Esistenzialismo shakespeariano|etichetta1=Esistenzialismo shakespeariano — William Shakespeare e la filosofia esistenziale}}
Nel suo libro sui [[w:Sonetti (Shakespeare)|sonetti]] di [[w:William Shakespeare|William Shakespeare]], [[:en:w:Stephen Booth (academic)|Stephen Booth]], come Holland, è interessato alle risposte del lettore mentre legge, ma le risposte che interessano Booth sono molto diverse da quelle discusse da Holland. Booth dice poco o niente sulle reazioni emotive alle poesie. Invece si concentra sul modo in cui Shakespeare richiede alla mente del lettore di essere sempre attiva nel creare connessioni tra parti diverse e aspetti diversi di un [[w:sonetto|sonetto]], e sempre alla ricerca di principi che organizzeranno e unificheranno l'esperienza del lettore mentre legge. Booth sottolinea che il lettore deve continuamente notare le connessioni; ciò che è richiesto è descritto come una sorta di percezione o discriminazione piuttosto che come un'esperienza emotiva.
 
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The sonnets are ‘full to bursting not only with the quantity of different actions but with the energy generated from their conflict,’ but at the same time the ‘multitudinous organizations’ in a sonnet provide ‘the comfort and security of a frame of reference’ even though ‘the frames of reference are not constant, and their number seems limitless’. In short, ‘the sonnets are above all else artificial, humanly ordered; the reader is always capable of coping’.<ref>''Ibid.'' 187.</ref>
{{Doppia immagine verticale|right|William Shakespeare by C. F. Irminger.jpg|William Shakespeare Signature.svg|235|''[[w:William Shakespeare|William Shakespeare]]'', incisione di [[:en:w:Carl Friedrich Irminger|C. F. Irminger]] (1839)|Firma di William Shakespeare}}
{{citazione|That time of year thou mayst in me behold<br/>
When yellow leaves, or none, or few, do hang<br/>
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To love that well which thou must leave ere long.|''[[:en:w:Sonnet 73|Sonnet 73]]''}}
Booth fornisce un resoconto dettagliato del ''[[:en:w:Sonnet 73|Sonetto 73]]'', "That time of year thou mayst in me behold", concentrandosi principalmente sui suoi schemi sintattici e retorici, piuttosto che sui suoi schemi fonetici o sui modelli di rima. Sottolinea che sintatticamente il sonetto è organizzato in tre [[w:quartina (metrica)|quartine]], insieme a un [[w:distico|distico]] che è un'unica frase riassuntiva. Retoricamente, il poema descrive tre ''[[w:exemplum|exempla]]'' che illustrano com'è la vecchiaia, uno in ciascuna delle tre quartine, seguito dalla morale che è disegnata nel distico. Lo schema sintattico rafforza lo schema retorico: "the three quatrains compare the speaker to a tree, twilight, and fire respectively; each quatrain is a single sentence; and the first lines of the second and third quatrains echo line 1".<ref>''Ibid.'' 125.</ref>
 
In termini di immagini, Booth osserva che nelle tre quartine ci sono "several coexistent progressions". Il tempo viene misurato in unità progressivamente più piccole, man mano che la poesia introduce la morte, per così dire: "a season of a year, a part of a day, and the last moments of the hour or so that a fire burns".<ref>''Ibid.''</ref> La luce si fa più fioca, dalla mattina al crepuscolo alla notte, di nuovo adattandosi all'avvicinarsi della morte. Ma i colori si fanno più intensi, dalle foglie gialle al crepuscolo dopo il tramonto fino al fuoco. Allo stesso tempo lo "space constricts, from the cold windy first quatrain to the hot suffocating grave of ashes in the third". Inoltre, "in a progression concurrent with all these the metaphors give up an increasingly larger percentage of each succeeding quatrain to the abstract subject of the sonnet, human mortality."<ref>''Ibid.'' 126.</ref> Le immagini dell'autunno, del crepuscolo e del fuoco diventano sempre meno vivide, poiché l'oratore appare alla nostra attenzione in modo corrispondentemente più grande di quello a cui viene paragonato. Infine, nel distico l'osservatore diventa attore: è l'osservatore che deve lasciare l'oratore, piuttosto che il contrario.
 
Sebbene queste "progressioni ordinate" nel pensiero e nelle immagini aiutino a rafforzare l'attenta struttura della poesia nel suo insieme, ci sono così tanti altri fattori che ostacolano questa organizzazione che "the poem provides the artistic security and stability of predictable pattern without allowing its reader the intellectual repose that predictability can entail." Ad esempio, le diverse progressioni "are not mechanically parallel and do not lump together in the mind: the time units get smaller; the speaker looms larger; the color gets brighter; the light gets dimmer; the temperature gets hotter."<ref>''Ibid.'' 127.</ref> Inoltre, la mente del lettore deve essere costantemente vigile o sarà fuorviata dalla sintassi. Quindi, per fare solo uno dei tanti esempi possibili, poiché le righe 5 e 9 sono esattamente parallele, ci aspettiamo che la riga 10 inizi con "as", come la riga 6, ma invece la "as" è ritardata fino alla riga 11, e quando appare ha una forma grammaticale diversa dalla "as" nella riga 6. Anche in questo caso, l'inizio del distico (riga 13) suona come l'inizio di ogni quartina: è indirizzato all'osservatore e descrive ciò che l'osservatore percepisce osservando l'oratore. Ma mentre "the bulk of each quatrain is devoted to metaphoric statements of the impending departure of the speaker",<ref>Booth, ''An Essay on Shakespeare's Sonnets'', 129.</ref> nell'ultima riga è l'osservatore che deve "leave" l'oratore. Questa inversione "brings the threat of mortality closer to the beholder, completing the reader's sense that mutability is universal". Booth commenta che "the change itself and the reader's need to follow it provide one more demand for the reader's activity, commitment, and participation in the process of the poem".<ref>''Ibid.'' 130.</ref>
 
Poiché Booth è principalmente interessato ai modelli strutturali che rileva nei sonetti, ha meno da dire sul loro argomento. Ma è sorprendente che i sonetti di cui parla riguardino questioni emotivamente molto pregnanti. Il ''[[:en:w:Sonnet 73|Sonetto 73]]'' parla dell'inevitabilità della vecchiaia e della morte, e dell'intensità dell'amore umano, che deve vivere sempre con la consapevolezza di essere necessariamente transitorio. Questo è ovviamente materiale emotivo: il tono è commovente, persino malinconico. Ma la poesia richiede così tanto lavoro intellettuale che siamo incoraggiati a seguire l'argomento e scovare i vari schemi piuttosto che soffermarci sugli aspetti spiacevoli dell'argomento. In breve, siamo incoraggiati in una strategia difensiva ''intellettualizzante'', una forma di ''distanziamento''. Il componimento poetico utilizza anche il meccanismo di difesa della ''simbolizzazione''. La vecchiaia è paragonata in una serie di belle immagini alle foglie autunnali, al crepuscolo e al bagliore di un fuoco. Questo è un tipo di ''spostamento'', ma non è una ''negazione'' o un ''evitamento'' della morte, ma piuttosto un modo per sottolinearne gli aspetti positivi. La poesia ci prepara per gli ultimi due versi, facendo sembrare la morte gradevole.
 
Soprattutto, come suggerisce l'analisi di Booth, il sonetto ci aiuta ad affrontare gli aspetti dolorosi della morte attraverso i molti sistemi di ''ordine'' che contiene. L'ordine nella poesia dà al lettore un senso di controllo anche quando non siamo sicuri di quale sia la fonte dell'ordine. Inoltre, la poesia ''parla'' dell'ordinata progressione della vita nella morte che tutti noi dobbiamo affrontare: riguarda il ''modello'' della vita stessa. L'ordine nel sonetto rafforza il messaggio che la morte non è un cataclisma terribile e innaturale, ma la conclusione estremamente naturale di una progressione ordinata della vita.
 
Sebbene l'oratore della poesia si rivolga apparentemente al lettore, il fulcro della poesia per i primi dodici versi è sull'oratore e sulla ''sua'' morte imminente. La morte del lettore è ''negata'' per la maggior parte del poema. Solo nel distico finale l'attenzione si concentra sul lettore, quando l'oratore dice che "''your'' love" sarà più forte, perché ''tu'' devi lasciarlo "ere long’." Ciò che è stato negato viene improvvisamente rivelato e il lettore è coinvolto nel "messaggio" della poesia. La parola "leave" ci riporta all'inizio del poema e ricorda al lettore che anche lei percorrerà lo stesso percorso dalle foglie gialle dell'autunno della vita al fuoco consumato della morte.
 
C'è una lezione interessante da trarre dai molti modi in cui questa poesia permette o incoraggia il lettore ad affrontare il suo argomento doloroso, la morte. Le strategie di ''coping'' variano nella loro efficacia e anche in quanta disonestà richiedono. Come abbiamo visto in precedenza, il "cognitive coping" assume la forma del dispiegamento strategico dell'attenzione o della ''regestalting'' strategica di eventi spiacevoli, modificandone il "subjective meaning". Cambiando il significato di una situazione spiacevole, possiamo negarne l'esistenza (cosa che può funzionare a breve termine ma è meno probabile che sia efficace a lungo termine), oppure possiamo prendere le distanze dalla situazione o sottolinearne gli aspetti positivi. Queste strategie in genere funzionano meglio nell'affrontare situazioni spiacevoli che non siamo in grado di cambiare. Parimenti, nel dispiegamento dell'attenzione, possiamo farcela evitando di pensare alla situazione spiacevole, o con quelle che Folkman e Lazarus chiamano "vigilant strategies", cioè concentrando maggiore attenzione sulla fonte del disagio. La vigilanza può essere controproducente in una situazione in cui non si può fare nulla per migliorare le cose, ma può anche "reduce distress by increasing understanding and a sense of control".<ref>Susan Folkman e Richard S. Lazarus, "Coping and Emotion", in Nancy Stein, Bennett Leventhal, e Tom Trabasso, (curr.), ''Psychological and Biological Approaches to Emotion'' (Hillsdale, NJ: Erlbaum, 1990), 320. Mentre affinavano la loro visione del ''coping'' negli anni 1980, Folkman e Lazarus identificarono otto diverse strategie di coping, sei delle quali sono "emotion‐focused" piuttosto che "problem‐focused", e che includono "distancing, escape‐avoidance, accepting responsibility or blame, exercising self‐control over the expression of feelings, seeking social support, and positive reappraisal". Folkman e Lazarus, "Coping and Emotion", 317.</ref> In altre parole, alcune strategie di ''coping'' sono migliori di altre sia in quanto ci richiedono di negare sia in quanto sono efficaci nel migliorare il nostro stato emotivo.
 
Il sonetto di Shakespeare è un buon esempio di come il ''coping'' cognitivo possa essere sia intellettualmente impegnativo che intellettualmente onesto. Sì, ci mostra la morte sotto una luce piacevole e ci incoraggia a non concentrarci sui suoi aspetti spiacevoli, ma non cerca di dare una visione irrealisticamente rosea della morte, e infatti il ​​distico alla fine ci costringe ad affrontare la morte piuttosto che evitarla. Tuttavia, allo stesso tempo gli schemi ordinati che Booth identifica, ci permettono di provare un senso di controllo. Come dice Booth, "we want to feel that art does not make order but shows it".<ref>Booth, ''An Essay on Shakespeare's Sonnets'', 171.</ref> Il ''Sonetto 73'' ci permette di affrontare la morte dandoci un senso di controllo. Le immagini della morte evocano malinconia anche se ci deliziano con la loro bellezza, ma siamo preparati per il devastante distico finale da tutte le strategie difensive che Shakespeare mette a punto per noi. Anche quando ci confrontiamo con la morte, le nostre risposte emotive non sono ansia o terrore ma accettazione: la poesia ci ha permesso "to cope emotionally with" la realtà della morte.
 
=== Alcune implicazioni ===