La religione greca/La religione greco-romana: differenze tra le versioni

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{{q|Censurò tutti quei miti che si tramandano sugli dèi, in cui erano offese e accuse contro di essi, ritenendoli empi, dannosi, offensivi e non degni degli dèi e neppure degli uomini giusti. Prescrisse inoltre che gli uomini pensassero e parlassero riguardo agli dèi nel modo più rispettoso possibile, evitando di attribuire loro una pratica indegna della loro natura divina. Presso i Romani infatti non si racconta che Urano fu evirato dai figli né che Crono massacrò i figli per paura di essere detronizzato, che Zeus pose fine alla supremazia di Crono, che era suo padre, rinchiudendolo nelle carceri del Tartaro, non si raccontano neppure guerre, né ferite, né patti, né la loro servitù presso gli uomini.|Dionigi di Alicarnasso, II, 18-19; traduzione di Elisabetta Guzzi, p.94.|τοὺς δὲ παραδεδομένους περὶ αὐτῶν μύθους, ἐν οἷς βλασφημίαι τινὲς ἔνεισι κατ´ αὐτῶν ἢ κακηγορίαι, πονηροὺς καὶ ἀνωφελεῖς καὶ ἀσχήμονας ὑπολαβὼν εἶναι καὶ οὐχ ὅτι θεῶν ἀλλ´ οὐδ´ ἀνθρώπων ἀγαθῶν ἀξίους, ἅπαντας ἐξέβαλε καὶ παρεσκεύασε τοὺς ἀνθρώπους {τὰ} κράτιστα περὶ θεῶν λέγειν τε καὶ φρονεῖν μηδὲν αὐτοῖς προσάπτοντας ἀνάξιον ἐπιτήδευμα τῆς μακαρίας φύσεως. Οὔτε γὰρ Οὐρανὸς ἐκτεμνόμενος ὑπὸ τῶν ἑαυτοῦ παίδων παρὰ Ῥωμαίοις λέγεται οὔτε Κρόνος ἀφανίζων τὰς ἑαυτοῦ γονὰς φόβῳ τῆς ἐξ αὐτῶν ἐπιθέσεως οὔτε Ζεὺς καταλύων τὴν Κρόνου δυναστείαν καὶ κατακλείων ἐν τῷ δεσμωτηρίῳ τοῦ Ταρτάρου τὸν ἑαυτοῦ πατέρα οὐδέ γε πόλεμοι καὶ τραύματα καὶ δεσμοὶ καὶ θητεῖαι θεῶν παρ´ ἀνθρώποις|lingua=grc}}
 
Allo stesso modo, in età moderna, il filologo tedesco Georg Wissowa <ref>''Religion und Kultus der Römer'', 1902.</ref> e lo studioso tedesco Carl Koch, <ref>In ''Der römische Jupiter'' del 1937.</ref> hanno diffuso l'idea che i Romani non avessero in origine una propria mitologia. Diversamente il filologo francese Georges Dumézil in varie opere aventi come oggetto la religione romana <ref>Una riassuntiva è ''La Religion romaine archaïque, avec un appendice sur la religion des Étrusques'', Payot, 1966, edito in italia dalla Rizzoli di Milano con il titolo ''La religione romana arcaica. Miti, leggende, realtà della vita religiosa romana. Con un'appendice sulla religione degli etruschi''; in tal senso cfr. p. 59 edizione del 2001.</ref> ha invece ritenuto di considerare la presenza di una mitologia latina e quindi romana come diretta eredità di quella indoeuropea, al pari di quella vedica o di quella scandinava, successivamente il contatto con la cultura religiosa e mitologica greca avrebbe fatto dimenticare ai Romani questi loro racconti mitici basati su una trasmissione di tipo orale. Lo storico delle religioni italiano Angelo Brelich <ref>In ''Tre variazioni romane sul tema delle origini'' del 1955 con revisioni fino al 1977, Roma, Editori Riuniti, 2010.</ref> ha ritenuto di individuare una mitologia propria dei Latini che, seppur priva di ricchezza come quella greca, è comunque parte autentica e originaria di quel popolo. Lo storico delle religioni italiano Dario Sabbatucci <ref>Ad esempio in ''Mito, rito e storia'', Roma, Bulzoni, 1978.</ref> riprende di fatto le conclusioni di Koch quando individua nei Romani e negli Egiziani due popoli che hanno concentrato nel "rito" religioso il contenuto "mitico" non estraendone, a differenza dei Greci, il racconto mitologico. Più recentemente lo storico delle religioni olandese Jan Nicolaas Bremmer <ref>Insieme a Nicholas Horsfall in ''Roman Myth and Mythography'', University of London Institute of Classical Studies, Bulletin Supplements S. No.52, 1987.</ref> ritiene che i popoli indoeuropei e quindi di eredità indoeuropea, tra questi anche i Latini e i Romani, non abbiano mai posseduto dei racconti teogonici e cosmogonici se non in forma assolutamente rudimentale, la particolarità della mitologia greca risiederebbe quindi nel fatto di averli elaborati sull'impronta di quelli appartenenti alle antiche civiltà orientali. Allo stesso modo Mary Beard<ref>Cfr. ad esempio ''Early Rome'', In ''Religions of Rome'' I vol. (con John North e Simon Price), Cambridge, Cambridge University Press, 1998, pp. 14 e sgg.</ref> ha criticato le conclusioni di Dumézil sulla presenza di una mitologia indoeuropea, collegata all'ideologia tripartita, presente anche nella Roma arcaica.
 
Di certo a partire dal VII/VIII a.C. secolo si osserva, con i reperti archeologici che li raffigurano, la penetrazione di racconti mitici greci in Italia centrale<ref>In tal senso cfr. Mauro Menichetti, ''Archeologia del potere. Re, immagini e miti a Roma e in Etruria in età arcaica'', Roma, Longanesi, 1994.</ref><ref>Da ricordare che la stabile presenza dei Greci nelle colonie italiane è databile fin dall'VIII secolo a.C.</ref>. E, nel VI secolo a.C., l'influenza greca emerge in modo decisamente impressionante con la costruzione del tempio a Iupiter Optimus Maximus al Campidoglio<ref>{{q|The most impressive testimony to early Rome’s relation to the Mediterranean world dominated by the Greeks is the building project of the Capitoline temple of Jupiter Optimus Maximus (Jove [Iove] the Best and Greatest), Juno, and Minerva, dateable to the latter part of the sixth century. By its sheer size the temple competes with the largest Greek sanctuaries, and the grouping of deities suggests that that was intended.|Robert Schilling (1987) Jörg Rüpke (2005), ''Roman religion'', in ''Encyclopedia of Religion'', vol.12. New York, Macmillan, 2005, p. 7895}}</ref>.