Esistenzialismo shakespeariano/Vita etica: differenze tra le versioni

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Come abbiamo visto nel [[Esistenzialismo shakespeariano/Letteratura e filosofia|Capitolo 3]], Shakespeare presenta allo stesso modo lo sguardo oggettivante e alienante degli altri come soggettivamente disorientante nelle sue opere teatrali e nella sua poetica. Ma in ''[[w:Coriolanus|Coriolanus]]'', Shakespeare esplora l'impatto etico che la relazione tra sé e l'altro<ref>Sebbene Sartre scelga di mettere in maiuscolo la parola "altro" per designarla come una nozione astratta (vede "l'Altro" quasi come una potenza trascendentale e senza volto che ha effetti negativi sulla soggettività umana), ho deciso di non seguire l'esempio, poiché credo che il senso convenzionale e quotidiano della parola non solo sia più filosoficamente significativo, ma risuoni anche in modo più accurato con le più ampie preoccupazioni di Shakespeare per la relazione tra sé e gli altri.</ref> ha sulla soggettività umana in un modo che risuona potentemente con il lavoro di esperti di etica esistenziale come Beauvoir e [[w:Martin Buber|Martin Buber]]. Benché Beauvoir sia d'accordo con l'opinione di Sartre secondo cui la coscienza degli altri è un problema ontologico e riconosce che gli individui "are separate, even opposed",<ref>Beauvoir, ''The Ethics of Ambiguity'', p. 73.</ref> insiste sul fatto che sotto l'opposizione tra sé e l'altro c'è una connessione che costituisce la base della vita relazionale. Gli altri fanno parte della mia esistenza e io sono parte della loro esistenza, e questo significa che c'è un legame fondamentale tra di noi, anche se quel legame è irto di tensione, conflitto e attrito. Beauvoir suggerisce che il legame fondamentale tra sé e l'altro, la necessaria reciprocità di tale relazione, apre la possibilità di un'etica basata su reciprocità, solidarietà e cooperazione.
 
Voglio proporre in questo Capitolo che Shakespeare è un eticista esistenziale ''avant la lettre'', uno scrittore il cui dramma prevede un'etica relativa fondata su comprensione umana, amore, simpatia, compassione e considerazione. Ma bisogna aggiungere che è un'etica esistenziale che rifiuta di essere distillata in precetti morali fissi. In questo mio Capitolo, "morality" e "moral" sono termini usati per denotare codici di condotta prescrittivi, convenzioni e regole che dettano il modo in cui gli esseri umani dovrebbero comportarsi all'interno della società. I termini "ethics" e "ethical", al contrario, sono usati per riferirsi a situazioni in cui gli esseri umani sono consapevoli di come le loro azioni influiscano non solo sulla propria soggettività, ma anche sulla vita di altre persone, in modi che i codici convenzionali di condotta non possono accogliere. I momenti etici nelle opere di Shakespeare sono così vividi e intensi che resistono a essere modellati o giudicati secondo principi morali stabiliti. Piuttosto che mettere in scena lezioni morali didattiche, le opere di Shakespeare ci invitano ad apprezzare l'importanza della vita etica e la necessità esistenziale del rispetto e dell'apertura verso gli altri. ''Coriolanus'' rivela l'impatto epocale di questo approccio etico sulla soggettività umana. Come Hamlet, Coriolanus è ossessionato dall'idea di vivere autenticamente. In un perfetto esempio di conflitto tra un codice etico individuale di autenticità e una morale sociale collettiva, si descrive come un uomo che "rather be their servant in [his] way / Than sway with them in theirs" (II.i .199-200). L'idea di autenticità individuale si sviluppa e si ramifica in questa tragedia, sommersa da Shakespeare in un ambiente intensamente socializzato per mostrare la tensione tra morale generale ed etica personale. Lentamente e dolorosamente, Coriolanus arriva a vedere che il distacco dal mondo e dagli altri porta terribili conseguenze esistenziali. Tuttavia, quando si rende conto di essere un uomo che esiste per gli altri oltre che per se stesso, la sua soggettività non viene danneggiata ma paradossalmente accresciuta dalla sua esperienza di perdita di sé. La nuova, instabile e vulnerabile autenticità che diventa improvvisamente evidente quando Shakespeare mette in scena la trasformazione della prospettiva di Coriolano alla fine del dramma, sottolinea il potere etico di identificarsi soggettivamente con altri esseri. Dando all'idea di autenticità un vantaggio etico, Shakespeare ne intensifica la complessità e la profondità esistenziale.
 
 
=== Singolarità esistenziale ===
{{Doppia immagine verticale|right|Sir Walter Ralegh by 'H' monogrammist.jpg|Sir Walter Raleigh Signature.svg|200|<small>Ritratto di [[w:Walter Raleigh|Sir Walter Raleigh]] (1588)</small>|<small>Firma di Sir Walter Raleigh</small>}}
Coriolano, ci viene detto, è un uomo come nessun altro. Di lui Cominius dice che è "like a thing / Made by some other deity than nature" (IV.vi.94-5), un individuo che "cannot in the world / Be singly counterpoised" (II.ii.84-5). Dopo aver assistito alla sua "strange alteration" (IV.v.149) a casa di Aufidius, il primo attendente osserva: "would I were hanged but I thought there was more in him then I could think" (IV.v.160-1 ), al che il secondo attendente aggiunge: "He is simply the rarest man i’th’ world" (IV.v.162-3). Quasi tutti i personaggi della tragedia hanno qualcosa da dire sull'eccezionale carattere sovrumano di Coriolanus. Anche i cittadini lo additano, affermando senza mezzi termini che "Caius Martius is chief enemy to the people" (I.i.7-8). Quando un membro della congregazione chiede agli altri di considerare "the services he has done for his country" (Ii27-8), il primo cittadino suggerisce che il suo orgoglio raggiunge "the altitude of his virtue" (I.i.37), il che indica che i suoi pregi e difetti lo tengono lontano dalla società e da '"the commonalty" (I.i.26). Anche i critici sono rimasti affascinati dal modo in cui Shakespeare sottolinea il carattere distintivo di Coriolanus. Nella sua classica lettura dell'opera, [[:en:w:A. C. Bradley|A. C. Bradley]] considera Coriolanus "an impossible person", che soffre di una qualità fin troppo umana che lo rende doppiamente tragico, "because it is not only his faults that make him impossible. There is bound up with them a nobleness of nature in which he surpasses everyone around him."<ref>A. C. Bradley, ‘Character and the Imaginative Appeal of Tragedy in Coriolanus’, in ''Coriolanus: A Casebook'', cur. B. A. Brockman (Basingstoke: Macmillan, 1977), pp. 60, 61.</ref> Bradley, fino a un certo punto, ha ragione. C'è qualcosa di ammirevole nel modo in cui si rifiuta di fare giochi politici e di "stoop to th’ herd" (III.ii.32). In termini esistenzialisti, Coriolanus vive della propria etica di autenticità; fa del suo senso di integrità il suo codice etico personale. Ma Shakespeare manipola l'azione dell'opera in modo tale che il pubblico si sente sempre più incerto sulla fede di Coriolanus nella propria singolarità esistenziale. Coriolanus è legato al mondo attraverso relazioni familiari, sociali e politiche: ha una madre, una moglie, un figlio, un’''arcinemesis'', colleghi militari, amici intimi e veri nemici, che minacciano il suo senso della propria unicità esistenziale. La sua singolarità è costantemente minata ed è dolorosamente consapevole che le altre persone hanno la capacità di oggettivarlo.
 
L'impenetrabilità delle menti altrui, il grave problema epistemologico di sapere come si sentono e cosa pensano gli altri, è chiaramente un'idea filosofica da cui Shakespeare è stato attratto durante tutta la sua vasta opera. Si rende conto che le menti delle altre persone sono insondabili e opache, e che ciò ha conseguenze considerevoli per il senso di sé del soggetto umano. Come dice Duncan in ''Macbeth'', "There’s no art / To find the mind’s construction in the face" (I.iv.12-13). ''Sceptick, or Speculations'' di [[w:Walter Raleigh|Sir Walter Raleigh]], un testo che esamina la natura ingannevole delle impressioni sensoriali e propone che la coscienza umana non ha accesso diretto alle cose in sé stesse, è un'indagine della prima età moderna sulla natura problematica delle menti delle altre persone. Scrive: "I may tell what the outward object seemeth to me; but what it seemeth to other creatures, or whether it be indeed that which it seemeth to me, or any other of them, I know not".<ref>[[w:Walter Raleigh|Walter Raleigh]], [https://catalogue.nla.gov.au/Record/237693 ''Sceptick, or Speculations. And Observations of the Magnificency and Opulency of Cities. His Seat of Government. And Letters to the Kings Majestie, and others of Qualitie. Also his Demeanor before his Execution''] (Londra: Printed by W. Bentley, 1651), p. 20.</ref> Attingendo all'esempio di Raleigh, Katharine Maus osserva: «In the English Renaissance . . . the ‘problem of other minds’ presents itself to thinkers and writers not so much as a question of whether those minds exist as a question of how to know what they are thinking."<ref>Katharine Eisaman Maus, ''Inwardness and Theater in the English Renaissance'' (Chicago: Chicago University Press, 1995), p. 7.</ref> Ciò che Raleigh sta articolando in questo breve trattato sono le sue preoccupazioni sull'intraducibilità dell'esperienza fenomenica. Anche se possiamo provarci, non riusciamo mai vedere le cose come le vedono gli altri. Come osserva James A. Knapp: "To see as another, to see the other, and to see oneself as another sees you are all at the heart of the ethical aporia haunting the history of metaphysics.".<ref>James A. Knapp, ''Image Ethics in Shakespeare and Spenser'' (Basingstoke: Palgrave Macmillian, 2011), p. 105.</ref> A differenza di altri personaggi come Leontes o Othello, che si sforzano di vedere come ti vedono gli altri a tal punto da portarli all'esaurimento mentale ed emotivo, Coriolanus rifiuta apertamente di riconoscere i sentimenti, i pensieri e le opinioni degli altri. Nel suo primo feroce attacco verbale contro i plebei, dice: "What’s the matter, you dissentious rogues, / That, rubbing the poor itch of your opinion, / Make yourselves scabs?" (I.i.161-3). Per denigrare il potere dei plebei di formarsi un'opinione su di lui, Coriolanus usa un'immagine grossolana e degradante, che associa la formazione di giudizi a pustule corporee. Ma l'assalto rivela di più su di lui che sui plebei. Coriolanus preferirebbe pensare che si feriscono da soli piuttosto che ferire lui, perché è inconsciamente preoccupato della loro capacità di esprimere opinioni che potrebbero potenzialmente sfidare o minacciare la sua soggettività. Ma, come vedremo, l'identità singolare di Coriolano non può sostenersi da sé. Ha bisogno che altre persone riflettano una dimensione della sua esistenza a cui non ha accesso immediato. Come dice Sartre: "I need the Other in order to realize fully all the structures of my being".<ref>Sartre, ''Being and Nothingness'', p. 246.</ref> La sua visione di sé non basta; deve essere convalidata attraverso gli occhi degli altri.