Esistenzialismo shakespeariano/Letteratura e filosofia: differenze tra le versioni

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=== Esistenzialismo e tragedia ===
Prima di presentare tre letture esistenzialiste di tragedie shakespeariane, vale la pena considerare più in generale il rapporto tra esistenzialismo e tragedia. Gli esistenzialisti sono stati a lungo affascinati dall'idea della tragedia. I due discorsi sono reciprocamente compatibili, con uno spesso impiegato per illuminare l'altro. La filosofia esistenzialista si intreccia bene con la serietà ontologica e l'intensità della tragedia. Le agonie dell'individuo, il conflitto tra sé e società, il rapporto tra libertà e necessità, l'etica dell'azione: questi sono solo alcuni dei temi e dei problemi largamente esistenzialisti che emergono dai dibattiti critici sulla natura della tragedia. Ma un accoppiamento superficiale di queste due forme di scrittura non può rendere giustizia al modo in cui l'esistenzialismo – nel bene e nel male – è filtrato negli studi seminali sulla [[w:tragedia|forma tragica]].
 
Nel suo contributo a un volume di saggi intitolato ''Rethinking Tragedy'', [[w:George Steiner|George Steiner]] sostiene la sua affermazione originale in ''The Death of Tragedy'' che la forma dell'arte riguarda principalmente "man’s primordial ontological homelessness, his alienation or ostracism from the safeguard of licensed being".<ref>[[w:George Steiner|George Steiner]], ‘“Tragedy,” Reconsidered’, in ''Rethinking Tragedy'', cur. Rita Felski (Baltimore: The Johns Hopkins University Press, 2008), pp. 30-1.</ref> Steiner sostiene quanto segue:
{{q|The concept of alienation has acquired a specific gravity, an ontological weight illustrated by absolute or pure tragedy. A legacy of guilt, the paradoxical, unpardonable guilt of being alive, of attaching rights and aspirations to that condition, condemns the human species to frustration and suffering, to be tied to ‘a wheel of fire’. Our existence is not so much a ‘tale told by an idiot’ as it is a chastisement from which early death is the only logical deliverance.|''Ibid.'', p. 33.}}
La cupa visione della tragedia da parte di Steiner è essenzialmente un esistenzialismo di second'ordine. Nella sua visione del profondo pessimismo metafisico della tragedia, Steiner fa eco alla concezione popolare "esistenzialista" dell'uomo come essere inspiegabilmente gettato nel mezzo di un universo brutale e privo di significato. La sua concezione di tragedia è quasi identica alla descrizione di M. A. Gillespie dell'esistenzialismo come "nothing other than radical nihilism . . . the absolute negation of everything, which leaves only a chaotic and meaningless activity."<ref>M. A. Gillespie, ''Hegel, Heidegger and the Ground of History'' (Chicago: Chicago University Press, 1984), p. 20.</ref> La tragedia insiste sul fatto che l'esistenza dell'uomo è fatalmente condannata, sostiene Steiner, e questa visione del mondo sradica così ogni potenziale di cambiamento politico o sociale. Afferma: "More pliant divorce laws could not alter the fate of Agamemnon... social psychiatry is no answer to ''Oedipus''".<ref>George Steiner, ''The Death of Tragedy'' (New Haven: Yale University Press, 1996), p. 8.</ref>
 
Negli ultimi anni, critici e teorici della tragedia hanno iniziato a riconsiderare e rinegoziare il rapporto tra tragedia e politica. [[w:Terry Eagleton|Terry Eagleton]] capovolge l'argomento di Steiner e sostiene: "The ontological homelessness which George Steiner sees as the curse of our condition is also the source of our creativity."<ref>Terry Eagleton, ‘Commentary’, in ''Rethinking Tragedy'', cur. Rita Felski (Baltimore: The Johns Hopkins University Press, 2008), p. 338.</ref> Egli elabora il suo punto affermando che "it is the lesson of a good deal of tragedy that only by an unutterably painful openness to our frailty and finitude – to the material limits of our condition – can we have any hope of transcending it".<ref>371 ''Ibid.'', p. 345. Ewan Fernie offre un argomento simile quando suggerisce che Shakespeare presenta "a vision of shame as a painful rehearsal for the dissolution of death or an experience of dreadful metamorphosis, and yet ultimately also a liberation from the illusions of pride into truth" (''Shame in Shakespeare'', Londra e New York: Routledge, 2002, p. 1).</ref> Eagleton invoca implicitamente una versione più sfumata e politicamente perspicace dell'esistenzialismo. In ''Sweet Violence'', spiega in modo più dettagliato la sua teoria della tragedia. Scrive:
{{q|It is true that there is much about our species-being which is passive, constrained and inert. But this may be a source of radical politics, not an obstacle to it. Our passivity, for example, is closely bound up with our frailty
and vulnerability, in which any authentic politics must be anchored. Tragedy can be among other things a symbolic coming to terms with our finitude and fragility, without which any political project is likely to founder. . . . If we can successfully confront death-dealing, oppressive forces, it is not because history is mere cultural clay in our hands, . . . [i]t is because the impulse to freedom from oppression, however that goal is culturally framed, seems as obdurate and implacable as the drive to material survival.|Eagleton, ''Sweet Violence'', p. xv<ref>Terry Eagleton, ''Sweet Violence: The Idea of the Tragic'' (Oxford: Blackwell, 2003), p. xv.</ref>}}
Se il riconoscimento della fragilità, della finitezza e della vulnerabilità degli esseri umani deve gettare le basi per una "politica autentica", come sostiene Eagleton, allora la tragedia deve essere in grado di rivelare certe verità ontologiche. In modo esistenzialmente risonante, implica che gli esseri umani possono superare l'assurdità, il pessimismo e il nichilismo quando riconoscono e accettano la natura ambigua e volatile della propria esistenza. Il concetto del tragico di Eagleton si armonizza quindi con alcune delle riflessioni di Camus in ''The Myth of Sisyphus''. [[w:Sisifo|Sisyphus]] fu condannato dagli dei a far rotolare incessantemente una roccia verso la cima di una montagna. Tuttavia, per Camus, non è questo compito insensato e ripetitivo che incarna il tragico, ma piuttosto il momento in cui la coscienza di Sisifo si intensifica e sceglie deliberatamente di ripetere il compito ancora una volta. Come dice Camus, l'assurdo diventa tragico "only at the rare moments it becomes conscious... and for Sisyphus, the lucidity that was to constitute his torture at the same time crowns his victory".<ref>Camus, ''The Myth of Sisyphus'', p. 117.</ref> La tragedia mostra come la dimensione trascendente della coscienza può proiettarsi oltre la materialità dell'esistenza umana. La potenzialità politica esiste nel divario tra ciò che gli esseri umani sono, i limiti storici e sociali della loro esistenza, e ciò che potrebbero essere, la possibilità costante che possano cambiare attivamente quei limiti storici e sociali. Gli individui possono sempre riconfigurare le proprie situazioni umane pensando ad esse in modi radicalmente nuovi. Quando Eagleton afferma: "Only by grasping our constraints can we act constructively",<ref>Eagleton, ''Sweet Violence'', p. xvi. Le osservazioni di Eagleton qui fanno eco al lavoro di Schelling, che scrive: "To come to consciousness, and to be limited, are one and the same. Only that which is limited me-ward, so to speak, comes to consciousness: the limiting activity falls outside all consciousness, just because it is the cause of all limitation. The fact of limitation must appear as independent of me, since I can discern only my own limitedness, never the activity whereby it is posited." (F. W. J. Schelling, ''System of Transcendental Idealism'' (1800), trad. {{en}} Peter Heath (Charlottesville: University Press of Virginia, 1978), p. 44).</ref> fa eco ad alcune delle affermazioni paradossali dell'esistenzialismo sulla correlazione tra situazione storica e scelta autoliberante. Sartre sostiene "Man is condemned to be free";<ref>Jean-Paul Sartre, ''Existentialism and Humanism'', trad. {{en}} Philip Mairet (Londra: Methuen, 1980), p. 34.</ref> Camus afferma, "the only conception of freedom Man has, is that of the prisoner or the individual in the midst of the state".<ref>Camus, ''The Myth of Sisyphus'', p. 54.</ref> Anche Shakespeare tenta di articolare la stretto legame tra la libertà individuale e le condizioni sociali e storiche in cui si trovano gli individui. In ''Antony and Cleopatra'', [[w:Lucio Domizio Enobarbo (console 16 a.C.)|Enobarbus]] riflette:
{{q|I see men’s judgements are<br/>
A parcel of their fortunes, and things outward<br/>
Do draw the inward quality after them<br/>
To suffer all alike.|''Antony and Cleopatra'', III.xiii.30-3}}
Il Player King esprime un'idea simile quando dice: "Our thoughts are ours, their ends none of our own" (''Hamlet'': III.ii.207). A loro modo, Sartre, Camus e Shakespeare sottolineano tutti l'inestricabile intreccio tra azione e circostanza e, come afferma Eagleton, il rapporto inseparabile tra queste due forze è un elemento essenziale della tragedia.
 
Portando apertamente alcuni degli argomenti di Eagleton in dialogo con l'esistenzialismo, potrebbe essere possibile una rinegoziazione dell'etica e della politica esistenzialiste della tragedia. Eagleton elogia il "revolutionary universalism" della tragedia, sostenendo che la democratizzazione della forma d'arte da parte della modernità ora significa che "any old body can be a tragic protagonist".<ref>Eagleton, ‘Commentary’ in ''Rethinking Tragedy'', p. 341.</ref> Contrariamente alla valutazione di Steiner della tragedia come defunta e obsoleta nel nostro mondo moderno, la profondità esistenziale della tragedia continua ad attrarre le masse. Sulla scia della [[w:Seconda guerra mondiale|Seconda guerra mondiale]], esistenzialisti come Camus e Sartre hanno difeso con fervore la tragedia come forma drammatica essenziale.<ref>Una notevole eccezione qui è [[w:Karl Jaspers|Karl Jaspers]], che ha argomentato come Steiner,scrivendo: "Tragedy has become a characteristic not of man, but of human aristocracy. . . . Tragic knowledge thus has its limits: it achieves no comprehensive interpretation of the world. It fails to master universal suffering; it fails to grasp the whole terror and insolubility in men’s existence. . . . Misery – hopeless, meaningless, heart-rendering, destitute, and helpless misery – cries out for help. But the reality of all this misery without greatness is pushed aside as unworthy of notice by minds that are blind with exultation" (''Tragedy is Not Enough'', trad. {{en}} Harald A. T. Reiche, Harry T. Moore e Karl W. Deutsch (Londra: Victor Gollancz, 1953), pp. 99-100). Tuttavia, sebbene Jaspers alla fine rifiuti il potere della tragedia, il suo lavoro dimostra un vero coinvolgimento con tragedie come ''Hamlet'' and ''Oedipus''.</ref> Aspiravano a un nuovo senso moderno del tragico, politicamente in sintonia con il proprio momento storico. "Today, tragedy is collective", scriveva Camus nel 1945.<ref>Albert Camus, ''Neither Victims Nor Executioners: An Ethic Superior to Murder'', trad. {{en}} Dwight Macdonald (Eugene, Oregon: Wipf and Stock, 2007), p. 42.</ref> La dimensione politica della tragedia è inerente al modo in cui media tra l'attenzione alle rivendicazioni dell'individuo e la sua preoccupazione per i bisogni collettivi e comunitari della società. Nel pensiero esistenzialista, l'autenticità individuale e l'emancipazione della società vanno di pari passo. Se la tragedia è pessimista o nichilista, non è nel senso che si abbandona a una disperazione irrevocabile. Camus scrive: "The very idea that a pessimistic philosophy is necessarily one of discouragement, is a puerile idea, but one that needs too long a refutation."<ref>Albert Camus, ''Resistance, Rebellion and Death'' (New York: Vintage Books, 1974), p. 57.</ref>
Joshua Foa Dienstag riprende questa osservazione nella sua rivalutazione della tragedia e del pessimismo, e afferma: "The very fact that Camus, a radical egalitarian, would defend pessimism, gives some indication of its potential to unsettle, rather than confirm, existing political arrangements."<ref>Joshua Foa Dienstag, ‘Tragedy, Pessimism, Nietzsche’, in ''Rethinking Tragedy'', cur. Rita Felski (Baltimore: The Johns Hopkins University Press, 2008), p. 105.</ref> Attingendo al lavoro di Nietzsche, Dienstag si oppone all'associazione del pessimismo con il quietismo e i valori politici antidemocratici e suggerisce che il pessimismo della tragedia può produrre "an energizing and even liberating ethic".<ref>''Ibid.'', p. 105.</ref> Questa idea importante è condivisa dall'esistenzialismo e dalla tragedia: il nichilismo e il pessimismo deve essere confrontato, per essere in definitiva trasceso, anche se questa è un'esperienza dolorosa e autodistruttiva.
 
== Conclusione ==