Esistenzialismo shakespeariano/Letteratura e filosofia: differenze tra le versioni

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| ||<small>(''Kean; or, Disorder and Genius'')<ref>Jean-Paul Sartre, ''Kean; or, Disorder and Genius'', trad. {{en}} Kitty Black (Londra: Hamish Hamilton, 1954), p. 134.</ref></small> ||
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Secondo Sartre, questo sguardo oggettivante di un'altra persona, che porta l'individuo oltre i limiti del suo mondo, è una "internal haemorrhage" dell'essere.<ref>Sartre, ''Being and Nothingness'', p. 285.</ref> Ma anche se i giudizi degli altri sono spesso interiorizzati con passione, valori sociali "oggettivi" come il coraggio, l'intelligenza o la bellezza, non possono funzionare come valori intrinseci e indipendenti. Gli esseri umani sono quindi per sempre turbati da una forma limitata ed estraniata di autoconoscenza, perché la visione di loro intrattenuta dall'altro dimora nel profondo della loro coscienza.
 
Alla fine dello spettacolo, durante la pessima rappresentazione della scena della morte di Desdemona, sia Kean che la sua collega attrice dimenticano le loro battute e sono costretti a improvvisare. Il risultato è uno strano miscuglio di versi shakespeariani e filosofia sartriana. Kean chiede al pubblico: "Who calls me Othello? Who thinks I am Othello? (''Pointing to himself.'') Is this Othello?"<ref>Sartre, ''Kean'', p. 114.</ref> Louise Fiber Luce osserva come Sartre "inserts segments of Shakespearean dialogue throughout his entire script in such a manner that the bard’s discourse now erupts into Sartre’s."<ref>Louise Luce, ‘Alex Dumas’s Kean: An Adaptation by Jean-Paul Sartre’, ''Modern Drama'', 28:3 (1985), p. 359.</ref> Sartre si appropria di Shakespeare, ma il dramma risultante è danneggiato dalla sua invadente agenda filosofica. La sua "existentialist voice", per prendere in prestito l'espressione di Murdoch, è troppo forte. Tuttavia, Sartre inizia a tirare fuori un'importante idea esistenzialista nel dramma di Shakespeare. Shakespeare è affascinato dal modo in cui gli esseri umani si vedono obliquamente, da come la loro percezione di se stessi sia sempre contaminata o confusa con i giudizi degli altri. Brutus dice in ''[[w:Giulio Cesare (Shakespeare)|Julius Caesar]]'': "The eye sees not itself / But by reflection, by some other things" (I.ii.54-5). L'idea sartriana si ripete ancora più precisamente poche righe dopo, quando Cassius ribatte: "Since you know you cannot see yourself / So well as by reflection, I, your glass, / Will modestly discover to yourself / That of yourself which you yet know not of' (I.ii.69-72). Cassius sa di non essere uno specchio che riflette semplicemente l'immagine che Bruto ha di sé. Come ''altro'' mediatore, detta anche attivamente cosa diventerà Bruto. L'occhio di Cassius è il portale attraverso il quale Bruto coglie il proprio aspetto auto-oggettivato. I drammi romani di Shakespeare, opere che contestano costantemente l'idea che il sé possieda un valore intrinseco, si prestano particolarmente bene a questo elemento dell'ontologia sartriana.<ref>Altri drammaturghi della prima età moderna mostrano interesse per questo aspetto dell'esistenza umana. Nella commedia di John Webster, ''Appius and Virginia'', quando Icilius è inondato di lodi, dice: "You give me (noble Lord) that character / Which I cood never yet read in my selfe" (I.i.7-8). Cfr. ''The Works of John Webster'', vol. 2, curr. David Gunby, David Carnegie e MacDonald P. Jackson (Cambridge: Cambridge University Press, 2003).</ref> Il senso del sé di Antony è quasi interamente costruito attraverso la sua appropriazione interiore di influenze esterne o esteriori. "If I lose my honour, / I lose myself" (''[[w:Antonio e Cleopatra (Shakespeare)|Antony and Cleopatra]]'', III.iv.22-3), dichiara a Octavia, anticipando la dissoluzione della sua identità alla fine del dramma. N. K. Sugimura osserva che "Shakespeare grants Anthony a psychological, ‘free-floating ego’, which is able to observe the bifurcation between the objective and subjective ‘I’. . . [I]t is precisely this role of consciousness in relation to being – which is so important to Sartre – that Shakespeare puts on stage."<ref>N. K. Sugimura, ‘Two concepts of Reality in Antony and Cleopatra’, in ''Thinking With Shakespeare: Comparative and Interdisciplinary Essays for A. D. Nuttall'', curr. William Poole e Richard Scholar (Londra: Legenda, 2007), p. 75.</ref> In ''[[w:Troilo e Cressida|Troilus and Cressida]]'', Shakespeare intensifica anche questo elemento del suo dramma, rendendo i suoi personaggi consapevoli del loro dipendenza dalle opinioni di altre persone. Achilles riconosce che la sua autostima è "read in the eyes of others" (III.iii.71), e che "not a man, for being simply man, / Hath any honour, but honour for those honours / That are without him" (III.iii.74-6). Gli esseri umani esercitano un'enorme influenza sulla reciproca soggettività, dice Achilles:
 
{{q|The beauty that is borne here in the face<br/>
{{clear}}
The bearer knows not, but commends itself<br/>
To others’ eyes. Nor doth the eye itself,<br/>
That most pure spirit of sense, behold itself,<br/>
Not going from itself; but eye to eye opposed<br/>
Salutes each other with each other’s form.<br/>
For speculation turns not to itself<br/>
Till it hath travelled and is mirrored there<br/>
Where it may see itself.|''[[w:Troilo e Cressida|Troilus and Cressida]]'', III.iii.98-106}}
 
=== Esistenzialismo e tragedia ===