Esistenzialismo shakespeariano/Letteratura e filosofia: differenze tra le versioni

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L'uso scherzoso della frase "natural philosopher" da parte di Touchstone per riferirsi a Corin come a un imbecille – e nel frattempo prendere in giro gli scienziati contemporanei – suggerisce che Shakespeare fosse desideroso di sfidare e decostruire il significato tradizionale della parola "filosofia". La filosofia di Touchstone è la saggezza equivoca, gioco di parole e paradossale dello sciocco; quella di Corin è la saggezza "naturale" dell'uomo comune ignorante ma pragmatico. Ma la visione realistica della vita di Corin non è del tutto minata dallo scettico relativismo di Touchstone. Shakespeare suggerisce implicitamente che c'è qualcosa da valutare nella filosofia di vita semplice e senza pretese di Corin. Lo scambio di Touchstone e Corin suggerisce che Shakespeare non fosse solo scettico riguardo alla contesa filosofica astratta, ma anche incuriosito da diverse forme di pensiero e ragionamento.
 
La filosofia, che sia sotto forma di scienze naturali, consolazione stoica o un approccio più generale alla vita, è trattata con scetticismo da Shakespeare nelle sue opere. Mette in discussione direttamente la validità di certi modi di pensare filosofici a causa della loro tendenza ad astrarsi dall'esperienza esistenziale. Come spiega Ryan, "it’s the creative ''aesthetic'' intelligence at work in the sensuous immediacies of form and phrase that forges the subsuming vision of the play, which defies accurate or complete translation into philosophical terms past or present."<ref>Ryan, ‘Shakespeare’s Thoughtless Wisdom’.</ref> Questo è un punto cruciale, perché Shakespeare è un drammaturgo esistenziale, non un filosofo esistenziale. Ma il modo in cui le sue opere resistono alla riduzione filosofica può in effetti renderle ancora più filosoficamente potenti. Citando [[w:Stanley Cavell|Stanley Cavell]], [[:en:w:John Joughin|John Joughin]] scrive:
{{q|Rather than regarding Shakespeare as a poor unwitting adjunct of reason or as somehow subsumed within its project, the dramatist’s open-ended resistance to conceptual control might finally turn out to be a far more crucial resource for critical thought. In this sense, we might say that Shakespeare unwittingly provides access to the ‘literary conditions of philosophical questioning itself’.<ref>John J. Joughin, ''Introduction to Philosophical Shakespeares'', cur. John J. Joughin (Londra e New York: Routledge, 2000), p. 11.</ref>}}
In un modo che anticipa gli esistenzialisti come Camus e Sartre, l'uso di Shakespeare della forma e del linguaggio drammatici sonda la natura dell'indagine filosofica. In ''Philosophers and Thespians'', Freddie Rokem esamina "how philosophers have tried to embrace thespian modes of expression, appropriating theatrical practices, within their own discursive fields... and how the philosophers’ thespian partners have frequently applied philosophical tools and modes of thinking in their own work."<ref>Freddie Rokem, ''Philosophers and Thespians: Thinking Performance'' (Stanford: Stanford University Press, 2010), p. 2.</ref> Rokem sostiene che Shakespeare è in sintonia con la relazione reciprocamente illuminante tra il mondo del teatro e quello della filosofia. Hamlet, il protagonista filosoficamente più sensibile di Shakespeare, si trova in una posizione liminale tra i due discorsi: "He relies on the theatre to solve existential philosophical issues, whereas his own subjective meditations and thoughts about the meaning of life are frequently highly theatricalized."<ref>''Ibid.'', p. 58.</ref> Il tropo ''theatrum mundi'' non è ornamentale per Shakespeare: è una metafora intrisa di possibilità filosofica.
 
=== Letteratura esistenzialista: la filosofia in chiave diversa ===