Esistenzialismo shakespeariano/Idee esistenzialiste: differenze tra le versioni

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=== Il Sé autentico: l'ideale della sincerità nel Rinascimento ===
[[File:Francis Bacon, Viscount St Alban from NPG (2).jpg|200px|thumb|<small>Ritratto di [[w:Francesco Bacone|Francis Bacon]] (1731, da orig. del 1618)</small>]]
Sia per gli esistenzialisti che per i pensatori del Rinascimento, i concetti di "individualismo" e "autenticità" vanno di pari passo. Naturalmente, queste parole esatte e i loro significati moderni non erano disponibili nel Rinascimento, ma le idee che significano esistevano certamente prima della formulazione di tale terminologia. Peter Holbrook afferma: "the drive towards authenticity is not only a nineteenth-century or post-Romantic phenomenon. It has a Classical and Renaissance dimension."<ref>Peter Holbrook, ''Shakespeare’s Individualism'' (Cambridge: Cambridge University Press, 2010), p. 139.</ref> Ci sono molte testimonianze per suggerire che le preoccupazioni sulla sincerità, l'integrità, l'autorealizzazione e l'autenticità emersero ben prima che tali nozioni fossero esplicitamente teorizzate e criticate nel periodo romantico. In effetti, gli scrittori e i pensatori del Rinascimento erano ossessionati dal pericoloso compito di "essere fedeli a se stessi". L'affermazione di Hamlet secondo cui egli ha "that within which passes show" (''Hamlet'', I.ii.85) giustappone ciò che Maus chiama una "inner invisible anguish" con falsi indicatori di dolore.<ref>Maus, ''Inwardness and Theater in the English Renaissance'', p. 1.</ref> Per l'Hamlet esistenziale intuitivo, l'autenticità e l'interiorità sono indissolubilmente legate insieme. Attribuisce grande importanza al sé che sente di essere. Per adottare la frase di Kierkegaard, il suo sé autentico è "invisibly present". Questo "qualcosa" è innominabile e persino inconoscibile. Eppure ne difende ferocemente l'esistenza e l'integrità. Maus continua: "Hamlet’s conviction that truth is unspeakable implicitly devalues any attempts to express or communicate it".<ref>''Ibid.'', p. 1.</ref> Il suo senso di essere autentico è in diretto contrasto con l'esaltazione dell'autenticità di Polonius a Laertes prima di partire per la Francia. In superficie, Polonius sembra sostenere una forma di autenticità strategicamente diretta e unidimensionale. Tuttavia, come osserva Holbrook, i versi "to thine own self be true / And it must follow as the night the day / Thou canst not then be false to any man" (I.iii.79-9) sono confusi e persino contraddittori.<ref>Holbrook, ''Shakespeare’s Individualism'', p. 81.</ref> La circospezione machiavellica che Polonius consiglia a Laertes di adottare si scontra con il suo ideale di veridicità a se stesso. Paradossalmente, l'affermazione dell'autenticità apre alla possibilità dell'inautenticità e del tradimento di sé. Il famoso imperativo "to thine own self be true" è messo in discussione nell'opera, non solo dall'agonizzante autocoscienza di Hamlet, ma anche dalla dura verità che "there is nothing good or bad, but thinking makes it so".<ref>Queste frasi sono omesse dall'edizione Arden 2006 di ''Hamlet'' e poste nell'Appendice 1, p. 466.</ref>
 
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Un individuo può scivolare tra tutte e tre le categorie, spiega Bacon. Non sono solo i dissimulatori coscienti o gli individui che manipolano deliberatamente le loro identità a essere riconosciuti come non sinceri. Bacon nota anche le diverse gradazioni di inautenticità, da una mancanza di consapevolezza di sé alla totale autofinzione. Come osserva Heller, Bacon mostra che "if we constantly adjust our principles and practices to ‘other people’, without ever asking whether they are right and without ever seeking to realize ourselves in our principles and practice, then the separation of appearance and essence must follow."<ref>Heller, ''Renaissance Man'', p. 210.</ref> Questo divario tra sé interiore e identità esteriore produce una serie di ansie ontologiche ed epistemologiche, tanto che diventa quasi impossibile determinare i confini dell'autenticità. Ancora una volta, la commistione di autenticità e inautenticità viene sottolineata quando Bacon scrive: "it is a good shrewd proverb of the Spaniard, ''Tell a lie and find a troth''; as if there were no way of discovery but by simulation".<ref>Bacon, ''The Essays'', p. 78.</ref>
 
[[File:Portrait of Michel de Montaigne, circa unknown.jpg|200px|thumb|<small>Ritratto di [[w:Michel de Montaigne|Michel de Montaigne]] (ca. 1570)</small>]]
Montaigne è anche profondamente interessato alla nozione di autenticità e, come Dyke, è consapevole della complessità della questione. L'idea di Montaigne dell'individualità "autentica" non equivale a una semplice integrità o verità di sé. Riconosce che la vera comprensione di sé non implica il ricorso a un'identità fissa o immutabile. In "On Three Kinds of Social Discourse" scrive: "Life is a rough, irregular process with a multitude of forms. It is to be no friend of yourself – and even less master of yourself – to be a slave endlessly following yourself, so beholden to your predispositions that you cannot stray from them or bend them" (pp. 922-3). Montaigne sottolinea questa differenza ancora più intensamente quando scrive: "To keep ourselves to the bonds of necessity to one single way of life is to be, but not to live" (p. 922). Il tipo di "vivere" autentico che Montaigne sostiene è precario e vulnerabile perché implica essere fedeli a se stessi in un senso più profondo e intimo. Implica anche l'accettazione delle ambiguità e delle incongruenze disordinate che formano l'esistenza umana. La comprensione di Montaigne della sconcertante mutevolezza delle scelte, dei desideri e delle qualità degli uomini gli consente di essere radicalmente autoriflessivo nei suoi stessi scritti: "I, who am monarch of the subject which I treat and not accountable for it to anyone, do not for all that believe everything I say. Sometimes my mind launches out with paradoxes which I mistrust and with verbal subtleties that make me shake my head" (p. 1068). Tuttavia, nonostante i "dissension and discord" soggettivi (p. 979), Montaigne sottolinea ripetutamente l'importanza di diventare autenticamente se stessi. In una stupefacente prefigurazione dell'idea nietzscheana dell'eterno ritorno,<ref>Come evidenzia Holbrook in ''Shakespeare’s Individualism'', p. 191.</ref> Montaigne scrive: "If had to live again, I would live as I have done; I neither regret the past nor fear the future" (p. 920). Secondo Nietzsche, la successione volontaria di ogni momento di un individuo è l'unico modo per superare le possibilità sparse dell'esistenza umana. [[w:Così parlò Zarathustra|Zarathustra]] dichiara: "To redeem that which has passed away and to re-create all ‘It was’ into a ‘Thus I willed it!’ – that alone should I call redemption."<ref>[[w:Friedrich Nietzsche|Friedrich Nietzsche]], ''[[w:Così parlò Zarathustra|Thus Spoke Zarathustra: A Book for Everyone and Nobody]]'', trad. {{en}} Graham Parkes (Oxford e New York: Oxford University Press, 2005), p. 121.</ref> La penetrante comprensione di Montaigne delle particolarità della sua esistenza si accorda con il desiderio volontario di Zarathustra di rivivere ogni momento dell'essere.